Bobo Pernettaz

Bobo Pernettaz Bobo Pernettaz

Bobo Pernettaz, arte e natura

L’artista valdostano Bobo Pernettaz racconta il suo rapporto con il legno, ispirazione per interpretare la natura, anche nelle sue manifestazioni più violente, come l’alluvione del 2000.

 “Mi considero un sarto di legni esausti. Un artigiano che va recuperando legni vecchi e dimenticati, cercando di restituire loro una sorta di dignità”.

A Bobo piace la ruvidità del materiale, la sua naturalezza, il piacere e anche il contatto tattile e uditivo. “Un legno con un chiodo vecchio – racconta – è anche bello da accarezzare”.

“Il mio primo grande amore è stato il disegno. Mi è sempre piaciuto. Ricordo una volta, da ragazzo, di aver partecipato alla festa di compleanno di un amico molto facoltoso. Io, orfano di padre, non potevo permettermi di comprare un regalo adeguato. Mi sentivo a disagio. Poi decisi di regalargli un disegno. Lo apprezzò molto, aveva per entrambi un significato. Ancora adesso lo conserva.

Essendo cresciuto a Brusson, con uno zio falegname, ho trascorso tanto tempo nel suo laboratorio, anche solo a spazzare i trucioli. Sentire l’odore del legno, conoscere gli attrezzi, il rumore della pialla…. In quel luogo è nato il mio secondo amore: quello per il legno. Ma non il legno inteso come mobile o manufatto, il legno in una composizione pseudo artistica, utilizzando pezzi dimenticati e buttati via. Mi affascinano i legni graffiati, vecchi e imperfetti. Tutto, però, nasce dal disegno. Il disegno è il calibro. Quello che celebra la composizione. Tutte le mie opere nascono da un disegno accurato. Non c’è nulla di occasionale. Il disegno definisce le forme e le armonie, regala un equilibrio”.

 

L’alluvione del 2000

Bobo ha recuperato la parte laterale di una carretta a mano che funge da sfondo. In questa parete ha concepito una composizione che celebra uno dei grandi drammi, avvenuto in tempi recenti in Valle d’Aosta, l’alluvione del 2000.

“Per questa opera ho utilizzato sia legni recuperati che una lastra di ferro, che mi è servita come base. Un lavoro che cita una famosa opera, Guernica di Pablo Picasso. L’alluvione in Valle d’Aosta ha avuto un impatto altrettanto forte di quello che ha subito la città di Guernica sotto il bombardamento delle truppe tedesche. Le mani invocano aiuto. La donna (Picassiana) guarda verso l’alto, quasi a chiedere aiuto a Dio. Per contestualizzare l’opera con la Valle d’Aosta, ho voluto inserire il Castello di Ussel e due montagne, con le cime innevate, da sfondo. Anche la base, creata con la parte laterale di una carretta a mano, è servita per far emergere la cultura contadina. L’opera di per sé ha una composizione molto semplice, vuole dare spazio all’impatto emotivo. L’alluvione è stata un evento funesto per la nostra terra, ha causato dolore e morte. Siamo piombati in un clima di guerra. La guerra che la natura ci ha dichiarato; e la natura risulta sempre vincente. Noi valdostani, come tutti i popoli di montagna, abbiamo un certo decoro di fronte alla sofferenza, non ci strappiamo i capelli, né ci mettiamo a urlare, ma non per questo il dolore non si avverte, è comunque palpabile, strisciante ”.

In quei giorni Bobo ha prestato ore di volontariato a Fenis, uno dei posti più colpiti, in aiuto ad alcuni amici. “Con il mio furgoncino, carico di pale e carriole, ho potuto forzare i posti di blocco ad Aosta, dicendo che sarei sceso a Fenis per dare una mano. Ho vissuto l’alluvione in prima persona e come tanti lavorandoci, andando nelle cantine a spalare il fango. Il primo intervento in una casa in cui è arrivata la morte. Sono entrato nella camera da letto. Tutto apparentemente perfetto, intonso, in realtà il fango arrivava alle lenzuola. Ero in compagnia dei miei figli. Hanno imparato a capire cos’è la solidarietà, il sentirsi parte di una comunità. Aspetti che a fino ad allora erano loro sfuggiti. L’alluvione rappresenta un’esperienza che si è sedimentata dentro di me e ho voluto ricordarla con questa opera”.

Piera Squillia

 

 



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