EDITORIALE
EDITORIALE
di Alberto Cerise
Assessore al Territorio, Ambiente e Opere Pubbliche
Quando parliamo di ambiente, siamo portati a pensare alla vegetazione, all'acqua, all'aria che respiriamo; più difficilmente ci viene per primo alla mente il suolo sul quale poggiamo inconsapevolmente i piedi, pur se esso ha un ruolo chiave in tutto il sistema ambientale. Abbiamo perciò pensato di chiudere questo anno con un numero interamente dedicato al suolo: nell'arco di questi ultimi dodici mesi la rivista ci ha condotti a esplorare i vari aspetti dell'acqua, vista come elemento indispensabile per ogni forma di vita; ma simmetricamente dobbiamo porre l'accento sulla terra come sede dei processi di trasformazione della materia in ogni sua forma, origine e fine di ogni ciclo vitale attraverso l'incessante e nascosto lavorìo di costruzione, dalla base minerale, della materia organica. I processi vitali traggono origine dal suolo, ed è ancora il suolo che li rielabora dall'una all'altra forma, disgregandone le molecole in modo da renderle disponibili per una nuova ricombinazione.
Ed è proprio dal considerare questo ruolo della terra che intendiamo partire per dedicare il prossimo anno a riflettere insieme sull'argomento del riciclo di tutti i materiali che fanno parte del nostro quotidiano.
Il problema dei rifiuti è tra i più complessi, sia su scala locale sia mondiale. L'impronta ecologica del nostro modello di vita, cioè lo spazio di cui avremmo bisogno in rapporto ai nostri consumi, è circa sei volte maggiore dello spazio che abbiamo a disposizione. Il mondo è diventato troppo stretto perché la natura da sola riesca a riciclare tutti i nostri rifiuti. Se non vogliamo quindi restarvi sepolti, non ci resta che cercare di chiudere i cicli produttivi evitando gli scarti e i sottoprodotti inquinanti, recuperare e riutilizzare i materiali usati. Evitare, insomma, quell'atteggiamento che ha contraddistinto la prima fase industriale ove da una parte si sottraevano indiscriminatamente risorse ambientali e dall'altra si accumulavano enormi quantità di rifiuti considerati quale parte inevitabile del ciclo legato alla produzione e al consumo. Comportamenti moderni estranei al modo di vivere nella nostra Regione. Basti pensare all'attenzione con cui, nella società rurale, ogni ciclo produttivo veniva chiuso: nel patois non esiste neppure una parola che abbia il significato di rifiuto, perché ogni cosa, nell'economia integrata propria dell'azienda agricola autosufficiente, era riutilizzata in un altro ciclo oppure ritornava, fermentata nel concime, a fertilizzare la terra in modo da mantenere la produttività del suolo. Una lezione da rimeditare, alla luce di tutte le cose che oggi in più conosciamo sul problema e che dobbiamo sforzarci, nel comune interesse, di mettere in pratica.
 
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