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Apicoltura

LOTTA ALLA VARROA

Nell’articolo vengono descritte le prove di efficacia dell’acido ossalico sublimato e gocciolato, somministrato come trattamento tampone in presenza di covata nell’agosto 2007(1), e le prospettive del settore per il 2008

di Livio Carlin
(Direzione Produzioni vegetali, agriturismo e servizi fitosanitari - Ufficio apicoltura)
L’uso dell’acido ossalico in soluzione zuccherina gocciolata sulle api, in assenza di covata, è un metodo per combattere la varroa validato oramai da più di un decennio; da alcuni anni si sta inoltre diffondendo l’utilizzo di sublimatori, apparecchiature specifiche che permettono un prolungamento dell’efficacia acaricida del principio attivo, consentendone pertanto l’uso anche nel periodo estivo in presenza di covata.
 
Quanto sopraccitato, ha evidenziato la necessità di effettuare degli accertamenti di validità di tale sistema, tentando anche di determinare quali apparecchi e metodi di somministrazione risultassero “migliori” per praticità d’uso nella realtà valdostana, nonché quali complicazioni potessero eventualmente comparire negli alveari.

Trattamento con sublimatore Varrox da cassetto diagnostico modificato

Si è voluto inoltre comparare l’applicazione dell’acido ossalico “sublimato” in presenza di covata, con il metodo più conosciuto “acido ossalico gocciolato”.

Detto ciò, i tecnici dell’ufficio apicoltura, nel periodo estivo-autunnale 2007, grazie alla disponibilità di tre apicoltori locali e dell’Associazione consorzio apistico Valle d’Aosta che hanno messo a disposizione i propri alveari, hanno provveduto ad effettuare il lavoro sottodescritto.







Materiali e metodi
Le diverse prove sono state eseguite su 40 colonie allevate in arnie da 10 favi con fondo a rete modello Dadant-Blatt e suddivise in 4 tesi (A-B-C-D) composte di 10 alveari ciascuna.
Gli alveari delle prove A-B e C provenivano da un percorso di nomadismo nel Canavese (TO) per la produzione di miele di robinia, dopodiché di castagno e/o millefiori in Valle d’Aosta. Diversamente l’apiario della prova D, di proprietà dell’Associazione consorzio apistico della Valle d’Aosta è stanziale; gli alveari scelti presentavano comunque le stesse caratteristiche dei precedenti.

A fine luglio dopo aver asportato i melari, in tutti gli alveari oggetto delle prove sono stati prelevati 1 o 2 favi per la formazione di nuclei. Prima di iniziare i trattamenti ed alla loro conclusione, tutte le famiglie sono state controllate per verificarne lo stato sanitario generale: quantità di api e covata, efficienza della regina e scorte di miele.

Ad inizio sperimentazione le colonie occupavano 8-9 telai, con un minimo di 4 e un massimo di 7 favi di covata ciascuna, risultando omogenee come popolazione di api adulte.
Per agevolare i conteggi delle varroe cadute (effettuati ogni 4 giorni), i cassetti diagnostici sono stati ricoperti da un foglio bianco vaselinato. Dall’ultimo trattamento con acido ossalico per ulteriori 6 giorni sono stati conteggiati gli acari caduti al fine di evidenziare un’eventuale attività acaricida residua.

Il controllo dell’efficacia è stato effettuato con il medicinale veterinario Apistan®, proseguendo i conteggi degli acari per 40 giorni dopo l’inserimento delle strisce.


Tesi a confronto con tre diversi sublimatori reperiti sul mercato
A) 2 gr di acido ossalico per ogni trattamento con uso del sublimatore Varrox®.
    - Tre trattamenti a distanza di 6 giorni in 5 alveari, inserendo il sublimatore posteriormente dopo aver modificato il cassetto diagnostico - 5 trattati dalla porticina di volo;
    - trattamento di controllo: 2 strisce di Apistan® per 40 gg.
L’apiario utilizzato è ubicato nel Comune di Arnad (AO), altitudine 370 m.s.l.m.;
Periodo della prova: 2 agosto - 1 ottobre 2007.


B) 2,5 gr di acido ossalico per ogni trattamento con uso del sublimatore BioLetalVarroa®.
    - Tre trattamenti a distanza di 6 giorni in 5 alveari inserendo il sublimatore posteriormente dopo aver modificato il cassetto diagnostico - 5 trattati dalla porticina di volo;
    - trattamento di controllo: 2 strisce di Apistan® per 40 gg.
L’apiario utilizzato è ubicato nel Comune di Saint-Vincent (AO), altitudine 800 m.s.l.m.
Periodo della prova: 2 agosto - 1 ottobre 2007.


C) 2 gr di acido ossalico per ogni trattamento con l’uso di un sublimatore a gas di tipo austriaco.
    - Tre trattamenti a distanza di 6 giorni in 5 alveari, inserendo il sublimatore posteriormente dopo aver modificato il cassetto diagnostico - 5 trattati dalla porticina di volo.
    - trattamento di controllo: 2 strisce di Apistan® per 40 gg.
L’apiario utilizzato è ubicato nel Comune di Saint-Pierre (AO), altitudine 674 m.s.l.m.;
Periodo della prova: 14 agosto - 13 ottobre 2007.


I trattamenti sono sempre stati effettuati al mattino non oltre le ore 11; durante la sublimazione, anche se in presenza di volo, gli alveari sono stati sigillati con gommapiuma e mantenuti chiusi per circa 10 minuti dopo l’intervento.


Tesi a confronto con acido ossalico gocciolato
D) Somministrazione di tre trattamenti a distanza di 6 giorni utilizzando una soluzione zuccherina di acido ossalico (10 gr di acido ossalico, 100 gr di saccarosio, 100 ml di acqua), distribuendo 5 cc. per favo coperto di api;
    - trattamento di controllo: 2 strisce di Apistan® per 40 gg.
L’apiario utilizzato è ubicato nel Comune di Saint-Marcel (AO), altitudine 545 m.s.l.m.
Periodo della prova: 2 agosto - 1 ottobre 2007.


Esiti
I risultati delle prove sono riportati nei grafici distinti per tesi.
L’efficacia media dei trattamenti è stata la seguente:
• Tesi A) sublimatore Varrox® - efficacia media dal cassetto 40% - dalla porticina 80.5%

• Tesi B) BioLetalVarroa® - Prova da ritenersi non valida - efficacia media dal cassetto 21.5% - dalla porticina 14.4%

• Tesi C) sublimatore a Gas - efficacia media dal cassetto 28% - dalla porticina 27.3%

• Tesi D) acido ossalico gocciolato 10/100/100 - efficacia media 42.8%


Osservazioni
Appare evidente nella tesi A che l’utilizzo dei sublimatori dal cassetto riduce notevolmente l’efficacia (40%); la causa è probabilmente da imputare al fondo a rete che, fungendo da schermo, impedisce una buona diffusione dei microcristalli di acido ossalico all’interno dell’alveare.
Risulta invece interessante l’efficacia media dell’80,5% del trattamento effettuato dalla porticina di volo, anche se associata ad una variabilità dei risultati piuttosto elevata: min 66,14% – max 96,83%.

Relativamente alla tesi B (BioLetalVarroa®) non abbiamo ritenuto valida la prova, in quanto la bassa efficacia ottenuta è probabilmente riconducibile ad un nostro uso scorretto dell’apparecchio: il costruttore consiglia di non spegnere il sublimatore tra un trattamento e l’altro ma, vista la difficoltà di impiego a causa dell’acido ossalico che inizia a sublimare non appena si ricarica il “padellino”, anche se armati di idonea maschera protettiva, abbiamo preferito utilizzarlo come il Varrox®, staccando l’interruttore e raffreddando l’apparecchio tra un trattamento e l’altro; così facendo abbiamo probabilmente sminuito l’efficacia.

Trattamento con sublimatore Varrox da cassetto diagnostico modificato





Il sublimatore a gas di tipo Austriaco (tesi C) era parso da subito interessante per il fatto che non necessita di una fonte elettrica per il funzionamento e quindi facilmente utilizzabile in qualunque postazione.
La scarsa efficacia ottenuta, media 28% con una variabilità dei risultati elevata, min 13,2% – max 46,9% potrebbe essere attribuita ad una difficile regolazione della temperatura all’interno del tubo che veicola i vapori dell’acido ossalico all’interno dell’alveare, facendo ritrasformare “il sublimato” in cristalli già all’interno del tubo stesso, rendendo pertanto inefficace il trattamento.

Trattamento con sublimatore Varrox da cassetto diagnostico modificato







Anche l’efficacia acaricida dell’acido ossalico gocciolato (tesi D) non ha fornito esiti apprezzabili (media 42,8% – min 33,6% – max 56%). Probabilmente le tre somministrazioni di acido ossalico gocciolato ogni sei giorni, in presenza di covata non sono sufficienti, in quanto dopo il quarto giorno dal trattamento la caduta degli acari diminuisce notevolmente.


conclusionI
Come si può osservare dai grafici, il livello di infestazione di alcune colonie dei 40 alveari utilizzati per le prove era piuttosto elevato; ciò ha comportato la perdita a fine prova di due alveari: tesi A) arnia n. 3 – 8.695 varroe, - tesi B) arnia n. 6 - 4.017 varroe.
Le colonie rimanenti sono ad oggi vive e non presentano differenze significative se comparate ad alveari trattati in maniera diversa; in nessuno degli alveari si sono osservate delle anomalie e/o disturbi riconducibili alle metodiche di somministrazione dell’acido ossalico.
Da rimarcare che anche i tre trattamenti di acido ossalico gocciolato effettuati in presenza di covata sono stati ben tollerati dalle api, anche se l’efficacia riscontrata non è risultata sufficiente a garantire un buon effetto tampone in presenza di forti infestazioni.

Gli apiari interessati saranno comunque ancora oggetto di osservazione sino alla ripresa primaverile.
Visto il modesto numero di alveari utilizzati per il test, l’impossibilità di lavorare in un ambiente isolato e pertanto con l’incognita “reinfestazione” sempre presente, il lavoro svolto non ha sicuramente una valenza scientifica. Tuttavia, alla luce delle osservazioni effettuate e dei dati che derivano dalle cadute delle varroe, si ritiene che la metodologia e l’apparecchiatura utilizzata nella tesi A possa essere presa in considerazione come trattamento tampone estivo, anche se una limitazione a questo tipo di trattamento deriva dalla “macchinosità” e dalla pericolosità di utilizzo se l’operatore non dispone di adeguata formazione e di idonei dispositivi di protezione individuali.

Un sentito ringraziamento va rivolto all’Associazione Consorzio Apistico della Valle d’Aosta e agli apicoltori che hanno messo a disposizione i propri apiari, senza i quali non si sarebbero potute effettuare le prove sopradescritte.


QUALI PROSPETTIVE PER IL 2008?
Sono numerose le comunicazioni di apicoltori valdostani che hanno perso alveari o interi apiari a causa della varroasi. Anche se la condizione locale rispecchia quella nazionale, è necessario cogliere questo segnale di allarme facendo alcune considerazioni: da dati in nostro possesso risulta che il 37% dei 7.300 alveari presenti sul territorio valdostano (censimento aggiornato a maggio 2007), sono stati trattati in agosto con il medicinale Apistan®, cosi come consigliato dal Servizio Veterinario e dagli uffici di assistenza tecnica dell’Assessorato agricoltura; il 23% degli alveari risulta invece trattato con prodotti a base di timolo: Apilife Var® e Apiguard®. Diversamente, non risulta come (e se?), con che tempi e con quali modalità siano stati trattati i circa 2.900 alveari rimanenti.

In aggiunta a questo pressappochismo di parecchi “colleghi”, sarebbe conveniente che anche chi opera in maniera seria e corretta, dedichi maggior tempo e risorse alla formazione personale; lo scambio di conoscenze tra apicoltori, tecnici, Associazione Consorzio apistico, Associazione Cooperativa Miele e Servizi Veterinari dovrebbe essere spontaneo non forzato.

La varroa oltre ad essere il “nemico” numero uno nell’allevamento delle api, può causare infezioni secondarie non sempre facilmente riconoscibili, soprattutto quelle di origine virale: i sintomi possono essere simili a quelli della covata a sacco, della peste europea e americana; tuttavia esaminando in maniera più approfondita i casi dubbi, spesso non si sono riscontrati gli agenti patogeni delle pesti.

Femmina e maschio di Varroa desctructor

Per reinfestare un intero apiario sono sufficienti poche varroe provenienti da un solo alveare non trattato: in periodo di attività le api rientrano facilmente in alveari, se non perfino apiari diversi, con fenomeni di interscambio inimmaginabili; si pensi ad esempio all’attività dei fuchi, alla deriva delle bottinatrici, al saccheggio anche solo
latente, che spesso l’apicoltore non è in grado di identificare ed ancor meno di impedire.







Trasferendo queste cognizioni al nostro territorio, per assurdo si può immaginare che tali fenomeni di scambio tra le api possano trasportare le varroe di un apiario sito a Courmayeur sino a Pont-Saint-Martin e viceversa.
L’infestazione della varroa può cambiare considerevolmente secondo il modo di conduzione degli alveari, delle postazioni più o meno isolate, del tipo e delle metodiche di effettuazione dei trattamenti di ognuno. Per questo l’apicoltore deve essere sempre più un esperto conoscitore della biologia dell’alveare e di Varroa desctructor. Solo così si potrà arrivare ad un efficace controllo della varroasi.


Api e covata fortemente colpiti da Varroa desctructor

Non è più ammissibile che alcuni apicoltori facciano o non facciano i trattamenti come meglio credono, a danno di chi con le api cerca di produrre un reddito.
Non meno rassicurante appare l’esame dell’apicoltura nel resto d’Italia e del mondo, dove, da qualche anno si parla di “Sindrome dello spopolamento degli alveari” con fenomeni di mortalità, disorientamento e spopolamenti spesso inspiegabili di colonie di api in numerosi Paesi. In alcune zone degli Stati Uniti d’America si contano perdite comprese tra il 30 e il 90% del patrimonio apistico, con gravi ricadute anche nel settore ortofrutticolo. Diversi ricercatori e studiosi sembrano concordi nell’affermare che le cause scatenanti dipendono da una combinazione di più fattori: spesso legate all’inquinamento da fitofarmaci, ad un aggravamento del nosema e delle virosi trasmesse da Varroa desctructor e/o forse ad un nuovo agente patogeno non ancora identificato.



Quanto sopradescritto, evidenzia innanzitutto la necessità di attuare i piani di lotta alla varroa all’intero territorio su cui insistono gli apiari e soprattutto effettuando i trattamenti nei tempi e nelle modalità adeguate.

L’ufficio scrivente propone e consiglia per l’anno 2008 l’utilizzo delle tavolette di Apilife Var® da utilizzarsi come trattamento tampone estivo e l’acido ossalico in soluzione gocciolata o sublimato come trattamento di pulizia autunno/invernale.

Viene riproposto l’utilizzo dell’ Apilife Var® in quanto pare certo che la varroa non ha sviluppato resistenza nei confronti del timolo, anche se l’efficacia purtroppo è condizionata dalle temperature che, al di sotto dei 18 °C diminuisce a causa di una minore evaporazione del prodotto. E’ tuttavia possibile rimediare alle basse temperature somministrando 1.5 tavoletta/alveare ogni 7 giorni per 3 volte; oppure 2 tavolette/alveare ogni 15 giorni per 2 volte anziché utilizzare il “vecchio dosaggio” di una tavoletta/alveare.

Al contrario, qualora le temperature dovessero risultare troppo elevate vanno accorciati i tempi di intervallo tra un trattamento e l’altro riducendo il dosaggio, ad esempio:
1 tavoletta/alveare ogni 5 giorni per 4 volte. Risulta inoltre utile eseguire i trattamenti portando gli alveari nelle postazioni invernali/primaverili di fondo valle in modo da avere temperature più stabili, come pure pare valido coibentare il tetto delle arnie con del materiale isolante, avendo comunque sempre cura di capovolgere i coprifavi in maniera da creare una camera di evaporazione tra i favi e la soffitta, nonché di sigillare in modo adeguato i fondi, rendendo l’alveare ermetico il più possibile.

In relazione al “trattamento tampone estivo” è possibile, anche in presenza di covata, utilizzare l’acido ossalico in forma sublimata, purché vengano effettuati almeno tre trattamenti a distanza di sei giorni, assicurandosi di utilizzare sublimatori di testata validità e proteggendosi in maniera adeguata.

Va detto altresì, che con livelli di infestazione troppo elevati, nessun tipo di prodotto attualmente autorizzato è sufficiente a garantire un buon risultato. Appare pertanto opportuno, partire sin dal primo periodo primaverile con una popolazione di varroe tollerabile, in modo da poter lottare con un numero di acari, certamente elevato ma, non tale da fare “collassare” le colonie di api antecedentemente o nel corso del trattamento estivo.
Si sottolinea quindi, in relazione al “trattamento di pulizia autunnale”, l’importanza di operare in totale assenza di covata: condizione essenziale per raggiungere un’adeguata efficacia acaricida (superiore al 90%), in quanto l’acido ossalico agisce esclusivamente per contatto esercitando un’azione “caustica” sulle varroe presenti sulle api, non produce invece alcun effetto sugli acari protetti dall’opercolo all’interno delle celle di covata.

Alla luce delle osservazioni sopraccitate si consiglia: solo dove se ne riscontrasse la necessità, di effettuare un trattamento con acido ossalico gocciolato o sublimato all’uscita dell’inverno o primo periodo primaverile (marzo/aprile), oppure con risultati forse migliori, nel corso di un parziale blocco di covata dovuto ad una forte importazione di nettare e/o polline, ad esempio subito dopo il raccolto di robinia, tarassaco o castagno. Anche se l’acido ossalico è inserito nell’Allegato II del Reg. CE 2377/90 e quindi non è previsto un limite massimo residuale nel miele, è sottointeso che qualunque tipo di intervento va fatto in assenza di melario.

Da ultimo, si diffidano tutti gli apicoltori a riutilizzare l’Apistan® o prodotti composti da principi attivi appartenenti ai piretroidi, in quanto come già ampiamente divulgato l’anno precedente, tale prodotto è da utilizzarsi esclusivamente “una tantum” sull’intero territorio, poiché la varroa è in grado di sviluppare nuovamente resistenza ad una molecola che già conosce in breve tempo, rendendo quindi illusorie previsioni di efficacia a lungo termine.
I termini, i tempi, i criteri, gli adempimenti ed eventuali sanzioni a carico di chi non opera in maniera conforme alle direttive, saranno comunque meglio descritte dai Servizi Veterinari nella consueta Circolare applicativa dell’Ordinanza del Presidente della Regione: “Norme per la profilassi della varroasi e delle altre malattie delle api in Valle d’Aosta”.
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