5 - 2010

PREVENZIONE

Luigi GIAI e Rinaldo DUGROS
Dirigente Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro, Tecnico della prevenzione Azienda USL Valle d’Aosta

PREVENZIONE E VIGILANZA
NEL SETTORE DELL’AGRICOLTURA
E DELLA SILVICOLTURA
– TERZA PARTE –

Termina con questa terza parte, riferita ai luoghi di lavoro e all’uso dei prodotti fitosanitari, la carrellata dei principali rischi legati all’attività agricola. Si è cercato, per quanto possibile, non solo di evidenziare le problematiche di un settore così multiforme e forse sottovalutato per complessità, ma di fornire pillole di “comportamenti corretti” accorpando in ogni domanda questi due aspetti.
 

La necessità di un’attenzione specifica al settore è diffusa sul territorio nazionale in quanto è noto a tutti che l’agricoltura e le attività ad essa correlate si sono sviluppate in modo rapido con l’uso di macchine e sostanze assolutamente utili ma fondamentalmente pericolose. La cura non può essere posta soltanto nella loro scelta iniziale, ma nella continua gestione, aspetto che era patrimonio dei nostri avi ben attenti alla manutenzione delle loro povere cose, ma che oggi, nella frenesia della continua corsa contro il tempo, esula talora dalle buone pratiche. Da ultimo si auspica che le istituzioni, sebbene delegate al controllo, vengano accolte come un beneficio per la comunità, intravedendo l’aspetto di prevenzione e con esso la possibilità di ottenere risposte finalizzate alla salvaguardia di salute e sicurezza, più che il volto repressivo dei doveri nei confronti del Piano Nazionale e di quello Regionale di sorveglianza.

 
LUOGHI DI LAVORO

COSA SIGNIFICA IL RIFERIMENTO AI “LUOGHI DI LAVORO” PER LE ATTIVITÀ AGRICOLE?

Per articolare in modo corretto la risposta conviene leggere l’articolo 62 (Definizioni) del D.Lgs. 09 aprile 2008 n. 81 che, con le correzioni ed aggiunte al testo originario, ad oggi dice:
“1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
…omissis…
d-bis): ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di un’azienda agricola o forestale.”
Ciò significa che le disposizioni dettate dal successivo articolo 63 (Requisiti di salute e di sicurezza) che fa riferimento in particolare all’allegato IV, si applicano a tutte le pertinenze dell’azienda ad eccezione dei campi, dei boschi e degli altri terreni.

 
DI QUALI ARGOMENTI TRATTA L’ALLEGATO IV
A CUI SI RIFERISCE L’ARTICOLO 63 DEL D.LGS. 81/08?

Dei requisiti che devono possedere i luoghi di lavoro. In particolare il punto 6 tratta delle “Disposizioni relative alle aziende agricole” con evidenza su abitazioni e dormitori anche temporanei, acqua, acquai e latrine, stalle e concimaie, mezzi di pronto soccorso e di profilassi.

 
VI SONO DEI PUNTI CUI PORRE PARTICOLARE ATTENZIONE?

Fatto salvo il rispetto della normativa nel suo complesso, è utile evidenziare i pericoli che comportano infortuni rilevanti per numero o per gravità. In particolare le caratteristiche dei pavimenti e la presenza di buche o irregolarità, la conformazione delle scale sia fisse che portatili, le caratteristiche delle vasche e dei serbatoi oltre che l’esistenza di agenti nocivi vanno presi in considerazione quali punti di partenza per una corretta valutazione di rischi.

 
QUALI RISCHI COMPORTANO I PAVIMENTI?

Gli ambienti utilizzati dalle attività agricole sono tipicamente soggetti ad aspersione di liquidi e quindi risultano spesso molto scivolosi (es. stalle, casere ecc.).
Per evitare il pericolo di caduta, oltre che dotarsi di calzature con suola antiscivolo, non è sufficiente che la superficie sia ruvida ma risulta indispensabile una scrupolosa e frequente pulizia. Tanto più che in alcuni ambiti, ad esempio nelle casere, l’asperità delle superfici cozza con la necessità di igiene non permettendo una pulitura a fondo. Si ricorda altresì l’eventualità di inciampo nel caso di superfici irregolari o peggio con buche.
La presenza nei solai di aperture quali le botole eseguite ad arte per alimentare gli animali da un fienile posto al piano superiore, richiede un’analisi particolare. Il fieno infatti può occultare la botola ed il lavoratore è soggetto a rischio di una caduta di alcuni metri con conseguenze che possono essere anche gravi. Vanno dunque predisposte barriere che impediscano l’accesso a questo luogo pericoloso come a tutte le piattaforme che presentino rischio di caduta dall’alto.

 
QUALI CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DEVE AVERE
UNA SCALA FISSA A GRADINI O A PIOLI?

Le scale fisse possono essere di due tipi:
quelle a gradini, che fanno parte integrante dell'edificio, e quelle a pioli, che vengono fissate a una parete.
 
- Le scale fisse vanno realizzate e dimensionate a regola d’arte con pavimentazione antisdrucciolevole. I gradini devono avere lunghezza adeguata alle esigenze di transito, pedata e alzata regolari: larghezza minima 1,20 m; pedata minima 30 cm; alzata adeguata (la somma tra il doppio dell'alzata e la pedata deve essere compresa tra 62 e 64 cm). Le scale e i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le scale delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.

- Le scale a pioli fisse di altezza superiore a m 5 (es. scale per l’accesso a cisterne, silos o strutture elevate…) devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi più di cm 60. I pioli devono distare almeno 15 cm dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala è fissata.

 
ESISTONO REGOLE SPECIFICHE PER L’UTILIZZO
DELLE SCALE A PIOLI PORTATILI?

Per le scale portatili va detto anzitutto che dovrebbero essere marcate, e che il loro utilizzo normale è quello di transito da un livello ad un altro. Quale posto di lavoro in quota, il datore di lavoro ne dispone l’uso solo nei casi in cui l’utilizzo di altre attrezzature considerate più sicure non è giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata dell’intervento oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non si possono modificare.
La scala deve comunque sbordare sufficientemente oltre il piano da raggiungere in modo da permettere la presa sicura dell’operatore; la discesa va fatta sempre con il busto rivolto verso la scala stessa senza ricorrere ad equilibrismi anche laterali sicuramente pericolosi.
Una scala difettosa, con segni di deterioramento, priva anche solo di un gradino o degli appoggi in gomma, va adeguatamente riparata o sostituita; mentre le incrostazioni come pure tracce di oli o grassi, vanno pulite rigorosamente.
Detto ciò si ricorda che le scale a pioli devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere trattenuti da tiranti in ferro applicati almeno sotto i due pioli estremi; nelle scale lunghe più di 4 metri deve essere applicato anche un tirante intermedio. È vietato l'uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti.

Esse devono inoltre essere provviste di:
a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti;
b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala.
 
Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona.

 
QUALI RISCHI COMPORTANO LE VASCHE O I SERBATOI?

Quando si tratta di questi bacini, siano essi utilizzati per l’irrigazione o per lo stoccaggio dei liquami, si deve pensare al rischio di annegamento per una persona che incautamente possa finirvi dentro. È indispensabile predisporre una recinzione onde evitare la vicinanza al bordo. Qualora il serbatoio sia fuori terra, andrà protetto l’accesso dai curiosi. Anche le canalette di scolo o i pozzetti di adduzione devono essere protetti con un robusto grigliato.
Vasche, serbatoi e pozzetti di scolo, oltre ad essere fonte di rischio biologico, possono presentare pericolo anche durante l’eventuale manutenzione e pulizia in quanto al loro interno si formano esalazioni nocive per l’addetto. Dovranno essere pertanto prese tutte le misure di sicurezza atte ad eliminare il pericolo di contatto con i fluidi.
In particolare, prima di entrare nei serbatoi chiusi, bisognerà assicurarsi che all’interno non esistano gas o vapori nocivi e conseguentemente si dovrà effettuare una efficiente ventilazione dell’ambiente con aria fresca. Si dovrà operare in coppia (una persona all’esterno del serbatoio e una all’interno). La persona che accede all’interno dovrà altresì utilizzare tutti i DPI specifici quali idonei apparecchi per consentire la normale respirazione (es. maschere) e indossare una cintura di sicurezza per permettere alla persona esterna di estrarre il lavoratore all’interno in caso di malore.

 
USO DEI PRODOTTI FITOSANITARI

COME VENGONO CLASSIFICATE LE SOSTANZE FITOSANITARIE?

I prodotti fitosanitari sono preparati contenenti una o più sostanze attive destinati a:
• proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi o a prevenirne gli effetti;
• favorire o regolare i processi vitali dei vegetali (escludendo i fertilizzanti);
• eliminare le piante indesiderate;
• eliminare parti di vegetali, frenare o evitare un loro indesiderato accrescimento.
Per tale motivo i principi attivi presenti nei fitosanitari sono per definizione biologicamente attivi e costituiscono un potenziale pericolo per la salute degli operatori e altri gruppi di popolazione esposti.
I prodotti vengono classificati in: molto tossici (T+), tossici (T), nocivi (XN), irritanti (XI), infiammabili (F). All’atto della vendita e ad ogni aggiornamento, deve essere consegnata dal rivenditore la scheda di sicurezza (obbligatoria) del prodotto.

 
Molto tossico                         Tossico

  
Sostanza nociva                    Sostanza irritante                  Sostanza infiammabile         
 
QUALI PROBLEMI PUÒ INDURRE UNA GESTIONE NON OCULATA
DEI PRODOTTI FITOSANITARI?

I maggiori problemi che si hanno per l’uso non corretto dei prodotti fitosanitari sono legati all’inquinamento dell’ambiente e all’intossicazione delle persone, non soltanto quelle addette alle lavorazioni ma anche quelle estranee ai lavori. Tra le persone che possono essere intossicate, in particolare vanno tutelati i giovani che, anche per curiosità, possono venire a contatto di tali sostanze quando le stesse risultino a portata di mano. Devono pertanto essere adottate cautele non solo durante l’uso ma anche nel corretto immagazzinamento e conservazione.

 
QUALI SONO GLI EFFETTI DI UNA INTOSSICAZIONE DA QUESTI PRODOTTI?

È difficile rispondere in modo diretto a una tale domanda, in quanto la tossicità di un prodotto può essere influenzata, oltre che dalle caratteristiche intrinseche del prodotto stesso, anche da molti fattori: l’esposizione continuativa piuttosto che saltuaria, l’assorbimento per via orale o cutanea, l’esposizione contemporanea a più prodotti chimici anche fra di loro non interagenti, l’età del soggetto (in particolare giovanissimi e anziani), la condizione di gravidanza, le differenze di sensibilità individuali, il concomitante cattivo stato di salute, le differenze nella formulazione commerciale, la poca stabilità chimica del prodotto.
In linea di massima si può dire che l’effetto tossico acuto dà luogo ad una sensazione di malessere generalizzata o concentrata nei luoghi di maggior assorbimento che può andare da un semplice fastidio alla morte. Un effetto cronico può indurre oltre a sensibilizzazioni gravi accompagnate anche da un avvelenamento, a effetti mutageni (consistono in alterazioni del patrimonio genetico e possono dare luogo a malattie genetiche ereditarie o a tumori), teratogeni (consistono nella comparsa di malformazioni nel feto), cancerogeni (consistono nella comparsa di tumori nell’uomo).

 
COME AVVIENE UNA INTOSSICAZIONE DA PRODOTTI FITOSANITARI?


L’intossicazione avviene attraverso un assorbimento del prodotto chimico che consiste nel suo passaggio dall’ambiente esterno all’interno dell’organismo. L’assorbimento può avvenire attraverso la pelle, le vie respiratorie, la bocca e l’apparato digerente. L’assorbimento attraverso la pelle è la causa più frequente dei casi di intossicazione legata alla professione. Il contatto può essere diretto o indiretto. Il contatto diretto è quello che si instaura quando l’operatore non si protegge sufficientemente. Il contatto indiretto può avvenire attraverso gli abiti da lavoro. Quando i prodotti fitosanitari raggiungono la pelle essi sono convogliati verso l’interno in modo particolare dalle ferite o dalle abrasioni ma riescono a penetrare anche attraverso la pelle intatta in quanto tipicamente essi contengono sostanze che si sciolgono bene nei grassi. L’inalazione è invece il passaggio nelle parti profonde dei polmoni che è maggiormente efficace quanto più l’aerosol è costituito da goccioline di piccolo diametro. Nelle zone profonde dei polmoni sono attivi gli alveoli che comunicano direttamente con il sangue. Le goccioline di maggior diametro si fermano nel naso, nella faringe o nei grossi bronchi e vengono sospinte fino alla gola, per poi essere deglutite.

 
COME SI PREVIENE L’INTOSSICAZIONE?

Come sappiamo l’assorbimento dei fitosanitari può avvenire attraverso la pelle, le vie respiratorie, la bocca e l’apparato digerente. Fondamentale diviene quindi l’impiego di protezioni non soltanto per le vie respiratorie ma anche per l’intero corpo. Si adotteranno quindi i vari tipi di protezione per evitare sia l’inalazione che il contatto diretto o indiretto, in particolare:
• maschere, se possibile pieno-facciali, dotate di filtro tipicamente antigas per vapori organici preceduto da un antipolvere. Dei filtri va verificata ogni volta la data di scadenza;
• tute, che dovranno essere conformi alle normative comunitarie, in genere impermeabili ma possibilmente traspiranti e con cappuccio. Esse verranno corredate da stivali e guanti di cui si controllerà l’integrità della tenuta, a cui si aggiungerà eventualmente il casco per la protezione del capo da urti;
• guanti in gomma impermeabili;
• stivali in gomma impermeabili e dotati di suola antisdrucciolevole;
• occhiali, le cui lenti andranno scelte del tipo non solo antigraffio ma con un trattamento specifico antiappannamento. Per questo scopo particolare può essere utile ungere la lente che non fosse trattata con un velo di glicerina.
 
Tutta l’attrezzatura sopra elencata va lavata accuratamente dopo l’uso prima di essere riposta in magazzino. Si fa presente che non deve essere mescolata agli abiti puliti perciò è utile avere un armadietto dotato di due scomparti (pulito-sporco).
 
 
 
 
ESISTONO PRATICHE OPERATIVE PIÙ SICURE DI ALTRE?



Sostanze velenose

Va detto anzitutto che è importante seguire le istruzioni fornite con i prodotti: esse dettagliano i rischi e i conseguenti usi corretti. Detto ciò bisogna dotarsi dei dispositivi di protezione individuale idonei e sottoporre a regolare manutenzione le attrezzature con lo scopo di distribuire il prodotto in modo efficace: con il dosaggio richiesto e sulla zona prevista. Facendo ciò non solo si salvaguarda la salute delle persone addette, ma si tutela l’ambiente non sprecando il prodotto e non spargendolo su zone che non necessitano di trattamento.



 
ESISTE UNA PROCEDURA PER LA CONSERVAZIONE
DEI PRODOTTI FITOSANITARI?


Essendo sostanze che presentano una considerevole pericolosità, esse devono essere conservate in locali dedicati, contraddistinti dalla scritta “veleno” e l’immagine di un teschio con le ossa incrociate, chiusi a chiave, aerati, lontani da fonti di calore e privi di umidità.
È importante scegliere un locale fuori terra per evitare il ristagno di vapori nocivi, con pavimento e pareti lavabili almeno fino all’altezza dello stoccaggio e con impianto elettrico stagno in modo da non innescare un principio di incendio, dato che alcuni prodotti sono infiammabili. Se il quantitativo è modesto, può essere sufficiente un armadio metallico lavabile con l’attenzione particolare di non stipare insieme composti che fra loro reagiscono, informandosi per questa eventualità presso il rivenditore. Anche sull’armadio vanno poste la scritta “veleno” e l’immagine di un teschio con le ossa incrociate.
 

 
Il pavimento del locale deve essere impermeabile e lavabile e dotato di un pozzetto cieco, con opportuna pendenza, per la raccolta di eventuali sversamenti del prodotto o, in alternativa, un cordolo di contenimento. Necessaria anche la presenza di materiali inertizzanti (argilla e sabbia meglio della segatura in quanto questa è materiale organico che potrebbe reagire) da utilizzare in caso di versamento accidentale di prodotto.
Nel caso si fosse in possesso di prodotti scaduti, è possibile per gli imprenditori agricoli conferirli, in base ad un’ordinanza regionale, presso la discarica di Brissogne. I privati possono invece contattare a carattere locale le Comunità Montane che possono essersi organizzate per un servizio collettivo.
 
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