2 - 2009

FORMAZIONE

di Silvana PIOTTI
Ufficio formazione e
aggiornamento professionale
Direzione produzioni
vegetali e servizi fitosanitari

In un momento di crisi economica che investe anche il settore agricolo, la multifunzionalità può rappresentare una strada verso il successo per l’azienda che sa essere versatile e adattarsi alle esigenze del mercato e della società

• CONVEGNO A SOSTEGNO DELLA MULTIFUNZIONALITÀ DELL’AZIENDA AGRICOLA

AGRICOLTURA SOCIALE: UTOPIA O OPPORTUNITÀ?

Si chiama multifunzionalità il business delle aree rurali. Si tratta di un termine coniato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) nel 1998, e successivamente convalidato dalla riforma Fischler nel 2003, e ha un semplice significato: l’agricoltore non può più fare solo l’agricoltore! Il rapporto dell’Ocse del 1998 continua così: “Oltre alla produzione di alimenti e fibre l’agricoltura può modificare il paesaggio, contribuire alla gestione sostenibile delle risorse, alla preservazione della biodiversità, a mantenere la vitalità economica e sociale delle aree rurali.” Così l’agricoltore, da gestore del fondo, diventa anche gestore dell’ambiente e del territorio.

Dopo lo slogan degli ultimi 30 anni che proponeva la diversificazione della produzione quale chiave di successo dell’azienda agricola, all’inizio del terzo millennio si inizia a parlare di diversificazione dell’attività rurale verso fonti di reddito alternative ad elevato valore aggiunto.

L’agricoltore, quindi, è invitato a dedicarsi alle attività connesse all’agricoltura in una sinergia che produce valore aggiunto da un punto di vista economico, ambientale e sociale. Si tratta di combinare i fattori di sviluppo (capitale umano, capitale sociale, beni naturali, culturali, storici e paesaggistici) in modo da ottenere il massimo tornaconto in maniera più efficiente ed efficace.

Dalla Politica Agricola Comune agli strumenti di sviluppo regionale, tanto che nei nuovi Programmi di Sviluppo Rurale l’asse 3 è anche destinato alla diversificazione dell’economia agricola a cui l’asse Leader fa riferimento.

In tal senso il PSR 2007-2013 della Regione Autonoma Valle d’Aosta dedica la misura 311 all’erogazione di aiuti per raggiungere gli obiettivi della diversificazione delle attività aziendali a favore di quelle complementari all’agricoltura e al territorio rurale, aumentare la multifunzionalità delle aziende agricole presenti nel territorio rurale e incrementare l’occupazione dei componenti della famiglia agricola.

In un momento di crisi economica che investe anche il settore agricolo, la multifunzionalità può rappresentare una strada verso il successo per l’azienda che sa essere versatile e adattarsi alle esigenze del mercato e della società. Il vocabolo “crisi” deriva dal greco krìsis che a sua volta deriva da krinò, cioè separo e quindi decido (la stessa radice di cernere) e perciò scelgo. Insomma, crisi significa “momento che separa una maniera d’essere o una serie di fenomeni da un’altra differente”. In pratica: cambiamento. Dunque, mentre nell’immaginario collettivo significa difficoltà e paura, vince chi sa cambiare, chi ha fiducia nel successo dell’impresa e, per il bene di tutti, è capace di tenere sotto controllo la paura, perché la ricerca ha spiegato che nel cervello i centri della paura e dell’ottimismo coincidono e si escludono rispettivamente. Analizzare le risposte ad una crisi è la parte più difficile di ogni processo decisionale.


L’AGRICOLTURA SOCIALE: NUOVE FRONTIERE DI SVILUPPO DELLA COMPETITIVITÀ E DELLE PARI OPPORTUNITÀ

Nell’ambito delle attività formative e divulgative l’Assessorato Agricoltura e Risorse naturali ha organizzato, in collaborazione con l’Ufficio della Consigliera di parità regionale, il convegno dal titolo: “L’agricoltura sociale: nuove frontiere di sviluppo a favore della competitività sociale e delle pari opportunità nei territori rurali”, che ha visto impegnati diversi uffici del Dipartimento agricoltura, dall’Ufficio programmazione e monitoraggio del PSR all’Ufficio programmi multisettoriali, coordinati dall’Ufficio formazione e aggiornamento professionale.

In quest’occasione sono stati illustrati gli strumenti finanziari di politica comunitaria, quali il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) e il loro ruolo sinergico nella progettazione integrata per lo sviluppo dell’occupazione e per il miglioramento degli spazi di vita in montagna.

L’agricoltura sociale, oggetto del convegno, è un modello di sviluppo rurale di qualità, capace di generare reddito e occupazione, ma, soprattutto, di creare un valore sociale a favore dell’intera collettività. In questo senso è intervenuto Gianni Nuti, Direttore della Direzione Politiche sociali dell’Assessorato Sanità, Salute e Politiche sociali, che ha evidenziato come nell’ambito terapeutico, riabilitativo oppure solo ricreativo soprattutto dei soggetti più deboli (bambini, anziani, ammalati, disabili) il rapporto con la terra, generatrice e rigeneratrice, è un’esperienza totalizzante e non riproducibile in nessun altro contesto: il corpo vive, tocca e riceve messaggi dall’elemento naturale in un rapporto privilegiato che solo colui che lavora con la terra possiede. Fare agricoltura sociale è recuperare il valore della solidarietà contadina, non è fare assistenza sociale!

La formazione e la crescita delle persone passa anche attraverso lo scambio di esperienze e di conoscenze: in questo convegno è stato possibile proporre, alle oltre ottanta persone presenti, buone pratiche per la gestione e la realizzazione degli interventi a favore dell’agricoltura sociale. Presenti tanti agricoltori, ma anche operatori dei servizi sociali, operatori del terzo settore o semplici cittadini che hanno seguito con molto interesse le esperienze presentate.

Alessandro Colombini, giovane imprenditore agricolo di Pisa, produttore di ortaggi e frutta biologica, quasi per gioco è diventato protagonista di “agricoltura sociale” accogliendo otto anni fa un ragazzo affetto dal disturbo di personalità “borderline” (grave patologia caratterizzata da forte instabilità dell’umore), seguito dai servizi sociali nell’ambito del progetto “Il giardino dei semplici”. Ad oggi, sono cinque i ragazzi disabili inseriti in azienda con regolare contratto di lavoro. Essi si occupano del magazzino, della vendita e di amministrazione: l’azienda vende direttamente gli ortaggi ai privati attraverso i GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) e rifornisce le mense scolastiche del Comune; i ragazzi diversamente abili sono delle pedine vincenti in questi rapporti di “marketing”: ricevono le prenotazioni, insacchettano i prodotti e li smistano. L’azienda ha visto riconoscere il suo ruolo sociale con un premio di “Etica del lavoro”, ma l’imprenditore Colombini ha sottolineato più volte che la sua azienda non è un ente di beneficenza e neanche un’associazione di volontariato. La sua è un’azienda produttiva e i ragazzi disabili inseriti lavorano come, se non più, degli altri. Lui non ha fatto altro che valorizzare le capacità residuali dei diversamente abili nel miglior modo possibile. A conclusione dell’intervento, Colombini ha detto: «Essi sono per me come una famiglia e la mia azienda è la loro casa; i ragazzi disabili lavorano benissimo in agricoltura perché la natura non scarta nessuno, mentre la società, a volte, è molto selettiva».
Alessandro Colombini è un figlio di agricoltori, in possesso della licenza media, che si è dimostrato impacciato nell’uso del computer con il quale voleva far vedere le foto dei suoi ragazzi, ma che ha impartito ai presenti una lezione importante.


Mirella Morsone, imprenditrice agricola di Venaria vicino a Torino, entra nell’azienda di famiglia quando il papà si ammala gravemente e non può più seguire i lavori dei campi, una scelta fatta contro la volontà della sua stessa famiglia che la voleva impiegata in un posto sicuro e “pulito”. Mirella, ferma nella sua decisione di non perdere il legame con la terra con cui era cresciuta, rileva l’attività e la trasforma in allevamento di cavalli, la sua passione fin da bambina.

Dietro richiesta di un’assistente sociale che aveva molto insistito, accoglie in azienda una ragazza accompagnata dall’educatrice per alcune ore di inserimento lavorativo nell’ambito di un progetto individualizzato, ma il rapporto con i cavalli e un ambiente accogliente fanno sì che la ragazza, chiusa e con problemi di relazione, diventi un’altra persona e si affezioni a Mirella. Da qui la scelta di aprire non solo la propria azienda, ma anche la propria casa: per l’imprenditrice agricola, single, si apre un mondo di affidi famigliari di ragazzi disabili, che adesso vivono con lei. Lavorano fianco a fianco, fanno la spesa insieme, cucinano. Mirella ha ritrovato quella famiglia che non aveva più, la chiamano mamma e lei si dice la persona più realizzata del mondo. Da quel punto di crisi, la malattia del papà, per lei si apre una strada per la felicità.

Francesco Di Iacovo, Professore di Economia Agraria all’Università di Pisa, ha portato la sua esperienza di ricercatore e di esperto di economia agraria. Ha sottolineato come le esperienze presentate al convegno siano la dimostrazione che l’innovazione è già in campo, non c’è più bisogno che il mondo accademico faccia ricerca in questo senso e sottolinea come l’agricoltura sociale possa essere una risposta alla crisi economica, ma soprattutto una soluzione alla crisi ambientale.
Secondo Di Iacovo, deve nascere la consapevolezza che la parola “sviluppo economico” deve acquisire connotati sempre più di tipo sociale, intendendo la tutela del territorio e delle popolazioni rurali. Evidenzia come l’agricoltura sia in crisi perché il settore ha perso il controllo della propria attività: le multinazionali della chimica e del commercio controllano l’attività agricola.
Porta l’esperienza di alcuni paesi del Nord Europa in cui il ruolo di “sociale” dentro l’attività agricola ha portato all’accreditamento del servizio di “agricoltura sociale” in convenzione con enti e servizi pubblici (fattorie didattiche, riabilitazioni, lungodegenze, pet-therapy, therapy-farm, ecc.). Evidenza come la nascita di nuove attività debba passare per un percorso di sperimentazione: decolla con l’esperienza di alcune “aziende pilota” e il ruolo dell’amministrazione pubblica è quello di codificare il servizio e di regolamentarlo. Per un’azienda, trasformare l’attività in agricoltura sociale non per forza significa fare ingenti investimenti, ma vuol dire ottimizzare le risorse già disponibili, cogliendo le opportunità offerte dal territorio e dal contesto sociale. Diventare operatore di agricoltura sociale non significa divenire terapeuti perché, comunque, caposaldo dell’attività deve restare la produzione agricola.

«Decisivo è il ruolo dei Comuni, delle associazioni di categoria e dei consorzi per lo sviluppo della multifunzionalità nelle aziende agricole». Questa è la considerazione conclusiva emersa dagli interventi di Marco Boschetti, Direttore del Consorzio Agriturismo Mantovano, di Stefania Fumagalli, responsabile di progetti per la Coldiretti di Torino, di Alessandra Brogliatto, responsabile progetti Confcooperative del Piemonte, di Francesca Cargnello, Sindaco del Comune di Borgiallo (TO).

E’ proprio grazie al supporto tecnico della Coldiretti di Torino che nell’azienda agricola “La Piemontesina” di Chivasso è iniziata la sperimentazione di un “agri-asilo”. Un video presentato al convegno ha illustrato come in piccoli contesti rurali l’accoglienza in azienda di bambini da 9 mesi a 3 anni, in convenzione con l’ente locale, può rappresentare un servizio aggiuntivo per le famiglie che scelgono di vivere nelle zone rurali invece che nelle grandi città. Quindi, agricoltura sociale quale duplice strumento per migliorare la qualità della vita delle popolazioni rurali, agendo positivamente contro lo spopolamento delle aree interne.

A conclusione del convegno sono state presentate alcune realtà valdostane. René Benzo ha parlato del Centro agricolo della Fondazione Ollignan, nato una decina di anni fa con la costituzione di un ente senza scopo di lucro, i cui soci fondatori sono l’Assessorato Agricoltura e Risorse naturali, l’Assessorato Sanità, Salute e Politiche sociali, l’Institut Agricole Régional e l’Associazione famigliari portatori di handicap, con lo scopo di creare attività lavorative nel settore agricolo per ragazzi diversamente abili. Il Centro, situato nel Comune di Quart, dispone di circa 5 ettari di terreno coltivato a patate, prato stabile, colture protette e ortaggi e di un allevamento con 75 galline e 25 alveari, dove sono inserite quindici persone con disabilità e cinque minori con progetto educativo individualizzato.

Ugo Lini ha illustrato l’attività del Centro agricolo dimostrativo di Saint-Marcel che nel 2004, nell’ambito di un progetto Interreg NEPROVALTER, si è strutturato in fattoria didattica sperimentale: accoglie ogni anno 1.200-1.500 bambini, ma le domande non soddisfatte per motivi organizzativi superano le 500-800 utenze. I bambini vengono guidati dal responsabile del Centro e accompagnati dalle maestre in percorsi didattici attraverso i progetti di animazione “La strada del miele”, “L’orto biologico” e “La Valle d’Aosta in miniatura”.

Infine Edi Henriet, Direttore dell’AREV (Association Régionale Eleveurs Valdôtains), ha illustrato “Alpages Ouverts,” un’esperienza di accoglienza dei turisti in alpeggio promossa dall’associazione stessa, che ogni anno ottiene consensi e approvazione.
Henriet ha sottolineato come inizialmente la proposta abbia trovato difficoltà e diffidenza tra gli allevatori, che vedevano l’attività come un ostacolo all’ordinaria gestione dell’azienda, e che i primi anni gli organizzatori facevano fatica a trovare degli allevatori disposti ad accogliere l’iniziativa mentre oggi, a distanza di pochi anni, è un problema per l’associazione selezionare gli alpeggi ospitanti in quanto le richieste di adesione al progetto sono sempre più numerose.
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