PRIMA PARTE: CAVOLO CAPPUCCIO, CAVOLO VERZA E SPINACI
La parte alimentare degli ortaggi a foglia è costituita da foglie di varie forme e pezzature. Il cavolo appartiene alla famiglia delle Crucifere, mentre gli spinaci fanno parte della famiglia delle Chenopodiacee.
CAVOLO
Nella nostra regione, della specie brassica oleracea L. sono comunemente presenti il cavolo cappuccio (Brassica oleracea L. var. capitata L.) e il cavolo verza (Brassica oleracea L. var. sabauda L.).
In alcuni orti possiamo trovare anche il cavolo di Bruxelles (Brassica oleracea L. var. gemmifera Zenker) e il cavolo nero crespo (Brassica oleracea L. var acephala sabellica).
CAVOLO CAPPUCCIO
NOME SCIENTIFICO:
Brassica oleracea L.
var. capitata L.
NOME FRANCESE: chou pommé o chou cabus.
ORIGINE: incerta, probabilmente proviene dai paesi del Mediterraneo, con una buona diffusione in Centro Italia già dal Settecento.
CARATTERISTICHE: possiede un corto fusto di colore verde chiaro, da cui partono delle grosse foglie verdi-azzurre, verdi chiare e rosse, a formare un cespo (la testa). Ama il clima fresco, umido e senza gelate. Sebbene i cavoli siano una coltura da clima mite, sono ortaggi essenzialmente invernali, tant’è che un certo grado di freddo li rende più teneri e saporiti.
SEMINA: preparare le piantine nelle cassette da aprile a giugno e trapiantarle nei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto. Durata della coltura: 60-120 giorni.
RACCOLTA: inizia a giugno e si protrae sino al primo gelo in pieno campo per proseguire, sotto tunnel, fino a maggio.
CONSUMO: è ottimo crudo, sminuzzato e mescolato ad altre verdure come insalata. Se consumato crudo, conserva al massimo le sue proprietà salutari, risultando anche più digeribile. Ottimo anche cotto.
PROPRIETÀ E CURIOSITÀ: il cavolo cappuccio è ricco di fibra, ma soprattutto di vitamina C e di betacaroteni e carotenoidi, che hanno l’effetto di ritardare l’invecchiamento. Apprezzato per le sue qualità terapeutiche, era definito il “medico dei poveri” ed era utilizzato per cicatrizzare le ferite di persone e animali. Si applicava una foglia di cavolo sulla ferita e poi si fasciava, ripetendo l’operazione più volte al giorno.
Le sue foglie, sminuzzate, sono utilizzate nella preparazione dei crauti.
VARIETÀ CONSIGLIATE
Cavolo Rosso, Egizio, Cuore di Bue. Oggi le cultivar (le varietà) più diffuse sono ibridi F1. Le cultivar di cavolo cappuccio possono essere classificate per tempo di maturazione, stagione di sviluppo, forma e dimensione della testa.
TERRENO E CLIMA
Si adatta a tutti i tipi di terreno, purché siano profondi, ben aerati e freschi, ricchi di sostanza organica e con PH neutro oppure leggermente alcalino (6,5-7). Preferisce climi sia temperati sia freddi ed umidi, tollera le basse temperature e, in genere, si sviluppa molto bene anche in montagna. La coltura necessita di irrigazioni al trapianto e nella fase di ingrossamento della testa.
COLTIVAZIONE
La semina in semenzaio, effettuata in appositi contenitori alveolati, è consigliata da fine aprile a fine giugno, per permettere il successivo trapianto a dimora da maggio ad agosto. La germinazione dei semi avviene rapidamente, dato che le temperature estive sono più elevate. È da preferire una situazione ombreggiata nei momenti più caldi della giornata. La semina diretta in campo è possibile, ma poco utilizzata.
Quando le piantine hanno raggiunto circa 10 cm di altezza, si possono trapiantare a dimora. Il sesto di impianto consigliato è di 55-80 cm tra le file e 55-80 cm sulla fila. Di norma occorrono circa 2 o 3 piante a metro quadrato di coltivazione. Nella nostra regione il cavolo cappuccio può seguire una coltura, come ad esempio i piselli, oppure un sovescio. Si sviluppa molto bene su terreno nuovo, senza richiedere particolari concimazioni.
Le cure colturali dopo il trapianto consistono nel rincalzare le piantine per assicurare loro un buon sostegno. Azione, questa, valida anche come lotta alle malerbe e ad alcuni parassiti. I cavoli hanno una crescita abbastanza rapida e prendono il sopravvento sulle malerbe.
Le irrigazioni, mai troppo abbondanti, possono essere eseguite per aspersione ad inizio coltura e, preferibilmente, per scorrimento al momento della formazione delle teste. Quando queste hanno raggiunto una buona compattezza, le irrigazioni troppo abbondanti possono provocarne la spaccatura. Per garantire un buon dosaggio dell’acqua, è preferibile adottare i sistemi di microirrigazione come il goccia a goccia durante l’intero periodo vegetativo.
La raccolta avviene quando la testa ha raggiunto le dimensioni desiderate, a 60-70 giorni dal trapianto nelle cultivar precoci, 70-90 nelle medio-precoci e oltre 90 giorni in quelle tardive. In ogni caso, le teste devono essere ben compatte.
La produzione varia tra 4 a 7 kg a metro quadro, a seconda della cultivar, dell’epoca di coltivazione e delle condizioni pedo-climatiche. La conservazione in cantina o frigorifero può durare anche un mese.
PARASSITI E MALATTIE
Bruco di cavolaia su foglia di cavolo cappuccio
Se coltivato in montagna il cavolo cappuccio, di norma, non teme parassiti. In pianura possono verificarsi, invece, problemi di afidi, di cimici, di nottue come la cavolaia e di mosca del cavolo. Quest’ultima è la più nociva perché provoca il marciume del colletto, con relativa morte della pianta. La lotta preventiva più efficace è il rincalzo delle piante (copertura del colletto con la terra), che non permette alle mosche di depositarvi le uova. Per aumentare l’efficacia del trattamento, cospargere il terreno con cenere o zolfo (prodotti repellenti). Per i restanti parassiti è consigliabile coprire le piante con tessuto non tessuto o con rete a maglia fine, in modo da impedirne meccanicamente l’accesso al fogliame, oppure usare macerazioni con erbe (ortiche, timo, ecc.), sapone bianco di Marsiglia o altri prodotti naturali come il Bacillus thuringiensis (per le nottue e le cavolaie).
Il non eccedere con le irrigazioni permette, comunque, di prevenire i marciumi e malattie come la peronospora e l’alternaria. Temperature alte, squilibri idrici e esposizione diretta ai raggi solari, possono provocare la fioritura anticipata.
CAVOLO VERZA
NOME SCIENTIFICO: Brassica oleracea L.
var. sabauda L.
NOME FRANCESE: chou de Milan.
ORIGINE: incerta, probabilmente proviene dai paesi del Mediterraneo, con una buona diffusione in Centro Italia già dal Settecento.
CARATTERISTICHE: possiede un corto fusto di colore verde chiaro, da cui partono delle grosse foglie bollose, grinzose, quasi increspate, riunite in una palla meno compatta di quella del cavolo cappuccio. Ama un clima fresco, umido e senza gelate. Sebbene i cavoli verza siano una coltura da clima mite, essi sono ortaggi essenzialmente invernali, tant’è che un certo grado di freddo li rende più teneri e saporiti.
SEMINA: preparare le piantine nelle cassette da giugno a luglio e trapiantarle a luglio, agosto e settembre. Durata della coltura: 60-120 giorni.
RACCOLTA: inizia a settembre e si protrae sino al primo gelo in pieno campo, per poi proseguire sotto tunnel fino a maggio.
CONSUMO: è ottimo crudo, sminuzzato e mescolato ad altre verdure come l'insalata. Se consumato crudo, conserva al massimo le sue proprietà salutari, risultando anche più digeribile. Ottimo anche cotto.
PROPRIETÀ E CURIOSITÀ: è ricco di fibra, ma soprattutto di vitamina C e di betacaroteni e carotenoidi, che hanno l’effetto di ritardare l’invecchiamento. È coltivato da almeno 4000 anni. Apprezzato per le sue qualità terapeutiche, come il cavolo cappuccio era definito il “medico dei poveri”.
VARIETÀ CONSIGLIATE
Cavolo di Milano, Conquista, San Martino d’Asti. Oggi le cultivar più diffuse sono ibridi F1. Le cultivar di cavolo verza possono essere classificate per tempo di maturazione e stagione di sviluppo.
TERRENO E CLIMA
Si adatta a tutti i tipi di terreno, purché siano profondi, ben aerati e freschi, ricchi di sostanza organica e con PH neutro oppure leggermente alcalino (6,5-7). Preferisce climi sia temperati che freddi e umidi, tollera le basse temperature e, in genere, si sviluppa molto bene anche in montagna. La coltura necessita di irrigazioni al trapianto e nella fase di ingrossamento della testa.
COLTIVAZIONE
La semina in semenzaio, effettuata in appositi contenitori alveolati, è consigliata da fine giugno a luglio, per permettere il successivo trapianto a dimora da luglio a settembre. La germinazione dei semi avviene rapidamente, dato che le temperature estive sono elevate. È da preferire una situazione ombreggiata nei momenti più caldi della giornata. La semina diretta in campo è possibile, ma poco praticata.
Cavolo verza, inizio formazione testa
Quando le piantine hanno raggiunto circa 10 cm di altezza, si possono trapiantare a dimora. Il sesto di impianto consigliato è di 55-80 cm tra le file e 55-80 cm sulla fila. Di norma occorrono circa 2 o 3 piante a metro quadrato di coltivazione. Si sviluppa molto bene su terreno nuovo, senza richiedere particolari concimazioni.
Le cure colturali dopo il trapianto consistono nel rincalzare le piantine, sia per assicurare loro un buon sostegno sia come azione preventiva contro le malerbe e alcuni parassiti.
I cavoli hanno una crescita abbastanza rapida e prendono il sopravvento sulle malerbe.
Cavolo verza ben conservato nella neve
Le irrigazioni, mai troppo abbondanti, possono essere eseguite per aspersione ad inizio coltura e preferibilmente per scorrimento al momento della formazione delle teste. Quando queste hanno raggiunto una buona compattezza, le irrigazioni troppo abbondanti possono provocarne la spaccatura. Per garantire un buon dosaggio dell’acqua è preferibile adottare i sistemi di microirrigazione come il goccia a goccia durante l’intero periodo vegetativo.
La raccolta avviene quando la testa ha raggiunto le dimensioni desiderate, a 60-90 giorni dal trapianto.
La produzione varia da 4 a 8 kg a metro quadrato, a seconda della cultivar, dell’epoca di coltivazione e delle condizioni pedo-climatiche. La conservazione del prodotto in cantina o in frigorifero può durare anche diversi mesi.
PARASSITI E MALATTIE
Nella nostra regione, se coltivati in montagna, di norma il cavolo verza non teme parassiti. In pianura possono verificarsi problemi di afidi, di cimici, di nottue come la cavolaia e di mosca del cavolo. Per questi parassiti è consigliabile coprire le piante con tessuto non tessuto o con rete a maglia fine, in modo da impedire meccanicamente l’accesso degli insetti al fogliame, oppure usare macerazioni con erbe (ortiche, timo, ecc.), sapone bianco di Marsiglia o altri prodotti naturali come il Bacillus thuringiensis (per le nottue e cavolaie).
Il non eccedere con le irrigazioni permette di prevenire i marciumi e malattie come la peronospora e l’alternaria.
Temperature troppo alte e squilibri idrici possono provocare la fioritura anticipata.
SPINACI
NOME SCIENTIFICO: Spinacia oleacea.
NOME FRANCESE: épinard.
ORIGINE: lo spinacio è un ortaggio conosciuto fin dall'antichità. È arrivato in Europa dalla Spagna, portato dagli arabi intorno all’anno 1000.
CARATTERISTICHE:: si utilizzano le sole foglie, il cui colore varia dal verde chiaro al verde intenso. Predilige un terreno fresco, permeabile e ben drenato, con PH superiore a 6,5. Sopporta molto bene il freddo.
SEMINA: a marzo-aprile oppure fine agosto-settembre a dimora in pieno campo.
RACCOLTA: maggio-giugno oppure ottobre sino alla primavera successiva.
CONSUMO: crudo o cotto.
IMPIEGHI: in insalata, come contorno di molte pietanze, nelle minestre e come ingrediente di base per la preparazione del ripieno di molti piatti elaborati.
PROPRIETÀ E CURIOSITÀ: contrariamente a quanto si crede, gli spinaci contengono sì molto ferro, però di difficile assimilazione. Per contro, in essi si trova un alto contenuto di sali minerali e vitamine, tra cui la vitamina A e C, del tutto disponibili per il nostro organismo.
La popolarità di questo ortaggio deriva dalle storie di Popeye, un fumetto molto conosciuto in tutto il mondo, in Italia noto con il nome di Braccio di Ferro, un marinaio che per le sue imprese trae forza dal consumo di spinaci in scatola. In Valle d’Aosta, durante l’estate è tradizione raccogliere lo spinacio selvatico, denominato Buon Enrico, eccellente per la preparazione di frittate e torte salate.
VARIETÀ CONSIGLIATE
Matador, Viking, Multoverde.
TERRENO E CLIMA
Si adatta bene a tutti i tipi di terreno, purché siano profondi, ben aerati e freschi, ricchi di sostanza organica e con PH neutro oppure leggermente alcalino (6,5-7). Non sopporta i ristagni idrici. Si adatta a climi sia temperati sia freddi ed umidi. Tollera molto bene il freddo, e in genere, si sviluppa senza problemi anche in montagna.
COLTIVAZIONE
La semina a dimora è consigliata da marzo ad aprile e da fine agosto a inizio ottobre. La germinazione dei semi avviene rapidamente anche a temperature basse. Il sesto di impianto consigliato è di 20-30 cm tra le file e 30-40 cm sulla fila.
Tetragonia (spinacio Nuova Zelanda)
Lo spinacio ha una crescita abbastanza rapida e prende il sopravvento sulle malerbe. È una pianta longidiurna, con rapida induzione a fiore a lunghezze del giorno superiore a 14 ore (periodo maggio-agosto). La sua coltivazione è perciò sconsigliata nel periodo estivo, tranne in situazioni ombreggiate di alta montagna. In caso di coltivazione estiva, si consiglia di seminare lo spinacio della Nuova Zelanda (Tetragonia tetragonioides Pallas O. Kunze).
Le irrigazioni, mai troppo abbondanti, possono essere eseguite per aspersione. Per garantire un buon dosaggio dell’acqua, è preferibile adottare i sistemi di microirrigazione come il goccia a goccia.
La raccolta avviene quando le foglie hanno raggiunto le dimensioni desiderate, a 30-60 giorni dalla semina. Si può effettuare la sfogliatura permettendo alla pianta di ricacciare nuove foglie oppure raccogliere l'intera pianta tagliando la radice appena al di sotto delle foglie.
La produzione varia da 2 a 3 kg a metro quadrato, secondo l’epoca di coltivazione e le condizioni pedo-climatiche. Il prodotto fresco, in frigorifero ad una temperatura da 0 a 4°C, si conserva per 10-15 giorni. Lo spinacio si presta ottimamente alla surgelazione.
PARASSITI E MALATTIE
In montagna di norma gli spinaci non temono parassiti, essendo coltivati in periodi in cui la temperatura non è mai troppo elevata. In pianura possono, invece, verificarsi problemi di afidi. Contro questi parassiti è consigliabile coprire le piante con tessuto non tessuto o con rete a maglia fine, in modo da impedire meccanicamente l’accesso degli insetti al fogliame, oppure usare macerazioni con erbe (ortiche, timo, ecc.), sapone bianco di Marsiglia.
Il non eccedere con le irrigazioni permette di prevenire i marciumi e la decolorazione delle foglie. Temperature alte e squilibri idrici possono stimolarne la fioritura anticipata.
APPROVATO IL DISEGNO DI LEGGE CHE DISCIPLINA LE PIANTE OFFICINALI
Il 9 febbraio scorso il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità il disegno di legge che disciplina il settore delle piante officinali in Valle d’Aosta.
L’Assessore Giuseppe Isabellon ha espresso la propria soddisfazione sottolineando che “il dl è stato elaborato in stretta collaborazione tra gli Assessorati alla Sanità e all'Agricoltura, in quanto comprende sia gli aspetti di produzione agricola che di sicurezza alimentare e medicale. Possiamo dire – ha proseguito l’Assessore – di avere ottenuto un risultato importante per un settore che, pur non essendo considerato primario, è in grado di aiutare l’agricoltura valdostana nel risolvere tematiche agricole e ambientali importanti, come il recupero di terreni non più utilizzati o non adeguatamente sfruttati. Il testo di legge rappresenta non soltanto una risposta di carattere generale, per dare nuovi atout alla nostra agricoltura, ma anche risposte precise a precise richieste dei coltivatori, veri destinatari di questa norma, che tanto l’hanno attesa negli anni passati. Un testo che questo Governo regionale ha saputo concretizzare lavorando a fianco dei produttori.”