INFRASTRUTTURE IDRICHE
Le centrali realizzate in territorio montano non hanno solamente un ruolo produttivo ma anche didascalico; rappresentano le culture industriali delle varie epoche.
MONUMENTI MODERNI: LE CENTRALI
di Giuseppe Nebbia
La percezione moderna
Frequentando la Valle d'Aosta e le sue valli laterali, si incontrano bacini idrici artificiali, centrali idroelettriche, dighe, tralicci di sostegno di piccoli o grandi elettrodotti. Salvo che per i più imponenti, li si degna di una rapida occhiata senza che ne rimanga una durevole impressione. Sembrano ormai una noiosa componente del nostro percorso. Non attirano particolari attenzioni. Si può dire che siano sempre esistiti, tanto è stata persa la memoria della loro costruzione.
La produzione di elettricità da energia idrica è talmente tipica della realtà valdostana che con il tempo è stata banalizzata ed ha perso l'impatto emotivo dei primordi. La facilità con cui usiamo tutte le apparecchiature elettriche ci ha fatto dimenticare come e dove l'energia elettrica viene prodotta. Ci troviamo a fianco di un patrimonio che ci sfugge e che non sappiamo valutare.
Quale patrimonio?
Poche altre zone oltre la Valle d'Aosta possono apparire un museo all'aria aperta di come la risorsa idrica possa essere utilizzata e trasformata in energia di altro tipo. Basta guardare attorno con attenzione per comprendere tutti i cicli di produzione dell'energia, dalla raccolta delle acque nei grandi bacini montani alla loro concentrazione negli invasi di valle, dalle dighe di ritenuta ai canali o tubazioni di adduzione alle sottostanti centrali, dalle cabine di trasformazione agli elettrodotti. È un patrimonio della montagna come pochi altri. Assume pertanto i caratteri della tipicità e della rarità, che ne accentuano le qualità.
Tutti questi impianti finalizzati alla produzione dell'energia sono leggibili nel territorio, ed esprimono la cultura industriale dello sfruttamento intensivo prima, e quella di un maggiore equilibrio con il territorio poi. Importante appare essere il ruolo didascalico dei sistemi di impianti idroelettrici, oltre che - come ovvio - il ruolo produttivo. Ripercorrere il cammino fatto dalle piccole centrali locali ai grandi invasi sino all'elettrodotto che attraversa le Alpi, equivale a veder svolgere come in un film la storia economica e culturale dell'ultimo secolo.
Parallelismi economici
Alle piccole centrali che soddisfacevano le ridotte esigenze delle comunità locali, seguirono impianti più importanti per muovere grandi industrie localizzate nella valle, dalla Quinzio e Rossi di Pont-Saint-Martin, alla Brambilla di Verrès sino all'Ansaldo poi Cogne di Aosta. In tempi più recenti i grandi impianti, grazie alla connessione con la rete nazionale, hanno permesso di esportare verso le industrie di pianura buona parte dell'energia prodotta. C'è stato un percorso, in parte voluto ed in parte subìto, di progressivo ampliarsi dell'area di utilizzo dell'energia prodotta, in un quadro di progressiva integrazione con le reti nazionale ed europea del trasporto dell'energia. Anche le più recenti centraline ad acqua fluente risultano connesse alla rete generale, quando riversano su questa le produzioni eccedenti il consumo locale.
Come altre attività economiche regionali, anche quella legata alla produzione dell'energia illustra l'evoluzione intervenuta nell'economia regionale nell'ultimo secolo, sempre meno rivolta al mercato locale per indirizzarsi verso aree più lontane.
Anche altri aspetti, dalle capacità finanziarie dei promotori agli impatti sul territorio possono risultare evidenti esaminando le modalità di captazione e di derivazione delle acque.
Le prime centraline locali utilizzavano limitati salti generati dalla deviazione in canali dell'acqua captata da torrenti di fondo valle. I costi di costruzione e l'impatto ambientale delle opere risultavano conseguentemente limitati.
Di tipo analogo erano alcune centrali di maggiore potenza destinate ad alimentare alcune industrie locali, come a Pont-Saint-Martin ed a Verrès.
Tra il 1917 ed il 1940, piccoli e medi invasi di raccolta indirizzavano le acque in canali a bassa pendenza verso lontane centrali poste nella valle principale. Il salto finale risultava più elevato in modo da garantire maggiore potenza. Sono così gli impianti di Champagne II, che utilizza le acque della Dora captate a La Salle, oppure di Pont-Saint-Martin che raccoglie le acque del Lys deviate a Issime. In questi casi la produzione è ancora condizionata dalla stagionalità dei flussi idrici, massimi in primavera ed autunno e minimi durante l'inverno. L'impatto sul territorio ha ancor oggi un peso rilevante ma è distribuito lungo il corso del sistema, con parti non visibili quando il canale corre in sotterraneo.
Più sofisticati risultano i sistemi di centrali che punteggiano la Valle del Lys e la Valtournenche. Nel primo caso le acque raccolte nel lago di Gabiet dopo aver alimentato la centrale di Gressoney-La-Trinité sono successivamente incanalate, per successivi sfruttamenti, nelle centrali di Gressoney-Saint-Jean e Gaby sino a muovere le macchine della centrale di Pont-Saint-Martin, come già illustrato. Nel secondo caso le acque del Lago Goillet alimentano le sottostanti centrali di Perrères, Maen, Promoron, Covalou, Châtillon.
In ambedue i casi si tratta di sistemi che caratterizzano da cima a fondo intere valli, utilizzando le risorse idriche del territorio per produrre energia.
Nel dopoguerra la crescente domanda di energia e maggiori disponibilità economiche suggerirono di realizzare grandi bacini in quota sia per sfruttare il più elevato dislivello, sia per garantire maggiore regolarità alla produzione elettrica. Nacquero cosi i laghi artificiali di Beauregard in Valgrisenche e di Place Moulin in Valpelline. L'impatto sul territorio è elevatissimo ed è provocato dai due principali elementi costituenti l'impianto: la diga di ritenuta ed il lago artificiale. La prima domina la valle con la sua muratura liscia e concava; il secondo copre ampia parte del fondo valle un tempo abitato.
Le successive crisi petrolifere di fine '900 hanno riportato all'attenzione, dopo un periodo di appannamento dovuto ai bassi costi dell'energia termica, l'idroelettricità quale principale energia rinnovabile. Nascono così le centraline ad acqua fluente, che incidono minimamente sulla zona interessata. Si evita di captare l'acqua nei periodi di magra, mantenendo un adeguato flusso idrico nel torrente a valle. Le opere di presa sono superficiali e le centrali hanno un volume ridotto oppure sono realizzate in galleria.
Ogni elemento costituente l'impianto appare perfettamente leggibile, evidenziandone le diverse caratteristiche.
Caratteri architettonici
Se massimo risulta l'interesse che deriva dalle modalità di utilizzazione delle risorse idroelettriche, non minore è il valore storico ed architettonico degli edifici realizzati per ospitarne gli impianti. L'impostazione architettonica risente - come ovvio - dei diversi periodi culturali in cui furono progettati gli edifici.
Tralasciando le numerose piccole centrali che sorsero a cavallo tra l'800 ed il '900, le grandi centrali furono edificate in una serie di periodi successivi e definiti.
Un primo gruppo di centrali, progettato durante ed al termine della grande guerra, presenta elementi che richiamano in parte la coetanea edilizia industriale di origine urbana. Elemento comune caratterizzante è rappresentato dalla massiccia muratura perimetrale, intonacata o in pietra a vista, che costituisce la scatola racchiudente gli impianti, alleggerita da grandi e regolari aperture. Ad esempio le centrali di Bard, di Aymavilles e di Chavonne presentano una muratura intonacata sulla quale risaltano le cornici delle aperture o lesene e cantonali. Le centrali di produzione e di trasformazione di Pont- Saint-Martin e quelle di Gressoney-La-Trinité e di Champagne I a Villeneuve presentano invece murature in pietra a vista ove finestre binate o trinate alleggeriscono le masse murarie delle pareti. Particolarmente interessanti sono i particolari costruttivi in pietra realizzati su precisi progetti oppure lo scalone interno un tempo presente nella centrale Champagne I.
Influenze liberty si riscontrano nelle centrali di Gressoney-La-Trinité e in quella di trasformazione di Pont-Saint-Martin ove alcune finestre binate sono completate in alto da archi inclinati. D'altra parte detti edifici non potevano che risentire del panorama culturale dell'epoca quale si sviluppava nelle grandi città, provenendo i loro progetti da studi di professionisti cittadini, quali il milanese ingegnere Angelo Omodeo.
Di impostazione diversa risulta invece la centrale Champagne I ove i riferimenti culturali sono più indirizzati all'architettura medioevale per l'ampio uso di finestre guelfe, con parti in pietra scolpite. Interessante e massiccia muratura in pietra si ritrova nella piccola e nascosta centrale della Grand Eyvia a Villeneuve.
La realizzazione di questi impianti comportò l'uso di grandi quantità di mano d'opera, facilmente disponibile in quel periodo grazie alla presenza di numerosi prigionieri di guerra, che realizzarono anche altre importanti opere pubbliche, quali alcune strade.
Un secondo gruppo di centrali, realizzato dieci anni dopo tra il 1925 ed il 1930, presenta già caratteristiche differenti, ove maggiore è la ricerca di particolari effetti compositivi e più evidenti si fanno le aperture nella massa muraria. Si vedano le ampie finestre ad arco delle centrali di Challand, Maen, Promoron, Covalou. In quest'ultima centrale queste aperture rappresentano il tema architettonico dominante.
La scarsa disponibilità di mano d'opera specializzata per la gestione degli impianti ha comportato l'insediamento in prossimità delle centrali di fabbricati residenziali destinati ai tecnici. Di questo genere sono le case gemelle a Isollaz oppure il fabbricato di Montjovet e - più tardi - quello di Perrères.
I fabbricati residenziali connessi alla centrale di Isollaz a Challand costituiscono un interessante esempio di architettura moderna basata su decorazioni in intonaco che richiamano tradizionali elementi architettonici, quali timpani, volute, finestre circolari, ecc.
Un terzo gruppo di centrali, progettato prima della seconda guerra mondiale, risente dell'influenza del razionalismo in architettura. Le centrali di Vert, Bard, Perrères mantengono le grandi aperture verticali, rinunciano agli archi e pongono in maggior risalto il reticolo strutturale. Sono utilizzati anche nuovi materiali quali il vetrocemento. Le falde di tetto inclinate, elemento caratteristico comune a tutti gli edifici sino ad allora realizzati, non sono più presenti, sostituite da coperture piane accentuate da ampi cornicioni. La centrale di Bard rompe il tipico schema rigidamente rettangolare con l'aggiunta di volumi accessori e del corpo scale parzialmente semicircolare.
Un quarto gruppo di centrali vede la luce a seguito della costruzione dei due grandi invasi di Beauregard e di Place Moulin. Nel primo caso la parte principale è stata realizzata in galleria, lasciando all'esterno solo fabbricati accessori di notevole semplicità. L'impianto di Place Moulin invece presenta due edifici di notevole interesse: gli uffici della diga a Bionaz e la centrale di Valpelline.
Gli uffici di controllo della diga, che sorgono subito a valle di questa su uno strapiombo roccioso, presentano una pianta a tre bracci e aspetti diversi secondo l'orientamento: a valle l'edificio emerge dalla parete mentre a monte si distende a fianco di un ampio terrazzamento.
La centrale di Valpelline richiama elementi architettonici già presenti in altri casi: esalta la struttura portante, recupera la copertura a tetto ma limitata ad una sola falda, contraddice la pianta rettangolare prevedendo un avancorpo laterale curvilineo, organizza lo spazio antistante.
Le più recenti centraline ad acqua fluente, essendo meno evidenti sul territorio, appaiono di minore interesse dal punto di vista architettonico. Quelle a tutt'oggi realizzate presentano piccoli edifici con tetto a due falde a proteggere le principali apparecchiature.
Le prospettive
Il mantenimento in efficienza del complesso degli impianti idroelettrici regionali rappresenta, ed è ovvio, un compito principale della politica e dell'economia. Un parallelo compito della cultura, della politica e dell'economia per gli aspetti indotti consiste nella messa in valore del patrimonio storico, paesaggistico, culturale ed architettonico. Oltre che un miglioramento della conoscenza della realtà locale, si può sviluppare una risorsa autonoma capace di incrementare l'offerta turistica di una regione che su questa basa parte della propria sussistenza.
Si potrebbe inoltre avviare, nell'ambito dell'attività di informazione sull'energia idroelettrica, una attività di divulgazione basata su visite guidate e in piena sicurezza ai componenti degli impianti: dighe e laghi, come a Place Moulin, centrali, insediamenti vari, tali da illustrare anche l'inserimento nel paesaggio. Sarebbe anche un modo per vedere con occhio diverso quanto sino ad oggi abbiamo svalutato e comprendere quanto tutto questo sia sostanzialmente patrimonio di tutti.
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