La Capra Cashmere e le sue potenzialità, la possibilità di diffondere questo allevamento in
Valle, il profitto che ne deriva: questi gli argomenti discussi all’incontro-seminario tenutosi presso l’Assessorato agricoltura e risorse naturali. L’Assessore, Giuseppe Isabellon, ha introdotto i lavori soffermandosi sulla possibilità di introdurre questa pratica di allevamento sul territorio valdostano, valutando l’interesse che una tale iniziativa potrebbe riscuotere presso gli operatori di settore.
A tal proposito è intervenuta la Signora Nora Kravitz, medico veterinario che da circa 20 anni, nel Chianti, si dedica all’allevamento di questa razza di ovini.
L’accento è stato subito posto sulla funzione di bonifica e pulizia che questo animale svolge in condizioni ambientali e climatiche particolari. Predilige, infatti, terreni rocciosi, ripidi, impervi, difficilmente accessibili all’uomo e ai mezzi meccanici, dominati da piante infestanti ed arbusti invasivi di cui si ciba. Durante l’incontro è stata sottolineata l’importanza di poter utilizzare tali capre per la pulizia degli argini dei corsi d’acqua, la manutenzione di fasce di rispetto di linee elettriche e telefoniche, ma soprattutto, per quanto riguarda la realtà valdostana, la pulizia di sentieri e piste da sci.
La conseguenza più visibile, oltre al controllo e alla gestione della vegetazione, è la riduzione del rischio di incendi, spesso proprio alimentati dalle biomasse arbustive.
Inoltre l’inclinazione di questo animale a vivere all’aria aperta, anche in inverno su manto nevoso, è una caratteristica che ben si accorda con le condizioni climatiche della Valle d’Aosta.
È proprio il freddo invernale che favorisce l’infoltimento del pelo, appunto lo svilupparsi della caratteristica fibra cashmere, che protegge dalle rigide temperature invernali. Sarà poi in primavera, quando si attenuerà il freddo, che l’allevatore potrà procedere a “pettinare” le sue capre, recuperando così la fibra pregiata. Non va, infatti, sottovalutato il risvolto economico che un allevamento di questo tipo può dare proprio con la produzione della lana cashmere.
Certo la quantità prodotta da ciascuna capra all’anno, pari a circa 300 gr, non è molto alta. Per questo la prospettiva dovrebbe essere quella di costituire un gregge con un numero importante di capi, che possa inoltre fornire alle amministrazioni e agli enti locali, il servizio di pulizia dei terreni di cui è capace.
L’investimento iniziale varia naturalmente a seconda del numero di capi acquistati, nonché dal tipo di capra. Si parte, infatti, dai 400 euro di una capra gravida fino ai 5000 euro di un animale riproduttore, selezionato geneticamente. Va però sottolineato che il costo successivo di gestione e di allevamento saranno nettamente inferiori a quelli conosciuti in Valle.
Non vi è, infatti, necessità di costruire una stalla o di adibirla all’utilizzo in quanto, come già precedentemente sottolineato, queste capre vivono all’aria aperta, necessitando solamente di una tettoia per il riparo dal vento e dalla pioggia. Inserite all’interno di recinzioni non devono essere munte e, oltre che cibarsi di piante infestanti, possono anche essere nutrite con semplice paglia, evitando assolutamente la somministrazione di mangimi. Un tipo di allevamento dunque opposto alla pratica tradizionale e che richiede un impegno di tempo minore.
È necessario comunque inquadrarlo in un piano coerente di gestione sostenibile degli ecosistemi ed attuarlo secondo l’approccio integrato del “Pascolo mirato”. Vale a dire l’applicazione del pascolo della Capra Cashmere con determinate cadenze stagionali, durate, ed intensità, per conseguire risultati definiti di valorizzazione della vegetazione, della fauna autoctona e del paesaggio.