Questa infestante da qualche hanno ha invaso molti siti della Valle d’Aosta, da quote più o meno basse fino agli alpeggi, in clima più fresco fino ad esposizione Sud, evidenziando un grande adattamento. L’argomento dominante degli agricoltori è il difficile pascolamento del bestiame che evita le zone infestate evidenziando il peggioramento della qualità delle superfici foraggiere e una continua espansione della pianta.
Si tratta dell’Erucastrum nasturtifoglium o Brassica erucastrum.
L’Erucastrum appartiene alla famiglia delle crucifere (o brassicacee).
Le radici sono fittonanti e profonde, pertanto la pianta resiste molto bene alla siccità. I fiori sono gialli e la fioritura avviene, in base alle zone, da maggio ad agosto. Predilige i terreni poveri, marginali, siccitosi, sassosi, poco utilizzati e coltivati estensivamente. Infatti, tali caratteristiche la distinguono da altre piante infestanti e spesso colonizza le aree residuali lungo le cunette cementate a bordo strada e lungo le scarpate a monte dei muri di contenimento stradale. In tali aree l’Erucastrum si esalta, la pianta è molto rigogliosa, come si può notare dai grossi cespugli con molti culmi che evidenziano uno sviluppo lussureggiante e potente malgrado le condizioni difficili.
Il bestiame ne utilizza poco o niente in quanto questa pianta appartiene alle brassicacee che hanno allo stadio verde un odore caratteristico di senape, di aglio, di rucola, talvolta molto fetido, che viene accentuato da azioni di schiacciamento. Con l’essiccazione si perdono queste caratteristiche, ma sicuramente non è considerata una buona foraggiera. I fiori sono formati da quattro petali gialli disposti a “croce” (crucifere) e le foglie sono molto frastagliate con la lamina superiore liscia. Queste caratteristiche predispongono la pianta ad uno scarso assorbimento di trattamenti diserbanti, soprattutto se non si usano adesivanti commerciali specifici.
La disseminazione
L’Erucastrum è una brassicacea e produce delle silique che hanno al loro interno dei semi mediamente pesanti che, all’apertura violenta delle valve, sono scagliati lontano dalla pianta madre, almeno ad un metro lineare. In questo modo sono colonizzate altre superfici vicine.
A differenza dell’azione del vento, questa disseminazione naturale avviene molto lentamente nel senso della traslocazione (distanza), ma è piuttosto efficace in quanto il peso fa cadere sempre il seme a terra dove germinerà.
LOTTA INDIRETTA
Gestione oculata
Per il controllo della vegetazione dei prati è opportuno mettere in atto tutte quelle azioni che tendono a favorire le specie migliori, a mantenere una composizione botanica equilibrata e a regolarizzare quindi le irrigazioni, l’utilizzazione, la concimazione e la gestione in senso generale.
Al fine di controllare lo sviluppo dell’Erucastrum e impedirne la propagazione all’interno del prato-pascolo si consiglia di:
1. Effettuare al più presto e comunque non dopo la disseminazione della semente, uno sfalcio di pulizia. Il solo pascolo non è sufficiente per controllarne lo sviluppo perché la pianta non è consumata dal bestiame.
2. Intervenire nel corso di tutta la gestione estiva con irrigazioni regolari e continue. Il terreno è in genere in pendenza, molto duro e compatto e quindi, per evitare fenomeni di ruscellamento occorre irrigare spesso e con poca acqua in modo da favorire lo sviluppo di altre specie e creare maggiore competizione.
È da considerare anche un altro aspetto: migliorando l’appetibilità della parcella da parte dei bovini al pascolo si incentiva il calpestio e quindi la rottura dei cespi di Erucastrum; ciò non avviene in caso di parcelle interamente invase da essenze poco gradite.
3. Effettuare delle concimazioni abbondanti con letame o liquame ben diluito per favorire la crescita e lo sviluppo delle foraggiere buone presenti nelle parcelle.
LOTTA DIRETTA
Sfalcio
La prima operazione da fare è senz’altro lo sfalcio totale delle piante, attuando un intervento di tipo globale. L’invasione di Erucastrum interessa generalmente un’intera zona, per cui l’intervento dovrebbe essere attuato da più soggetti in modo da bloccare perlomeno la moltiplicazione e l’incremento delle piante sulle superfici coltivate; è importante che lo sfalcio si estenda anche alle zone più impervie e marginali, onde evitare un effetto solo parziale; quindi occorre effettuare il taglio delle piante infestanti anche lungo le strade, lungo i muri e lungo le scarpate incolte.
Le attrezzature idonee sono la trincia portata dalla trattrice, laddove le superfici sono accessibili, e le piccole attrezzature manuali come il decespugliatore, nelle aree a maggiore pendenza e di difficile accesso.
Si tratta certamente di un’operazione lunga e impegnativa, vista la dimensione delle superfici da controllare ma indispensabile per una efficace lotta alla specie infestante. Si consiglia di iniziare lo sfalcio partendo dalle parcelle più alte in quanto, come abbiamo visto precedentemente, il tipo di seme è piuttosto pesante, per cui la diffusione dell’infestante avviene normalmente, per lancio e caduta al suolo, lungo le linee di massima pendenza, quindi verso valle.
Diserbo
In senso generale il diserbo è una scelta tecnica molto valida e diretta, tuttavia nel nostro caso è da sconsigliare.. Qualsiasi diserbante totale è efficace se dato in determinate condizioni, come ad esempio nel massimo vigore della pianta, in presenza di apparato fogliare ben sviluppato. Non si deve invece distribuire in periodi di massima siccità e utilizzare adesivanti commerciali miscelabili.
Dal punto di vista ambientale ed economico il diserbo è altamente impattante; dopo il trattamento chimico si ha normalmente una riduzione temporanea dell’infestante che, tuttavia, dopo pochi anni si ripete se le condizioni generali di utilizzazione non si modificano. Sono inoltre sparsi sulle aree coltivate molecole chimiche rischiose per l’ambiente e piuttosto costose.
Da tenere presente che se l’azienda ha aderito alle (Regolamento CEE n°1698/05) Misure Agroambientali del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 è vietato utilizzare prodotti chimici diserbanti sulle particelle aziendali impegnate. In primo luogo bisogna perciò eliminare le cause della degradazione ed evitare gli errori di utilizzazione.
In ogni caso è opportuno che sia un tecnico a valutare se intervenire chimicamente oppure con operazioni più idonee.
Risemina e trasemina
Queste tecniche di solito seguono il diserbo; dopo aver distrutto ed eliminato l’infestante, si ripristina un minimo di cotica erbosa, anche per contenere l’erosione superficiale.
Se escludiamo il diserbo, automaticamente escludiamo anche la risemina totale, perché siamo in presenza di superfici difficilmente meccanizzabili, poste su terrazzamenti, con terreni ad alta percentuale di scheletro (pietrame di diverse dimensioni); quindi per i motivi sopraesposti e anche in funzione della Misura del PSR in materia di “Condizionalità” si esclude a priori un intervento di risemina che, in ogni caso, non garantirebbe risultati sostanzialmente positivi e soprattutto definitivi.
È invece consigliabile attuare una risemina manuale localizzata a “macchia di leopardo” nelle zone falciate dove i grossi cespi di Erucastrum hanno lasciato ampi spazi vuoti. Nella risemina si utilizzano specie selezionate idonee a garantire la germinazione nel sito specifico in considerazione di sottosuolo e clima. Nelle zone più umide e fertili si useranno miscugli certificati mentre nelle zone più secche e con esposizione sud, sarà opportuno scegliere leguminose con radici profonde e apparato fogliare appetibile al bestiame, e molto concorrenziali come l’Erba Medica, il Ginestrino e la Lupinella.
Queste sono delle foraggiere interessanti, con buona produzione di biomassa e con un’ottima dotazione proteica, che riescono ad avere una buona resa anche in condizioni difficili.
L’intervento prevede una leggera “grattata” superficiale con rastrello, o erpice portato da trattrice nelle zone con ampie radure, distribuzione a spaglio della semente e seconda erpicatura in modo da sotterrare leggermente i semi. Evidentemente in superfici più ampie si utilizzeranno seminatrici portate dalle trattrici.
Tale operazione si può effettuare anche nel primo autunno quando le temperature sono più fresche e le precipitazioni sono garantite. In primavera il rischio di incappare in periodi piuttosto siccitosi e caldi è troppo grande, ciò pregiudicherebbe la riuscita delle operazioni colturali e di risemina
Conclusioni
Il recupero produttivo di un sito passa quindi attraverso gli interventi a sostegno delle buone foraggiere e all’indebolimento delle specie indesiderate.
Il miglioramento di una flora degradata può richiedere anche più anni. Conviene quindi in primo luogo eliminare le cause della degradazione e evitare gli errori di utilizzazione.
Queste azioni richiedono un grosso impegno in termini di costi e di ore di lavoro che si sommano al già impegnativo lavoro estivo, tuttavia devono essere messe in conto nell’attività annuale se si vuole mantenere in efficienza produttiva le superfici.
Si ribadisce che, per un risultato soddisfacente e duraturo, sarebbe opportuno intervenire in modo globale su superfici ampie. Tuttavia in presenza di una situazione socio-economica ed agricola non in buona salute, con aziende sempre più isolate e famiglie rurali sempre meno numerose, gli interventi comprensoriali sono difficili e gli incolti aumentano specialmente nelle zone non meccanizzabili.
D’altra parte le azioni descritte, se demandate alle singole aziende su territori particolarmente difficili e di ridotte dimensioni non produrranno risultati soddisfacenti e duraturi. Sarebbe opportuno mettere in cantiere azioni collettive attraverso Consorzi di miglioramento fondiario, associazioni locali, comitati frazionali, corvées primaverili e “perché no” organizzando giornate a carattere socio-ambientale.
La manutenzione corretta del territorio ha un incalcolabile beneficio sulla regimazione delle acque, la limitazione dei rischi di incendi, il mantenimento della viabilità e la prevenzione dagli eventi calamitosi, non solo per l’azienda agricola ma per tutta la collettività locale.