La muffa grigia (Botrytis cinerea, Pearson Fries) è un fungo presente in tutti gli ambienti agricoli, compresi quelli viticoli, che può attaccare qualsiasi tipo di substrato organico, potendo vivere in modo saprofitario e/o parassitario in base alle condizioni ambientali e climatiche.
La
botrite può manifestarsi nel vigneto sotto diverse forme di resistenza, ovvero
scleròzi su tralci,
micelio svernante su gemme e, soprattutto,
conìdi (spore) in tutto l’ambiente.
La loro produzione è concentrata in due momenti: tra maggio e giugno, in corrispondenza della fioritura, e in autunno, con le prime piogge, in concomitanza alla maturazione.
Pertanto gli eventuali danni sono evidenti soltanto in questi due periodi.Nel vigneto, infatti, si può manifestare con danni importanti dalla fase fenologica dell’invaiatura in poi, ma quest’anno ha fatto la sua comparsa anche in fase di prefioritura, fioritura su foglie e infiorescenze a causa della prolungata bagnatura della vegetazione.
In questa fase i danni sono limitati a necrosi su foglie e a disseccamenti di porzioni o di intere infiorescenze, ma sono sufficienti poche giornate soleggiate e ventose per bloccare la malattia sul nascere.
Nella fase compresa tra allegagione ed invaiatura, la pianta è in grado di bloccare la malattia in quanto lo spessore della buccia dell’acino è ancora elevato e la vite produce delle sostanze che inibiscono gli enzimi secreti dalla botrite necessari per aggredire ed invadere l’ospite, in particolare:
• struttura pectinica delle cellule della buccia dell’acino immaturo;
• proteine di patogenesi (chitinasi) che inibiscono la formazione dei conidi e la crescita dell’apice delle ife;
• proteine appartenenti alle osmotine e taumatine che inibiscono la germinazione delle spore e la crescita miceliare;
• fitoalessine (resveratrolo), antifungino che viene trasformato dalle per ossidasi dell’ospite in una sostanza fungitossica;
• fenoli, che posseggono un’attività antifungina e di compartimentazione dell’infezione in atto;
• proantocianidine e tannini condensati;
• acidità malica e tartarica.
Dall’invaiatura in poi, gli acini perdono gradualmente acidità e inizia l’accumulo degli zuccheri, la buccia si assottiglia e aumenta la suscettività del grappolo al patogeno.
Biologia
La
botrite, per potersi diffondere, deve svilupparsi in un ambiente caldo-umido e devono essere presenti ferite aperte attraverso le quali possa moltiplicarsi nell’ospite.
Come per la peronospora è stata messa a punto “la regola dei tre dieci” per stabilire l’inizio dell’infezione primaria, per la botrite vale “la regola dei due quindici”, ovvero sono necessari 15°C di temperatura media e 15 ore di bagnatura, che scendono a 4 se gli acini sono lesionati da oidio, tignoletta, grandine, peronospora, ecc… per innescare l’infezione a carico della vegetazione.
Ciò che conta, quindi, non è tanto l’intensità della pioggia caduta, ma è il tempo durante il quale la vegetazione è rimasta bagnata. E’ anche per questo motivo che gli attacchi precoci primaverili non destano mai particolare preoccupazione perché è sufficiente una bella giornata di sole e di vento per modificare le condizioni climatiche predisponenti per lo sviluppo della malattia.
Genetica delle popolazioni
Nel vigneto possono coesistere due ceppi diversi di botrite, che hanno un comportamento e una conseguente aggressività molto diverse.
Il ceppo
vacuma è tendenzialmente saprofitario, cioè si nutre di residui fiorali o di altri tessuti morti e in decomposizione; è responsabile degli attacchi precoci al vigneto i quali, come è stato detto precedentemente, vengono bloccati in modo del tutto naturale dalla pianta.
Il ceppo
transposa è invece responsabile degli attacchi più virulenti ai grappoli, soprattutto se interessati da microferite dovute al repentino accrescimento della bacca o da ferite riconducibili ad attacchi di oidio e tignole, nella fase fenologica che va dall’invaiatura alla maturazione.Tale ceppo tende quindi a sostituirsi al primo, mano a mano che procede la maturazione del grappolo, con la conseguente potenziale gravità di attacco e perdita di produzione.
Da ciò, si evince quindi che difficilmente il ceppo
vacuma provoca danni seri e pertanto le infezioni primaverili non devono essere contrastate con trattamenti chimici in quanto, generalmente, con il ritorno del tempo asciutto e soleggiato la vite è in grado di contenere la muffa grigia.
Lotta agronomica
In un’annata “tipo”, caratterizzata da una distribuzione e da un’intensità di piogge normali, le pratiche agronomiche possono contenere efficacemente la botrite, modificando le condizioni microambientali in cui la muffa può svilupparsi.Il contenimento della vegetazione rappresenta il primo intervento in grado di ridurre i danni da botrite sul grappolo attraverso:
• gestione dell’irrigazione; l’apporto idrico deve essere fornito alla pianta solo in determinate fasi fenologiche (da allegagione all’invaiatura), con un volume adeguato e solo per evitare che la vite vada in stress idrico, evitando ripercussioni sullo svolgimento della maturazione;
• concimazioni azotate; l’obiettivo è quello di ottenere un vigneto sano e in equilibrio. Se si eccede con letamazioni o con apporti nitrici, si svilupperà la chioma a scapito del grappolo, con aumento del microclima umido, dell’ombra nella fascia fruttifera e delle dimensioni e compattezza degli acini;
• portainnesto; la scelta è legata al tipo di terreno e alla possibilità di irrigare. Se il primo è fertile e profondo e non ci sono limitazioni idriche, è consigliabile scegliere un portainnesto debole che contenga la vegetazione e che possibilmente riduca il ciclo vegetativo della vite;
• varietà e clone; ci sono certe varietà (mayolet, petite arvine, in certe situazioni fumin) che sono già molto vigorose, indipendentemente dal portainnesto e dal terreno in cui vengono messe a dimora. Se queste varietà sono ancora innestate su portainnesti vigorosi (110 Ri, 1103 P, 140 Ru, 779 P, 775 P) e poste a dimora su terreni ben concimati e irrigui, molto probabilmente produrranno troppe foglie, molti germogli affastellati e pochi grappoli che risulteranno ancora più sensibili alla botrite;
• sistema di potatura e di allevamento; potature ricche, ovvero con rilascio di molte gemme, provocano affastellamento della vegetazione, indipendentemente dal sistema di allevamento. Inoltre la pergola induce uno scarso arieggiamento e un’incidenza della botrite doppia rispetto a quella della controspalliera con potatura a guyot o a cordone speronato;
• gestione del suolo; un terreno inerbito, nonostante quello che si possa credere, induce un’incidenza della botrite su grappolo di gran lunga minore rispetto a quella che si otterrebbe su uno lavorato o diserbato totalmente. Pertanto, il rilascio della cotica erbosa in determinati periodi dell’anno ha un effetto positivo ed utile nei confronti del contenimento della vegetazione della vite e, conseguentemente, di quello della botrite;
• gestione della chioma; sfogliature nella fascia grappolo (eliminazione delle foglie sotto il grappolo, preservando quella opposta al grappolo), sfemminellatura nella fascia fruttifera in allegagione SOLO dove le femminelle impediscono un buon ricambio di aria o dove possono incastrarsi nel grappolo in accrescimento, cimatura al momento giusto, diradamento dei germogli se questi superano il numero di 12-15 a metro lineare, sono pratiche che limitano la vegetazione nella fascia grappolo favorendo l’arieggiamento e limitando l’umidità che è sempre fattore predisponente all’instaurarsi della botrite.
Lotta chimica
L’approccio di tutti i trattamenti fitosanitari deve essere quello di intervenire PRIMA che il patogeno si instauri sulla vegetazione, poiché la sua eradicazione risulta comunque difficile, costosa e spesso non fornisce i risultati sperati. Indipendentemente dalla fase fenologica di intervento, è necessaria una perfetta bagnatura dei grappoli con l’agrofarmaco, poiché in quasi tutti i casi si tratta di prodotti di copertura o parzialmente citotropici che devono raggiungere totalmente il grappolo per poter essere efficaci.
Il trattamento antibotritico deve essere effettuato nella fase fenologica di pre-chiusura del grappolo, al fine di ridurre l’inoculo costituito dai residui fiorali e di devitalizzare i conidi che si legano in modo duraturo al rachide del grappolo in formazione.
E’ fondamentale intervenire prima della chiusura totale del grappolo poiché, quando gli acini si toccano, l’agrofarmaco non riesce più a penetrare nella zona del pedicello, dove si possono concentrare i residui fiorali.Sono consigliabili in questa fase principi attivi come cyprodinil + fludioxonil oppure boscalid, che sono molto efficaci e che residuano di meno nel vino se utilizzati precocemente.
L’eventuale secondo trattamento, con un principio attivo diverso da quello utilizzato nel primo, a un mese dalla raccolta viene consigliato solo in caso di elevata pressione dl patogeno, per contrastare le infezioni tardive.In tal caso, fenexamide, pyrimethanil e mepamipirim possono completare il trattamento antibotritico iniziato in pre-chiusura; se quest’ultimo non è stato effettuato, difficilmente il secondo trattamento potrà avere reale efficacia.
Si ribadisce che l’antibotritico NON è un prodotto curativo e, pertanto, devono essere utilizzati gli agrofarmaci specifici solo in via preventiva.Se vengono utilizzati in tal modo, riescono a rendere difficoltosa la sporulazione di conidi che sono giunti sul grappolo e a limitare così la diffusione della botrite.
L’utilizzo di agrofarmaci su vigneti con evidenti infezioni in atto, oltre a non sortire alcun effetto curativo, ha la capacità di selezionare ceppi resistenti del fungo che renderanno inutile il trattamento anche per gli anni successivi.
Il contenimento della botrite in viticoltura biologica può essere realizzato mediante l’utilizzo in via preventiva di microrganismi come Bacillus subtilis, Trichoderma harzianum e Ulocladium oudemansii che diventano antagonisti della muffa grigia, dal punto di vista nutrizionale e di ingombro fisico, in condizioni di bassa pressione del patogeno.
Trattamenti, a partire dalla pre-invaiatura, a base di calcio e magnesio possono contribuire a migliorare la resistenza naturale del grappolo al patogeno.
L’utilizzo dei sali di rame, fin dall’inizio della stagione vegetativa, contro la peronospora, produce un effetto collaterale di contenimento della botrite molto incisivo e, pertanto, tale pratica dovrebbe essere più diffusa tra i viticoltori.
Conclusioni
La botrite rappresenta uno dei più dannosi patogeni della vite, in grado di distruggere in poco tempo la produzione di un anno intero.
E’ però una malattia che può essere efficacemente contrastata con le normali tecniche agronomiche a disposizione del viticoltore, lasciando alla lotta chimica soltanto l’onere di preservare ciò che è già stato predisposto in vigneto per limitare la sua comparsa e la rapida diffusione.
Seguendo un’ottica europea per la riduzione dei residui di agrofarmaci in agricoltura e migliorando le pratiche agronomiche, è possibile attuare realmente una viticoltura più rispettosa dell’ambiente e più sana per tutti