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Possibile, verosimile, forse vero

Troverete in questo articolo accenni ai quaderni scolastici (tra la fine del 1800 e quella della seconda guerra mondiale nel 1945), il tema al quale attualmente mi sto interessando. Ritengo questo uno strumento significativo per indagare un periodo storico in cui si riteneva che la scuola fosse un fattore importante di crescita sociale ed economica. Era un periodo nel quale il potere aveva la velleità di far funzionare la scuola come vettore di idee e di ideologie. Il risultato è oggetto di studio ed è ancora curiosamente poco chiaro: a fronte di uno sforzo consistente, i risultati non sono sempre stati così significativi. E i paragoni con la scuola odierna sono tutti da esplorare.

La storia non è la Verità
Quello che ci si aspetta dalla storia è la Verità. La Verità, in realtà, non è il regno della storia, ne sono depositari altri enti che possono proporre delle idee non discutibili perché oggetti di fede. La storia cerca la verità, ma con la coscienza che troverà solo una sua rappresentazione. È impossibile, in questo narrare, il completo distacco dal punto di vista di chi studia, scrive, racconta.
Dal punto di vista didattico, questo significa che non si potrà mai dire che qualcosa è effettivamente successo e che è successo proprio nel modo in cui lo si sta descrivendo. Un documento, una fotografia ci dicono solo che un uomo, competente e studioso, ha tentato di decifrare un fatto, un evento, di inserirlo nell’insieme dei fatti avvenuti in quel periodo e ce lo sta raccontando secondo la sua percezione. L’immagine di una storia neutra e puro raccontoè pura mistificazione. Pensiamo alle copertine dei quaderni nell’era fascista con la loro esaltazione della forza della nazione italiana, o alle rassicuranti copertine sul lavoro dei quaderni dell’ultimo dopoguerra quando l’Italia sembrava destinata ad un futuro roseo e industriale senza povertà né emarginazione.
Le immagini erano univoche rispetto ad una realtà perlomeno variegata. E quelle copertine hanno fatto la storia non meno dei libri di testo fascisti.

La storia non è la realtà
La storia è ricostruzione, è rappresentazione, interpretazione, non racconto. Per questo, tra le doti di uno storico, quella di possedere una buona fantasia è fondamentale. Ricostruire un fatto o un periodo storico vuol dire essersi costruiti un’immagine mentale, una mappa ideale, una ricostruzione virtuale. Di qui il pericolo di ricostruzioni virtuali di monumenti o vicende attraverso la computer grafica: si rischia di scambiare il vero con il verosimile grazie alla potenza delle immagini. Ognuno di noi costruisce l’immagine di un periodo storico attraverso il cinema, i libri, i racconti: i romani hanno tutti un elmo con un cimiero, un corto gladio e un’armatura indipendentemente dal periodo in cui vissero; i cavalieri tutti delle armature lucenti e lunghe spade; i vichinghi un elmo con le corna. Sono rappresentazioni stereotipate difficili da sconfiggere e delle quali chi insegna la storia deve necessariamente tenere conto anche perché lui stesso non ne è esente. Non esiste il “probabilmente vero” esiste un’immagine credibile che può essere restituita con parsimonia e con attenzione, chiarendo che si tratta di un’interpretazione. Solo così si possono spiegare le profonde contraddizioni tra ipotesi diverse. Cesare Battisti era un martire o un traditore e Cristoforo Colombo era un esploratore spagnolo o un pasticcione italiano? Interpretazioni, nulla di più, fatte con benevolenza o malevolenza a seconda dei tempi, delle situazioni e delle convenienze del momento.

Vero o falso?
Una domanda di questo tipo non può essere in alcun modo accolta da uno storico. Prendiamo, ad esempio, i quaderni del periodo fascista: trattarli come descrivessero la realtà sarebbe ovviamente irrealistico, ma lo sarebbe anche trattarli come se non fossero la realtà. Ho tra le mani un libretto pubblicato in economia da un’insegnante, Gianluca Gabrielli, sui problemi in epoca fascista. I testi dei problemi contengono riferimenti al regime che ora fanno sorridere, ma non dimentichiamo che quello era il momento dell’esaltazione e molti ragazzi e adulti avrebbero voluto, volevano essere o erano Balilla. Cercare di discernere tra propaganda e desiderio collettivo è un esercizio sano di logica storica. Quello che fa sorridere sono i contenuti dei problemi. Sorridere, appunto, è un’attività legata al fatto che, allontanati nel tempo, i contenuti possono essere guardati con un certo distacco. Ma il giudizio dello storico non è morale: è, appunto, storico e quindi si basa sull’analisi dei fatti e deve rispondere sulla loro verosimiglianza non dell’aderenza ad un sistema morale. Ecco perché colpisce, nei quaderni del periodo della Grande guerra, la scarsa esaltazione del “valore patrio”, che ci aspetteremmo in un periodo di così forte tensione emotiva.

Oltre l’immediato e l’immaginato
È questo che può insegnare la storia: ad immaginare oltre, uscire con la fantasia, affrontare territori nuovi, raggiungibili solo con il pensiero, realmente esistiti, ma inesistenti. La storia insegna che, studiando i resti, i documenti, i rilievi archeologici è possibile avvicinarsi alla conoscenza di questi territori, ma anche che è necessario concerdersi un margine di incertezza, di azione libera.
Ci sono punti fissi e punti flou. Una data è un punto fisso? Solo fino ad un certo punto perché, se è vero che l’America è stata scoperta nel 1492, non per tutti il 1492 è il 1492 e non per tutti l’ha scoperta Colombo e non per tutti Colombo era Cristoforo Colombo tanto che qualcuno gli dà addirittura un altro nome: Cristobal Collomb. Insomma: punti fissi e punti flou dipendono dalla cultura e la Storia è un’alta manifestazione culturale. Proprio per questo, dello stesso fatto, non è difficile trovare interpretazioni contrastanti, persino inconciliabili una con l’altra.

La storia non è il passato
La storia cerca di rappresentare il passato, cerca di darne un’immagine credibile interpretando quello che è successo. La storia scrive e pensa sul passato, lo seziona, lo rimette assieme, ne dimentica parti, ne esalta altre, lo seleziona o lo nasconde. Lo storico è un cacciatore di indizi capace di frugare tra le pieghe di una verità ancora nascosta e che, presumibilmente, lo resterà per sempre.
E se talvolta l’agire dello storico dà l’impressione di un apparente disordine, denota, al contrario, metodo. è certo che ogni storico ha una storiografia di riferimento. Microstoria, funzionalismo, strutturalismo, demografia, marxismo e molti altre teorie sono altrettanti punti di ancoraggio per chi si avventura nella scoperta del passato. Una scelta, piuttosto che un’altra, può condizionare la ricerca perché, come nella vita, il risultato della ricerca storica dipende da quello che si cerca.
L’unico punto su cui tutti concordano è che i documenti, di qualunque genere siano, possono fornire indizi anche se mai puliti e neutri.
Persino strumenti semplici come i quaderni scolastici furono, e probabilmente sono ancora, un veicolo forte di contenuti e valori importanti, vuoi per quanto espresso nelle copertine, frutto spesso di convinzioni e costrizioni politiche esterne, vuoi per quanto espresso all’interno negli scritti. Nelle pagine interne si ritrovano passione, adeguamento, interesse o noia. Attenzione, dell’insegnante, non dell’alunno. Questi sono documenti forti: luci e specchio di un’epoca, non necessariamente foto di un momento, ma almeno sua rappresentazione. Sono strumenti delicati e sottili poiché chi ne è l’autore, il bambino, in realtà non ne è l’autore: l’alunno riporta, trascrive, raramente produce, rarissimamente analizza. I coattori e i coautori sono l’insegnante e chi decide la scuola, chi detta programmi e temi. L’alunno è lo scriba.

Un appello
I quaderni di un tempo, un domani quelli di oggi, sono strumenti curiosi, evidenti e taciti. Ci danno il loro contenuto, ma non si possono leggere così come sono. Occorre, come sempre, che chi li legge conosca l’ambiente in cui agisce chi scrive. Sono un forte strumento didattico perché sono bambini che parlano ai bambini, anche se con parole non loro.
Dallo storico un appello: chi avesse vecchi quaderni ce ne faccia avere la scansione o la fotocopia. Vogliamo creare un archivio che ci permetterà di comporre un’immagine sempre più interessante e curiosa di una realtà, per la maggior parte, ancora da scoprire.
Si possono contattare il professor Fabrizio Bertolino, la professoressa Luisa Revelli dell’Università della Valle d’Aosta oppure la nostra redazione.

Bruno Fracasso

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