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Perchè studiare la storia antica

Tutti gli anni, quando mi trovo ad introdurre il programma di storia nella mia nuova prima, pongo alla classe la stessa domanda: “Perché studiamo la storia?” La risposta che ottengo è sempre la stessa, immediata, forse anche spontanea perché sentita tante volte, ma pur sempre piuttosto retorica: “Per imparare dal passato e non ripetere nel futuro errori già compiuti in altre epoche”.
Ma alla mia domanda successiva: “Ma è proprio vero che l’uomo impara dal passato?” I ragazzi si trovano sempre concordi nel rispondere che purtroppo non è così. Eppure, io ribadisco, ne vale comunque la pena, perché ognuno di noi è costituito da ciò che ha vissuto, da ciò che i suoi familiari hanno vissuto prima di lui, dalla sua tradizione.
Don Luigi Giussani, che è stato un grande educatore, in una delle sue opere più famose, Il Rischio Educativo, afferma: “Per educare bisogna proporre adeguatamente il passato. Senza questa proposta del passato, della conoscenza del passato, della tradizione, il giovane cresce cervellotico o scettico. [...] È la tradizione consapevolmente abbracciata che offre una totalità di sguardo sulla realtà, offre un’ipotesi di significato, un’immagine del destino”.

Il teatro di Efgeso

A questo proposito, uso spesso l ’esempio dell’uomo colpito da amnesia e costretto a ricominciare ogni giorno a costruire i rapporti con le persone che gli stanno accanto perché non ricorda neanche gli affetti più cari; senza la consapevolezza del passato, di ciò che ci costituisce, noi tutti saremmo così.
A questo punto, l’obiezione che frequentemente mi pongono è: “Perché dobbiamo perdere tempo con Egizi e Babilonesi, Longobardi e Normanni e non studiamo la storia del Novecento, di questi ultimi anni? Quando ascoltiamo il telegiornale non capiamo niente!” L’obiezione è interessante.
Il programma di storia del biennio della scuola superiore prevede, com’è noto, lo studio delle antiche civiltà dalla Preistoria alla fine del III secolo dopo Cristo in classe prima e dalla fine dell’impero romano al XIV secolo in classe seconda.
Insegnando da quindici anni nel biennio mi trovo quindi ad affrontare non solo questo immenso programma, da svolgere in sole due ore settimanali, ma anche la loro obiezione.

Particolare Teatro di Efeso

La storia antica è, tranne rarissime eccezioni, la più lontana dalla sensibilità e dagli interessi dei giovani, eppure è importante che essi comprendano che, per capire la storia recente, bisogna partire dall’inizio, dalle origini; studiare il XX secolo senza aver affrontato le antiche civiltà sarebbe come pretendere di costruire una casa partendo dal terzo piano, ignorando le fondamenta e i piani inferiori.
Perfino la bistrattata Preistoria, argomento lungo e complesso, sebbene debba inevitabilmente essere estremamente sintetizzata, è importante perché serve a porre e lasciare aperti quesiti fondamentali: Chi è l’uomo? Qual è il significato della sua vita? Come analizzare ed interpretare le prime manifestazioni del suo ingegno?Djebel Barka - Soudan
Allo stesso modo, le civiltà antiche hanno posto le basi sociali, politiche ed economiche del mondo occidentale, e termini nati nell’antica Atene o nella Roma repubblicana fanno ancora parte del nostro linguaggio quotidiano. I giovani rimangono stupiti, quando si mostra loro che tanti problemi di cui ogni giorno sentono parlare in tv hanno in realtà origini antichissime: dal conflitto arabo-israeliano alla crisi economica del meridione d’Italia.
Parallelamente, nel programma di italiano, affrontiamo le grandi opere epiche e letterarie e analizziamo testimonianze artistiche che permettono di percepire gli uomini che stanno dietro i fatti narrati. Così attualizzata ed ampliata la storia diventa forse un po’ più “digeribile”, sicuramente un po’ più comprensibile.
Anche la metodologia di proposta dei contenuti ritengo debba essere un po’ meno tradizionale; oltre alla classica lezione frontale trovo molto fruttuosa la visione di documentari e la lezione con diapositive.
I nostri ragazzi sono infatti cresciuti in un’epoca nella quale l’immagine è fondamentale e memorizzano molto più facilmente attraverso la vista che non attraverso la parola scritta. È lo stesso motivo per cui, prima di un compito in classe, li abituo a schematizzare sui loro quadernoni usando i pennarelli colorati; anche questa tecnica, nella sua banalità, favorisce la memorizzazione e li aiuta ad acquisire capacità di sintesi.

Djebel Barka - Soudan

Ma forse ciò che più mi aiuta ad attualizzare le lezioni di storia è la simulazione di scavo archeologico che ogni anno nella nostra scuola proponiamo alle classi prime. Questo progetto, realizzato con la dottoressa Cinzia Joris e i suoi collaboratori, permette agli alunni di toccare con mano, anzi di “sporcarsi le mani”, improvvisandosi archeologi, ripetendo i gesti dei veri ricercatori, dalla scoperta del reperto alla sua analisi fino alla datazione e alla ricostruzione del periodo storico di cui l’oggetto è testimonianza.
Certo tutte queste tecniche non garantiscono un profitto eccezionale per tutti gli alunni; tuttavia ritengo che il cercare di far apparire una disciplina come qualcosa di affascinante, e non come un’arida successione di nomi e date, alla fine dia i suoi frutti.

Paola Poggio

 

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