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TIC e TA
La tecnologia facilita la partecipazione
attiva delle persone disabili
in tutte le aree della vita,
in particolare per quanto concerne
il processo di apprendimento.
Secondo Eurydice1, il 99% dei ragazzi europei di 15 anni afferma di aver già utilizzato un computer, a casa, a scuola o in altro luogo. La metà di loro lo usa quotidianamente, per giocare, chattare, per la posta elettronica e fare download di musica.
A scuola l’uso è più rado: meno della metà usa il PC qualche volta a settimana, il 13% mai. Nessuno usa software didattico a casa: forse lo si usa a scuola?
Anche le famiglie italiane stanno diventando molto più tecnologizzate in questi ultimi anni, specialmente se c’è un minore in casa: di queste, il 71,2% ha un PC, il 55,7% un accesso a internet e il 97,9% un cellulare.
Ciò che accade nella scuola italiana in tema di tecnologie non è così chiaramente analizzato. Nelle 10 293 istituzioni scolastiche censite dall’Osservatorio Tecnologico per l’a.s. 2005/2006, il numero totale dei computer da scrivania e portatili ha raggiunto le 580 890 unità e, rispetto al 2000/2001, il rapporto studenti per PC è diminuito di ben 17 unità passando da 28 ad 11, in media con gli altri paesi europei.
Nell’a.s. 2005/2006 il 52% delle scuole aveva un proprio sito, gestito dai docenti, segno evidente di una penetrazione dell’informatica all’interno della scuola e del riconoscimento dell’importanza della comunicazione da parte dell’istituzione. L’85% delle scuole dichiarava di fruire di internet a scopo didattico, scegliendo ADSL e fibre ottiche nel 54% dei casi.
Tecnologie e studenti disabili nella scuola
italiana: lo stato dell’arte
Secondo la più recente fonte ministeriale, gli studenti disabili nella scuola statale italiana, dall’infanzia alla secondaria di secondo grado, sono circa 174 000, costituendo poco più del 2% della popolazione scolastica. A questi andrebbero aggiunti gli studenti disabili nelle università italiane, i cui dati non esistono in forma aggregata.
Nell’ambito dell’esperienza italiana di integrazione scolastica, oggi posta in serio e concreto pericolo dai recenti provvedimenti governativi, i cui numeri ne mettono in luce la portata, si è registrata un’importante attenzione verso l’impiego di tecnologie a supporto della partecipazione e dell’acquisizione di conoscenze e competenze da parte degli studenti disabili.
Tre sono le spinte che ne hanno sostenuto la diffusione. Innanzi tutto, decenni di ricerca scientifica sul ruolo propulsivo, talvolta risolutivo, svolto dalle tecnologie per la disabilità sia sul piano individuale, per il recupero o il vicariamento di funzioni deficitarie, sia nel gruppo, come strumenti mediatori di attività collettive e cooperative2.
In secondo luogo, la rivendicazione dei diritti delle persone disabili, compresi quelli all’istruzione e alla formazione in contesti inclusivi, che è culminata nella proclamazione della Convenzione Internazionale varata dall’ONU alla fine del 2006.
Infine, l’amministrazione pubblica che ha rivolto uno specifico interesse al settore con allocazioni non trascurabili di fondi: su tutti spicca il Progetto Nuove Tecnologie e Disabilità, finanziato nel 2005 nelle sue prime azioni e tuttora in corso di svolgimento. Ad esso si sono aggiunte le innovazioni imposte dalla Legge 4/2004 che hanno coinvolto anche le scuole e i loro siti nella ricerca dell’accessibilità.
Tuttavia, un rapporto esaustivo che studi la diffusione e l’impiego delle tecnologie nella scuola italiana a favore della disabilità non è disponibile e nei documenti citati non sono reperibili dati che permettano di trarre indicazioni di tipo applicativo, didattico o metodologico collegabili con l’integrazione scolastica.
Le tecnologie assistive - Le tecnologie assistive (TA) facilitano la partecipazione attiva delle persone disabili in tutte le aree della vita3; per quanto concerne il processo di apprendimento, esse riguardano tutti i sistemi che supportano, facilitano, rendono possibili la comunicazione e l’accesso al computer del disabile: si va dalle tastiere modificate agli emulatori di mouse e ai sistemi a scansione, dai comunicatori simbolici ai puntatori oculari.
In ambito educativo, le TA, coniugate con le TIC, sono diventate la chiave di volta di un processo didattico moderno, efficace, veramente inclusivo: gli studenti disabili possono diventare parte integrante del gruppo di pari, essere protagonisti del loro apprendimento e conquistare una maggiore sicurezza migliorando le capacità sociali e di comunicazione. Inoltre, accedere al curriculum al livello adeguato, ottenendo incentivi e facilitazioni all’apprendimento.
Ma, affinché ciò accada, il processo di selezione, scelta e personalizzazione dei prodotti riveste un ruolo delicato e cruciale. Esso, infatti, è legato al funzionamento di ogni utente, sotto il profilo fisico e psico-sociale, e diviene critico quando la disabilità è complessa e implica menomazioni multiple. In tal caso, è quanto mai necessario poter disporre di strumenti duttili e adattabili, che rispondano ai bisogni irripetibili del singolo e prevedano una forte modificabilità delle modalità d’uso e dei contenuti per seguire adeguatamente l’evoluzione dell’alunno.
Nello specifico dell’apprendimento, poi, se la personalizzazione delle tecnologie è stata attuata efficacemente, esse non solo risolvono i problemi di funzionamento, ma possono proporne di nuovi, questa volta cognitivi, al soggetto. In questo caso, TA e TIC si incontrano felicemente, assecondando e arricchendo di senso e valore la progettazione didattica.
Le tecnologie per l’informazione e l’educazione (TIC):
il software - Gli operatori del settore ritengono che il mercato del software specialistico in Italia, a differenza di quanto accade all’estero4, sia, di fatto, immobile. Non è così nel settore generale del software didattico che vede sviluppi interessanti: per esempio, nella didattica linguistica, come l’italiano L2, in geometria e matematica, dove si propongono approcci pedagogici di tipo metacognitivo.
Purtroppo, questi prodotti non sono immediatamente
o interamente fruibili anche da persone disabili, nonostante la sensibilizzazione operata da gruppi di ricerca italiani verso la produzione editoriale, e dunque non sono inseribili nella programmazione didattica tout court.
L’ipotesi di sostituirli con prodotti dedicati comporta spesso un impoverimento della proposta didattica: essi hanno di solito un’impostazione esercitativa, a volte semplificata nei contenuti; in quanto prodotti chiusi, il loro utilizzo si esaurisce dopo poche fruizioni, pena la ripetitività. Anche a causa di questi problemi, si sono piuttosto affermati software che svolgono una funzione assistiva: più che esercitare, favorire o sostenere l’apprendimento, essi supportano funzioni deficitarie o forniscono alternative funzionali.
È condivisa, però, l’idea che manchino valide soluzioni in alcune aree dell’apprendimento che costituiscono un impedimento per alcune disabilità. Ne sono esempi significativi: la scrittura della notazione aritmetica e matematica, ad ogni livello scolare; l’apprendimento disciplinare nella scuola secondaria di secondo grado; la disponibilità di prodotti accessibili, per il gioco e/o l’apprendimento, che possano essere condivisi permettendo di svolgere attività collaborative. L’immobilità di questo mercato può essere ricondotta alla carenza cronica di fondi delle scuole che, a sua volta, provoca una certa ritrosia nell’iniziativa delle aziende.
Lo conferma il fatto che i docenti interessati all’uso delle tecnologie educative sono spesso dei notevoli catturatori di software libero, disponibile in rete. Essi si rivolgono anche all’open source: ma, più che aderire alla sua filosofia divenendo modificatori o creatori di software, richiedono prodotti già sviluppati. Già due raccolte di So.Di.Linux sono state distribuite con successo dal Servizio di Documentazione sul Software Didattico di Genova; i prodotti inclusi nell’ultima versione rispondevano ai criteri di accessibilità indicati dai Requisiti Tecnici della Legge 4/2004.
Queste ultime due tipologie di prodotti sollevano tuttavia problemi didattici e culturali: sviluppati in numerosi settori e per differenti obiettivi educativi, essi si basano su interfacce povere e possono contenere, più dei prodotti commerciali, imprecisioni di vario tipo: contenutistico, didattico, metodologico. Inoltre, molto spesso,
i criteri di accessibilità non sono rispettati e, più in generale, il tema dell’accessibilità del software non è molto praticato.
Cercano di porre rimedio a questa situazione alcuni docenti-programmatori, per esempio coloro che aderiscono al progetto Qualisoft, i quali hanno prodotto software free accessibili e linee-guida per gli sviluppatori.
L’uso di internet - Sulla necessità di un internet accessibile si sono spesi fiumi di inchiostro e sviluppati progetti in tutta Europa e nel mondo. Il tema è senz’altro noto anche alle scuole perché hanno dovuto affrontarlo per adeguare il loro sito.
Meno note, tuttavia, appaiono le implicazioni di questi temi nell’uso quotidiano della rete: l’accessibilità di un sito web, infatti, non esaurisce le funzioni e le ragioni di una navigazione nella rete da parte di uno studente o di un insegnante.
Molti software educativi, per esempio, pur essendo disponibili online su siti accessibili, non sono, a loro volta, fruibili da tutti. Infatti, un software deve rispondere a criteri di accessibilità ulteriori e talvolta differenti rispetto a quelli adottati per il web; inoltre, essa deve essere commisurata con le esigenze della specifica disabilità dell’utente.
Anche gli ambienti di comunicazione, chat e e-mail, richiederebbero, per garantire una reale inclusione, analoga indagine critica. Poiché proprio queste sono le attività più frequenti dei ragazzi in rete tanto più urgente appare il raggiungimento di una consapevolezza intorno a questa esigenza sia negli insegnanti sia negli sviluppatori di software.
Ma oggi sembra evidente che lo sviluppo tecnologico procede con grande rapidità e sostanziale noncuranza verso le esigenze di popolazioni speciali. Un caso non secondario è costituito dalle innovazioni introdotte dal cosiddetto Web 2.0 che permette un’elevata personalizzazione della fruizione ed una partecipazione attiva alla costruzione stessa degli ambienti e della conoscenza collettiva. Si tratta di una grande occasione di partecipazione sociale che non deve escludere nessuno e non può essere sottovalutata dalle stesse persone disabili.
Così, un approccio innovativo e vincente potrebbe essere non già (o non solo) diffondere una differente sensibilità fra i produttori sul tema dell’accessibilità, ma piuttosto creare soluzioni tecnologiche personalizzabili che permettano l’accesso alle funzionalità e al software mainstream, cioè di uso comune5.
Analogo discorso può riguardare l’e-learning che, per quanto riguarda l’Italia, si va diffondendo soprattutto nelle Università ed i learning objects, che puntano l’attenzione speculativa sulla costruzione e decostruzione dei contenuti di conoscenza. Solo alcuni ambienti
e materiali rispondono a criteri generali di accessibilità e comunque non dichiarano un programmatico interesse verso questo tema. Inoltre, non risulta che sia diffusa una sensibilità, nei docenti, nel costruire e mettere a disposizione contenuti che rispettino criteri almeno generali di fruibilità.
Un po’ come se le tematiche legate all’apprendimento dello studente disabile dovessero essere affrontate sempre dopo e venendo a traino delle questioni vere.
La robotica educativa - Fra le interessanti promesse poste dalla nuova frontiera della robotica educativa, due riguardano direttamente la disabilità.
La prima offre l’occasione di sviluppare concetti costruttivisti di apprendimento e di sperimentarne l’applicazione; ne è testimonianza l’esperienza di Lego Mindstorms, ormai radicata in alcune reti di scuole.
La seconda include un settore che si occupa di robotica assistiva e per la mediazione sociale. Entrambe le frontiere sono promettenti per lo sviluppo dell’autonomia della persona disabile, in ogni aspetto, e specialmente a sostegno dell’apprendimento e dello sviluppo cognitivo e sociale.
Si tratta tuttavia di ricerche che, in parte, rimangono allo stadio prototipale o che richiedono uno sforzo individuale verso l’acquisizione di competenze specifiche, ponendo dunque il tema della formazione docente.
Riflessioni conclusive
Nel settore delle tecnologie per l’apprendimento degli studenti disabili si sente la forte esigenza di strumenti accessibili che facilitino una didattica efficace e innovativa e non risolvano l’apprendimento in una chiave riduttiva nei contenuti, esercitativa e ripetitiva nella metodologia. Poiché alcuni prodotti con queste caratteristiche già esistono sul mercato, si pone il problema di un ampliamento e approfondimento della cultura dell’accessibilità presso autori e sviluppatori, in modo che essa si estenda a monte del processo e non sia condannata ad inseguire il problema, restando al traino e rimanendo su posizioni rivendicative e non propositive.
In secondo luogo, si pone la necessità che chi si occupa di accessibilità effettui un salto inventivo: a fronte di una continua evoluzione dei prodotti e degli ambienti dedicati all’apprendimento, più che inseguire il sogno di un’accessibilità totale, occorrerebbe percorrere una strada che permettesse alla persona disabile di fruire di questi strumenti in modo altamente individualizzato. Questa scelta risponderebbe meglio alle necessità di fruizione più complesse cui un’accessibilità troppo genericamente trasversale non riesce a rispondere.
Molto ancora è da fare: per esempio, nel settore della formazione e dell’informazione degli insegnanti o per la diffusione dei Centri Territoriali di Supporto e dei Centri Ausili, che sono una realtà vitale di questo settore, ma necessitano di riconoscimento e di sostegno.
Si sente, anche, l’esigenza che siano colmati alcuni ambiti carenti dell’apprendimento. La più volte citata Azione 6 ministeriale ha svolto in tal senso un importante ruolo e la sua evoluzione deve essere seguita perché i progetti vadano a buon fine e ottengano poi la necessaria accoglienza e diffusione presso le scuole e le persone disabili.
Tale esperienza è risultata incoraggiante per l’evidente ricchezza di proposte e di idee che ha messo in campo e per la capacità inventiva ed imprenditoriale dimostrata da un buon numero di istituzioni scolastiche: la pregnanza e sistematicità di alcune proposte, inoltre, hanno reso evidente la vivezza dell’esperienza di inclusione scolastica in Italia, con tutto il bagaglio di interrogativi, incertezze e bisogni che una prassi difficile e, tutto sommato, sperimentale inevitabilmente implica. Ma anche, con tutto l’orgoglio e la consapevolezza che l’innovatività della scelta comporta.
Serenella Besio
Docente - Università della Valle d'Aosta
Note
1 www.bdp.it/eurydice/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=130. Riprende la ricerca OCSE PISA 2003, ma non include dati di Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito e Norvegia.
2 Si citano, senza pretesa di esaustività, l’Istituto per le Tecnologie Didattiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova (www.itd.cnr.it), il Servizio Informazione e Valutazione Ausili della Fondazione don Carlo Gnocchi ONLUS di Milano (portale.siva.it).
3 Definite dalla versione 2007 dello standard UNI EN ISO 9999 come «qualsiasi prodotto (inclusi dispositivi, apparecchiature, strumenti o sistemi tecnologici, software) di produzione specializzata o di comune commercio, atto a prevenire, compensare, tenere sotto controllo, alleviare o eliminare menomazioni, limitazioni dell’attività o ostacoli alla partecipazione». Per una trattazione del tema si veda S. Besio, Tecnologie Assistive per l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, Lecce, Pensa Multimedia,2005; F. Fogarolo, Il computer di sostegno, Trento, Erickson, 2006.
4 R. Vitali, Il paese dei software-balocchi. Cronaca e riflessioni dal BETT 2008, QUID n. 3, www.rivistaquid.it.
5 È la strada intrapresa da FIPPD (Fondazione Informatica per la Promozione della Persona Disabile) di Lugano (www.fippd.com) ed in particolare da Gabriele Scascighini, con prodotti come AccessX, distribuito da H2 Developer Group, www.h2dg.com.
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