|
Spazio
e tempo
Per un insegnante di lettere, francese o matematica,
per un educatore da cattedra e aula per intenderci, abituato a vedere
i suoi alunni normalmente a mezzo busto e sovente occupato a reprimere
movimenti e improvvisi scatti di mani e piedi entrare in palestra durante
una lezione di educazione fisica è un'esperienza formativa e spaesante.
Saltano i parametri usuali, si dilatano gli spazi, si amplificano i rumori,
cambiano i ragazzi, cambia l'insegnante. Lo racconta bene anche Isabella
Carena nel suo articolo “Dal tailleur alla tuta”: è
stato molto interessante osservare i miei alunni in un contesto diverso
dall'aula e nel rapporto con l'insegnante di educazione fisica; osservare
di persona durante delle attività motorie la comprensione delle
consegne, la modalità di relazione con i compagni, la gestualità
e la capacità di gestione del proprio corpo, il rispetto delle
regole, l'accettazione della sconfitta, la gioia della vittoria mi ha
permesso di individuare analogie e differenze rispetto alle medesime capacità
applicate allo studio dell'italiano […].”
L'educazione fisica è per alcuni ragazzi opportunità di
rivincita, momento di gratificazione, nei casi estremi pausa di felicità,
ma può anche essere situazione di difficoltà, spazio di
relazioni meno strutturate e in qualche modo a rischio, occasione di eccessiva
esposizione di sé, confessione di inaspettate incapacità.
In ogni caso impegno educativo forte per gli insegnanti presenti.
Paolo Calidoni, nel suo articolo di inquadramento della complessa problematica
scuola-attività sportiva, afferma che alla agenzia educativa per
eccellenza spetta un compito di riequilibrio: offrire occasioni di attività
motoria poco strutturata, giocosa là dove ce n'è carenza
e compensare per tutti la possibilità di praticare sport strutturati
dove l'offerta è scarsa o difficilmente allargabile, per i costi
e non solo, a tutte le famiglie.
Compito della scuola dunque è anche educare allo sport.
L'attività motoria e sportiva ha infatti il compito di trasformare
il potenziale motorio in competenze, attraverso l'acquisizione di abilità,
necessarie per esprimere e comunicare mediante il movimento in rapporto
con gli altri e in situazioni sempre nuove, per impegnarsi inoltre in
compiti di difficoltà crescente, come l'esecuzione proporzionata
delle attività sportive e quindi della competizione.
La scuola dovrebbe porre le basi per l'acquisizione di un corretto stile
di vita che comprende l'abitudine alla pratica sportiva, svolgendo una
funzione orientativa anche per quanto riguarda la scelta dello sport più
consono alle attitudini e agli interessi dei ragazzi e mettendo in guardia
i giovani dai miti della vittoria facile, dell'essere campioni a tutti
costi.
La scuola, in particolare quella di base, assegnando alla competizione
un valore di formazione morale e sociale, organizzandola come momento
di crescita, attrezza i ragazzi a riflettere sulle proprie prestazioni
e sulle proprie emozioni, all'interno di un quadro di regole concordate
e apre la strada ad una consuetudine di ciascuno con lo sport, che nel
tempo può continuare a svolgere sul soggetto la sua funzione formativa.
Educare allo sport perché lo sport possa educare dunque.
Tra i grandi obiettivi individuati dal PECUP (Profilo Educativo Culturale
e Professionale dello studente) per il ragazzo in uscita dalla scuola
di base troviamo:
- Avere gli strumenti di giudizio sufficienti per valutare se stessi,
le proprie azioni, i fatti e i comportamenti individuali, umani e sociali
degli altri, alla luce di parametri derivati dai grandi valori spirituali
che ispirano la convivenza civile.
- Avvertire interiormente, sulla base della coscienza personale, la differenza
tra il bene e il male ed essere in grado, perciò, di orientarsi
di conseguenza nelle scelte di vita e nei comportamenti sociali e civili.
Vien da pensare, ad una prima lettura, che l'estensore del testo abbia
posto molto, troppo in alto, l'asticella della prova con queste affermazioni.
Declinate in termini sportivi però non invitano forse ad una messa
in guardia dai rischi di ogni esagerazione (di affermazione di sé
sugli altri anche ricorrendo a mezzi illeciti e dannosi), mentre sollecitano
l'introduzione alla pratica sportiva intesa come occasione di training
formativo, di addestramento allo sforzo e di superamento di sé?
Gli obiettivi sono stimolanti e propositivi, peccato però che le
Indicazioni Nazionali per i piani di studio della scuola secondaria di
1° grado, ad esempio, prevedano solo 54 ore annue di scienze motorie
e sportive per studente. Un altro paradosso della nuova scuola.
Giovanna Sampietro
|
|
|