INQUADRAMENTO GENERALE
La Valle d’Aosta è una regione con caratteristiche climatiche e, di conseguenza, agricole peculiari. Nel corso del tempo l’uomo è riuscito a “colonizzare” questo territorio adottando pratiche agricole in equilibrio con l’ambiente, allevando razze rustiche, coltivando specie vegetali adatte al clima (prati, meli, viti, patate…) e ottenendo dal territorio prodotti assolutamente unici. L’intervento umano ha aumentato l’eterogeneità sul territorio, grazie alla messa in coltura di superfici boscate, al modellamento dei versanti e all’applicazione di tecniche colturali diversificate. Ma quali legami esistono tra le attività agricole e la biodiversità del territorio valdostano? Per rispondere a questa domanda, l’Institut Agricole Régional ha condotto la ricerca di cui si presentato qui, sinteticamente, i risultati.
OBIETTIVI DELLO STUDIO
Allo studio, avviato nel 2005 e conclusosi nel 2009, hanno partecipato ricercatori dei diversi settori di competenza, reperiti sia all’interno sia all’esterno dell’IAR, con l’obiettivo di:
- valutare la biodiversità vegetale e animale (con approfondimenti su insetti e uccelli) nelle vigne, nei frutteti e negli areali naturali o semi-naturali adiacenti;
- catalogare le specie presenti nella vallata centrale (dal fondovalle fino a circa 1000 m s.l.m.);
- analizzare il valore agro-ambientale delle pratiche colturali;
- analizzare le interazioni tra gli organismi studiati.
LOCALIZZAZIONE DEI SITI DI STUDIO
La ricerca è stata condotta su 65 ettari suddivisi in 11 aree (8 vigneti e 3 meleti) rappresentative delle diverse situazioni geografiche, climatiche ed ecologiche della regione. La Figura 1 illustra la distribuzione delle aree di studio. Per i vigneti: Morgex (a monte di Lavanchers), Saint-Pierre (loc. Mont Torrette), Aymavilles (loc. Les Crêtes), Quart (loc. Olleyes), Saint-Denis (loc. Fosses), Montjovet (conca a nord di Toffo), Arnad (ad est del Castello Vallaise) e Donnas (a monte di Venturin); per i meleti: Villeneuve (a valle di Vereytaz) e Gressan (loc. La Tour e Champlan).
Figura 1. Localizzazione dei siti di studio, in rosso i vigneti, in verde i frutteti
APPROFONDIMENTI BOTANICI
Dopo aver individuato i vigneti e i frutteti rappresentativi e delimitate le rispettive aree di rilevamento, si è proceduto all’effettuazione del censimento floristico. Nella scheda di rilievo è stata registrata l’abbondanza di ciascuna specie nel sito campione, annotando anche gli habitat in cui ciascuna entità floristica è stata osservata. Per ottenere il quadro più completo possibile, i rilievi floristici sono stati ripetuti tre volte nelle vigne (primavera, estate, autunno), due volte nei frutteti (primavera e autunno), per un totale di 30 rilievi compiuti nel triennio 2006-2008.
Nel corso della ricerca sono state identificate 518 specie, che rappresentano oltre il 25% dell’intera flora della Valle d’Aosta. Questo dato, particolarmente interessante se teniamo conto che la superficie di rilevamento (circa 65 ettari) non è che lo 0,02% della superficie regionale, mette in luce l’elevato grado di biodiversità floristica presente nei frutteti e, soprattutto, nei vigneti della regione. Sono state ritrovate, inoltre, numerose specie di rilevante significato biogeografico e/o ecologico, tra cui:
- quattro specie tutelate dalla L.R. 07/12/09, n. 45, All. A (Asplenium foreziense, Carex remota, Trisetum cavanillesii, Xeranthemum inapertum);
- sei specie tutelate dalla L.R. 07/12/09, n. 45, All. B (Artemisia vallesiaca, Aster linosyris, Notholaena marantae, Pulsatilla montana, Stipa eriocaulis, Telephium imperati);
- tre specie della lista rossa nazionale (Aegilops cylindrica, Linum austriacum, Sorbus mougeotii); dieci altre specie di rilevante interesse biogeografico (Alyssum argenteum, Bassia prostrata, Cleistogenes serotina, Heliotropium europaeum, Lathyrus niger, Lonicera etrusca, Sclerochloa dura, Sorbus mougeotii, Thymus vulgaris, Verbascum boerhavii);
- quattro specie di nuova segnalazione in Valle d’Aosta (Amaranthus albus, Bromus catharticus, Crepis nemausensis, Eragrostis frankii);
- nove specie riconfermate in Valle d’Aosta (Anagallis foemina, Asperula cynanchica, Crepis pulchra, Misopates orontium, Peucedanum venetum, Rosa andegavensis, Rumex conglomeratus, Urtica urens, Veronica polita).
LEGAMI TRA PRATICHE AGRICOLE E BIODIVERSITÀ
È evidente che l’obiettivo principale del coltivatore è la produzione agricola, non la biodiversità nel suo vigneto o frutteto; è altrettanto evidente, però, che le sue scelte nella gestione di queste superfici hanno anche conseguenze sull’ambiente. Ad esempio, gli interventi di controllo delle malerbe hanno un effetto diretto sulla flora spontanea, sull’entomofauna legata a determinate specie vegetali o sulla possibilità di spostamento al suolo degli insetti non alati. Sull’insieme delle colture studiate, sono stati rilevati tre tipi di gestione del suolo: il diserbo chimico su tutto l’appezzamento, la gestione agronomica, basata solo sul controllo meccanico delle infestanti (con la lavorazione del suolo o lo sfalcio), e la gestione integrata, che associa il diserbo chimico sotto il filare a quello meccanico tra i filari. Rispettivamente, le tre tecniche di gestione interessano il 36%, il 28% e il 36% delle superfici studiate nei vigneti, mentre nei frutteti prevale la gestione agronomica e il diserbo chimico non è stato rilevato (Fig. 2).
Figura 2. Ripartizione delle tecniche di gestione delle infestanti nelle superfici studiate
Tra le forme di allevamento della vite, sono state rilevate: il girapoggio (46% del totale dei vigneti studiati), il rittochino (32%), la pergola (20%) e l’alberello (2%). Quanto alla ricchezza floristica, il maggior numero di specie è stato individuato nei sottofila inerbiti delle pergole (con oltre 40 specie per rilievo), nell’interfila inerbito dei vigneti a ciglione o a girapoggio (35-38 specie). Il rittochino è risultata la sistemazione meno ricca di specie vegetali (al massimo 17 specie nell’interfila).
Il diserbo chimico è effettuato, nella quasi totalità dei casi, in primavera utilizzando il glifosate, prodotto disseccante non residuale. Si è potuto osservare che alcune specie di infestanti sembrano favorite da questa tecnica: il cardo campestre, la ruchetta selvatica o il tribolo comune, meglio noto in Valle come planta malàn (Figura 3).
Figura 3. Il tribolo comune (Tribulus terrestris),
infestante dei vigneti valdostani, risulta essere
favorito dal diserbo chimico
Per contro, altre specie sono parse favorite dallo sfalcio o dalla lavorazione del suolo e, tra queste, il senecione sudafricano, specie tossica che si sta espandendo in modo preoccupante in Valle d'Aosta. Sintetizzando, si è confermato che il diserbo chimico tende a selezionare una flora di sostituzione, in cui prevalgono le specie a vegetazione tardiva, che sfuggono al trattamento primaverile, mentre la gestione agronomica delle malerbe presenta il rischio che alcune specie invasive esotiche non siano controllate adeguatamente. Per queste ragioni, sarebbe consigliabile alternare le tecniche di controllo delle infestanti e diversificare i principi attivi impiegati nel diserbo chimico.
APPROFONDIMENTI ENTOMOLOGICI
Gli studi entomologici sono stati condotti nell’arco del triennio 2006-2008. All’interno di ciascuna delle 11 aree di studio sono stati individuati 5 siti, in cui sono state effettuate le osservazioni e le raccolte di materiale biologico mediante trappole cromotattiche collanti e trappole a caduta attivate con aceto. Le trappole sono state sostituite con cadenza decadale, da maggio a novembre, per un totale di 58 rilievi compiuti nel triennio e 6960 trappole utilizzate.
Figura 4. Il Carabus intricatus, insetto predatore
nelle vigne, è un importante bioindicatore della
salute ambientale (
foto DIVAPRA Università di Torino)
Tra i diversi gruppi di artropodi censiti, particolare interesse è stato rivolto agli insetti fitofagi che presentano legami con determinate piante ospiti (emitteri cicadellidi), agli insetti che hanno valenza di bioindicatori (coleotteri carabidi, Fig. 4) e ai principali gruppi di insetti predatori (oltre ai coleotteri carabidi, anche coccinellidi, neurotteri crisopidi, emerobidi e coniopterigidi, eterotteri miridi e antocoridi, ditteri sirfidi) per il loro ruolo di limitatori naturali. Nel corso della ricerca sono stati censiti 490.044 esemplari di cicadellidi, 19.048 di coleotteri carabidi e 18.091 di altri insetti predatori.
Tra i fitofagi della vite, è stata rilevata la distribuzione, l’abbondanza e la dinamica di popolazione (Figura 5) di 5 specie di cicaline (Homoptera Auchenorryncha) responsabili di provocare, con la loro attività trofica, danni diretti alla pianta o di essere specie vettrici o potenzialmente vettrici di fitoplasmosi della vite: Empoasca vitis, Zygina ramni, Scaphoideus titanus, Anoplotettix fuscovenosus e Neoaliturus fenestratus.
Figura 5. Dinamica di popolazione di Empoasca vitis nei
siti della bassa Valle
Per quanto riguarda gli insetti predatori, tutte le famiglie oggetto di studio sono state rinvenute nelle 11 aree di saggio; la famiglia percentualmente più abbondante è risultata essere quella dei coccinellidi (corrispondenti al 51% degli esemplari catturati). Considerando gli areali coltivati a vigneto, le catture più abbondanti di predatori sono state effettuate nei siti di Montjovet, Arnad, Donnas e Morgex; tali aree sono caratterizzate da un limitato o assente impiego di agrofarmaci (erbicidi e insetticidi) e da ambienti più diversificati e ricchi di zone di compensazione ecologica (boschetti, incolti, muri a secco, siepi, scarpate inerbite, cumuli di pietre) idonee ad offrire agli insetti cibo, acqua, rifugio, siti di svernamento e di ovideposizione. L’elevata qualità ambientale di questi siti è stata avvalorata dagli ottimi valori di biodiversità ottenuti studiando i coleotteri carabidi.
Figura 6. Abbondanza di predatori in funzione della forma di
allevamento della pianta e dell’orientamento dei filari
Dalla ricerca è emerso che anche la forma di allevamento e l’orientamento dei filari sembrerebbero influenzare la presenza e l’abbondanza dei limitatori naturali; vigneti allevati a pergola e sistemati a girapoggio, frutteti non specializzati a conduzione più estensiva (prato arborato) hanno evidenziato un’entomofauna utile più abbondante rispetto ai vigneti ed ai frutteti più specializzati e dunque caratterizzati da un maggior grado di perturbazione ecologica (Figura 6). Il lavoro svolto conferma dunque l’importanza e l’influenza esercitate dalle differenti scelte gestionali operate dall’agricoltore sulle popolazioni di insetti utili a favorire il controllo naturale dei fitofagi.
APPROFONDIMENTI ORNITOLOGICI
L’area oggetto degli studi ornitologici era costituita da un insieme di appezzamenti separati tra loro e distribuiti lungo il fondovalle della Valle d’Aosta in rappresentanza dei vari ambienti presenti. Poiché le undici aree di approfondimento botanico ed entomologico erano di estensione troppo limitata per l’esecuzione di un esaustivo rilevamento dell’ornitocenosi nidificante, esse sono state ampliate definendo così otto aree di rilevamento ornitologico per una superficie complessiva di oltre 2.600 ettari.
La tecnica di rilevamento prescelta è stata quella dei punti di ascolto senza limiti di distanza, adottando una durata di 10 minuti ed in cui vengono registrati separatamente i contatti entro un raggio prefissato di 100 metri da quelli esterni a tale raggio. Nel corso dei rilevamenti sono stati effettuati 419 punti d’ascolto in zone i cui ambienti principali erano i vigneti, le aree edificate extra-urbane, i prati stabili, i frutteti e i boschi di latifoglie.
Figura 7. Abbondanza (espressa come frequenza percentuale) del numero di individui per le 30 principali specie di uccelli contattate nell’area di studio. Le barre rosse indicano le specie dominanti, le barre gialle le specie sub-dominanti
Nell’area di studio sono state contattate 79 specie, che rappresentano il 61% di quelle che si riproducono nella regione e ben il 77% di quelle nidificanti nel fondovalle valdostano. Tra queste le più abbondanti sono risultate: Merlo, Passera d’Italia, Capinera, Cinciallegra e Fringuello (Figura 7).
La maggiore ricchezza specifica è stata riscontrata in ambienti dominati da vigneto e prato stabile, che hanno mostrato anche ottimi valori di biodiversità; ben diversificati sono risultati anche i boschi misti, quelli di latifoglie, le aree edificate extra-urbane ed i frutteti.
Tra i vigneti delle diverse aree indagate, è emerso un maggiore valore ornitologico medio per quelli localizzati a Donnas e a St.-Denis. Per quanto riguarda l’esposizione prevalente si delinea una maggiore rilevanza per i vigneti rivolti a sud, ma anche quelli di cresta, settentrionali ed occidentali hanno riportato buoni valori.
Dal punto di vista ecologico, si è riscontrato come il 62% delle specie contattate nell’area di studio durante il periodo riproduttivo manifestino una netta preferenza alimentare nei confronti degli invertebrati (46%) o di vegetali ed invertebrati (16%), e che tali specie rappresentano il 49% della biomassa ornitica; tali valori salgono poi al 64% nei vigneti e ben al 69% nei frutteti. Considerando, ad esempio, che per le sole cinciallegre si può stimare, in una singola stagione riproduttiva, un consumo di 216 g/ha di invertebrati nei vigneti e 188 g/ha nei frutteti (Cramp e Perrins 1993), dove predano soprattutto insetti fitofagi, è facile intuire l’importanza che l’avifauna riveste nella catena alimentare ed in un eventuale contesto di lotta integrata. Inoltre, dato che il 27% delle specie rinvenute nei vigneti ed il 33% di quelle dei frutteti nidificano in cavità, la densità di uccelli utili (per esempio Codirosso, Cinciarella e Cinciallegra) può essere ulteriormente incrementata con il posizionamento di apposite cassette nido, ottenendo così una maggiore predazione di insetti dannosi.
CONCLUSIONI
Oltre che per le loro peculiarità di produzione di qualità, i frutteti e i vigneti valdostani sono risultati particolarmente interessanti anche sotto l’aspetto naturalistico, come dimostrato dalla ricchezza degli ambienti e delle specie censite tanto in campo botanico, quanto in quello entomologico e ornitologico.
Vigneti del Mont Torrette, in primo piano, e di Aymavilles, sullo sfondo (Foto Samy Seinera)
Questo risultato è tanto più interessante in quanto, pur nel contesto di superfici agricole coltivate in modo piuttosto intensivo, in poche centinaia di metri quadrati sono state censite parecchie decine di specie vegetali e animali.
Spesso, le zone coltivate hanno mostrato una diversità biologica comparabile a quella degli ambienti naturali e semi-naturali circostanti.
È stato rilevato, infine, che i livelli maggiori di ricchezza biologica tanto vegetale che animale sono associati a sistemi tradizionali di coltivazione – quali la pergola – o a pratiche di gestione delle superfici che prevedono l’inerbimento parziale o totale del suolo.
Ringraziamenti
Gli Autori ringraziano Cristina Tarello, Provino Lale Démoz, Claude Chatrian e Samy Seinera per il loro contributo allo svolgimento della ricerca.