IL PROBLEMA
Sempre più spesso la montagna soffre di un progressivo abbandono. Le cause sono da ricercare nella diminuzione del reddito economico, nel numero delle aziende agricole (censimento 2010) e dei loro addetti e nella consistenza del patrimonio zootecnico. La riduzione degli addetti in agricoltura e la conseguente riduzione delle aziende agricole e del patrimonio zootecnico comportano quindi un progressivo abbandono della montagna, con conseguenze ben visibili.
Visitando gli alpeggi locali ci si rende conto che i carichi di bestiame (uba/ha) sono insufficienti, condizione che in certe zone comporta la perdita delle superfici a pascolo. L’opera della natura e il mancato controllo dell’uomo permettono un insediamento incontrollato della vegetazione arbustiva invadente. Inoltre, da un punto di vista ambientale e naturalistico, vengono modificati gli habitat floristici e faunistici.
Il problema
Questa evoluzione è un percorso obbligato e ineluttabile oppure è possibile fare qualcosa?
Alcune amministrazioni locali valdostane hanno già analizzato il problema e si sono attivate per trovare delle soluzioni confrontandosi con gli enti preposti (Assessorato Agricoltura e Risorse naturali e Institut Agricole Régional). Anche le società che gestiscono piste e impianti di risalita devono ormai confrontarsi con tali problematiche, soprattutto alle quote medie tra i 1500 e 2000 metri s.l.m. dove alcune specie arbustive sono particolarmente aggressive. In certe zone, esse hanno sostituito completamente il pascolo che, come tutti sanno, è l’associazione vegetale erbacea che permette di avere delle piste ottimali in inverno. Le specie maggiormente presenti sono (tra parentesi le rispettive denominazioni in patois): Alnus Viridis (Drosa), Rosa Canina (Gratacû), Rhododendron Ferrugineum (Frameschio-Riscioleun), Vaccinium Myrtillus (Breuvaco-Loufìe), Salix Caprea o Salice delle capre (Gorâse- Sadzo), Juniperus Communis o Ginepro (Zenivro-Zeivro).
Il contenimento di queste essenze invadenti, come già ricordato in altri articoli, passa attraverso la lotta chimica e meccanica che sono valide, se applicate correttamente, ma rimangono molto costose e impattanti. Personalmente sosteniamo che sono soluzioni estreme, non sempre risolutive e praticabili a causa di vincoli ambientali (pendenze e ostacoli) o faunistici (presenza di animali).
Una possibile risposta tecnica arriva dalla Francia, dove sta dando risultati incoraggianti una sperimentazione che individua le greggi come possibili artefici del recupero. Gli autori del presente articolo, a seguito della partecipazione a un incontro transfrontaliero a Chamonix con tecnici francesi e svizzeri, ritengono utile portare questa esperienza all’attenzione dei lettori.
ARTEFICI DEL RECUPERO
IL GREGGE
L’artefice principale del recupero delle zone marginali è il gregge di pecore. La sua consistenza deve essere superiore alle cinquecento unità, affiancate da alcune decine di capre per migliorare il controllo delle specie arbustive. Il gregge deve essere formato da pecore provenienti da un unico proprietario, in quanto l’accorpamento di soggetti provenienti da diversi allevatori diventa assolutamente ingestibile e non atto ad essere condotto secondo modalità di pascolamento ben precise. Allo stato attuale in Valle d’Aosta non esistono greggi di tali dimensioni, quindi nel nostro caso sarebbe necessario rivolgersi all’esterno attraverso una ricerca presso le associazioni di categoria (di allevatori, di produttori) o sindacali (agricoltori) di altre regioni.
Gregge in azione
IL PASTORE
Il conduttore del gregge deve avere una preparazione specifica affinché sappia guidare il gregge, controllarlo e concentrarlo in determinate zone. Durante il giorno il pascolamento è assolutamente controllato e non si permette agli animali di sbandare e girovagare dove meglio credono. Durante la notte il gregge è chiuso nel parco notturno per mezzo di picchetti e filo pastore elettrico. Consigliata è, inoltre, la presenza del cane di protezione.
Il soggiorno notturno è posto nelle zone che si vogliono recuperare, perché ricoperte da cespugli più o meno grandi. La concentrazione degli animali è condizione essenziale, ogni capo deve avere a disposizione 3-5 metri quadrati di superficie, affinché il pascolamento e il consumo delle foglie dei cespugli siano particolarmente importanti.
TECNICA GESTIONALE
Durante la giornata il gregge condotto dal pastore si muove sulle pendici della montagna. In particolare vengono pascolate le risemine delle piste da sci, che dopo gli imponenti lavori di sbancamento presentano sovente una cotica rada e poco densa. Il passaggio del gregge, oltre a provvedere a un pascolo razionale, produce allo stesso tempo una concimazione organica efficace. A questo proposito, i colleghi francesi definiscono simpaticamente gli ovi-caprini “macchine innovative con apparato multifunzione diretto, sfalcio-concimazione”. Le due specie animali (ovini e caprini) agiscono in modo diverso: tendenzialmente le pecore si nutrono di erba e le capre di foglie, ma durante la notte anche le pecore scorticano e spelano i fusti degli arbusti, fino a 1,20-1,50 m di altezza, non sempre perché hanno fame ma soltanto per piacere. Tale azione danneggia drasticamente la vegetazione arbustiva, che si indebolisce e nel giro di pochi anni muore, inoltre la riduzione della massa fogliare permette una miglior penetrazione della luce alla base dei cespugli favorendo un migliore sviluppo del cotico erboso. I tecnici alimentaristi hanno valutato che l’integrazione della razione alimentare con le foglie e le tenere cortecce dei cespugli permette di raggiungere valori alimentari paragonabili a quelli forniti da un prato stabile in fondovalle. Il pastore deve spostare ogni due giorni il parco notturno in modo da evitare l’eccessivo calpestio e i rischi di erosione; tale operazione deve essere praticata per tutti i giorni di monticazione.
RISULTATI FINALI
I tecnici garantiscono che in quattro anni di gestione oculata è possibile recuperare i siti marginali abbandonati, a condizione di rispettare le indicazioni sopradescritte. Il consumo dei cespugli e della loro corteccia da parte degli animali induce nella vegetazione arbustiva uno sviluppo difficoltoso. Negli anni successivi la crescita è stentata e molti cespugli seccano ed essendo specie a legno tenero si sfaldano e si sbriciolano lasciando pochi residui sul terreno. I colleghi francesi hanno segnalato che in presenza di cespugli molto alti gli animali non riescono ad essere così impattanti e quindi consigliano di tagliare i ceppi e di far pascolare l’anno successivo i ricacci che saranno sicuramente più bassi e facilmente raggiungibili.
Inoltre, l’abbattimento dei costi di gestione per il mantenimento in efficienza delle piste da sci è garantito. Alcune società di impianti di risalita, infatti, sono disposte a stanziare somme interessanti per il salario del pastore, per l’acquisto del materiale per i parchi e per il trasporto del gregge da e per la sede aziendale di provenienza del gregge.
In Savoia l’interesse si sta allargando, sia presso le comunità e le amministrazioni locali che presso le società di gestione di spazi naturali, tanto che molte greggi arrivano dal sud della Francia, al fine di soddisfare le richieste. I pastori coinvolti in tale tipo di gestione esprimono solo pareri positivi, in quanto negli alpeggi trovano condizioni ambientali migliori rispetto alla pianura e gli animali alla demonticazione sono presentati sul mercato al giusto grado di ingrassamento, permettendo di realizzare un maggiore reddito aziendale.
Il risultato
GRUPPO DI LAVORO
Affinché si possa applicare tale metodologia di intervento bisogna concertare con tutti i soggetti che agiscono su un determinato territorio le modalità gestionali, nel rispetto delle norme veterinarie, ambientali, venatorie e agronomiche. Le necessità di recuperare zone marginali o mantenere spazi naturali espresse da soggetti locali (Comuni, società di gestione, consorterie, consorzi di miglioramento fondiario) devono essere analizzate considerando le problematiche ambientali e agronomiche impellenti, i vincoli normativi (sorgenti di acqua, zone umide, zone di nidificazione, eccetera), gli obiettivi finali e il tipo di investimento da mettere a bilancio. Insieme gli attori stabiliscono un programma mirato, in modo da integrare l’attività pastorale di recupero con il rispetto dell’ambiente senza dimenticare l’aspetto turistico estivo. La presenza di grosse mandrie sul territorio deve essere spiegata ai frequentatori della montagna, affinché essi siano informati dell’azione di pascolamento fatta nell’interesse collettivo. In Francia, nelle stazioni di arrivo delle funivie, vi sono pannelli descrittivi sugli scopi collettivi dell’attività messa in atto, sugli aspetti agro-silvo-pastorali e in particolare sul connubio inscindibile tra ambiente e attività agricole con riferimento al gregge, al pastore e al cane di protezione, che circola sempre liberamente.