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Il ... gradevolmente bello nel linguaggio dell' immagine

Quali strumenti teorici mobilitare per gestire didatticamente al meglio la realtà dell'immagine pubblicitaria? Questo breve saggio ci guida all' interpretazione critica delle immagini pubblicitarie che, costruite con un'integrazione di mezzi tecnologici, tendono ad attribuire al reale la sola categoria del "gradevole" .

La didattica, santuario tradizionale del linguaggio scritto ed orale da cui discende la nostra cultura di tipo trasmissivo-ripetitivo, trova nel linguaggio delle immagini un'occasione più che dignitosa ed intraprendente per rinnovarsi non come educazione all'immagine (contenitore ormai variopinto di attività non comunicanti), ma come linguaggio da vivere quotidianamente quasi come "la Milano da bere" .
Le immagini sono familiari a noi, al bambino, al potere dominante e per questo vanno curate, capite per poterle vivere ad ogni livello.
A questo proposito si parla di densità dei significati dell' immagine: una fotografia, come un quadro, attivano sempre nel soggetto che li osserva molteplici significati e proiezioni di inconscio che riproducono, per intero, il vissuto, più o meno filtrato di un individuo.
Un'immagine induce nell'osservatore una serie di significati, da quello autoreferenziale, fàtico come in genere tutti gli spot pubblicitari dove sottolineano la bontà e l'efficacia del prodotto a quello retorico estetico dove l'immagine è resa con determinate strategie tecniche che la rendono gradevole, di facile accessibilità e molto comprensibile.
Inoltre l'immagine facilita processi liberativi di una personalità costretta a schemi rigidi e inibitori proiettandola in una dimensione completamente creativa che le consente un recupero di fiducia in sé e che gli permette di mettere in atto schemi compensativi che portano il soggetto a colmare deficit e lacune nella costruzione del proprio sistema simbolico culturale ed affettivo.
Ma l'immagine per significare tutto questo deve necessariamente essere dotata di un mondo proprio di funzioni che le riconoscano piena autonomia dall'oggetto stesso che rappresenta, come dire che un conto è osservare un oggetto o una persona nella realtà, un'altra cosa è invece osservare l'immagine dello stesso oggetto e della stessa persona.
Si esce così dalla secolare disputa se l'immagine sia la riproduzione del reale, quasi una fotocopia, o se invece non sia dotata piuttosto di un proprio sé autonomo e funzionale, denso di segni e come tale semiotico.
Occorre sottolineare, a questo proposito, quanto ad esempio una fotografia, pur riproducendo una persona od un contesto reali, alla fine ci fornisca un'immagine diversa da quello che vuol riprodurre.
Come dire che l'immagine "appare uguale alle cose pur non avendo nessun elemento materiale in comune con esse, ma solo forme relazionali uguali." (U. Eco "La struttura assente" Bompiani 1968).
Si mantiene così una certa relazione tra gli stimoli che è uguale sia nella realtà che nel disegno anche se il risultato ottenuto è completamente diverso.
Come dire che non è cambiata la relazione tra forma e colori pur cambiando la materia che può essere il foglio da disegno, la fotografia, l'immagine pubblicitaria, il quadro ecc...
L'immagine ha pertanto la capacità di costruire e restituire al fruitore una struttura percettiva che possiede lo stesso significato dell' esperienza reale senza essere questa, pertanto la somiglianza con il reale è resa attraverso un risultato tutto a sé stante come se vedessimo il reale rappresentato in un'altra dimensione.
A questo proposito Pareyson in "Estetica" parla, non casualmente, di una certa attribuzione di ulteriorità che l'immagine avrebbe rispetto al reale come se la prima assumesse dei significati non contenuti nella segnicità del reale. Un esempio tipico è il prodotto estetico, come un quadro o una scultura, dove questi segni iconici riproducono la percezione dell'oggetto, dal vero od espresso dall'io, dopo averlo selezionato in base a codici di riconoscimento soggettivo tipici dell'artista, che nel momento in cui crea un prodotto riversa in questo la sua educazione, la sua sensibilità, il suo io, i suoi conflitti risolti e non, le sue aspirazioni, le sue delusioni, tutta quella sua complessità mentale ed emozionale che, vissuta con sentimento dà come risultato un prodotto gradevole o addirittura estetico.

• Dalla "morte dell'arte" sancita dalla sinistra hegeliana, come ad esempio in Adorno e in Marcuse, la categoria del "bello" estetico lascia il posto al "gradevole" che è la resa interpretativa di una realtà attraverso immagini che producono dei risultati ottenuti mediante il mezzo tecnologico, come ad esempio la computer grafica oppure la combinazione, forzatamente studiata, di grafica cromatica ottenuta attraverso processi di integrazione reciproca.
Di questi procedimenti sono una testimonianza tutti gli spot pubblicitari delle automobili dove la dimensione del bello lascia il posto ad ambienti e contesti gradevoli ottenuti con effetti grafici e nuances cromatiche appropriate, compenetranti che riescono a mandare segnali a chi li osserva di piacevolezza, gradevolezza, transfert di benessere, aspirazioni di status, risposte e conferme raffiguranti certezze.
Si vedano, ad esempio, tutte le pubblicità seriali di Agnesi e Barilla che sottolineano significati dimensionati sulla famiglia, sulla vita aggregativa e di gruppo, mentre la pubblicità delle marche automobilistiche (Peugeot, Mercedes e Volkswagen) parlano alle attese dell'utente e sono per autonomasia le migliori conquiste possibili.
Quanto il linguaggio delle immagini sia dotato di significati propri ed intrinseci lo dimostrano le caratteristiche polisemiche di cui esse sono dotate: vedasi, ad esempio, lo spot pubblicitario della birra Moretti ad andamento seriale dove la costante è quella di osservare una mano tesa che porge un bicchier rassicurante da cui deborda, schiumosa, la birra appena versata. Sul vetro del bicchiere si stende, all'esterno, un velo sottile di vapore che trasmette immediatamente la sensazione di freddo: nel video non c'è birra, non c'è vetro, non c'è patina umida e gelata ma, in realtà, quando si osserva il bicchiere di birra si percepisce il vetro e il gelo senza sentirli.
Si osservano, con la percezione visiva, eccezionalmente le sensazioni tattili, le due sensazioni provocano una sinestesia che permette di pensare come in un baloon: "birra gelata in bicchiere" . Da questo aspetto di forte autoreferenzialità, quasi una sorta di autoconferma continua, discende la capacità di segnicità contemporanea e simultanea che l'immagine trasmette e induce nel fruitore: saper cogliere delle sensazioni tattili e visive contemporaneamente che nessun testo verbale o scritto che sia riesce a trasmettere, anche perché qualsiasi testo scritto o verbale, si compone di una successione di significati che si distendono cronologicamente secondo un prima e un dopo che non hanno nulla in comune con la simultaneità dell'immagine.

• Si apre inevitabilmente il rapporto immagine e realtà per cui l'immagine è analogica alla realtà stessa e, a questo punto, esprime categorie di tempo e spazio completamente diverse da quelle tradizionali.
Le persone e gli enti reali dipanano i propri esseri ed i propri comprtamenti su un telaio progettuale che ha una partenza ed un punto di arrivo in un obiettivo: osservano la scansione cronologica del prima-durante-dopo, quello che la filosofia tradizionale chiama la "durata" di un'azione, l'immagine ci rappresenta il tempo nella sua contemporaneità e nella sua simultaneità, tale è l'evocazione che viene indotta in chi osserva un'immagine.
Un esempio molto banale lo si trova in quegli spot che, nello spazio di dieci secondi, fanno essere il personaggio principale in un determinato contesto e poi subito dopo in un altro (spot delle automobili, delle vacanze, di qualche marca alimentare).
Anche lo spazio è vissuto dal fruitore in una aggregazione simultanea di primi piani e profondità: spesso siamo in assenza di prospettiva come in certi spot pubblicitari con primi piani che evidenziano dettagli dei prodotti (un esempio per tutti è la goccia dell'aceto Ponti che percorre a rallenty le sinuosità, appetibili, dell'insalata e dei pomodori).
Questo effetto di assenza dello spazio riproduce in maniera gradevole i primi piani di Braque e di Picasso, sortendo un risultato estetico in cui gli elementi più disparati sono avvolti tra loro quasi a costituire un tutt'uno unitario sì, ma pur sempre disgregato.
L'effetto spaziale che ne consegue è di omogeneità e di separazione al tempo stesso, è di unità, ma di distinzione dentro alle quali l'occhio iconico si perde.
Inevitabilmente si scivola dai significati alle funzioni delle immagini che sono sostanzialmente di cinque tipi: emotiva, fàtica, metalinguistica, ipodermica, estetica.
Quella emotiva è tesa a suscitare, nel destinatario, un vissuto che si può articolare in aspettative, delusioni, ansie, frustrazioni, autolimitatezza.
Un esempio di questa funzione, che fa leva sulle frustrazioni del quotidiano con l'ambizione di risolverle, sono tutte le marche di detersivi, tutte le marche di prodotti per la casa. Oppure tutti gli spot ancora delle automobili che fanno leva sul sogno di status irragiungibili che pesano sull'io come momenti di evasione, non è casuale che l'intreccio narrativo che sostiene la trama di questi spot che pubblicizzano la marca di particolari profumi di rara fragranza come Kalvin Klein, Obsession, Estée Lauder ecc... ambiscono migliorare lo stato fisico di una persona promettendo loro un sicuro benessere.

• La funzione fàtica si esprime quando l'immagine, nell'intento di suscitare emozioni sempre nuove, in realtà si propone con l'intenzione di permanere nel canale comunicativo del destinatario autoconfermandosi continuamente.
É quanto viene espresso da tutte le pubblicità di tipo seriale: Agnesi, Barilla, Telecom, Omnitel in cui la funzione confirmatoria è spesso anche sostenuta dal testimonial celebre (ad esempio, Megan Gale, Massimo Lopez, ecc...) che assolve al suo compito di proporre sempre nuovi brevi episodi narrativi che riescano ad attirare l'attenzione rinnovata e corretta del destinatario.
La fàtica rassicurante è completata dal gingle che è l'elemento spesso preponderante ai fini della fortuna di uno spot: si ricordano, ad esempio, le prime serialità di Telecom dove, accanto alla romanza di Andrea Boccelli si associavano paesaggi surreali lontani resi con toni freddi e toni caldi a seconda se rievocavano oceani e deserti sterminati.
La pubblicità di Philadelphia rappresenta, in particolare, un'alta espressione di densità fàtica in cui la diversità generazionale tra il nonno ed il nipote, l'uno un po' maniacale e l'altro un po' ingenuo e malizioso, è un elemento trasversale di garanzia della genuinità di un prodotto in un contesto dove si avvicendano zie dai sentimenti repressi e una colf più distratta dal suo atletismo che dal prendersi cura dei bimbi.

• La funzione metalinguistica consiste nel comunicare dei significati che lasciano aperta l'interpretazione al destinatario: è il tipico caso di ambiguità di un messaggio che hanno alcuni spot allusivi (Campari Red Passion, Breil, ecc...). Nella funzione citata si usa un codice per esprimerne un altro.

La funzione ipodermica di un messaggio è quella di persuadere secondo una convinzione retorica molto avvolgente dove apparentemente sembra tutto chiaro e manifesto, ma sotto lascia intravedere l'intenzione comunicativa ben precisa. Funzioni ipodermiche assolvono, ad esempio, certi reportages che evidenziano, a tutti i costi, gli elementi negativi o positivi e comunque ideologici di un fatto, di un evento, di una notizia. Questo messaggio è spesso usato in certi ambienti di regime e/o politici che comunque mirano a mettere in buona o cattiva luce eventi o persone.

• La funzione estetica, non da ultimo, si presenta in grado di attirare l'attenzione del destinatario per il suo elevato grado di ambiguità: fa leva sul senso del gradevole, sulla bellezza dei contesti e dei paesaggi e dei protagonisti.
Lo spot diventa edonismo, piace perché coinvolge, colpisce i centri emozionali: vedasi, ad esempio, i personaggi di Beautiful, Baywatch, Beverly Hills, ecc...dove tipologie edulcorate si muovono in scenari avventurosi ed attraenti e si organizzano intorno alla figura dell'antonomasia che sottende questo messaggio: "Questo singolo è tutti voi o è quello che voi vorreste e potreste essere" .
Nella funzione estetica, il creatore di spots, combina elementi convenzionali e spesso stereotipati che comunque generano norma e/o imitazione; comunque, alla domanda "che cosa fa di un messaggio comunicativo un' opera d' arte ?"
La risposta è insita nell'effetto di evasione, spaesamento, estraneamento che vengono attivati nel soggetto fruitore.

Elementi di analisi di un'immagine

Se quello delle immagini è un linguaggio a tutti gli effetti significa che la sua composizione osserva un tessuto costituito da regole e costanti che giustificano ledifferenze tra un codice e l'altro e tra vari registri.
In qualsiasi messaggio comunicativo, ottenuto attraverso immagini, si individuano vere e proprie parti sintattiche sia che si analizzi un quadro di Monet, Van Gogh, sia che si osservi un manifesto fisso di Benetton o qualche locandina di associazioni, enti a fini ricreativi, sia, ancora, che si tratti di uno spot pubblicitario.
Secondo Umberto Eco (vedasi "La struttura assente" op. cit.) ogni produzione di immagine osserva un registro visivo, un registro verbale, una serie di elementi denotativi, un susseguirsi di connotazioni, una costruzione di rapporti tra i due registri, una finalizzazione di significati e funzioni a cui qualsiasi immagine corrisponde.

• Il registro visivo è l'apparato di significati e di funzioni con cui un messaggio si presenta.
Ad esempio, un conto è l'insieme strutturato dei significati metacomunicativi di uno spot di profumi, un altro conto è il registro di un prodotto che pubblicizza una marca per casalinghe.
Nella combinazione degli elementi figurativi che costituiscono un registro risiede tutta l'autoreferenzialità dei significati che un'immagine manda (vedasi, ad esempio, tutti i significati emanati dalle produzioni pittoriche degli impressionisti e dei cubisti come paesaggi d' autunno, battelli sulla Loira, giardini fioriti).

• Il registro verbale è la funzione referenziale contenuta in un messaggio linguistico di tipo tradizionale, orale o scritto, che in genere accompagna quello visivo.
Non è difficile trovare pubblicità che, in genere accompagna quello visivo. Non è difficile trovare pubblicità che, nel contesto iconografico, ospitino al proprio interno una dicitura scritta a complemento e o ad integrazione di quanto rappresentano.
Si pensi, a questo proposito, a quanta funzione fàtica messaggi di tale tipo assolvano fino ad essere dei veri e propri slogan del tipo: "Dove c'è Barilla c'è casa" , "Kraft cose buone dal mondo" , "Deodorante Dove, niente è più efficace di un morbido gesto" , "Always Coca Cola" ecc...
In genere il registro verbale esprime oltre ad intenti fàtici anche una funzione emotiva, affidando suggestioni, abbastanza elementari, a parole estreme come: prezioso, irresistibile, seducente, impossibile, girar la testa, ecc...

• La funzione connotativa di un messaggio iconico costituisce la visione di insieme, di contesto e di ambiente, con cui un quadro o una pubblicità "aprono" lo spazio al fruitore. Le connotazioni possono essere, interne od esterne, come ad esempio ambienti di campagna, di mare, ambienti d'ufficio, tavolate di commensali, metropoli; sono comunque situazioni che caratterizzano lo scenario narrativo entro cui si muovono episodi, fatti, eventi e personaggi.
In genere l'ambientazione, soprattutto negli spot pubblicitari, non è mai estranea al vissuto rappresentativo degli eventi interpretato dai suoi attori; conosciamo invece, certa produzione artistico-pittorica del '400 e del '500 dove il paesaggio è completamente estraneo alla scena messa in atto dai personaggi stessi.
Sappiamo quanto il contesto sia particolarmente retorico ed efficace, nonché suggestivo ed emotivo in alcune soap opera che legano la loro audience all'allusività e complicità degli scenari che sembrano perfezionare ed attribuire completezza agli stati d'animo vissuti dai personaggi (passioni, ire, delusioni, aspettative, ecc...).
A proposito del bello artistico, rinvenibile oggi nel grado di combinazione più o meno gradevole del segno grafico e di quello cromatico, certi spot pubblicitari si ispirano a criteri cinematografici come, ad esempio, la pubblicità della marca Peugeot che riproduce una metropoli impersonale in bianco e nero le cui scene sembrano snodarsi e dipanarsi secondo una trama incurante delle passioni che i suoi personaggi interpretano.
Certe scene tipiche dei grandi registi si ottengono anche mediante un sapiente movimento di macchina che videoriprende angolazioni particolari, dal basso verso l'alto, angolazioni in campo lungo, primi piani con dettagli che esaltano la luminescenza e la trasparenza degli occhi.
Certe inquadrature ricordano le migliori produzioni di Visconti "Gruppo di famiglia in un interno", spaccati di scenari decadenti di una Venezia autunnale in "Anonimo veneziano", edonistici giardini che ospitano le vicende drammatiche di Micole e compagni nel "Giardino dei Finzi Contini", interni riprodotti in campo lungo come certi scenari che troviamo in "Arancia meccanica" di Kubrick, alcuni movimenti di macchina che riprendono dettagli di gambe che si muovono in primo piano come in "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg.

• Le funzioni denotative, invece, costituiscono gli elementi di differenzazione, parcellizzazione ed eterogeneità che, combinati insieme, fissano la narrazione di un evento tra personaggi, cose, animali.
L'elemento denotativo è costituito dagli attori, ognuno caratterizzato per la propria individualità, oppure dagli oggetti presenti in un contesto come tavoli, bottiglie, alimenti, prodotti vari, ecc...
In questo caso la rappresentazione visiva, spesso e volentieri, trasmette al fruitore anche altre sensazioni come quella tattile, olfattiva e cinestetica. Quante volte certi personaggi fanno da contorno all' interprete principale che denota caratteristiche ben precise come accade infatti per tutti i testimonials di uno spot.

• Importante è ancora l'uso delle denotazioni che si fa nei vari generi: ad esempio, nel genere poliziesco si concentra l'attenzione sull'arma del delitto, nei generi sportivi assumono importanza la bicicletta, il pallone, il canestro, ecc...
Infine, in chiave critica, quando si commenta un prodotto iconico si tende a creare dei rapporti tra i due registri al fine di accertare il bilanciamento esistente tra il prevalere ora dell' uno, ora dell'altro.
Spesso ad un registro visivo, molto raffinato e colto non, corrisponde un registro verbale adeguato perché scarno, essenziale che parla esclusivamente ad un pubblico molto comune. Viceversa è facile, ad esempio, trovare in una pubblicità di una marca per detersivi un registro verbale molto lungo, dettagliato, spesso sostenuto da una voce fuori campo persuasiva ed accattivante atta a sostenere il prodotto.
Siamo di fronte a casi in cui i due registri sono contraddittori dove l'emittente, per la parte visiva si ispira a modelli pubblicitari sofisticati; mentre per la parte verbale si affida a sistemi di persuasione già collaudati (vedasi anche tutta la pubblicità veicolata per corrispondenza).

• Da ultimo, sempre in sede critica, si definisce la funzione a cui una rappresentazione iconografica assolve e qui si richiamano le funzioni già trattate precedentemente: quella fàtica, metalinguistica ed estetica.
In estrema analisi, interessante è quanto sostiene la teoria psicolinguistica di J. Greimas in "La semantica strutturale" secondo cui ogni sceneggiatura, messa in fiction da una trama narrativa, resa attraverso immagini, perseguirebbe intenzionalmente un percorso che tende alla conquista dell'"oggetto del desiderio" verso cui sarebbero protesi gli attori della scena e dove gli ambienti sarebbero complici o si dissocerebbero dal perseguimento dello scopo.
Questo a dire quanto il risultato ottenuto, attraverso le immagini che si dipanano nel tempo e nello spazio, sono vissute ed interpretate anche dal fruitore come fossero dei veri racconti.

Renzo Dameri
Dirigente scolastico, formatore per l' I.R.R.S.A.E. Liguria sulle problematiche dei linguaggi artistici, della comunicazione visiva e sulla valutazione del sistema scolastico.
Insegna «Comunicazione di massa» all' Università di Firenze, è autore di articoli e pubblicazioni in merito, è anche componente della Commissione Nazionale «Monitaraggio autonomia».

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