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A propos du métier des enseignants
Più
giornali e più di un articolo specialistico parlano in questi giorni
di "questione docente".
Parlare di professionalità
dei docenti agita infatti non solo interrogativi, domande, preoccupazioni
intellettuali, ma anche difficoltà, impedimenti, resistenze "brigantaggi",
proprio come nel caso della ancora sofferta, anche se non più sovente
così nominata, "questione meridionale".
Brutto segno.
Speriamo non sia, quella nostra, destinata a rimanere irrisolta e a incancrenirsi
come l'omonima antenata, ne che, nel tempo, ci tocchi ricordare l'ex-ministro
Berlinguer come un novello prefetto Mori o assistere alla venuta di un
azzurro paladino sé dicente raddrizza questioni...
Come risulta
evidente, anche scorrendo la relazione della prof.ssa. I. Summa (convegno
IRRSAE 2000, St. Vincent), i processi di riforma in atto nelle scuole
comportano mutamenti notevoli nelle professionalità coinvolte,
con un implicito, però, molto forte: "i cambiamenti professionali
attesi sono contemporaneamente frutto e presupposto del nuovo assetto
organizzativo". Inoltre, non è possibile ricostruire solo
sulla base della normativa ciò che un docente deve saper fare e
non sarebbe neppure coerente rispetto ai principi ispiratori dell'autonomia
scolastica, che affida alla periferia, alle singole scuole, ai dipartimenti
disciplinari, ai gruppi di progetto e in conclusione alle capacità
non formali, ma ermeneutiche ed euristiche dei singoli docenti di operare
scelte in condizioni di incertezza ed ambiguità. I richiami alla
responsabilità e alla progettualità, così forti nelle
norme generali relative all'autonomia, portano alla complessi-ficazione
ulteriore del profilo professionale degli insegnanti.
Dice Romei in
"Autonomia e progettualità" (p.133-134): "...lo
smarrimento degli insegnanti circa il proprio ruolo, la propria identità
professionale e sociale [...] alimenta il loro famoso "malessere".
Stretti tra la voglia di fare, e una inevitabile percezione di inadeguatezza
ad affrontare compiti così complessi, non sanno più qual
è il loro reale mestiere e quali competenze, quali capacità
dovrebbero avere per essere dei buoni professionisti[...]. Così,
gli operatori scolastici si trovano ad essere progressivamente disorientati
circa il proprio ruolo nella società, essendo di volta in volta
chiamati a fare il prete, il poliziotto, il medico, l'assistente sociale,
lo psicologo senza ovviamente averne le competenze tecnico-professionali.
E a perdere corrispondentemente di vista la propria specificità
professionale, confusa e resa più incerta dalla necessità
di intervenire in terreni diversi [...]. La crisi di identità professionale
degli insegnanti corrisponde, peraltro, alla crisi di identità
istituzionale della stessa scuola, che diventa una sorta di contenitore
di possibili risposte a tutti i problemi sociali con risvolti educativi
dei giovani, e non solo di essi.
Ne consegue che essa non sa più cosa deve fare; insegue tutto,
con il rischio di combinare poco o nulla. E il sistema sociale non sa
più cosa aspettarsi concretamente; continua a rivolgersi ad essa
per tutti i problemi, con il rischio di perdere progressivamente la fiducia
nella possibilità di ottenere davvero qualcosa...". Scorrendo
la relazione finale del gruppo n. 5 della maxicommissione dei Saggi centrata
su "Un progetto generale per la promozione della professionalità
docente, con particolare attenzione alla formazione iniziale e alla valorizzazione
delle esperienze" leggiamo "la ridefinizione della funzione
docente costituisce dunque il contesto culturale ed operativo in cui collocare
tutte le politiche del personale anche sul versante retributivo",
leggiamo, dicevo, e ne siamo contenti. Il gruppo si è interrogato
lungamente sul problema dei "percorsi di arricchimento (in tutti
i sensi, considerato che potrebbero "portare a riconoscimenti tangibili
-monetari e di sviluppi di carriera -) professionale", giungendo
ad individuare i "livelli possibili che possono portare a tali riconoscimenti"
e cioè: a) "uno sviluppo delle competenze nella esplicitazione
dell'attività docente; b) uno sviluppo delle competenze nella partecipazione
all'organizzazione della vita scolastica; e)
la vera e propria acquisizione e certificazione di nuove competenze".
Ed è
proprio nella declinazione del punto a) che è emersa l'ipotesi
di due gradi di docenza, il docente e il docente ricercatore, riconoscibile
quest'ultimo per la non più giovane età (un congrue numero
di anni di servizio) e per la "qualità della ricerca"
svolta durante il servizio. La vaghezza di tali affermarzioni (di cui
aspettiamo peraltro approfondimenti) ci induce per il momento a fantasticare
su alcune ricerche possibili: dell'alunno fuggente, dei finanziamenti
per l'autonomia, dei nuovi organi collegiali, dei partner estemi... Fuor
di metafora, sappiamo bene quanto e come gli insegnanti si stiano abituando
ad osservare i propri interventi educativi, per valutarne la coerenza
e la portata e come già stiano facendo ricerca sul campo, per ottimizzare
le proprie prestazioni, riorientando e modulando continuamente le proposte
didattiche.
Di professione
docente o meglio di professionalizzazione del mestiere del docente si
parla dunque in molte pagine di questo numero, anche all'intemo del dossier,
dedicato alla presentazione di un'interessante esperienza di ricerca-azione
nella scuola materna. Come sempre ci piace affrontare problemi di scuola
e di chi fa scuola, questioni nel senso ciceroniano: "Quaestio...
est appetitio cognitionis", la ricerca è desiderio di conoscere.
Bonne
école !
Giovanna Sampietro
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