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La
scuola comunica?
Qual
è lo stato di salute della comunicazione nella scuola? Nella comunicazione
tra colleghi, quale canale si privilegia? E i capi d'istituto, come si
orientano? Una ricerca dell'I.R.R.S.A.E. ha svolto un'indagine cogliendo
gli aspetti peculiari della comunicazione sui quali vale la pena di riflettere.
Si
può parlare di "organizzazione" quando le parti che la
compongono sono relazionate con gli scopi e con le azioni: ciascun elemento
adempie alle funzioni che le sono proprie ed un progetto globale assegna
i compiti a ciascuno, in modo coordinato. Nell'organizzazione scuola il
piano programmatico (il POF nella scuola dell'autonomia) definisce la
cultura che le è propria e a cui i singoli fanno riferimento
- le idee, i valori, i princìpi, le tecniche e i metodi che si
adottano per impostare e risolvere i problemi - stabilisce le responsabilità
dei soggetti e chiarisce gli scopi per cui essi lavorano. Alcuni processi
fondamentali caratterizzano questa organizzazione: la progettazione
("projectare" gettare avanti), che presuppone il riconoscimento
dei problemi, l'analisi, l'individuazione di soluzioni e le conseguenti
decisioni, l'attuazione, che implica coordinamento tra le parti
e la realizzazione delle decisioni prese, il controllo, che comporta
la verifica dei processi messi in atto, la valutazione della loro efficacia
ed efficienza e l'assunzione di eventuali azioni correttive. Ne consegue
che la decisionalità costituisce per l'organizzazione un
elemento di fondamentale importanza; essa si concretizza attraverso delicati
processi di comunicazione. Le competenze comunicative dei soggetti
che ne fanno parte sono infatti importanti, almeno quanto le competenze
tecniche da loro possedute; tali competenze comunicative comprendono un
insieme di saperi e di saper-fare specialistici che si rifanno ad alcuni
elementi basilari, quali l'informazione, la contrattazione, la mediazione,
la negoziazione.
Ma
come effettivamente comunica l'organizzazione scuola?
Il
particolare momento che questo tipo di organizzazione stava (e sta tuttora)
vivendo, nel 1999 - nel passaggio da un vecchio modello, eminentemente
di tipo burocratico, ad uno più innovativo quale quello che andava
prospettandosi, per cui nuovi organismi e nuove figure, al suo interno,
cominciavano a far breccia (nuove professionalità, staff, figure
funzionali...) - ha sollecitato l'IRRSAE ad indagare, prima ancora della
sua attuazione, sullo stato di salute della comunicaz
Un'equipe di ricerca IRRSAE, seguita da un consulente metodologo dell'Università
di Milano, ha ritenuto opportuno effettuare un'indagine, di tipo quali-quantitativo,
che ha previsto l'utilizzo di questionari, presso un campione di scuole
della Regione, costituito da tutte le istituzioni che hanno aderito ad
un progetto di sostegno all'autonomia, ed altre che si sono liberamente
aggiunte. In tutto hanno aderito 4 scuole materne, 7 elementari, 10 medie
e 11 superiori, ovvero il 78% dell'universo scolastico valdostano. I risultati
di tale ricerca sono stati presentati a docenti e dirigenti il 6 dicembre,
nell'ambito di un Après-midi à la carte curato da
C. Romiti e R. Tadiello, organizzato da F. Dematteis.
LA COMUNICAZIONE ALL'INTERNO DELLA SCUOLA
Rispetto
alla comunicazione interna l'indagine ha cercato di esaminare alcuni aspetti
peculiari (cfr: lo schema della comunicazione secondo Jakobson), quali:
1. Le fonti,
i flussi e i canali di informazione.
2. I rapporti
tra i vari soggetti operanti nella scuola.
3. Le funzioni
da potenziare e il ruolo delle nuove professionlità.
1.
LE FONTI, I FLUSSI E I CANALI DI INFORMAZIONE
Per
"fonte" si è inteso quello che Jakobson definisce "emittente"
(o mittente) del messaggio, ossia la persona che è responsabile
del suo invio.
La ricerca evidenzia
che non ci sono differenze significative tra i vari ordini e gradi di
scuola per quanto concerne le fonti interne delle comunicazioni. Infatti
è quasi sempre il capo d'Istituto ad essere considerato come la
principale fonte delle informazioni, il che testimonia l'esistenza, quanto
meno per questo aspetto, di una organizzazione centralizzata. Solo nella
scuola materna il capo d'Istituto risulta meno coinvolto: bisogna considerare
che nell'anno 1999 tre circoli su quattro erano diretti da un capo d'Istituto
delle scuole elementari, con funzioni di reggente, quindi con difficoltà
di presenza nella scuola, e che tutti i circoli avevano un numero elevato
di plessi (da un minimo di 13 ad un massimo di 26), distribuiti in modo
capillare su di un territorio prevalentemente montano. Pertanto, in questo
ordine di scuola, la delega deve essere diventata una necessità.
Anche per le
iniziative interne promosse da singoli docenti o piccoli gruppi si ritrova
una omogeneità di opinioni tra gli insegnanti coinvolti nell'indagine:
in questo caso, l'informazione è gestita soprattutto da docenti
aventi funzioni di coordinamento (referenti di commissioni, progetti ecc.);
quindi delle figure intermedie assumono ruoli funzionali alla circolazione
delle informazioni, posizionandosi tra il vertice e la base e intaccando
così il vecchio modello organizzativo "a pettine". Nella
scuola elementare, però, la metà dei capi d'Istituto rispondenti
dichiara di occuparsi in prima persona anche delle iniziative interne
promosse dai docenti, forse perché tra i campi di pertinenza del
direttore didattico (come del resto si evince dall'aggettivo utilizzato
per definire la funzione) era esplicitamente previsto quello della didattica.
• Per "flusso
comunicativo" Jakobson intende il transito di un messaggio da un
emittente ad un destinatario. Il quadro che emerge dall'indagine, rispetto
a tale argomento, pare essere soddisfacente, ma, ad una analisi più
approfondita, si riscontrano alcuni punti deboli. Il fatto che solo il
flusso relativo alle riunioni ufficiali risulti nettamente positivo fa
riflettere, in un momento in cui la conoscenza della normativa, la formazione,
l'integrazione con il territorio sono elementi di fondamentale importanza
per la realizzazione dell'autonomia scolastica. L'informazione legata
a questi ambiti dovrebbe essere particolarmente curata e non occasionale,
come segnalato da una minoranza, forse più critica, di rispondenti.
Meritano
anche una riflessione i dati riguardanti le iniziative interne, promosse
da singoli insegnanti: circa un quarto di docenti, a differenza dei capi
d'Istituto, è scontento della qualità del flusso informativo
riguardante tali iniziative. Forse perché, trattandosi di attività
che riguardano solo alcune classi o gruppi di docenti, la comunicazione
non raggiunge tutti. Gli "scontenti" sono forse coloro che,
pur non essendo coinvolti in prima persona, vorrebbero comunque, giustamente,
conoscere quanto avviene nella propria scuola oppure potrebbe trattarsi
degli insegnanti promotori delle iniziative, che sono consapevoli dell'inefficacia
delle comunicazioni ai colleghi. Probabilmente esistono alcune criticità
a livello comunicativo che i capi d'Istituto non conoscono, magari perché
questo tipo di attività è gestito dai docenti referenti.
Se così fosse c'è da domandarsi se il dirigente scolastico
non dovrebbe comunque essere al corrente di questo tipo di disfunzione,
per poter aiutare i docenti responsabili delle attività a trovare
una soluzione o per sollecitare una riflessione tra insegnanti finalizzata
all'individuazione dei correttivi necessari.
• II "canale"
è inteso da Jakobson come connettore materiale o psicologico che
collega l'emittente al destinatario e consente la trasmissione del messaggio;
esso può utilizzare registri (ovvero stili di discorso, per esempio,
dall'alto verso il basso: aulico, colto, formale o ufficiale, medio, colloquiale,
informale, familiare, popolare...) e strumenti sia formali sia informali,
a seconda del contesto e quindi della situazione comunicativa. Va precisato
che, nell'ambito della ricerca, ci si è limitati a l'aggruppare
i registri in due categorie: da un lato il formale (elevato, controllato,
deferente, pomposo ecc.) e dall'altro l'informale (colloquiale, familiare,
amichevole ecc.).
Nella
scuola si utilizzano canali e registri formali scritti - ad esempio le
circolari - ed orali, come le comunicazioni date all'interno di un Collegio
dei docenti, oppure modalità non formali, sia scritte - ad esempio
un biglietto lasciato nel cassetto del docente - sia orali, come lo scambio
di informazioni in sala insegnanti o nei corridoi.
L'indagine ha
messo in luce che per gli insegnanti canali e registri formali sono in
genere quelli più utilizzati nella scuola. Non stupisce però
che, per le iniziative inteme di singoli insegnanti o piccoli gruppi,
si privilegi il registro informale, che probabilmente è giudicato
più funzionale. Riguardo ai capi d'Istituto, essi sembrano orientarsi
sul canale e registro formale, ma dichiarano anche di privilegiare la
comunicazione diretta con docenti che ricoprono funzioni di tipo organizzativo
(per es. coordinatori, referenti...).
Forse, questa
apparente incongruenza si giustifica con una tradizione burocratica a
cui si stanno affiancando differenti modalità organizzative, legate
al cambiamento in atto nella scuola con l'attuazione dell'autonomia e
l'introduzione di nuove professionalità (per es. le funzioni obiettivo),
cui giustamente i dirigenti cominciano a far riferimento, anche per facilitare
i flussi comunicativi.
In generale,
la comunicazione informale è più "economica" in
termini di tempo e di energie; va tuttavia messo in rilievo qualche rischio
insito in questo tipo di comunicazione: è possibile, per esempio,
che non arrivi a tutti gli interessati, che non si mantenga la traccia
di aspetti importanti (del percorso svolto, di decisioni prese, di impegni
assunti...), che risulti meno efficace, soprattutto quando sono coinvolti
gli alunni ecc. Invece una riunione formale, con verbalizzazione scritta
per la memoria dei presenti e per gli eventuali assenti, consente di ottenere
feed-back immediati, di prendere più rapidamente decisioni e di
trasmetterle a tutti gli interessati; quando non si ravvisi la necessità
di un confronto può risultare utile la circolare, che è
un mezzo veloce per facilitare la circolazione delle informazioni
e lasciarne traccia.
Comunque, anche
la formalità, sicuramente necessaria per certe attività,
può presentare elementi di criticità: essa richiede tempo
e risorse per trasmettere le informazioni; sovente è sottovalutata,
in quanto certi documenti (per esempio: verbali, schede di progetto, schede
di progress...) sono vissuti come adempimenti burocratici e non come strumenti
di lavoro; spesso gli operatori della scuola mostrano scarso interesse,
o addirittura insofferenza, per le comunicazioni formali, a causa della
ridondanza delle informazioni, dei ritardi nel ricevimento, dello strumento
utilizzato (per esempio quasi sempre il cartaceo). Un insegnante, nello
spazio del questionario destinato alle proposte, afferma:
"L'eccesso
di informazioni indifferenziate rende a volte inutile la loro comunicazione:
diventa sempre più difficile distinguere ciò che è
indispensabile e urgente da ciò che è utile conoscere".
Forse le
nuove tecnologie potrebbero venire in aiuto. Un capo d'Istituto ne suggerisce
l'uso, sostenendo che il loro impiego, "unito ad una mentalità
di utilizzo adeguato delle stesse, può essere un elemento risolutivo
per trovare un equilibrio tra eccesso di informazioni e funzione significativa
delle stesse".
2.
I RAPPORTI TRA I VARI SOGGETTI OPERANTI NELLA SCUOLA
Una
parte del questionario ha inteso indagare la frequenza dei contatti, le
motivazioni, i risultati dei colloqui e le eventuali difficoltà
di comunicazione tra dirigenti e docenti. I rapporti tra capo d'Istituto
e insegnanti, in generale, sono ritenuti buoni. L'indagine mostra che
sono soprattutto i docenti della secondaria di 1° e 2° grado a
rivolgersi spesso al dirigente. Fra i motivi degli incontri risulta più
citata "la segnalazione di problemi della classe", seguita
dalle "proposte di attività ", dai "consigli
su aspetti organizzativi", e "problemi personali".
Le proposte di attività sono indicate prevalentemente dai docenti
delle medie, il che testimonia una maggiore interazione con il capo d'Istituto
rispetto alle iniziative promosse dagli insegnanti. I docenti dichiarano
di trarre dai colloqui soprattutto suggerimenti e consigli (in particolare
nella materna e nell'elementare) o anche aiuto concreto (più citato
nelle superiori). Nel primo caso, ovvero nella scuola materna ed elementare,
sembra che i dirigenti intervengano meno nell'operato degli insegnanti,
limitandosi a fornire un aiuto indiretto, nel secondo caso, ossia nella
secondaria di secondo grado, si potrebbe ipotizzare che i capi d'Istituto
agiscano in prima persona, forse in risposta ad una richiesta
Quasi la metà
degli insegnanti della scuola elementare evidenzia dei problemi nel rapportarsi
al proprio superiore e i motivi che rendono difficili tali rapporti sono
imputati a difficoltà di relazione. "Troppi impegni"
del capo d'Istituto, lamentano alcuni insegnanti delle elementari e delle
materne, "ho difficoltà a mettere a fuoco, per ogni persona,
su cosa bisogna far leva (ciò che va bene per uno, non va bene
per l'altro) " spiega un capo d'Istituto, "errata organizzazione
del lavoro!" confessa un suo collega.
3. LE
FUNZIONI DA POTENZIARE E IL RUOLO DELLE NUOVE PROFESSIONALITÀ
La
scuola dell'autonomia chiede ai docenti di ripensare il proprio ruolo
e di assumere o ampliare altre funzioni, oltre a quelle tradizionali legate
all'insegnamento. Per questo motivo, con il questionario, si è
cercato di conoscere quali funzioni sono agite nella scuola, quanto sono
visibili e quali andrebbero potenziate.
Entrambe le
categorie dei rispondenti si dicharano favorevoli ad un rafforzamento
delle professionalità che svolgono anche delle funzioni di tipo
organizzativo (coordinatori, vicari, documentalisti, FDS per l'Educazione
bi-plurilingue, referenti per l'aggiornamento, funzioni obiettivo ecc...).
La maggioranza degli interpellati risulta informata rispetto alla attivazione
di tali figure nella propria scuola, però alcuni insegnanti non
sembrano conoscere queste risorse che evidentemente non sono così
visibili per tutti. Va sottolineato che l'analisi è stata svolta
a cavallo di un periodo che ha segnato il passaggio dall'assunzione di
incarichi del tutto volontaristici e sovente non formalizzati, rispondenti
ad esigenze contingenti, all'istituzione ufficiale - ai sensi dell'ultimo
CCNL - delle funzioni obiettivo, di cui si è ravvisata la necessità
per presidiare lo sviluppo e la migliore gestione dell'offerta formativa,
nell'ambito di una organizzazione governata da un piano progettuale di
Istituto. Questo può giustificare le incertezze dei rispondenti
rispetto ad alcune nuove figure presenti nelle scuole. L'auspicato rafforzamento
delle professionalità sopra menzionate - rafforzamento inteso sia
come incremento delle competenze individuali sia come riconoscimento dell'incarico
conferito - potrebbe non solo migliorare i flussi comunicativi all'intemo
della scuola, ma in generale rendere più efficace, in termini di
ricadute, il lavoro di tali figure.
Tra le funzioni
da potenziare, non stupisce che il coordinamento sia particolarmente sentito,
visto che nella scuola spesso si lavora in gruppi, per settori o per indirizzi,
e non sempre è attiva una figura (capo d'Istituto? vicario? funzione
obiettivo?) che da un lato garantisca azioni coordinate tra i vari gruppi
e coerenti con il Piano dell'Offerta Formativa e che dall'altro costituisca
uno snodo nei punti cruciali del sistema organizzativo. E' anche nota
la difficoltà in cui versano i coodinatori dei Consigli di classe
o di interclasse, non sempre preparati a svolgere la funzione loro affidata,
che consiste nel facilitare e ottimizzare il lavoro del Consiglio, preparando
le riunioni, conducendole, garantendo il collegamento tra le sedute, il
rispetto delle decisioni prese e una valutazione dell'attività
svolta. Certo è che la scuola materna ed elementare, tenuto conto
della dispersione delle sedi sul territorio, sicuramente non possono fare
a meno di prevedere modalità organizzative che facilitino il coordinamento.
In
un momento particolare come quello attuale, che ha visto, insieme con
l'avvio dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, l'accorpamento di
molte scuole, a seguito del piano regionale di dimensionamento, il coordinamento
diventa una esigenza imprescindibile. E tale funzione si collega strettamente
al problema dell'informazione, rispetto alla quale l'indagine evidenzia
che sono i docenti, molto più dei capi d'Istituto, a sentire una
grande necessità di migliorarla. In effetti, il coordinamento necessita
di efficaci flussi informativi in quanto le persone, per coordinarsi,
hanno bisogno di una ordinata rete comunicativa, che metta in collegamento
le parti, superi le azioni a compartimenti stagni ed eviti la perdita
di energie e di risorse. Va comunque detto che forse i dirigenti in primis,
e insieme con loro le nuove professionalità, una volta stabiliti
collegialmente alcuni principi ai quali riferirsi, dovrebbero farsi carico
di tale istanza e risolvere le problematiche inerenti la raccolta, la
selezione e l'organizzazione delle informazioni stesse, avendo ben presente
che informare implica, sempre, inevitabilmente, l'operazione estremamente
delicata di trattamento dei dati in possesso, pena la confusione o l'assenza
di informazione.
Corinna Romiti
Insegnante di scuola secondaria di 1° grado.
Distaccata presso l'I.R.R.S.A.E. Valle d'Aosta.
Si occupa di ricerca e formazione sugli aspetti organizzativi dell'attuazione dell'autonomia scolastica e di sviluppo della professionalità docente e dirigente
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