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Incontriamoci nell'aula verde


L'aula verde: un laboratorio ambientale all'aria aperta dove sperimentare un contatto diretto con l'ambiente ed educare ad un corretto rapporto con la natura.

PREMESSA
Nel rileggere gli atti del Convegno Nazionale L'uomo e l'ambiente, del lontano 1985, mi ha colpito un'intuizione nell'intervento del relatore Lucio Bortolotti, davvero interessante per quel periodo: "un'iniziativa che potrebbe essere realizzata in collaborazione con la scuola è quella della predisposizione di apposite aree naturali didattiche". In effetti a tutti quelli che, a vario titolo, si occupano di educazione ambientale non sarà sfuggito come per i bambini di oggi sia molto difficile avere una conoscenza reale e diretta della Natura e in particolare degli animali.
I risultati di un sondaggio, condotto nel 1989 dal mensile "Prospettive nel mondo", presso centinaia di bambini tra i cinque ed i dieci anni, sulla loro percezione dell'ambiente e dei suoi abitanti selvatici, avrebbero, già allora, dovuto essere considerati come significative spie d'allarme.
Dall'inchiesta di quella rivista emerse, infatti, che in città i bambini crescevano senza la dimensione reale della Natura e degli animali. Alla domanda "Sai com'è fatta una rana?" sette su dieci risposero: "Sì, perché ho guardato un documentario alla TV". Tutti ammisero, inoltre, di non essersi mai trovati a tu per tu con un rospo, per non parlare di altri piccoli animali. Più di recente, nel 1996, Franco La Ferla, Consigliere per l'E.A. del Ministero della Pubblica Istruzione, ha sottolineato come sia "radicalmente cambiato il rapporto fra il bambino e la natura. Sono ridotti gli spazi di naturalità (...) si riducono le esperienze di prima mano e di contatto diretto con la natura, sostituite sempre più spesso da rappresentazioni veicolate dai mezzi di comunicazione di massa; mentre fino a ieri il contatto con la natura faceva parte dell'esperienza quotidiana extrascolastica (...) oggi il processo si è invertito, costituendo spesso la scuola l'unica occasione per fare esperienza di natura".
Se si concorda con quest'ultima affermazione, non si può allora non chiedersi "dove" concretamente possano essere sviluppate queste attività, visto che sia gli ambienti naturali che la stessa campagna arretrano sempre più, considerata la crescente antropizzazione del territorio.
Le attività di educazione ambientale svolte nelle (e dalle) scuole della Valle d'Aosta sono ormai una realtà consolidata da anni di preziose sperimentazioni, lo dimostrano le numerose richieste di finanziamento per le attività di educazione ambientale da parte di insegnanti della scuola di base.
Devo però constatare che le uscite per fini didattico-naturalistici nelle Riserve Naturali ed in altre Aree Protette hanno un carattere sporadico e sono condizionate negativamente da fattori quali: la distanza, il tempo impiegato a coprirla, e i mezzi di trasporto. Spesso infatti i pullmini devono essere noleggiati appositamente e richiedono un rilevante impegno finanziario.
Quello che, in sostanza, sembra attualmente mancare è la disponibilità di spazi esterni sufficientemente vicini alle scuole dove, in ovvie condizioni di non pericolosità, sia possibile per docenti e studenti, immergersi nella Natura e quindi provare quelle emozioni che educano in profondità. Anche, o soprattutto, per evitare che la disabitudine al contatto col mondo animale crei nelle nuove generazioni, diffuse fobie ed intolleranze nel confronto dei referenti naturali.
Ma trattare di educazione ambientale - con tutte le sue implicazioni multidisciplinari - non dovrebbe significare allora anche tenere conto del suo vario potenziale di collegamento tra la realtà interna della scuola e la dimensione esterna? Perché non ipotizzare un progetto di studio e conoscenza di ambienti naturali locali, con alcune uscite sul territorio per verificare (tramite soprattutto un'esperienza personale concreta ed "emozionale") quanto appreso o ipotizzato teoricamente in classe?
Il Ministero dell'ambiente già nel 1994, nel programma d'intervento per l'informazione e l'educazione ambientale relativo al triennio 1994-1996, parlava di CENTRI DI ESPERIENZA, quali luoghi in cui si associa all'attività didattica e di ricerca anche quella di esperienze significative in campo ambientale (le paludi, ad esempio).
Perché non proporre allora un'AULA VERDE come occasione per sperimentare un contatto diretto con l'ambiente?

L'AULA VERDE: ISTRUZIONI PER L'USO
Un'aula verde per diventare un vero laboratorio ambientale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: essere sufficientemente vicina a più scuole; essere raggiungibile in tempi brevi e con l'uso di mezzi pubblici. La sua superficie ideale dovrebbe risultare di almeno qualche migliaio di metri quadrati liberi da infrastrutture umane e da fonti di disturbo o di pericolo per gli utenti. Detto spazio, preferibilmente recintato per disincentivare azioni vandaliche, potrebbe essere articolato in un percorso a senso unico. con piazzuole di sosta per specifiche attività e comprendere in una pluralità di microambienti esprimenti la massima biodiversità possibile. In relazione a quest'ultima considerazione il principale biotopo di questa AULA VERDE dovrebbe essere rappresentato da una zona umida ricostruita.

LE ATTIVITÀ POSSIBILI
Almeno nella fase iniziale (e sperimentale) si riterrebbe opportuno che la fruizione dell'AULA VERDE da parte di docenti e studenti avvenisse con la supervisione e collaborazione di un responsabile, nonché gestore della stessa, con specifiche competenze nel settore dell'educazione ambientale. Questi dovrebbe infatti saper consigliare e attivare insegnanti ed alunni affinché la visita risulti davvero significativa dal punto di vista dell'esperienza personale. Orientativamente si segnalano qui di seguito le seguenti possibilità da sviluppare in loco: osservazioni e considerazioni etologiche sulla piccola fauna (rettili, anfibi, insetti e altri invertebrati) presente nell'area ed altrove difficilmente individuabile; identificazione delle specie animali e vegetali, valutazione dei differenti stadi di sviluppo di singoli esemplari; effettuazione di fotografie e filmati televisivi (educazione all'immagine) degli aspetti ritenuti più interessanti dell'AULA VERDE; misurazione del PH dei vari specchi d'acqua; richieste specifiche formulate dalle singole scuole.

LA SCELTA DEL LUOGO (PROTOTIPO)
L'area dove localizzare un'AULA VERDE dovrebbe presentare almeno qualcuno dei seguenti requisiti: scarso o nullo valore economico/commerciale (onde evitare conflitti d'interesse e opposizioni motivate); scarso o nullo utilizzo della stessa per attività umane di vario tipo; medio o elevato grado di degrado ambientale (il recupero e riutilizzo della zona potrebbero diventare positivi anche per l'opinione pubblica); superficie non interrotta o frammentata da percorsi e strade pubbliche.

TRA MAESTRE, SCOLARI, RANE, ROSPI ED ALTRI...
All'inizio della primavera 1999 con Fiorella Di Michele abbiamo deciso di realizzare due piccoli stagni dove poter ospitare e far riprodurre le tipiche specie animali (Anfibi) e vegetali delle zone umide, che nella nostra Regione, ma anche altrove, si stanno sempre più rarefacendo. Dopo il primo anno di attività, visti i risultati decisamente incoraggianti, con conseguente liberazione dei nuovi nati in Natura, si è pensato di utilizzare questi mini-spazi anche quali aree didattico-naturalistiche per poter permettere a piccoli gruppi di sviluppare osservazioni eco-etologiche (frog-watching).
Inoltre, a fianco di queste due "strutture", si è successivamente realizzata un'area da dedicare a micro-aula verde per favorire "incontri ravvicinati" con quei piccoli animali selvatici che sono stati alla base di molti miti e di antiche leggende.
Forse Marziano Capella, nel secolo V, alludeva proprio ad essi quando riferendosi ad habitat ancora inviolati così ne descriveva i loro misteriosi abitanti: "i luoghi inaccessibili agli uomini sono popolati da una folla di creature antichissime che abitano le foreste, i laghi, le sorgenti e i fiumi (...) tutte costoro possiedono un potere oltremodo efficace di predire l'avvenire, di attaccare gli uomini e di nuocere loro".
Evidentemente si parla di rospi: dall'Italia settentrionale, alla Germania, all'Ucraina, alla Polonia questi animali erano designati come streghe o maghi, inoltre è stato supposto die l'italiano rospo derivi proprio dal latino haruspex, cioè l'indovino. Ma anche di salamandre, tritoni e natrici dal collare: queste ultime rappresentavano la forma animale nella quale periodicamente si mutavano le fate-serpente protettrici delle acque. E proprio con queste specie animali ed altre ancora che, prima gli studenti di una classe della scuola media di Nus, e successivamente, le insegnanti partecipanti al corso di aggiornamento "Lo stagno didattico" hanno potuto sviluppare un rapporto di conoscenza diretta in questo spazio "interattivo", nella primavera di quest'anno.

Lezione pratica "Lo stagno didattico"
IA FASE: NEGLI STAGNI
- osservazione in silenzio del microcosmo;
- individuazione di specie di piante e animali in base alla descrizione fatta dall'educatore, ricerca di informazioni in testi specifici;
- ipotesi del ruolo che hanno nello stagno determinate piante e animali;
- che cos'è uno stagno pilotato;
- individuazione di semplici catene alimentari.
IIA FASE: NELL'AULA VERDE
- osservazioni delle nursery e delle aiuole umide (falde artificiali);
- incontro con i rospi;
- osservazione di una giovane salamandra;
- incontro con l'orbettino;
- incontro con la natrice dal collare;
- incontro con altri animali...


Al termine dell'esperienza, i ragazzi hanno riportato per iscritto alcune delle sensazioni provate:
"Ho potuto vedere e toccare alcuni animali che non avevo mai visto. (Nathalie) / Toccando gli animali vivi ho avuto una sensazione strana ma piacevole. (Alessandra) / Gli animali erano ruvidi però molto simpatici. (Nicola) / Quando ho toccato quegli animali è stata una bella esperienza anche perchè pensavo che quando toccavi un rospo ti sputava il veleno, ma ho imparato che non è così (Alessia) ".
Più complessa è stata l'esperienza vissuta dalle maestre, in quanto persone adulte, durante il corso d'aggiornamento. Probabilmente ha avuto un ruolo determinante la fiducia incosciente accordata al conduttore del corso.
"Ci siamo immerse nell'ambiente reale (...) abbiamo avuto la possibilità di conoscere per la prima volta alcuni tipi di vegetali e animali (...) un particolare interesse ha suscitato in noi l'incontro con gli animali dello stagno (rane, rospi, salamandra, tritone, orbettino, natrice dal collare): abbiamo potuto tenerli in mano, osservando le loro caratteristiche fisiche, le reazioni, i comportamenti. Questa esperienza ci ha permesso di superare paure, pregiudizi e anche un certo senso di repulsione nei loro confronti; il nostro atteggiamento è cambiato, abbiamo provato nuove sensazioni visive e tattili piacevoli che hanno suscitato in noi simpatia e interesse".
Il contatto fisico con forme di vita, pressoché sconosciute e pregiudizialmente temute, ha permesso di attenuare le paure ancestrali e di sviluppare una prima sensazione di empatia per queste creature riconosciute vulnerabili e timorose. Tutti gli animali coprotagonisti di queste esperienze non erano addomesticati ne addomesticabili. Erano inseriti nel loro contesto naturale, seppur ricostruito e dallo stesso ricavavano (e ricavano) le risorse trofiche necessarie.

Per concludere, ci pare significativo fare riferimento a due testi che affrontano il problema del rapporto uomo-ambiente. Il primo, la circolare del Ministero della Pubblica Istruzione, n.49 del 4/2/1989, che definisce "l'importante ruolo della Scuola per creare una nuova cultura, che trasformi la visione antropocentrica del rapporto uomo-natura in quella biocentrica che considera l'uomo come un componente della biosfera".
Il secondo, tratto dalla Dichiarazione di Siviglia sulla violenza (1996), documento scientifico stilato per l'ONU da un gruppo di esperti sotto il patrocinio dell'UNESCO, evidenzia come "sia fondamentale un corretto rapporto dei bambini e degli adolescenti con gli animali".
Classiche espressioni di buoni propositi destinate a rimanere sulla carta? Speriamo di no perché il nuovo alfabetismo ambientale va affrontato in presa diretta con la natura. Non basta più la TV. Non basta infatti aver visto un documentario sulle marmotte per conoscerle davvero. I.'ambiente lo si rispetta di più se lo si conosce. I risultati incoraggianti raggiunti in alcune scuole della Valle d'Aosta, ci indicano che la via intrapresa è da continuare.

Ronni Bessi
Educatore ambientale. Dal 1989 è stato responsabile dell'Ufficio Educazione
Ambientale della Regione Autonoma Valle d'Aosta.
Ha tenuto corsi di aggiornamento sul rapporto Uomo-Natura. É autore di numerose pubblicazioni.

 

Bibliografia
N. BRESSI, Nuovi specchi d'acqua / Esperienze di realizzazione, ripristino e gestione di piccoli stagni e dei loro ecosistemi in Connine di Trieste - Trieste 1996
V. FERRI, Iniziative integrate di censimento, studio e conservazione degli anfibi e della piccola fauna in Lombardia - Milano 1997
C. GIACOMA, E. MARZONA, C. SALIO,. C. ZURGOLARO, Salvaguardia degli anfibi in provincia di Torino - Dip. biologia animale (Università degli studi di Torino) 1998
R. SINDACO, Anfibi e rettili della Valle d'Aosta: sintesi bibliografica e dati inediti - Revue Vald. d'Histoire Naturelle, 47-1993
C. TREVES, M. BOVIO, Les Iles de Saint-Marcel - Aosta 1996
R. BESSI. Lo stagno alternativo - Assessorato dell' Istruzione e Cultura - Regione Autonoma Valle d'Aosta. 1999
R. BESSI. Rettili e anfibi della Valle d'Aosta -1988
R. BESSI, Anche l'occhio vuole la sua parte (Exposition avec photographies, d'où sont tirées les macro-photographies des yeux des animaux sauvages) - 1990
R. BESSI, L'école buissonnière - La Scuola nei cespugli - 1991/1993
R. BESSI, Agli occhi degli altri Aux yeux des autres - 1992
R. BESSI, A naso in su... e in giù - quattro stagioni per una giovane volpe / Le nez en l'air... et par terre - les quatre saisons d'un jeune renard (lllustrations de Christiane Seganfreddo) - 1993

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