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La
scelta orientativa nella scuola italiana e francese
Oggi, la scuola si pone come
obiettivo di permettere ai singoli soggetti di scegliere il percorso scolastico
corrispondente alle proprie aspirazioni e capacità al fine di proiettarsi
nel futuro e porre le basi di una vita professionale adeguata e flessibile
l concetto di orientamento ha assunto significati diversi
nel corso del XX secolo. Si è passati da un’interpretazione
prettamente professionale, che ha dimostrato i suoi limiti a metà
secolo, a una nuova definizione molto più ampia.
In questo articolo ci si propone un approfondimento della nuova definizione,
quella dell’orientamento educativo, nonché uno sguardo alle
misure adottate di recente e alla loro applicazione, tramite il confronto
tra l’Italia e la Francia.
In seguito, vengono presentati i diversi attori che attualmente sono coinvolti
nel progetto di orientamento degli alunni.
Infine, il recente passaggio all’orientamento, inteso come successo
formativo, come progetto di vita, nel quale l’individuo è
pienamente responsabile della sua formazione, ci porta a vedere che l’orientamento
non è più da perseguire solo durante il periodo di uno o
due decenni passati a scuola, ma diventa un percorso che si sviluppa lungo
tutta la vita.
• É oramai superato da tempo il modello intellettuale che
contrapponeva, nell’ambito scolastico, la cultura e l’impresa.
Questa tradizionale separazione è stata dannosa per la scuola.
In Francia, come in Italia, i primi istituti professionali sono nati verso
l’inizio del 1900. La loro vocazione era quella di rispondere alle
richieste del mondo del lavoro nella società industriale. I licei,
invece, proponevano quasi esclusivamente la formazione culturale demandando
a più tardi, cioè all’uscita della scuola superiore,
l’orientamento professionale degli studenti. I due mondi erano,
quindi, istituzionalmente separati. Oggetto dell’insegnamento dei
licei era la cultura intesa come fine a se stessa, oggetti dell’istruzione
degli istituti tecnici e professionali erano le nozioni e le abilità
legate al futuro mestiere degli studenti.
Nel corso del XX secolo, la scolarizzazione di massa e i profondi mutamenti
sociali, economici e tecnici fanno crescere la domanda sociale di educazione
e di orientamento.
In Francia, la nozione specifica di orientamento scolastico appare
alla fine degli anni cinquanta, quando viene elaborato l’attuale
sistema educativo e si pone il problema del percorso scolastico degli
alunni.
Si ha ancora un’idea dell’alunno piuttosto rigida. É
l’epoca durante la quale si crede di poter misurare quasi tutto.
Con l’ausilio di batterie di test, si pensa di essere in grado di
misurare le capacità intellettuali e le attitudini dell’alunno,
quindi di poter definire il suo profilo, ed infine, protetti dall’obiettività
scientifica, di fare una prognosi attendibile del suo futuro. Il passo
è presto fatto: si mettono in relazione i risultati ottenuti dai
test con la tipologia dei posti di lavoro e delle esigenze professionali,
quindi si orienta l’alunno verso una formazione professionale rispondente
al mercato. All’uscita della scuola, l’alunno, in base all’insegnamento
ricevuto e al sapere acquisito, sarà in grado di sfruttare le sue
capacità, considerate, queste, immutabili, senza che si preveda
una possibile loro evoluzione nel tempo. In questa visione deterministica
dell’orientamento, le decisioni prese all’interno della scuola
vengono imposte alle famiglie senza dare loro la possibilità di
esprimersi in merito. Non ci volle molto tempo perché il sistema
lasciasse emergere i suoi limiti in quanto si basava su una visione rigida
della persona inserita in una società, considerata anch’essa
stabile. Oltre ai casi di disadattamento, sono stati troppo numerosi i
momenti in cui la scuola si è trovata ad avere formato una potenziale
manodopera inadeguata alla domanda del mondo del lavoro.
Di fronte alla disoccupazione che non ha risparmiato i giovani orientati
secondo il modello precedente e di fronte alla competitività nel
mondo del lavoro nella quale il percorso scolastico ha acquistato una
importanza sempre maggiore, è emersa la necessità di trovare
un nuovo modo di orientare, non più basato su una specie di determinismo,
ma piuttosto ispirato a un concetto educativo di orientamento, che è,
come lo sono gli individui e la società, in costante mutamento.
• L’evoluzione recente del concetto di orientamento è
scandita da tutta una serie di provvedimenti che si possono mettere a
confronto. Anche se esiste sempre un certo divario tra i testi legislativi
e la loro applicazione nella pratica quotidiana, sono stati selezionati
i testi normativi che hanno avuto, ed hanno tuttora, maggiore impatto.
• In Francia, scorrendo gli atti normativi si vede che:
- dal 1985, l’alunno non è più l’oggetto più
o meno passivo del suo orientamento, ne diventa l’"attore";
- dal 1989, agli alunni viene chiesto di elaborare un progetto personale
di orientamento in funzione delle aspirazioni e delle capacità;
- dal 1990, l’alunno diventa veramente "protagonista"
del suo orientamento. L’orien-tamento diventa il risultato di un
processo continuo di elaborazione di un progetto che l’alunno conduce
a partire dalla scuola media di primo grado. Nessuno può decidere
al posto suo;
- dal 1994, la preparazione all’orientamento diventa una missione
della scuola. Trova posto nell’orario scolastico fin dalla classe
seconda media;
- dal 1996, viene introdotto il concetto di educazione all’orientamento,
intesa come la costruzione del progetto individuale di orientamento: processo
complesso, suscettibile di evoluzione e di adattamento continuo. Viene
elaborato all’interno della comunità educativa.
• In Italia, a partire dagli anni ’70, in una società
in rapida trasformazione, il concetto di orientamento evolve “secondo
le due direttrici ormai classiche dell’orientamento volto a facilitare
la scelta di un’istruzione più consona alle attitudini intellettuali
dell’alunno, soprattutto riferita alla secondaria superiore e al
diploma, e dell’orientamento professionale volto a fornire le conoscenze
via via più specifiche da applicarsi nel mondo del lavoro”.
(L. Rosati, L’orientamento nella società della complessità
e dell’alta tecnologia/2, in “Scuola e Didattica” n.6,
1992, p.21).
Negli ultimi anni, l’orientamento scolastico e quello professionale
non vogliono più ignorare le motivazioni e le attitudini degli
individui da orientare, anzi l’orientamento nella scuola si prefigura
sempre di più come una risorsa.
Significative al riguardo sono le misure adottate.
- 1997 - Direttiva 487 sull’orientamento delle studentesse e degli
studenti art. 1, Finalità: “L’orientamento - quale
attività istituzionale delle scuole di ogni ordine e grado costituisce
parte integrante dei curricoli di studio e, più in generale, del
processo educativo e formativo sin dalla scuola dell’infanzia. Esso
si esplica in un insieme di attività che mirano a formare e a potenziare
le capacità delle studentesse e degli studenti di conoscere se
stessi, l’ambiente in cui vivono, i mutamenti culturali e socio-economici,
le offerte formative, affinché possano essere protagonisti di un
personale progetto di vita, e a partecipare allo studio e alla vita sociale
in modo attivo, paritario e responsabile.”
- 1998 - D.P.R. 249 Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e
degli studenti della scuola secondaria art. 2: “Lo studente ha diritto
ad una formazione culturale e professionale qualificata che rispetti e
valorizzi, anche attraverso l’orientamento,
l’identità di ciascuno e sia aperta alla pluralità
delle idee.”
- 1999 - Regolamento Autonomia art. 8: “La determinazione dei curricoli
tiene conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente
rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità
e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie,
dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economiche del territorio.
Agli studenti e alle famiglie possono essere offerte possibilità
di azione.”
L’alunno protagonista
Che cosa deve fare l’alunno per essere il protagonista responsabile
del suo orientamento, perché l’orientamento diventi, per
lui, una prospettiva che gli permetta di raggiungere l’obiettivo
del successo formativo?
In Francia dal 1996 gli studenti sono chiamati ad elaborare un loro progetto
individuale di orientamento. In Italia, dal 1997, per lo studente protagonista
del suo orientamento, si parla dell’elaborazione di un suo progetto
di vita. (Sono benvenuti i contributi dei lettori su questo argomento)
L’orientamento è, dunque, il risultato di un processo continuo
di elaborazione e di realizzazione del progetto personale di formazione
e di inserimento sociale e professionale che l’alunno porta avanti
in base alle sue aspirazioni e alle sue capacità. L’intervento
dell’alunno in questo processo garantisce il carattere personale
del suo progetto.
L’alunno, sia nel progetto personale di vita (Italia) che nel progetto
individuale di orientamento (Francia) è chiamato a: conoscere,
conoscersi e diventare. Questi termini sono intesi come:
- conoscenza dell’ambiente e del contesto sociale, culturale ed
economico locale, nazionale e perché no, globale;
- conoscenza di sé, come capacità di conoscersi per sapere
scegliere rispetto alle proprie capacità, vocazioni, abilità;
- capacità di decidere sapendo orientare le proprie motivazioni
ed aspirazioni tenendo conto anche delle esigenze del mondo del lavoro;
- sapere progettare un proprio percorso di vita.
• Dopo il richiamo alla normativa, possiamo cercare di chiarire
quali sono gli attori coinvolti nell’orientamento degli alunni.
Come risulta dagli ultimi provvedimenti, e come, d'altronde, ribadisce
con insistenza il Regolamento dell’autonomia, al centro del processo
educativo c’è l’alunno.
• Ma questo alunno protagonista, responsabile, da chi viene accompagnato
nel suo percorso scolastico di orientamento, che in Francia inizia dalla
seconda media e in Italia inizia dalla scuola dell’infanzia?
Dalla famiglia; dagli insegnanti e dagli altri operatori della scuola;
dai partner del mondo socio economico.
La famiglia
Anni addietro, la famiglia viveva in modo più o meno passivo la
decisione di orientamento del proprio figlio presa dal consiglio di classe.
Oggi, in Italia, dagli anni ’70, la famiglia è sempre più
presente nelle decisioni prese a scuola.
• In Francia, dal 1992, le decisioni sull’orientamento sono
prese con il consenso delle famiglie. A partire dalla classe seconda me-dia,
quando, nel corso degli anni, si presenta la possibilità di scegliere
fra diverse opzioni d’insegnamento, la famiglia formula una domanda
per esprimere le sue preferenze e non è costretta ad accettare
la decisione presa dal consiglio di classe. Uno o più incontri
con il capo d’istituto sono previsti in caso di disaccordo. Se non
si riesce a trovare un accordo la famiglia può fare appello.
A questo punto si riunisce una commissione presieduta dall’“inspecteur
de l’académie”, e composta dai rappresentanti dei capi
d’istituto, dei professori, delle associazioni di genitori, di una
assistente sociale e del direttore del “Centre d’information
de l’orientation” (CIO) o del suo rappresentante.
I “Centres d’information
et d’orientation” (CIO)
I “Centres d’information et d’orientation”(CIO)
sono stati creati nel 1971.
Dipendono dal ministero dell’istruzione pubblica. A ogni CIO fanno
riferimento da una a tre scuole medie superiori.
Il loro ruolo consiste a favorire:
- l’accoglienza, sono aperti a tutti e, in particolare, agli studenti
e alle loro famiglie;
- l’informazione sugli studi, sulla formazione professionale…
- il consiglio individuale, aiutando l’individuo a conoscersi meglio,
a meglio situarsi, a ricordare le informazioni utili, a organizzare gli
elementi delle proprie scelte;
- l’osservazione, l’analisi delle trasformazioni locali del
sistema educativo e le evoluzioni del mercato del lavoro;
- la produzione di documenti di sintesi destinati alle équipes
educative o agli studenti;
- l’animazione di scambi e riflessioni tra i partner del sistema
educativo, i genitori, i giovani, le amministrazioni extra-scolastiche
e gli operatori economici.
Oltre al direttore e al personale amministrativo, il CIO comprende anche
dei “consiglieri di orientamento-psicologi”. Questi lavorano
con alunni delle medie e delle superiori, giovani in cerca di lavoro e
studenti universitari e li aiutano a elaborare il loro progetto di orientamento
o di ri-orientamento, utilizzando diverse tecniche, quali: incontri individuali,
lavori di gruppo, valutazione… Sono al tempo stesso specialisti
del consiglio individuale per l’orientamento e, alle scuole medie
inferiori e superiori, consiglieri tecnici dell’équipe educativa.
Intervengono anche e sempre di più come formatori presso commissioni
di insegnanti, che dal 1996, sono incaricate di elaborare sequenze di
educazione all’orientamento.
Gli operatori della scuola: il
caso dell’Italia
Nella Direttiva 487/1997, all’art.2, Azioni delle scuole, si legge:
“Ai fini di cui all'art. 1, nell'esercizio della loro autonomia,
le scuole di ogni ordine e grado prevedono nel programma di istituto attività
di orientamento che i consigli di classe inseriscono organicamente nei
curricoli di studio, valorizzando il ruolo della didattica orientativa
e della continuità educativa.
Nella progettazione e nella realizzazione delle predette attività,
che sono affidate alla responsabilità educativa e didattica dei
docenti, si indicano come particolarmente significative le seguenti azioni:
- la realizzazione delle iniziative di orientamento all'interno delle
attività curricolari;
- la formazione iniziale e in servizio dei docenti sul tema dell'orientamento
con riferimento all'organizzazione scolastica, alle abilità relazionali
nel rapporto educativo, alla didattica orientativa e all'impiego delle
tecnologiche didattiche;
- l'attribuzione di precise funzioni relative agli interventi da svolgere,
con l'individuazione dei soggetti e delle loro responsabilità;
- la raccolta e la diffusione delle informazioni alle famiglie e agli
studenti, anche a sostegno delle loro autonome iniziative;
- lo sviluppo di iniziative studio-lavoro, di esperienze nel campo sociale,
della cultura e del volontariato;
- lo sviluppo di iniziative di preparazione e di verifica della scelta
degli studi universitari, con particolare riferimento alle preiscrizioni
di cui all'art. 4;
- lo svolgimento delle attività complementari di cui all'art. 1
comma 2 del DPR n. 567/96, con la valorizzazione delle proposte eventualmente
formulate dai comitati studenteschi (…)”.
Gli insegnanti
Le indicazioni ministeriali invitano a considerare l’orientamento
come parte integrante dei curricoli di studio. Tutto il sistema formativo
della scuola italiana deve quindi mirare al successo formativo di tutti
gli alunni per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica.
• Rispetto all’orientamento, qual è il ruolo dell’insegnante
nel suo “fare scuola”?
L’epoca delle commissioni, composte da qualche insegnante volenteroso
e coordinate da un referente all’orientamento, destinate a proporre
agli alunni gli sbocchi possibili dei loro studi o - per alcuni insegnanti
delle scuole superiori – ad andare nelle classi dell’ultimo
anno delle medie a proporre gli indirizzi di studio del loro istituto,
è oramai sentita come troppo restrittiva e superata.
La Circolare Ministeriale 182, ORME, orientamento nella scuola materna
ed elementare, del 1999 recita: “Il ruolo fondante della riflessione
è una nuova concezione di orientamento scolastico, considerato
non come attività a latere rispetto alle altre attività
disciplinari - con un tempo e uno spazio ben definiti e con il duplice
scopo di individuare predisposizioni e attitudini e informare sulle possibilità
di lavoro e di studio - ma come azione formativa trasversale a tutte le
discipline e intrinseca a tutto l’insegnamento.
Questo cambiamento di concezione dell’orientamento, da attività
informativa e diagnostica ad attività formativa, fa sì che
essa non sia più collocata nell’ultimo anno della scuola
secondaria di primo e di secondo grado, ma si situi lungo tutto il processo
di apprendimento, dalla scuola materna fino agli studi superiori.”
Riflettendo sulla mia esperienza professionale ho trovato esemplificante,
come pratica didattica a valenza orientante, l’insegnamento della
geografia.
La geografia è la disciplina che ha come oggetto le società
umane nel loro rapporto con il territorio. E’, per antonomasia,
la disciplina che studia lo spazio e l’evoluzione dell’impatto
delle società sull’ambiente.
Nel piano di lavoro del singolo docente, devono essere definiti degli
obiettivi didattici disciplinari, come ad esempio nel nostro caso: la
rappresentazione spaziale e l’evoluzione dei fenomeni geografici.
Questi due obiettivi, riferiti alle nozioni di spazio e tempo, rientrano
facilmente fra gli obiettivi didattici trasversali a numerose discipline.
Sono, inoltre, obiettivi formativi, intesi come capacità di confrontare
diverse ipotesi relative allo spazio e al tempo. Sono anche obiettivi
programmatici, formulati dal collegio dei docenti.
E, per gli studenti, apprendere a situarsi nello spazio e a situarsi nel
tempo sono, inoltre, due obiettivi che contribuiscono al processo educativo
e formativo mirante a “formare e a potenziare le capacità
degli studenti di conoscere se stessi, l’ambiente un cui vivono…”
(Direttiva 487 sull’orientamento delle studentesse e degli studenti
del 1997).
Tocca, dunque, a ogni insegnante, nei diversi dipartimenti disciplinari,
individuare i saperi essenziali, irrinunciabili, della propria disciplina,
capaci di contribuire a una didattica orientativa. La scuola deve aiutare
gli studenti a reperire le informazioni necessarie, a essere capaci di
decidere, a imparare ad imparare, a interagire con gli altri e, infine,
nel rispetto delle vocazioni personali, a costruire la propria personalità.
I partner socio-economici esterni
alla scuola
In Francia, con le leggi sul decentramento (1982-1983) e in Italia, a
partire dal Regolamento sull’autonomia, vengono elaborate nuove
politiche educative sotto forma di Progetti d’istituto. In questi
Progetti d’istituto, una sempre maggiore attenzione viene data ai
temi connessi all’orientamento e alle scelte che riguardano il progetto
di formazione scolastica e lavorativa dei giovani, nella prospettiva dello
sviluppo delle risorse del paese. Questo necessita di un costante raccordo
tra il sistema scolastico, il sistema universitario e il mondo del lavoro.
In Italia, nel 1998, il Protocollo d’intesa tra il Ministro della
pubblica istruzione e la Confindustria recita all’Art. 1: “il
Ministro della pubblica istruzione e la Confindustria continuano ad attivare
modalità di consultazione permanente sui problemi relativi al miglioramento
dei livelli qualitativi della formazione, in relazione alle esigenze del
mondo della produzione e del lavoro, onde creare condizioni più
idonee a consentire ai giovani di divenire protagonisti dei processi di
apprendimento ed autori di progetti rivolti a soddisfare i loro bisogni
di formazione.” Inoltre, a livello locale, gli enti locali, le organizzazioni
professionali… sono chiamati a diventare partner delle diverse istituzioni
scolastiche per favorire il raccordo scuola-territorio.
u Infine, possiamo ricordare che, nelle sue finalità, la Scuola
si prefigge di rispondere ai bisogni della persona nella società,
sia perché una delle sue missioni principali è quella di
formare dei cittadini responsabili, sia perché deve procurare a
tutti gli alunni le migliori opportunità per inserirsi nel mondo
del lavoro. Inoltre deve, anche, poter permettere ai futuri cittadini
di inventare e costruire il loro futuro.
Alcuni siti Internet
Per le tematiche più generali
si possono consultare:
- www.istruzione.it
- www.cede.it
- www.education.gouv.fr
Geneviève Crippa
Insegnante di geografia alla scuola media superiore,
attualmente fa parte dell’Equipe pedagogica della rivista.
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