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Une
affaire de confiance
Una riflessione, forse meno
attuale rispetto al tema della multimedialità cui questo numero
è dedicato, ma che mi sembra più adatta ad una comunicazione
di fine anno, mi viene alla mente. Nella nostra, di addetti alla scuola,
perigliosa navigazione, sballottati tra i marosi della verticalizzazione,
spinti dalle correnti del riordino dei cicli, orientali dalla stella polare
dell'autonomia, le scialuppe di salvataggio sempre pronte per affrontare
nuovi concorsi, a quale dimensione inferiore possiamo alimentarci per
non mancare la meta di una scuola per tutte le persone? Potrà sembrare
un'affermazione banalmente retorica, ma la mia risposta è alla
fiducia e proprio a declinare le molte valenze di tale disposizione
umana, nell'ambito educativo che penso di dedicare le poche righe che
seguono. L'immancabile Devoto Oli afferma che la fiducia è una
"attribuzione di potenzialità conformi ai propri desideri,
sostanzialmente motivata da una vera o presunta affinità elettiva
o da uno sperimentato margine di garanzia".
Molti dei temimi presenti si ritrovano nel campo semantico dell'educazione:
potenzialità, affinità,
garanzia. Il rapporto educativo è
fondamentalmente un rapporto di fiducia. L'educando si fida delle indicazioni,
delle strategie, dei percorsi che l'educatore, fidandosi delle capacità
del suo interlocutore, gli organizza intorno.
La famiglia affida ad una istituzione la crescita culturale di colui o
colei che rappresenta la sua proiezione verso il futuro. Lo Stato attribuisce
alla scuola la "mission" di individuare e potenziare tutti i
talenti ("Non uno di meno", ha dichiarato il Ministro De Mauro,
citando il titolo di un toccante film cinese che raccontava di una giovanissima
supplente determinata a ricondurre in classe un'alunna destinata ad un
precoce inserimento nel mondo del lavoro). Ma siamo solo all'inizio, agli
aspetti più evidenti delle possibili implicazioni del concetto
di fiducia nella vicenda scolastica. Molte sono le occasioni diverse in
cui un insegnante mette in gioco la sua fiducia.
Nei confronti delle sue capacità e delle sue competenze, ad esempio.
Entrare in classe, soprattutto nelle classi difficili che sempre più
di frequente si formano, vuoi dire compiere un atto di fiducia in se stessi,
nei confronti dei ragazzi, della dirigenza, delle famiglie. Come instaurare
un clima di fiducia reciproca, non fraintesa, di attesa positiva dell'intervento
dell'altro con quei ragazzi che sono stati traditi dagli adulti? Come
mantenere e alimentare la fiducia reciproca tra scuola e famiglia, quando
l'immagine che la scuola si fa del ragazzo non corrisponde a quella che
ne ha la famiglia; si ha allora, veramente, una divergente "attribuzione
di potenzialità" perché diversi e non conformi sono
i desideri delle due entità, scuola e famiglia. Aumentano allora
la distanza e l'incomprensione.
E se l'insegnante non si fida delle indicazioni, delle norme che lo Stato
elabora? Una perdita totale di fiducia implica l'impossibilità
di svolgere realmente il lavoro educativo.
È importante mantenere, nei momenti di scollamento, di cambiamento,
almeno la fiducia nella possibilità di un intervento critico. Continuare
nell'ottica del "Non capisco ma mi adeguo" è rinunciatario,
implica una fiducia superficiale, non partecipata, occorre capire e farsi
capire per potersi affidare. Quando la guida alpina, in un passaggio delicato,
da le indicazioni al suo cliente, i due, legati da una corda, devono intendersi
perfettamente, alla comprensione del messaggio è affidata la loro
sopravvivenza.
Io credo che anche per la scuola valga la stessa considerazione, non abbiamo
bisogno di fiducia cieca, abbiamo bisogno di fidarci reciprocamente (scuola-famiglie-ragazzi-istituzioni)
e di trovare gli spazi per fondare questa dimensione, anche passando attraverso
aspri chiarimenti. La fiducia ha bisogno di crescere e di appoggiarsi
su di "uno sperimentato margine di garanzia". Conoscenza reciproca,
dunque, alla base della fiducia, rispetto e atteggiamento di critica costruttiva
per fondare una scuola della persona, anche nei nostri istituti verticali
e nei confronti dei nuovi strumenti di accesso al sapere come le nuove
tecnologie. I cambiamenti in atto nella struttura della scuola e nella
sua utenza (la riforma in atto e la crescente demotivazione all'apprendimento)
stanno mettendo alla prova la nostra fiducia.
Ma questi sono pensieri di fine anno, contaminati dalla stanchezza. A
settembre, molto probabilmente, ricominceremo con i soliti interrogativi,
ma anche con la solita curiosità e il solito impegno a cercare,
fiduciosi, di rispondere alle domande, sovente inespresse, di sapere e
di affetto che i nostri studenti ci rivolgono. Buone vacanze a tutti.
Ce le siamo meritate.
Bonne école !
Giovanna Sampietro
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