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Prevenzione del disagio formativo e oralità


L’approccio al disagio formativo attraverso la letteratura. È importante trovare racconti che leghino l’esperienza letteraria all’esperienza dei ragazzi. Narrare di sé, dopo una lettura di qualità può essere possibile e aiuta.


“Stridio di ghiaia. Aspetta. Guardò intento in una cripta di pietra. Qualche animale. Aspetta. Eccolo là. Un obeso sorcio grigio trotterellava lungo un lato della cripta muovendo la ghiaia. Vecchio volpone il trisnonno, la sa lunga… Tante cose da vedere e udire ancora. Sentire davanti a te calde creature vive. Lasciateli dormire nei loro letti verminosi. Non me la fanno in questa ripresa. Letti caldi: vita calda sanguigna.”
James Joyce, Ulisse, il funerale.
Quella mattina uno studente della 2° autoriparatori mi rincorre nei meandri di un istituto professionale, tra le pareti moderne ed impersonali, mi guarda come un cucciolo impaurito per una scoperta bella ed inattesa: “Professore, non ho dormito, non ho capito quel brano che abbiamo letto ieri, l’Ulisse, è terribile, è bellissimo, ma cosa voleva dire, perché parla così dei vivi e dei morti?”
Ci guardavamo felici entrambi: lui si era avvicinato, aveva toccato con tutto se stesso per la prima volta la letteratura. Io cercavo uno spiraglio che avevo finalmente trovato. In una classe di 28 autoriparatori avevo portato i testi più violenti e tragici della letteratura: sfidavo ogni giorno la loro aggressività da ultras, con le parole dei poeti. Lentamente riuscimmo a lavorare sull’amore, la violenza, la vita, la natura. Si creò un bellissimo rapporto con fatica e gratificazioni reciproche. Credevo e credo fermamente che non bisogna essere aridi nei voti e nei giudizi, per far crescere la stima di sé.
Questo, uno dei miei approcci al disagio formativo attraverso la letteratura.
La letteratura chiede di essere letta: ogni bambino o bambina può scoprire il senso del perché studiare nell’incontro con grandi autori ed attraverso un metodo autentico di ascolto.
Dal 1995 a Terni in un Circolo della città si è sviluppato in rete, dalla scuola dell’infanzia alla scuola media, un progetto di prevenzione e recupero del disagio formativo e della dispersione scolastica incentrato sull’oralità e la narrazione, coordinato da chi scrive.
La lingua messa al centro delle varie discipline ha fatto da filo rosso, da parola trasversale: nessuno, nessun educatore può ignorare il linguaggio, l’ascolto, l’oralità, la narrazione.
Il contesto è però fondamentale: come riuscire a scavalcare il muro di gomma che rende clandestina l’oralità a scuola? E perché è così importante nella cura del disagio formativo?


Chi può permettersi di essere passivo perde la volontà di essere attivo, ci ricorda Harnheim: quindi, se l’ascolto dei nostri alunni si riduce ad interrogazioni e brevi risposte, il soggetto e la sua espressione non possono emergere.
Narrare di sé dopo una lettura importante, di qualità può dare molti spunti, può permettere di lavorare per mesi intorno ad argomenti come il sé e l’altro, l’intercultura, l’amicizia, tutti temi che possiamo svolgere con sfumature diverse da quelle tradizionali.
Il cerchio è la figura fondamentale per la dinamica dello scambio: mettersi in cerchio e raccontare, leggere a voce alta il brano scelto e poi intervenire secondo la linea circolare, senza alzare le mani e ripetere gesti inutili, ma emergere con il proprio vissuto e l’ascolto degli altri.
Il silenzio attivo che ne deriva è un altro strumento di grande importanza: il silenzio che provoca parole nuove, di riflessione, che ferma il ruggito delle ore, che aiuta la concentrazione e la comunicazione di gruppo.
Uno degli episodi più importanti di questo progetto è avvenuto l’anno scorso in una quinta: avevamo letto Il cinghialetto un racconto di Grazia Deledda, dove l’amicizia per gli animali si scontra con la violenza del mondo adulto fatto di ricatti ed ingiusti destini. I bambini rimasero molto colpiti ed ognuno di loro portò alla luce episodi di ingiustizia visti o vissuti, ognuno riportò l’amore per un animale e le avventure vissute insieme, poi si condivisero alcuni valori che la scrittrice voleva esprimere. In una classe poco vivace e demotivata, la motivazione si scatenò da quel breve racconto, da quelle due ore di ascolto e per tutto l’anno è proseguito lo studio dei diritti dell’uomo.
E’ importante trovare racconti che leghino l’esperienza letteraria all’esperienza dei ragazzi, possono essere storie di amicizia, di adolescenza, di rapporti con i genitori: l’educatore può farsi una piccola scorta di questi amici di viaggio che aiutano a sbloccare situazioni stantie, dinamiche complesse e sature e soprattutto dare la possibilità ai ragazzi dell’espressione e dell’ascolto autentico.
Il progetto prevedeva anche l’intreccio con gli altri linguaggi: la manipolazione, la pittura, il teatro, la musica, per poter comprendere il forte collegamento e l’importanza della globalità dei linguaggi, ma anche per trovare ciascuno il proprio.
L’ultima storia : Pezzettino, un racconto che narra di un pezzettino che credeva di essere una parte di qualcuno; chiede a colui che vola, chiede a colui che corre, chiede a colui che pensa e medita. Poi precipita da una roccia: si rompe in mille pezzi e felice di sapere che era anche lui composto di molte parti, torna dai suoi amici e urla: “Io sono io!!”
I bambini di una seconda elementare si interrogano con curiosità: per alcuni Pezzettino è un coniglio, per altri un bambino, per altri un biscotto o un pezzo di pane.
Poi un coro: questa storia vuol dire semplicemente, che noi siamo noi. E non è poco.

Margherita Vagaggini
Insegnante e formatrice per l’Educazione all’Immagine, laureata in lettere e specializzata in storia dell’arte, si occupa di disagio formativo dal 1995. Specializzata in consulenza psicopedagogica presso l’Università di Milano 2, è formatrice presso la Casa-Laboratorio di Cenci (Amelia). Vive e lavora a Terni in Umbria.

Bibliografia
JAMES JOYCE, Ulisse, 1922.
GRAZIA DELEDDA, Il cinghialetto, in Romanzi e Novelle, a cura di N. Sapegno, A. Mondadori, 1922.
LEO LIONNI, Pezzettino e altre storie, Einaudi, 1995.
ELISABETTA LAGEDER, Il cerchio della comunicazione, La scuola, 1996.

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