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  | Le 
        competenze in StoriaPrima delle competenze le finalità
 Quale ruolo hanno le finalità 
        nella definizione delle competenze in una disciplina come la storia che 
        costituisce lo sguardo verso il futuro? Due anime collaborano alla costruzione delle competenze in storia: una 
        è la “scienza” dello studio della natura della disciplina, 
        dei suoi nuclei fondanti, concetti, e contenuti da “trattare” 
        quando la storia è disciplina scolastica; l’altra è 
        l’“arte” della selezione dei fini e degli scopi di tale 
        insegnamento. La prima compete essenzialmente agli esperti, la seconda 
        ai docenti. Ad essi è infatti chiesto di fare dei ragionamenti 
        sulle finalità. Essi sono i veri progettisti della formazione che 
        comporta una visione sul senso dell’intervento educativo.
 Nelle indicazioni ministeriali in genere le finalità compaiono, 
        è vero, ma esse risultano poi sganciate dai precetti sulle singole 
        discipline e, quando le cerchi negli spazi dedicati agli obiettivi, competenze 
        o contenuti, non sono visibili.
 L’insegnante che si ritrova a dover definire le competenze in relazione 
        al curricolo della sua scuola attinge in prima istanza alle indicazioni 
        generali del curricolo di stato; secondariamente, nell’atto di descrivere 
        dettagliatamente le competenze (e da lì gli obiettivi i contenuti 
        e i metodi per raggiungerle) si accorge che non può mutuarle tout 
        court da repertori vari, ma le deve ritagliare su misura per il suo contesto.
 Il suo contesto è il “bacino” culturale e sociale che 
        gli suggerisce in realtà una serie di input di tipo valoriale che 
        riguardano i bisogni dell’utente e delle famiglie e le intenzionalità 
        che la mentalità collettiva attribuisce alla scuola. Ma rispetto 
        a questi elementi l’insegnante è comunque un soggetto staccato 
        e particolare, detentore di una propria visione delle cose che sono frutto 
        della sua personalità soggettiva e della sua cultura. Si tratta 
        da parte sua di mediare tra vari bisogni e vedute, con la consapevolezza 
        che da questa mediazione conseguono scelte didattiche precise.
 Prima quindi di lavorare sugli oggetti della “scienza” (ovvero 
        di combinare nuclei fondanti, concetti, metodi), disaggregandoli per dare 
        poi corpo alle competenze, certo decise in équipe, per i suoi alunni, 
        deve affrontare la riflessione sulle finalità, le quali informano 
        tutta la costruzione delle competenze.
 A seconda di ciò che il docente pensa sulle finalità dell’insegnamento 
        della storia cambiano le competenze e l’aggregazione degli oggetti 
        fondanti.
 In altre parole non è irrilevante che il docente si chieda: devo 
        trasmettere dei valori, quali, devo smascherare dei modelli interpretativi, 
        quali “rilevanze” vanno considerate, quali sono le autorità 
        che possono dire quali sono i contenuti essenziali?
 
        
          | …ma cosa pensano i giovani sulla 
              storia come disciplina scolastica? |  
          | - una materia scolastica e nulla più- una fonte di scoperta, un’avventura che ti può interessare
 - una possibilità di apprendere dai fallimenti e dai successi 
              degli altri
 - qualcosa di morto e passato che non ha niente a che fare con la 
              propria vita attuale
 - un gran numero di esempi istruttivi
 - mostra le origini delle attuali condizioni di vita
 - una sequela di crudeltà e disastri
 - un modo per dirigere la propria vita
 Indicatori utilizzati per conoscere cosa pensano 
              gli adolescenti sul senso della storia come disciplina scolastica, 
              in un questionario della ricerca comparata, la Youth and History, 
              in A comparative European Survey on Historical Consciousness 
              and Political Attitudes among Adolescents, Hamburg, Koerber-Stiftung, 
              1997. In E. Lastrucci, Specificities of Historical Consciousness 
              in Italian Adolescents, in M. Angvik, B. von Borries, v. 1, 
              pp. 344 e segg. compare la parte relativa ai giovani italiani. |  Proviamo a fare alcune ipotesi 
        su come si possono combinare finalità e competenze. Per semplificare, 
        e al puro scopo di dimostrare quanto detto, immaginiamo di comprimere 
        in tre possibili varianti l’invece complessa gamma delle finalità.Prima ipotesi: la storia è formatrice di 
        identità, costruisce sensi di appartenenza e giustifica 
        o non giustifica le organizzazioni sociali e politiche e i sistemi culturali.
 È una visione della storia che ammette il valore costruttivistico 
        della scuola e che seleziona valori precisi che possono rispondere, con 
        dosaggi diversi, a esigenze ideologiche o ideali.
 I contenuti che verranno selezionati sono soprattutto quelli che tradizionalmente 
        sono stati assunti da un certo gruppo come fondanti rispetto alla comunità 
        (nazione, federazione, religione). Essi mutuano dei valori. In genere 
        in questo ambito, visto che il presente del contesto sembra essere frutto 
        di processi avvenuti nel passato, la logica che li governa è quella 
        giustificatoria. Spesso alla base vi è anche l’idea che il 
        progresso sia “qui e ora”. Quanto più il presente vuole 
        giustificarsi con queste “pezze” del passato tanto più 
        la storia verrà vista come un processo deterministico e osservabile 
        in modo scientifico. La storia si farà su porzioni limitate e ritenute 
        significative, sulle quali verrà ricostruita una temporalizzazione 
        ad hoc.
 Le competenze che ne conseguono sono:
 - saper ricostruire “le rilevanze” di un processo storico 
        con criteri di oggettività;
 - saper collegare il progresso, di cui il presente in cui si vive è 
        un momento alto, con un passato che lo ha preparato;
 - saper leggere nell’evento storico l’inevitabilità 
        di un processo iscritto nell’ordine naturale o provvidenziale.
 A livello metodologico le competenze sono:
 - saper applicare criteri metodologici corretti;
 - saper riprodurre catene storiche secondo il criterio causa-effetto;
 - saper distinguere tra ciò che è fonte e ciò che 
        non lo è.
 Seconda ipotesi: la storia è 
        una disciplina che si organizza secondo alcune procedure. Anche 
        nella scuola possiamo ripercorrere queste operazioni, tra l’altro 
        compatibili con “i bisogni” (anche indotti) cognitivi dell’alunno. 
        È una visione della disciplina che la priva dello spessore del 
        contenuto in quanto punta sulla costruzione dell’intelligenza e 
        non del senso della storia come risultato di una ricostruzione. Anche 
        altre discipline possono produrre gli stessi effetti. A seconda di come 
        viene gestita, l’analisi dei modelli storiografici può contribuire 
        positivamente alla costruzione del senso critico nell’alunno. Gli ambiti di indagine sono quelli più funzionali alle operazioni 
        che si vogliono far compiere. I periodi scelti possono essere anche segmenti 
        temporali molto corti, senza problemi di
 contestualizzazione.
 Le competenze che conseguono a questa visione della storia sono:
 - saper smontare modelli storiografici e saper manipolare variabili e 
        ipotesi;
 - saper costruire sulla base di dati e relazioni ipotesi da mettere a 
        confronto con modelli storiografici;
 - saper usare procedure e tecniche nelle operazioni di decodificazione 
        dei diversi linguaggi;
 - saper attribuire il valore di testo o fonte a ogni oggetto, comprendendo 
        il relativismo dell’attribuzione di senso;
 - saper entrare nello specifico evitando risultati generalizzanti.
 
 Terza ipotesi: la storia è 
        una ricostruzione scientifica (nel senso della quantità 
        e della variabilità degli elementi che mette in azione) di un fatto, 
        all’interno della complessità del reale di cui è possibile 
        fare una descrizione (o una rappresentazione), per lo più secondo 
        criteri multidisciplinari (cfr. con la concezione della storia come “esostoria” 
        di D. Parisi 2001). La realtà è osservabile ma non con gli 
        strumenti tradizionali (lo stesso lavoro dello storico cambia metodologicamente 
        e nella sostanza): il computer può permettere quelle operazioni 
        di simulazione della complessità del reale che possono contenere 
        grandi quantità di variabili e di dati, in rappresentazioni visuali 
        che modificano lo sguardo sull’evento. È una storia vista 
        dall’esterno, dal punto di vista di altre discipline. Essa rinobilita 
        il criterio della causalità. La parte di realtà osservabile 
        si fa più ampia e non ha senso la porzione o il “locale”; 
        il “presente” e il “complesso” sono al centro 
        dell’attenzione.Questa visione non pretende peraltro l’oggettività della 
        ricostruzione storica in quanto dà per scontata la relatività 
        dei dati e la varietà dei punti di vista.
 Le competenze che derivano da questa visione della storia sono in parte 
        innovative, in parte comuni a quelle che derivano da altre ipotesi:
 - saper usare gli strumenti multimediali per gestire le rappresentazioni 
        della complessità, ovvero lavorare sulle varianti e sul rapporto 
        causa-effetto;
 - saper rappresentare le trasformazioni in modo modularmente strutturato 
        e reticolare (in alternativa alla rappresentazione sistematica e lineare);
 - saper utilizzare i linguaggi e l’operatività di discipline 
        diverse per ricostruire la complessità del reale;
 - saper generalizzare;
 - saper definire il presente con operazioni di contestualizzazione e lettura 
        dei segni del passato.
 Questa visione può apparire una sfida utopistica 
        (Giusti e Somella 2001): essa suggerisce però un incoraggiamento 
        al relativismo dei significati che si vogliono attribuire ad un’epoca; 
        può sostenere con strumenti nuovi l’idea che lo studio della 
        storia è integrazione di rappresentazioni del passato con nuove 
        rappresentazioni (Manesso). A guadagnarci può essere il Dna dell’insegnante 
        che come un gigante che si porta sulle spalle il bambino, che dall’alto 
        intravede un orizzonte più ampio, incomincia a guardare nella sua 
        stessa direzione, il futuro.
 Silvana PresaLaureata in Filologia romanza.
 Insegnante di materie letterarie nella scuola secondaria superiore.
 Attualmente utilizzata presso l’Ufficio Ispettivo Tecnico dell’Assessorato
 all’Istruzione e Cultura della Valle d‘Aosta nel progetto 
        Storia e Patrimonio culturale.
 
 BibliografiaParisi D. (2001), Simulazioni, la realtà rifatta nel computer, 
        Il Mulino.
 Parisi D. (2000), Scuol@.it, Mondadori, Milano.
 Giusti F., V. Somella (2001), Povera scuola, Donzelli, Napoli.
 Lastrucci E. (2000), La formazione del pensiero storico, Paravia, Torino.
 Roseti P. (1992),(a cura di), in particolare il saggio di I. Mattozzi 
        Le parole del programma e le riconversioni dell’apparato concettuale, 
        pp. 13 e sg., IRRSAE Emilia Romagna.
 Mattozzi I. (2000), “Dai nuclei fondanti della storia alle competenze 
        del sapere storico” in Dossier degli Annali Pubblica Istruzione 
        n.5/6.
 Administration générale de l’Enseignement et de la 
        Recherche scientifique (1999), Compétences terminales et savoir 
        requis en histoire, Bruxelles.
 Ministero Pubblica Istruzione (1999), Lo sguardo di Giano.
 Boscolo P. ((1986), Psicologia dell’apprendimento scolastico. Gli 
        aspetti cognitivi, Utet, Torino.
 Pinotti M. (2000), “Il curricolo verticale” in Italia contemporanea 
        pp. 337 e sg., ottobre.
 Ministero Pubblica Istruzione (1999), Non è più la stessa 
        storia, (in particolare per i saggi di Mattozzi I.).
 Montalgero J. (1975), “La genèse des raisonnements et des 
        concepts temporels” in Du temps biologique au temps psychologique, 
        PUF, Paris.
 Fraisse P.(1967), La psychologie du temps, PUF, Paris.
 
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