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Pensare altri mondi è possibile

Quale cittadino, per quale mondo, con quale scuola è la domanda che ha guidato la costruzione di questo numero. Alcune considerazioni apparse recentemente sui giornali mi suggeriscono possibili risposte.
Su Italia Oggi del 29-01-2002 ho letto: "Occorre alzare il livello scolastico generale dei cittadini (tra i più modesti al mondo) [occidentale suppongo] intervenendo sul tasso di dispersione che nelle scuole secondarie è altissimo specialmente al sud. Occorre offrire ai lavoratori occasioni educative e formative (di cui si deve far carico la riforma del sistema scuola). Occorre evitare che i ragazzi si iscrivano ai corsi universitari per poi abbandonarli".
Vittorio Sgarbi, dalle pagine di Repubblica, rispondendo a Cesare De Seta preoccupato per l’assenza della storia dell’arte dalla proposta di riforma Moratti, afferma compiaciuto che "studiare fa male" e che la sua vocazione di critico d’arte l’ha scoperta all’università grazie alle appassionate lezioni di Francesco Arcangeli, non sicuramente al liceo dove disdegnava tale materia. Il prof. Bertagna e il gruppo ristretto (Rapporto finale sul riordino dei cicli, 14-12-10-2001) suggeriscono di diminuire l’orario scolastico e di riconoscere come parte del piano di studio l’extra scuola. La legge delega in materia di istruzione, art. 2 comma b, afferma "sono favorite la formazione spirituale e morale, lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea".
Messi insieme questi elementi, mi richiedo educare "quale cittadino, per quale mondo, con quale scuola?" e provo a rispondere.
Un cittadino al quale si parla di civiltà europea?
D’accordo, ma forse anche altre culture hanno diritto a tale titolo, anche per rispetto di tutti coloro che nelle nostre scuole tali culture portano cucite addosso. In un mondo caratterizzato da forti disuguaglianze, nel quale per orientarsi occorre più che mai padroneggiare strumenti culturali, proclamiamo che studiare fa male, che le vere vocazioni nascono all’università? Per chi ci arriva, in qualche caso, questa affermazione risponde a verità, peccato, con buona pace del signor Sgarbi, per gli altri (ricordo ancora che il documento Bertagna afferma "l’Italia ha un numero assoluto di laureati inferiore a quello che possono vantare Paesi con un numero di matricole pari esattamente alla metà").
Con quale scuola? Con una scuola "leggera" o alleggerita in tempo, per garantire a chi sa e può la fruizione di altre agenzie educative accreditate ed accreditanti e lasciare gli altri alla televisione, alle bande, allo sbando.
È, a mio avviso, straordinario, sempre che nel documento Bertagna, si citi don Milani a proposito di equità ("Don Milani era solito ricordare che nulla è più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali"), si individui lucidamente nell’ambiente sociale di provenienza degli alunni, quando svantaggiato, la causa prima della loro debolezza, per proporre poi che altri affrontino il problema, non la scuola.
Con la creazione di nuove biblioteche, di cinema, di centri di aggregazione culturale e ricreativa, il gruppo ristretto immagina possibile coinvolgere gli emarginati "in relazioni interpersonali normali" e quindi bonificare il tessuto urbano. D’accordo, ma queste azioni non sostituiscono il compito formativo della scuola; per intervenire sullo svantaggio occorre prioritariamente fornire strumenti per creare le condizioni di apprezzare e di poter poi scegliere opportunità culturali. Chi meno sa, meno sceglie.
Una scuola pubblica propositiva e ricca è il solo strumento possibile per raggiungere l’obiettivo esplicitato nel comma a dell’art. 2 della legge delega, che peraltro riprende testualmente quanto affermato nell’art. 1 della legge n. 30 del 10-01-2000 ora abrogata, e cioè "sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze (...) coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro...".Questa ultima citazione mi sembra suggerisca risposte diverse alla domanda iniziale, come le riflessioni e le testimonianze che abbiamo raccolto in questo numero.
Altri mondi, altre scuole sono, dunque, possibili.

Bonne école

Giovanna Sampietro

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