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Orgoglio
e pregiudizi
Sopravvive ancora, neanche tanto latente,
la rappresentazione dell'insegnante, scontatamente donna, che si reca
a scuola quasi ogni mattina, esce nelle ore buche per fare la spesa, ritorna
a casa per pranzo e nel pomeriggio si incontra con le amiche per un tè
o per lo shopping lamentandosi a più riprese per i compiti da correggere.
Sappiamo bene quanto questo repertorio di luoghi comuni sia lontano dal
vero, addirittura mi chiedo, lavorando io nella scuola da trent'anni,
su quali dati di realtà abbia potuto mai costruirsi. Ma tant'è esiste
e costituisce un freno sociale e ideologico di una certa rilevanza per
qualsiasi ridefìnizione seria e circostanziata della professionalità docente,
si frappone ad ogni tentativo di raccontare e di mettere in circolazione
una figura del docente rispettosa almeno in parte di tutti gli elementi
di complessità che la compongono. A onor del vero accanto a questo stereotipo
ne sopravvive un altro, individuato però come dato singolo: "l'insegnante
di mio figlio è veramente bravo, serio, competente, attento", quasi
che questi tratti costituiscano un'eccezionalità e non le caratteristiche
professionali per far crescere le quali ognuno di noi ha speso tanto del
suo tempo.
Come è possibile che, seppur nella maggioranza dei
casi contraddetta dall'esperienza personale, sopravviva questa lettura
svalutante del mestiere di insegnante? La telenovela "Riforma sì,
ma come dico io e non come dici tu" che si sta trascinando con una
perdita continua di audience, ha peggiorato le cose. In sintesi un non
addetto ai lavori può rilevare che: gli insegnanti, tagliati fuori da
ogni decisione che conta, si oppongono a qualsiasi proposta di cambiamento,
vogliono lavorare di meno ed essere pagati di più. E allora? Capiamo forse,
noi professionisti della scuola, qualcosa di diverso delle rivendicazioni
di poliziotti, piloti, medici, magistrati? Non credo, sicuro non mettiamo
in discussione il ruolo sociale che essi svolgono.
Ma a proposito di ruolo sociale è forse proprio
qui il punto caldo della questione.
Agli insegnanti tutti chiedono di insegnare bene
la propria disciplina e qualcuno la disciplina, in un'ottica personalistica;
quasi ci si stupisce che esista una categoria insegnanti, il nostro ruolo
nasce e muore, nell'immaginario collettivo, dentro la classe, nel rapporto
con quell'alunno in quel momento. Tutto ciò è vero e determinante anche
per noi, ma sempre più siamo coscienti che una società che consuma oggetti
e persone, che propone come realistiche immagini semplificanti e seduttive,
che riduce il tempo delle relazioni ha bisogno di educatori.
Strumenti multimediali (cellulari, computer) apparentemente
proteggono ed istruiscono quotidianamente i nostri ragazzi, potenziano
sicuramente le loro capacità conoscitive, ma su quali canali, su quali
display i nostri giovani oggi indagano il loro disagio, progettano il
loro percorso di studio e lavoro, ritagliano il proprio sé, fondano pensieri
di rispetto, si esercitano in atteggiamenti di empatia, fanno le prove
generali del loro domani? Nelle loro scuole, con i loro insegnanti. Insieme
queste comunità educanti svolgono il fondamentale ruolo sociale di creatori
di futuro.
Alla qualità delle risorse umane di un paese è affidato
il suo sviluppo. Questa affermazione, che ho già avuto modo di riportare,
individua quel ruolo sociale che, mi sembra, si faccia fatica a riconoscere,
nella nostra società, agli insegnanti. Le società sportive, le grandi
squadre di calcio investono miliardi nella selezione e nell'addestramento
dei futuri campioni. Gli allenatori, i Mister sono, oltre che profumatamente
remunerati, rispettati ed ubbiditi. La moglie di un famoso conduttore
televisivo in un programma di selezione di talenti, un circo mediatico
in cui nuovi gladiatori, riportando ferite non visibili a occhio nudo,
ma sicuramente profonde e dolorose, si eliminano a vicenda, dimostra di
avere agli occhi dei giovani una credibilità e una presa che a volte neanche
il migliore insegnante riesce ad avere sui suoi studenti. Preferiamo affidare
a Mister e conduttori televisivi il compito di formare i nostri ragazzi?
Sicuramente queste figure hanno un ruolo ed un riconoscimento sociale
molto forte. Ma non può finire così. Art. 23, comma 6 CCNL (1996-2001):"//
profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari,
pedagogiche, metologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca,
tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell'esperienza
didattica, l'attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica."
E lo sappiamo bene, anche grazie a tutti i collaboratori che hanno
contribuito a questo numero: docenti competenti ed innamorati della propria
professione.
Impariamo, dunque, almeno noi ad essere orgogliosi
del nostro lavoro. Buon anno scolastico a tutti.
Bonne école !
Giovanna Sampietro
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