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Una scelta di libertà negli anni del nazifascismo
Uomini, popoli, montagne

Uomini del XX secolo che hanno creduto nella validità del loro impegno in seno alla società e che hanno condiviso una stessa autentica passione per la montagna.

La scelta molto ridotta, per motivi di spazio, che proponiamo qui di seguito sulla montagna e sulle popolazioni alpine non ha, evidentemente, la pretesa di esaurire e neppure quella di affrontare sistematicamente un discorso complesso, mutevole nel tempo, in cui entrano mille variabili ed infinite sfaccettature.
Più modestamente essa vuole offrire al lettore una serie di spunti su ciò che a livello individuale e comunitario hanno rappresentato le montagne delle Alpi occidentali per uomini di diversa estrazione sociale e di differente formazione culturale, di fede diversa, che si sono formati negli anni del regime fascista, che l’hanno combattuto e che con la Resistenza si sono opposti all’occupazione tedesca e più in generale al "nuovo ordine mondiale" annunciato da Hitler ed in qualche misura tutto inscritto nella tesi nefanda della superiorità della "razza ariana".
Sono uomini che lungo il corso di tutta la loro vita hanno avvertito con particolare intensità i problemi delle valli alpine e dei loro abitanti e che hanno saputo cogliere il senso profondo del confronto e del contatto con la montagna.
La notorietà dei diversi autori agevolerà il compito di chi leggendo o rileggendo brani delle loro opere vorrà documentarsi di più sulla loro storia e sulla storia di cui sono stati protagonisti.
Le note biografiche degli autori concludono l’articolo.

Fino alla Becca di Nona [s.d., ma 1923 ca]

"[…] Bisogna essere stati in alta montagna, sulle cime dei monti per sapere che cosa è la preghiera.
C’era qualche cosa di mistico, di divino. Lassù i rumori del mondo, non arrivano. Lassù gli odi e le competizioni del mondo non arrivano, ci si trova in mezzo alla natura, alla rozza natura non ancora domata e forse anche contaminata dall’uomo, e attraverso la natura ci si sente vicini, molto vicini a Dio. […] ".

Paolo Momigliano Levi (a cura di), Émile Chanoux, Écrits, Imprimerie Valdôtaine, Aosta, 1994, p. 448.

Ascensioni in Valle d’Aosta

" Il corridoio è scoperto e va restringendosi: permette così di scaricare facilmente la neve scavata. […] Una debole luce crepuscolare entra dal collo. Dopo tre ore di lavoro con le piccozze la nostra iglò è terminata e ci installiamo. Dentro ai nostri sacchi si sta comodi e pacifici. Anche se una valanga cade sul nostro rifugio abbiamo aria sufficiente per respirare. Sono le 14,30. Noi stiamo bene. Il morale è alto. Durare e lottare contro la Natura è pur bello. — una sensazione grande, intima, che non si può definire. Alle 16 nevica sempre. Nebbia e ambiente polare. Noi nei nostri sacchi siamo beati: io almeno. Viveri ne abbiamo ancora molti ma dico anche a Lino [Binel] di stare a razione per misura di previdenza. Dormiamo ad intervalli per vedere se le nebbie si squarciano. Usciamo a turno. Alle 19 la neve (30 cm in 7 ore) ha già ricoperto in parte la porta del nostro rifugio. Anche se la ricopre del tutto non importa. Aria ne abbiamo egualmente; e si sta più caldi. Nevica sempre. Io leggo la Divina Commedia: veramente portentosa in tutti i momenti della vita. Di tratto in tratto canticchio non so casa. Penso a tutto ed a niente. Begli istanti, divini. Si sente solo il respiro di Lino dentro e fuori il cader arrabbiato della neve gelata sui ramponi, unici arnesi lasciati fuori, perché inservibili come cuscini. Vero epicureismo. Egoismo dei sensi superbi di sangue. Suoni fantastici nella nebbia. Miriadi di tenui e sottili vibrazioni di corde di arpe divine sparse nella nebbia. Sibilar lontano di valanghe, soffocato dalla spessa nebbia. Accendiamo verso le 18 una candela. Due esseri addormentati in una grotta di cristalli. Splendori di diamanti. Pinocchio e Geppetto nel ventre del mostro marino. Divino e terreno. […]".

Amilcare Crétier, Diario alpinistico. Ascensioni in Valle d’Aosta 1921 – 1933, Nuovi Sentieri, Falcade (BL), 1993, p. 67.

Cronaca di un Valdostano

"[…] Uscii dal villaggio a valle fra la Chiesa e il cimitero e presi a scendere lungo la soffice mulattiera, ma lentamente, poiché le ore passate nelle montagne sono impagabili. Dovevo raggiungere Aosta e prendere il treno per Montjovet. Passai per Rovenod e, fra Bois de Clyn e Molère (Moyle), vidi, davanti a me, a distanza una persona che mi pareva di conoscere. Lo raggiunsi e mi affiancai alla sua destra, poiché non mi aveva sentito arrivare. "D’où viens-tu?", ci dicemmo reciprocamente ridendo. "Moi de Valnontey!" — "Alors faisons quatre pas ensemble". "Il faut vraiment venir dans la solitude de la montagne pour se trouver, pour se parler et pour se comprendre".
Camminiamo affiancati fino alla cantina di Tzevie, a valle del rivo di irrigazione e della strada. Un ambiente basso, un tavolo lungo, due quattro "banzte", due sedie alle estremità, una stufa di ghisa, lo "fornet", alcune vecchie oleografie alle pareti. L’essenziale dei nostri primitivi locali di campagna e di montagna, per noi intimi ed accoglienti. Due avventori che salivano a Dziò, un vecchio del villaggio, la padrona. I soliti discorsi di stagione, realistici, locali e positivi. […]. In questo ambiente agreste, montano e boscoso, nel silenzio della natura, con il lento passo del montanaro e con frequenti pause, in piedi, Chanoux ed io avevamo potuto comunicarci le nostre impressioni ed i nostri modi di vedere la situazione politica che stava degenerando in un centralismo livellatore sempre più ripugnante ai radicati concetti regionalisti e federalisti comuni. […]".

Lino Binel, Cronaca di un Valdostano, Litografia Pesando, Aosta, 1983, pp. 18-19.

Causerie sur la Suisse

"[…] Pour cette poussière de vieux petits peuples, vivant en deçà comme au-delà des Alpes, au sud comme à l’est au nord de la grande chaîne de montagnes, la Suisse est pourtant le centre idéal, le point de jonction et d’union.
Elle est la terre promise des hommes restés libres dans leur [esprit].
Que le peuple suisse comprenne cela, qu’il sente d’être ce pôle d’attraction, voilà qui suffira pour que ce processus de formation, d’amalgamation des autre peuples, suisses par leur esprit, ait lieu.
Car la Suisse est née d’un processus semblable entre les premiers cantons des montagnes.
Elle s’est développée, par un même processus et dans une période de folie semblable à la nôtre, c’est-à-dire quand l’Europe était déchirée par les guerres de religion.
Qu’elle comprenne cela, qu’elle comprenne que sa mission de sauvetage dans cette nouvelle guerre de religions raciales, consiste précisément à regrouper autour d’elle les autres peuples de l’Europe centrale, à les libérer de l’oppression des peuples qui les tiennent subjugués, et voilà que le grand œuvre de la grande Suisse pourra être réalisé.
La Suisse se justifiait, dans l’Europe d’hier, comme le terrain neutre, sur lequel, se rencontraient les grandes peuples et contre lequel se heurtaient leurs haines.
Dans l’Europe de demain, qui aura perdu, par ses folies, la domination du monde, la mission de la Suisse, nécessairement, sera modifiée. […]".

Paolo Momigliano Levi (a cura di), Émile Chanoux, Écrits, Imprimerie Valdôtaine, Aosta, 1994, pp. 330-331.

Dalla "Dichiarazione dei rappresentanti delle valli alpine, 19 dicembre 1943" (1)

"[…] fedeli allo spirito migliore del Risorgimento, dichiariamo quanto segue:
A- Autonomie politiche amministrative […].
B- Autonomie culturali e scolastiche
Per la loro posizione geografica di intermediarie tra diverse culture, per il rispetto delle loro tradizioni e della loro personalità etnica, e per i vantaggi derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle valli alpine deve essere pienamente rispettata e garantita una particolare autonomia culturale linguistica consistente nel:

  • diritto di usare la lingua locale, là dove esiste, accanto a quella italiana, in tutti gli atti pubblici e nella stampa locale;
  • diritto all’insegnamento della lingua locale nelle scuole di ogni ordine e grado con le necessarie garanzie nei concorsi perché gli insegnanti risultino idonei a tale insegnamento. L’insegnamento in genere sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un consiglio locale;
  • ripristino immediato di tutti i nomi locali.

C- Autonomie economiche […].

Questi principi noi rappresentanti delle Valli alpine, vogliamo vedere affermati da parte del nuovo stato italiano, così come vogliamo che siano affermati anche nei confronti di quegli italiani che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio politico straniero."
(1) Presero parte ai lavori: Émile Chanoux, Ernest Page, Mario Alberto Rollier, Osvaldo Coisson, Giorgio Peyronel, Gustavo Malan. Federico Chabod, che aveva steso uno dei testi preparatori, non partecipò alla riunione clandestina in Casa Pons, a Chivasso.

Lettera di Federico Chabod a Ugo la Malfa, Valsavarenche, 10 ottobre 1944

"[…] L’autonomia amministrativo-culturale delineata io la chiederei non soltanto per la Valle d’Aosta, ma per tutte le regioni alloglotte di frontiera, le quali, anche se italianissime di storia hanno tuttavia una tradizione spirituale e culturale e quindi una fisionomia morale diversa da quella delle contigue popolazioni di pianura: la vorrei quindi anche per i Valdesi delle Valli del Pellice e, a più forte ragione ancora, per le popolazioni, queste non italiane né di storia né di sentimento, dell’Alto Adige e per i gruppi slavi che rimanessero poi ancora entro i confini dell’Italia.
Sembra a me che sarebbe bello e nobile da parte della nuova Italia iniziare, per prima in Europa, una politica di larga libertà nelle sue zone di frontiera, in quelle zone cioè dove i vecchi nazionalismi europei avevano sempre fatto sentire più duramente il loro peso, facendo così di quelle strisce estreme dei territori statali degli inevitabili punti d’attrito, dei fatali focolari d’irredentismo, pretesto e motivo poi facile per le guerre e le avventure nazionalistiche. Noi dobbiamo farne invece degli anelli di collegamento tra una Nazione e l’altra, dei ponti di passaggio su cui s’incontrino gli uomini dei vari paesi e imparino a smussare gli angoli, a lasciar cadere le diffidenze, a deporre la boria delle nazioni. […]".

La lettera è pubblicata in Documenti per la storia dell’autonomia valdostana. Documents historiques de l’autonomie valdôtaine. 1943-1948, a cura di Anselmo Lucat, Paolo Momigliano Levi, Région Autonome Vallée d’Aoste, Aosta, 1988, pp. 307-313

Il sistema periodico

"[…] Sandro andava su roccia più d’istinto che con tecnica, fidando nella forza delle mani, e salutando ironico, nell’appiglio a cui si afferrava, il silicio, il calcio e il magnesio che aveva imparati a riconoscere al corso di mineralogia. Gli pareva di aver perso giornata se non aveva dato fondo in qualche modo alle sue riserve di energia, ed allora era anche più vivace il suo sguardo: e mi spiegò che, facendo vita sedentaria, si forma un deposito di grasso dietro agli occhi, che non è sano; faticando, il grasso si consuma, gli occhi arretrano in fondo alle occhiaie, e diventano più acuti.
Delle sue imprese parlava con estrema avarizia. Non era della razza di quelli che fanno le cose per poterle raccontare (come me): non amava le parole grosse, anzi, le parole. Sembrava che anche a parlare, come ad arrampicare, nessuno gli avesse insegnato; parlava come nessuno parla, diceva solo il nocciolo delle cose […].
Mi trascinava in estenuanti cavalcate nella neve fresca, lontano da ogni traccia umana, seguendo itinerari che sembrava intuire come un selvaggio. D’estate, di rifugio in rifugio, ad ubriacarci di sole, di fatica e di vento, ed a limarci la pelle dei polpastrelli su roccia mai prima toccata da mano d’uomo: ma non sulle cime famose, né alla ricerca dell’impresa memorabile; di questo non gli importava proprio niente. Gli importava conoscere i suoi limiti, misurarsi e migliorarsi; più oscuramente, sentiva il bisogno di prepararsi (e di prepararmi) per un avvenire di ferro, di mese in mese più vicino.
Vedere Sandro in montagna riconciliava col mondo, e faceva dimenticare l’incubo che gravava sull’Europa. Era il suo luogo, quello per cui era fatto, come le marmotte di cui imitava il fischio e il grifo: in montagna diventava felice, di una felicità silenziosa e contagiosa, come una luce che si accende. Suscitava in me una comunione nuova con la terra e il cielo, in cui confluivano il mio bisogno di libertà, la pienezza delle forse, e la fame di capire le cose che mi avevano spinto alla chimica. […] Sandro era Sandro Delmastro, il primo caduto del Comando Militare Piemontese del Partito d’Azione. […]"

Primo Levi, Il sistema periodico, Einaudi, Torino, 1975, pp. 468-473

Les premiers pas d'escalade en tête à La Frasse

Note biografiche sugli autori

Émile Chanoux — (Valsavarenche 1906 – Aosta 1944). A 17 anni inizia la sua collaborazione a giornali valdostani a cui affida le sue riflessioni sul problema linguistico e sul particolarismo valdostano inquadrandoli in una nitida concezione federalista, antinazionalista e fortemente sostenuta dalla morale evangelica. Nel 1925, in piena polemica con il regime fascista e con i suoi sostenitori, è fra i membri fondatori del movimento regionalista della Jeune Vallée d’Aoste, di cui assumerà la vicepresidenza. All’atto dell’armistizio dell’8 settembre 1943 non esiterà a tradurre la lotta contro i nazionalismi ed i totalitarismi in Resistenza all’occupazione nazifascista ed in lotta di liberazione, che non si esaurisce nella pura e semplice "cacciata" dell’occupante, ma che si risolve nel recupero delle fondamentali libertà politiche, economiche e culturali che restituiscono ad ogni cittadino e ad ogni comunità il potere ed il diritto di partecipare, a diversi livelli, alla vita politica. Per definire ed attuare questo progetto d’autonomia si confronterà con i rappresentanti delle Valli alpine, nell’incontro clandestino del 19 dicembre 1943 ed amplierà la "carta" delle rivendicazioni autonomiste, tracciata in quella occasione, nel saggio Federalismo ed autonomie; scritto che uscirà postumo nell’estate del 1944, essendo egli morto sotto tortura, il 19 maggio dello stesso anno, il giorno successivo al suo arresto ad Aosta, ad opera dei nazifascisti, che avevano individuato, giustamente, in lui il punto di riferimento della Resistenza valdostana e delle rivendicazioni di un nuovo ordinamento politico europeo capace di porre fine alle violenze degli stati nazionali e di assicurare a tutte le comunità forme di autogoverno e partecipazione attiva alle scelte politiche nazionali ed internazionali.

Amilcare Crétier — (Verrès 1909 – Valtournenche 1933). Conseguita la licenza liceale, si iscrive alla facoltà di Filosofia a Torino. Compagno di cordata di Renato Chabod, di Basile Ollietti, di Lino Binel e di altri provetti alpinisti, ha legato il suo nome ad imprese alpinistiche di rilievo. È stato membro della Jeune Vallée d’Aoste, l’associazione regionalista e federalista fondata da Chanoux e dall’abbé Trèves. È morto, precipitando dal Cervino, nel 1933.

Lino Binel —(Champdepraz 1904 – Aosta 1981). Il padre era il vicedirettore della miniera. Nel 1927 aderisce al movimento regionalista ed antifascista della Jeune Vallée d’Aoste, di cui faceva parte anche Amilcare Crétier, con cui condivise la passione per l’alpinismo, legando il suo nome a ascensioni e prime che sono inscritte nella storia delle grandi scalate. Si laurea in Ingegneria, nel 1935. L’attività professionale, in qualità di responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Aosta, non esaurisce il suo impegno, sempre ispirato, sul piano politico, da un progetto di rivoluzione federale che consentisse alla Valle d’Aosta di ritrovare la propria autonomia. La collaborazione, mai interrotta con Émile Chanoux, trova nella Resistenza al nazifascismo un nuovo e più impegnativo campo d’azione. Arrestato assieme a Chanoux, il 18 maggio del 1944, sarà deportato in un campo di lavoro in Germania, da cui farà ritorno nell’estate del 1945. Consigliere regionale nel primo Consiglio Valle di nomina CLN, si defilò progressivamente dalla politica attiva, pur mantenendo un ininterrotto ed appassionato dialogo politico con le generazioni dei valdostani che si succedettero sino alla sua morte, nel 1981.

Federico Chabod — (Aosta 1901 – Roma 1960). Conseguita la cattedra all’Università per stranieri di Perugia, nel 1939 vi tiene le prime lezioni sull’idea di nazione, che riprenderà per i corsi dell’anno accademico 1943-1944 a Milano, sotto l’infuriare della guerra ed agli inizi della resistenza all’occupazione nazista. Concluso quel corso accademico, lascia sine die l’Università per dedicarsi completamente alla soluzione della questione valdostana dove è giunto a piena maturazione il progetto lungamente vagheggiato di assicurare alla regione la più ampia autonomia politica, culturale ed economica. Fra chi profila la soluzione del problema in una profonda riforma che investa l’intero assetto istituzionale italiano e chi cerca, a diversi livelli, l’appoggio della Francia di de Gaulle, Chabod opta senza esitazione per i primi, di cui diventa autorevole ed ascoltato "rappresentante" a livello governativo. Chiusa, con la parentesi della presidenza del primo Consiglio della Valle, l’esperienza dell’intellettuale prestato alla politica, Chabod riprende a Roma l’attività accademica, che lo porta nel 1950 a tenere alla Sorbona di Parigi un corso sull’Italia contemporanea.
Alpinista di non comuni capacità, legò il suo nome ad alcune grandi prime, fra le quali quella delle Tours de Notre-Dame e la cresta sud della Dent d’Hérens, sui monti della Valle d’Aosta.

Primo Levi – (Torino 1919 – Torino 1987). Fin dall’adolescenza nutre una particolare passione per la chimica e per la montagna. Nel 1937 s’iscrive alla Facoltà di Scienze dell’Università di Torino. Appena in tempo per sfuggire, almeno a livello scolastico, alle leggi razziali emanate nel 1938. Nel 1941 si laurea con lode. All’atto dell’armistizio dell’8 settembre 1943, lascia Torino e si rifugia ad Amay in Valle d’Aosta dove prende i primi contatti con le bande partigiane in fase di formazione. All’alba del 13 dicembre del 1943 è arrestato dai fascisti e avviato al campo di concentramento. Dopo il rientro a Torino nel 1945, all’attività professionale affianca un impegno sempre crescente per testimoniare ciò che ha visto e ciò che ha subito ad Auschwitz con i suoi libri, con innumerevoli incontri, soprattutto con il mondo della scuola.

Paolo Momigliano Levi
Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza in Valle d’Aosta

 

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