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La montagna, appartenenza territoriale e
identità
Una ricerca
svolta nelle scuole, a Cogne, a Champorcher e ad Aosta durante i primi
giorni della.s. 20022003, ci rivela le peculiarità del legame
che i ragazzi hanno con il territorio montano.
Abbiamo cercato di comprendere
lessenza del legame dei bambini con le montagne oggi e, investigando
sullassenza piuttosto che sulla loro presenza costante, le abbiamo
fatte sparire di colpo, dalla loro vista e dal loro immaginario.
I 114 temi, svolti durante la prima settimana di scuola di questo a. s.
2002 2003 da bambini delle classi elementari e da ragazzi delle
medie, sono stati analizzati attraverso alcune griglie interpretative,
indispensabili per raccogliere sistematicamente i dati senza perdere le
sfumature che una ricerca qualitativa può offrire.
La traccia da seguire per lesposizione "Ti svegli e intorno
a te, in Valle dAosta, non ci sono più le montagne. Che cosa provi?
Come reagisci? Ti mancano? Perché? E ancora il tuo paese?"
è servita a comprendere le dimensioni della loro appartenenza al territorio,
osservate secondo tre direttrici principali: gli aspetti emotivo-affettivi
(il sentire), quelli cognitivi (il conoscere)
e quelli pragmatici (il fare).
Lanalisi inizia dai temi dei bambini più piccoli di Cogne (2° e
5° elementare), Champorcher e Aosta (5° elementare) e, punto per punto,
prosegue con i ragazzi delle medie di Cogne e di Aosta.
Ti svegli e
Le prime parole del tema
hanno fatto sì che molti - quasi il 50% nelle elementari del Centro di
Aosta - immaginassero che lassenza delle montagne potesse essere
ricondotta ad un sogno e forse le maestre hanno fatto riferimento alla
dimensione onirica per spiegare come svolgere il tema, dato che è irreale
che possano sparire le montagne.
I più piccoli di Cogne hanno dimostrato molta fantasia: "un uomo
le ha buttate giù", "un gigante le ha mangiate",
"sono volate via", "il vento le ha portate via"
ed alcuni anche tra i più grandi delle medie - hanno immaginato
che le montagne fossero sparite a causa dello scivolamento di frane, in
ricordo dei recenti eventi alluvionali.
I bambini di Aosta hanno mentalmente contrapposto alla montagna con maggiore
frequenza il mare, "Aosta diventò una città marittima":
sparite le montagne, compaiono spiagge assolate, segno probabilmente che
le vacanze estive sono ancora molto vive nella memoria.
Al secondo posto nelle contrapposizioni troviamo la pianura, in verità non molto amata ad eccezione
di un bambino di Cogne che scrive "però si potrebbe giocare meglio
a calcio perché è tutto piatto". Agli orizzonti aperti in cui
si intravedono Francia, Svizzera e Piemonte, seguono nelle contrapposizioni,
la città "affollata e molto rumorosa",
il deserto e il lago.
Nella prima media di Cogne, il 30% fa riferimento allincubo.
Se confrontiamo questi dati con le medie di Aosta, dove solo il 10% alla
Cerlogne e nessuno della prima media del Centro ne parla, possiamo pensare
che i ragazzi di Cogne siano ancora turbati dalla vicenda di cronaca nera
che ha interessato il paese; questa considerazione viene rafforzata dal
fatto che sono gli unici a parlare di assenza di "tranquillità",
"pace", "armonia", "serenità"
nel caso sparissero le montagne.
I ragazzi della terza media di Aosta immaginano invece di scrivere ai
loro amici per riferire della sparizione delle montagne: "Tu
vivi al mare, (
) io sono nata in mezzo alle montagne e non saprei
cosa fare senza".
E tra loro uno si chiede: "Le avrà fatte sparire Bin Laden?".
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Marche
d'approche sur la Tête de Bossetan |
Cosa provi? Come reagisci?
Nella gamma delle reazioni
emotive prevalgono decisamente i sentimenti negativi
legati alla scomparsa delle montagne, sia a Cogne, sia ad Aosta, sia a
Champorcher. Qualcuno immagina addirittura di poter avere reazioni fisiche.
Nessun bambino a Cogne (inclusi quelli delle medie) e a Champorcher ha
reagito positivamente alla scomparsa delle montagne: nelle stesse proporzioni
provano stupore e incredulità, dispiacere e tristezza, fino allo spavento
e alla paura. Dei più piccoli, quasi la metà corre a chiamare la mamma
(unevidente reazione ad una situazione di emergenza), qualcuno pensa
di nascondersi sotto le coperte.
Ad Aosta, i due terzi dei bambini reagiscono negativamente alla scomparsa
delle montagne: di questi il 20% provano stupore e nella stessa percentuale
panico, rabbia, mentre la maggior parte, più del 60%, sono tristi e dispiaciuti.
Qualcuno prova nostalgia (dicono "magone") e
immagina di raccontare comera il paesaggio quando cerano ancora
le montagne; molti si sentono disorientati, "a disagio come in
un paese straniero". Un terzo dei bambini di Aosta è contento
che non ci siano le montagne ("almeno mia nonna sarebbe venuta
a trovarmi molto più spesso" precisa uno di loro), ma dallincrocio
con le risposte precedenti, tutti, senza eccezione, avevano prima mentalmente
contrapposto alle montagne luoghi di vacanza (infatti qualcuno ha risposto
"mi sembrava di essere in vacanza"), dunque i risultati
possono essere considerati del tutto simili a quelli di Cogne e Champorcher.
Anche i ragazzi della 1° media di Aosta provano stupore, tristezza, nostalgia,
dispiacere e una sensazione di vuoto se non ci fossero più le montagne
(sono il 94% ad affermarlo).
Solo uno risponde che sarebbe felice, "finalmente potrei vedere
oltre la Valle dAosta, (
) mi sentirei più libero",
ma aggiunge anche "mi mettono paura, soprattutto dopo la scorsa
alluvione".
Compare anche tra loro la sensazione di disorientamento: "Mi
sentirei spaesata, non avrei più la protezione delle montagne",
"Mi sento frastornata", "ogni spostamento
che facevo, cerano sempre le montagne che in un certo senso mi accompagnavano",
"si vedono tutte le pianure. Mi sento allo scoperto".
Infine, quasi il 90% dei ragazzi della terza media di Aosta è triste,
disperato, inquieto pensando che le montagne potrebbero non esserci più.
Ti mancano? Perché?
Socrate sosteneva che "colui
che non vede non sa di non vedere": non esiste "immacolata percezione",
in quanto non si vede che ciò che si conosce (la percezione è sempre costruita,
non subita). Fatte queste premesse, le risposte dei bambini e dei ragazzi
a questa domanda dovrebbero mostrarci cosa conoscono della montagna, quali
attività praticano nelle diverse stagioni: siamo nel livello di analisi
cognitivo, ma anche esperenziale-operativo.
Al 95% dei bambini delle scuole elementari di Cogne e Champorcher le montagne
mancherebbero decisamente: molti rispondono "La Valle dAosta
non sarebbe più la stessa". I bambini più piccoli apprezzano
laspetto estetico
"erano belle", "Mi piaceva vederle"
e quello dello svago "ho due baite e lì mi diverto molto",
"ho la baita a Terrabuc". Quelli più grandi delle elementari
di Cogne e di Champorcher, oltre a riferirsi alla bellezza del paesaggio
ed alle attività del tempo libero, si soffermano ad immaginare che perderebbero
con le montagne anche gli animali (e molti li elencano), i boschi e le
foreste, i prati con i fiori, i torrenti in cui si bagnano destate.
Uno di loro precisa che "in montagna poi cè più da scoprire
e se vuoi vedere laltro versante devi camminare, scalare oppure
prendi la macchina e vai dallaltra parte, invece in pianura vedi
già tutto davanti a te". Due principali attività sportive,
a seconda delle stagioni, sono quelle praticate: le camminate destate
e la pratica dello sci invernale. Seguono larrampicata sportiva,
il bob e giocare con le palle di neve. Solo un bambino di Champorcher,
tra quelli delle elementari, fa riferimento alle realtà economiche montane (agli alpeggi e alle stazioni sciistiche).
A più del 70% dei bambini di Aosta, le montagne mancherebbero molto: "io
senza le montagne non vivrei", "mi mancano così tanto
perché sono nata e cresciuta in montagna".
Alcuni hanno immagini molto poetiche legate alla montagna: "ci
si poteva sedere insieme sul sofà e guardare la televisione mentre fuori
nevicava", "i tetti delle case cambierebbero e non
nevicherebbe più come prima", "alte e maestose, era
bello guardarle". Accanto alle passeggiate e allo sci, troviamo
lo snowboard, le gite ai rifugi e ai laghi. Anche ad Aosta, solo un bambino
collega le montagne alle attività economiche (il turismo).
Si nota anche tra i bambini di Aosta un certo spaesamento senza le montagne:
"mi sembrava ci fosse qualcosa di strano", "è
un paese irriconoscibile", "non riconoscevo più la
mia Valle", "mi sentivo come straniera e isolata",
"Siamo in Italia o su unisola?".
I ragazzi delle medie di Cogne e quelli del Centro di Aosta inseriscono
altri elementi legati alla montagna: "ci proteggono dal maltempo",
"potrebbe mancare lossigeno", "laria
che si respira in montagna non la trovi da nessuna parte", "ora
che le montagne non ci sono più, il sole va via molto tardi",
"dove prenderemmo la legna per scaldarci?" manifestando
una visione ecologica
dellambiente.
Le passeggiate estive e lo sci sono le attività più praticate in montagna.
Solo un ragazzo delle medie del Centro fa riferimento alla sfera economica
e si riferisce al turismo invernale.
Al 90% dei ragazzi della terza media di Aosta le montagne mancherebbero
molto, per le passeggiate estive e lo sci invernale, per la fauna e la
flora alpina, per i boschi e i ghiacciai, ma anche perché "la
Dora sarebbe asciutta" e perderemmo "il polmone della
Valle dAosta". I legami con le attività economiche (per
lo più parlano del turismo) sono presenti nel 40% dei temi; solo due ragazzi
(su 114) si chiedono che fine farebbero le mucche: "e le mucche
come sopravvivono e il latte non viene più buono senza lerba fresca
di montagna
".
Uno preoccupato afferma anche: "Neanche i Rally sarebbero più
spettacolari senza le strade che arrancano in salita con tanti tornanti".
Un ragazzo di Aosta (lunico su 114) fa riferimento agli aspetti culturali legati alla vita alpina (prodotti tipici, costumi e carnevali dei vari paesi
valdostani, gli sport adatti alle montagne) e alle montagne che entrano
nella storia di questo paese.
E ancora il tuo paese?
Sia a Cogne e a Champorcher,
sia ad Aosta, senza le montagne, non ci sono dubbi, la Valle dAosta
non sarebbe il loro paese. Molti lo affermano con fermezza: "venderei
la casa e me ne andrei in unaltra regione dove ci sono le montagne",
"mi trasferirei in Trentino Alto Adige", "senza
le montagne non si vive bene", "vado in Spagna, ma
se ritornano le montagne, torno", "Aosta è mitica",
"anche se andassi in unaltra regione alpina le montagne
non sarebbero le stesse", "Sono le cose che più mi
piacciono della Valle", "le montagne sono per noi vitali",
"insomma sarebbe tutta unaltra vita", "mi
sembrerebbe di non essere più a casa mia".
I bambini che ad Aosta hanno risposto "sì, sarebbe ancora il
mio paese", sono il 38%, ma se a questi togliamo coloro che
hanno reagito positivamente alla scomparsa delle montagne connettendo
lassenza del proprio paese allimmagine del mare o di altri
luoghi di vacanza, rimane solo il 2% ad immaginare una Valle senza montagne.
Tra questo 2% alcuni precisano manifestando unappartenenza
socio-comunitaria - "vorrei trasferirmi dove ci sono le montagne,
ma lì non ci sono i miei amici", "non mi trasferisco,
perché qui ci sono i miei parenti".
Anche la maggior parte dei ragazzi della terza media di Aosta, non riconoscerebbe
più la Valle come il proprio paese. Qualcuno si chiede "ho provato
un senso di perdita interiore", "Che cosa saremmo?",
"E come se dovessi rinascere" collegando direttamente
la questione territoriale allidentità personale.
Qualche riflessione
SENTIRE
Ci si sente legati alla montagna perché qui si è nati e cresciuti:
questi sono i motivi ai quali i ragazzi fanno riferimento con più frequenza
parlando del loro senso di appartenenza, che in questo caso rivela la
dimensione più sociale dellappartenere e cioè i legami con la famiglia,
le reti amicali e il vicinato.
La sfera del ricordo, della memoria indispensabile nella percezione
della continuità della propria identità - si lega inevitabilmente al territorio:
"ci andavo con mio nonno", "ho tanti ricordi
legati allinfanzia", "E come se mi portassero
via un pezzo della mia vita", "con tutti quei graziosi
nascondigli dove ho passato tutta la mia infanzia".
Non è solo il ricordo di momenti vissuti oppure labitudine a vedere
i bei paesaggi innevati a far nascere i sentimenti di appartenenza territoriale:
i bambini e i ragazzi di Aosta, Cogne e Champorcher amano le loro montagne,
tanto da umanizzarle: "sono loro le nonne di Champorcher",
"erano come una compagnia per me", "E
come se ci togliessero una parte di noi", "loro mi
avevano protetta, mi avevano consolata nei momenti tristi
non mi
sentivo mai sola", "ho provato una grande nostalgia,
come aver perso un amico".
Molti affermano che "le montagne sono il simbolo della Valle
dAosta". I simboli soddisfano principalmente due bisogni
contrastanti della condizione umana: il bisogno di sicurezza e quello
di libertà(1), ma dati i continui riferimenti precedenti al
disorientamento, i bambini sentono che in qualche modo le loro montagne
sono fonte di protezione e di difesa dallesterno, come un vero e
proprio guscio.
CONOSCERE
Limmagine ambientale secondo Lynch è il risultato
dellinterazione tra colui che osserva e lambiente: lambiente
porta con sé distinzioni, losservatore seleziona, organizza, attribuisce
significati a ciò che vede(2), a seconda delle proprie conoscenze.
A Cogne e a Champorcher fanno riferimento a più toponimi (Grauson, Epinel,
Arpisson, Lillaz, Gimillan, Valnontey, Prati di SantOrso, Terrabuc,
Laris, ecc.), mentre ad Aosta vengono nominati Pila, Etroubles, Excenex,
segno di un rapporto meno frequente con il territorio montano.
Gli animali vengono elencati soprattutto a Cogne (quelli del Parco Nazionale
sono i più noti camosci, stambecchi, marmotte); si parla molto
in generale dei boschi, senza nominare però, nessuna specie arborea.
Tra i più grandi, ma con bassa frequenza, è presente una visione ecologica
dellambiente, visto come ecosistema. Lambiente montano è inoltre
connotato da aggettivazioni positive riguardo alla qualità della vita,
se comparato con quello urbano o più genericamente con quello della pianura.
FARE
Limmagine delle attività praticate in montagna è legata
soprattutto allo svago e al tempo libero: le passeggiate e lo sci invernale
sono prioritarie. Il riposo, o meglio il recupero attivo nellambiente
montano, favorisce lintensità dellattrazione territoriale
e il senso di appartenenza.
Si nota decisamente poca conoscenza degli aspetti culturali della vita
alpina, così come delle attività economiche montane.
Solo riducendo la divaricazione tra territorio studiato e territorio vissuto
"il paesaggio può diventare specchio e riferimento in cui si
sintetizzano e si bilanciano ecologia e storia"(3)
e la conoscenza del proprio territorio delle reti di relazioni
tra mondo naturale e umano è una conoscenza che attraverso il locale
arriva al globale e dallidentità individuale giunge allidentità
collettiva: "i paesaggi sono come frasi di un discorso lungo,
di un discorso aperto
"(4).
Il rapporto uomo territorio: Lapertura
sul mondo
Rivelando unadattabilità
che gli animali non hanno, la specie umana è riuscita a stabilirsi quasi
ad ogni angolo del pianeta. Al Polo Nord non troviamo leoni o cammelli
e nel deserto non vivono i pinguini. Eppure, il nostro apparato sensoriale,
così come quello motorio, sono poco sviluppati se paragonati a quelli
di alcuni animali. Nelluomo ci sono impulsi, certo, ma non sono
né specializzati, né diretti. In ambienti estremi possono esserci degli
affinamenti della percezione (rispetto a cambiamenti meteorologici o allavvicinarsi
di predatori(5)), ma lorganizzazione istintuale rimane
decisamente debole se paragonata ad altri mammiferi superiori.
Le limitazioni biologiche e fisiche non hanno comunque impedito
la vita umana, dai ghiacci polari ai deserti più assolati. In una varietà
di ambienti molto ampia, luomo utilizza il suo bagaglio costituzionalmente
dato: la sua relazione con il territorio ha come prima peculiarità lapertura di fronte al mondo(6).
Lordine sociale e culturale - con cui lindividuo interagisce
di continuo hanno permesso alluomo di sviluppare le sue capacità
intellettive e manuali, di migliorare lapparato sensoriale e motorio,
in altre parole, hanno dato forma allessere umano. Nel corso della
sua esistenza, più o meno consapevolmente, luomo apprende a dare
nomi e significati alle cose che lo circondano, a riconoscere le persone
familiari dagli estranei, ad orientarsi nello spazio, a rappresentare
i propri ruoli sociali. Costruisce, dunque, in relazione costante con
lambiente e influenzato dal contesto socio-culturale, la sua identità.
Cultura e
società danno forma alluomo
La cultura e la società non riempiono semplicemente un vuoto.
Interessanti studi tra antropologia culturale e neuroscienze, riferendosi
in particolare alla plasticità delle diverse aree del cervello umano,
dimostrano che la cultura è responsabile di parte dello sviluppo biologico
delluomo e che lesperienza e gli apprendimenti rafforzano
in qualche modo il nostro bagaglio biologico costituzionalmente dato(7).
Al di là di ogni determinismo biologico o socio-culturale, possiamo comunque
dire che lidentità di un individuo è frutto di un processo relazionale
(di relazioni intrattenute con altri individui e con lambiente circostante)
che non si conclude che con la fine dellesistenza. La cultura e
la società non sono entità nate prima delluomo, non sono neanche
statiche, sono prodotti umani in continuo mutamento. Anche lessere
umano può essere visto come un cantiere sempre aperto(8).
Da queste considerazioni si può trarre unaltra particolarità del
rapporto tra luomo e il territorio: esso può variare se variano
lordine culturale e il sistema sociale,
in altre parole lappartenenza ad un gruppo culturale(9)
condiziona latteggiamento verso il territorio, così come a variabili
sociali(10) differenti corrisponde un diverso modo di percepire
lambiente.
In uno studio antropologico degli anni 50 viene rilevato come per
le popolazioni dellisola di Bali fosse estremamente importante avere
sempre la cognizione della propria posizione nello spazio, tanto che i
punti cardinali sono tra le prime parole insegnate ai bambini e sono addirittura
usate per la geografia del corpo: per indicare una mosca sulla vostra
guancia, un balinese vi dirà che è sul lato occidentale
del vostro viso.
Lì, infatti, "lorientamento è sentito come una protezione piuttosto
che come una guaina stretta e la sua perdita provoca una estrema ansietà.
Se si prende un balinese e lo si porta via in fretta in auto fuori dal
villaggio nativo, tanto da fargli perdere lorientamento, il risultato
possono essere parecchie ore di malessere e la tendenza ad addormentarsi."(11)
Allinterno della stessa società, possono esserci differenze nella
relazione e quindi nella percezione del territorio. Le ricerche fatte
finora (è bene contestualizzare: qui si parla delle società occidentali
europee) riportano che esistono delle dissonanze percettive: ad esempio, di frequente larea del
senso di appartenenza territoriale femminile è più ristretta di quella
maschile; le donne, inoltre, hanno una maggiore percezione del rischio
in ambienti urbani, tanto da non frequentare del tutto alcune zone. La
percezione dello spazio dei bambini è più "localistica" di quella
degli adulti, hanno meno punti di riferimento mentali e tendono a isolare
dal contesto globale alcuni elementi particolari. Anche il tipo di professione
esercitata influisce e determina un particolare "punto di osservazione".
Un commerciante potrà interpretare in modo positivo un affollamento della
via in cui è situata la sua attività (pensando che tra le persone possano
esserci dei potenziali clienti). Un architetto potrà trovare interessante un edificio storico che per altre persone
è prima di tutto in cattivo stato di conservazione(12).
Così un turista può associare alla montagna invernale immagini collegate
al "fuoco del caminetto, paesaggi innevati, aria pura, natura selvaggia,
riposo e vacanza", mentre un gruppo di abitanti locali può pensare
nello stesso tempo a "difficoltà di circolazione, influenza e mal
di gola, tormenta e lavoro perso"(13).
Le montagne,
segno forte nel territorio
Solo meno di quattrocento anni fa, la Valle dAosta aveva
"altissime rupi che mettono horrore a risguardarle"(14)
e lintero arco alpino appariva un insieme di monti "aspri e
sterilissimi"(15). Negli scritti dellepoca, le cime
sembrano più figlie di una burbera matrigna che di una tenera madre-terra.
Non si trovava un interesse particolare per lambiente selvaggio,
dove non si percepiva lintervento delluomo.
Bisogna aspettare le esplorazioni del Settecento, per cambiare idea. Saranno
prima la razionalità della ricerca scientifica (di botanici, ingegneri
minerari e cartografi) e il desiderio di conquista degli alpinisti e,
solo successivamente, la sensibilità romantica di fine secolo a diffondere
immagini tali da far amare e conoscere la montagna a chi non la abitava
già(16).
Una ricerca condotta ad Aosta nel 1997, con più di cento tra bambini e
ragazzi dagli 8 ai 13 anni, ha dato alcuni risultati simili sulla percezione
del territorio montano(17).
Si domandava: "Immagina per un attimo di essere in vacanza. Come
descrivi a persone appena conosciute il luogo dove abiti?" con
la finalità di comprendere il senso di appartenenza territoriale e le
rappresentazioni mentali ad esso connesse (supponendo che ad una immagine
positiva corrispondano sentimenti positivi da cui deriva un legame positivo
con il territorio di appartenenza).
Più di un quarto dei ragazzi intervistati ha immaginato di descrivere
la città (ma la maggior parte era residente proprio nel capoluogo); le
rappresentazioni contengono in misura minore anche immagini ristrette
allo spazio abitativo domestico: "Cè un prato rettangolare
con la mia casa in basso a destra e dei noci su una salita",
"In un condominio con un cortile dove gioco".
I ragazzi che abitano in paesi vicini ad Aosta hanno fatto naturalmente
riferimento al loro villaggio. Pochi hanno parlato della Valle intera
(solo il 6%) e uno solo ha parlato dellItalia (questo senso di appartenenza
allargato rispetto ai coetanei è dovuto al fatto
che il bambino ha la madre ugandese).
Più della metà dei bambini senza grosse differenze tra maschi e
femmine esprime aggettivazioni positive legate al territorio, definendolo
"meraviglioso", "bello", "rilassante".
Solo l8% dice "è un posto deserto senza una persona",
"schifoso", "fa freddo", "non
cè niente per i bambini". Le montagne sono presenti come
segni forti nel paesaggio, ma anche negli immaginari dei ragazzi. Più
del 40% le considera fondamentali nel descrivere il luogo dove abita;
alcuni le collegano agli sport invernali, altri al tempo libero e alle
passeggiate, ma i più connettono la naturalità del luogo ad una migliore
qualità della vita: "qui cè aria fresca", "pura",
"non passano molte macchine", "non cè
smog".
E se le montagne
non ci fossero più?
"Le montagne a cosa servono? Se si potessero sopprimere,
cosa perderebbe la natura se non un peso inutile?(18)"
pensava il teologo Thomas Burnet nel XVII secolo.
Luogo di eremiti e di pastori, di miniere e di foreste secolari, di animali
selvaggi e mitologici, di fragili paesaggi biodiversi e di identità culturali trasversali, le
montagne delimitano la piana centrale e le valli laterali della nostra
regione.
La percezione delle montagne - in particolare delle Alpi - è cambiata
per via della conoscenza scientifica settecentesca e dei racconti dei
viaggiatori romantici dellOttocento: entrambi hanno permesso di
guardare in modo nuovo le cime. Da "orrende " e "aspre"
sono diventate nel corso del tempo - e a volte in modo massiccio - meta
ambita di vacanze ad ogni stagione. Nel 2002, sotto legida delle
Nazioni Unite e della Fao, vengono celebrate nellAnno internazionale
delle montagne e riscoperte sotto tutti i punti di vista. Un bel passo
avanti nella conoscenza del nostro ambiente.
La relazione con il territorio è una delle relazioni significative per
la costruzione della nostra identità. Manifestiamo la nostra appartenenza
territoriale anche quando ci definiamo valdostani o italiani, immaginando di condividere un territorio
- e non solo una cultura - con i nostri connazionali. Noi apparteniamo
al territorio in cui viviamo, troviamo in esso punti di riferimento mentali,
una rete di luoghi che non solo quotidianamente visitiamo.
Stefania Lusito
Laureata in sociologia, ha seguito
un corso di perfezionamento in antropologia culturale.
Dal 1991 si occupa nellAmministrazione regionale di tematiche relative
al territorio. Collabora con la rivista Environnement ed alcune testate
locali.
s.lusito@regione.vda.i
Note
(1) TULLIO-ALTAN C., Ethnos e civiltà,
Milano, Feltrinelli, 1995.
(2) MELA A., BELLONI M. C., DAVICO L., Sociologia e progettazione del
territorio, Roma, Carocci, 2000.
(3) TURRI E., Antropologia del paesaggio, Milano, Edizioni di Comunità,
1974.
(4) TURRI E. , op. cit.
(5) MELA A., BELLONI M. C., DAVICO L., op.cit.
(6) BERGER P., LUCKMANN T., La realtà come costruzione sociale, Bologna,
il Mulino, 1992.
(7) "Nellottica delle neuroscienze, è a livello delle connessioni
sinaptiche che il cervello mostra la sua plasticità: il modellamento che
la cultura svolge sulla natura biologica si configura come unopera
di sfrondamento, di selezione, di irrigidimento, di scelta di alcune possibilità
e di abbandono di altre", in Forme di umanità. Progetti incompleti
e cantieri sempre aperti, a cura di F. REMOTTI, Torino, Paravia, 1999.
Si veda anche larticolo "Antropologia della libertà",
di E. MORIN, in Pluriverso, n.4, 2000 da cui: "Così ogni cultura,
tramite il suo sistema educativo, il suo regime alimentare, i suoi modelli
di comportamento, reprime, inibisce, favorisce, stimola, sovradetermina,
(
) esercita i propri effetti sul funzionamento cerebrale e sulla
formazione della mente, e così interviene per organizzare e controllare
linsieme della personalità".
(8) REMOTTI F., Contro lidentità, Bari, Laterza, 1997.
(9) Data la confusione che spesso regna intorno al concetto di "cultura",
è bene chiarire che, riprendendo la definizione di Francesco Remotti,
la cultura interpreta il mondo circostante, fornisce il senso delle cose,
da "forma" agli individui. E insieme modo di vivere
e visione del mondo, si esprime perciò attraverso pensieri e azioni specifiche
nel tempo e nello spazio.
(10) Tra le variabili sociali classiche ci sono età, genere (maschile/femminile),
condizione sociale, grado di istruzione, ecc.
(11) Lo studio di G. Bateson e M. Mead, Balinese Character, a photographic
analysis, 1947 viene riportato in LA CECLA F., Perdersi. Luomo senza
ambiente, Bari, Laterza, 2000.
(12) MELA A., BELLONI M. C., DAVICO L., op. cit.
(13) La ricerca viene riportata in CAMANNI E., La nuova vita delle Alpi,
Torino, Bollati Boringhieri, 2002.
(14) CUAZ M., Valle dAosta. Storia di unimmagine, Bari, Laterza,
1994. Losservazione si deve a Vigilio Vescovi, procuratore a Issogne
del conte di Challant-Madruzzo nel 1638.
(15) Ibidem. E lambasciatore veneziano a Torino, Giovanni
Francesco Morosini, che nel 1570 definisce così le Alpi.
(16) CUAZ M., "La scoperta della montagna. Scienza, teologia e sentimento
della natura", in LAlpe, n. 6, 2002.
(17) LUSITO S., Processi identitari in Valle dAosta. Identità ed
etnicità nelle società complesse, tesi di laurea, a.a. 1998-1999.
(18) JOUTARD Ph., Linvention du mont Blanc, Paris, Gallimard/Julliard,
1986.
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