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Quattordici folletti
nella scuola di Ayas
Nel
racconto di uninsegnante "venuta
dal mare", una testimonianza particolare.
Esistono i folletti, eccome
se esistono. Sono quelle creaturine che vivono in simbiosi con la natura,
che hanno rispetto estremo per le piante e gli animali e che sono capaci
di vedere le cose con gli occhi ingenui e disincantati. Bisogna soltanto
saperli riconoscere, e questa non è una cosa facile.
Generalmente vivono in case fatte di legno, abitano nei pressi di boschi
e foreste, e proprio vicino ad un bosco hanno la scuola; ciò però non
assicura la loro presenza, ed allora non bisogna aspettare altro che siano
loro a decidere di mostrarsi. E se sono veri folletti, lo fanno nel modo
più insolito e discreto.
Sono linsegnante di italiano, della scuola media di Champoluc, sezione
I G, e provengo da un luogo di mare. A volerla dire tutta, io sul mare
ci sono nata e cresciuta, e di sicuro una buona componente dei miei cromosomi
è fatta di salsedine. Di conseguenza, quando a settembre mi sono ritrovata
ad avere chiara lidea di che luogo fosse la Val dAyas, lo
sgomento che mi è uscito dagli occhi non è sfuggito a nessuno. Sconvolta
dal loro patois incomprensibile e dal loro comunicare per mezzo
di frasi per me assurde, scrutavo con una sensazione di curiosità e divertimento
quella classe così particolare ed "aliena".
Daltra parte, la solita sensazione di "stranezza" si leggeva
anche nei loro occhi nel guardare me che sembravo uscita da un cartone
animato: vestita da araba, eccessivamente abbronzata e che esponevo le
mie scoperte archeologiche.
Alla fine del secondo quadrimestre, ho svolto uno degli argomenti previsti
dal mio programma annuale: la poesia.
Programma svolto |
Autori:
R.M. Rilke: Il risveglio del vento
S. Penna: Il mare è tutto azzurro
Anonimo: Primavera e farfalle
C. Sbarbaro: La corte
M. Moretti: Un fungo, Autunno
S. Comes: Pioggia
P. Neruda: Sono felice
Alcmane: Dormono le cime dei monti
U. Saba: A mia moglie
Tecniche:
La personificazione, la similitudine, la metafora, creazione di
poesie, "close" su alcune poesie. |
La classe è particolarmente
attenta, affascinata dal modo in cui i poeti esternano i loro stati danimo.
Colgo al volo questo interesse. Leggiamo autori del passato e contemporanei,
spiego le tecniche con cui essi descrivono le loro sensazioni. Una mattina
in cui nevica, decido di sorprenderli, facendo creare brani poetici che
esprimano i loro sentimenti di felicità e tristezza, lasciando loro la
libertà di utilizzare immagini tratte dal mondo del bosco, della natura
e della realtà in cui sono immersi. Ed invece sono loro a sorprendere
me: questi bambini hanno saputo cogliere, con semplicità ed immaginazione,
alcuni aspetti della loro realtà, divenendo essi stessi poeti naïfs.
Gli stessi colori diventano parte integrante non solo del paesaggio in
cui vivono, ma anche delle loro emozioni: "la gioia ha un colore
rosa ... la felicità è bianca ... ho trovato il silenzio e mi appare dargento
... la tristezza è azzurra".
Pur vivendo la loro spensierata infanzia immersa ancora nei giochi
ed a contatto con la natura e gli animali hanno saputo manifestare la
loro sensibilità mediante sensazioni efficaci immediate: "allimprovviso
discende la notte
allarrivo della primavera i fiori sbocciano
e lasciano un intenso profumo di gioia". Non sono mancate espressioni
insolite e divertenti: "I gomitoli sembrano pecore non ancora
tosate ... il sole è già stato acceso ... io sono un gatto, sono il fratello
della sera ... la gioia arriva e scappa come un coniglietto
i campi
arati assomigliano a delle crostate ... hanno la forma del manto delle
tigri ...la ragnatela è la rabbia e la cattiveria ... la paura è come
un lupo affamato ... quando nevica sembra che il cielo si stia grattando
la testa".
Si denota un loro perspicacissimo spirito di osservazione: "il
sole cala e la piccola mosca ancora vola
senza qualcuno che mi
rallegra sarei già perduto
la felicità è il mio cane che mi lecca
il viso".
E poi hanno intuizioni felici: "sono una canzone suonata dal
liuto ... la notte è oscura come un mantello
un petalo leggiadro
e morbido come il muso del gatto" o fantastiche: "Appaiono
in silenzio sette mosche dal velluto dargento".
Dalle loro esperienze sono
sorte queste ed altre similitudini che, con una spontaneità estrema, sono
state in grado di esprimere i loro stati danimo di gioia, di paura
e di tristezza.
Ed allora, mi auguro che questi bambini possano, crescendo, conservare
intatta questa loro interazione spontanea ed interessata con lambiente
di cui sono intrisi, e che possano mantenere a lungo quella vena sognatrice
ed un po umorista con cui sembrano guardare, muoversi e valutare
questa realtà che li circonda.
Vorrei che restassero così come sono ora: con la capacità di stupirsi
per "la brina che sè posata sulle foglie", con
la capacità di entusiasmarsi di fronte al cadere della neve, di guardare
sempre tutto quanto con il loro commuovente candore, sempre pronti ed
accorti a percepire le innumerevoli e differenti "vibrazioni"
che offrono loro i verdi boschi di questa valle.
Auguro a questi folletti, che non sognano di diventare calciatore o velina,
ma guardaboschi/guardaparchi o veterinario, di esaudire i loro desideri,
e di continuare ad avere nel loro diario le foto dei cuccioli dei lupi
e delle volpi. Di restare, insomma sempre folletti. Che poi è un dovuto
atto di amore nei loro confronti.
Grazia Franciosi
Insegnante di italiano
presso lIstituzione scolastica Evançon 1 di Verrès nella.s.
2001/02.
Appassionata di gatti e di viaggi tra le culture arabe.
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