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Conoscere, prevenire e curare le difficoltà di
comunicazione e di apprendimento

A scuola, il tempo dedicato al linguaggio orale, è ancora troppo spesso percepito come sprecato. Occorre invece favorire il suo sviluppo attraverso percorsi specifici perché il linguaggio è soprattutto uno strumento per costruire relazioni, progetti e conoscenze. Logopedisti ed insegnanti, possono coordinare interventi mirati per prevenire e curare le difficoltà di comunicazione e di apprendimento.

Il linguaggio verbale è senza dubbio la funzione umana più complessa, che ci distingue dalle altre specie animali. La sua economicità, facilità e semplicità sono ingannevoli e solo apparenti, legate al fatto che la maggior parte dei meccanismi linguistici sono automatizzati (almeno nel soggetto adulto) e largamente incoscienti. Tanta complessità è oggetto di studio di innumerevoli scienze: la linguistica, la psicologia, la psicolinguistica, la neuropsicologia, la medicina, la pedagogia, l’antropologia, la filosofia, la sociolinguistica.
A ciascuna disciplina corrisponde un’interpretazione del linguaggio, delle sue costituenti, del suo sviluppo, delle sue funzioni. L’estrema diversificazione degli studi e dei risultati raggiunti è conseguenza diretta della complessità del linguaggio, oggetto multicomponenziale e multifunzionale, che attiva funzioni sensoriali, motorie, percettive e cognitive.
È comprensibile, quindi, come nel delicato equilibrio funzionale di una persona, molti fattori possono essere causa di disturbi più o meno gravi della comunicazione orale e di conseguenza del linguaggio.
Insegnanti e logopedisti sono le figure che nella loro attività professionale quotidiana devono in continuazione integrare le diverse letture (sociali, pedagogiche, filosofiche, psicologiche, mediche…) del linguaggio e dei suoi costituenti, per favorire lo sviluppo della comunicazione verbale in tutti i soggetti ed in modo particolare in quelli con disturbi.
Tener presente contemporaneamente più aspetti dello stesso problema è molto difficile, ma è indispensabile per non scivolare in interpretazioni parziali, riferite a volte solamente alla disfunzione, alla difficoltà specifica di linguaggio, perdendo di vista le potenzialità comunicative del soggetto, le competenze, il significato che il disturbo assume nell’ambiente sociale in cui vive, in che rapporto sta con altre eventuali difficoltà di apprendimento e di relazione.
La lettura articolata del disturbo permette anche di mettere a punto progetti d’intervento che tenendo conto, della funzione linguistica nella totalità di tutte le sue componenti, intervengano sugli aspetti più compromessi del soggetto e li affrontino in funzione dei suoi bisogni comunicativi specifici.

I DISTURBI DEL LINGUAGGIO

La capacità di comunicare attraverso il linguaggio verbale può essere compromessa da:
• disturbi della pronuncia, provocati da cause organiche del vocal tract [esempio i soggetti con malformazioni congenite ed acquisite degli organi fonoarticolatori (bocca, labbra, naso, gola)];
• disturbi della voce di tipo organico (presenza di malformazioni a livello della laringe) o funzionali (la voce è uno dei principali indicatori della status psicologico e quindi soggetta ad alterazioni in relazione alla situazione psico-fisica della persona);
• disturbi della fluenza (balbuzie);
• disturbi delle funzioni corticali superiori, con specifica compromissione delle capacità di comprensione e di produzione linguistica (per esempio: afasie, agnosie, aprassie, disturbi dovuti a lesioni che interessano le aree cerebrali che sovrintendono alla realizzazione del linguaggio soprattutto nelle componenti neuropsicologiche e cognitive);
• disturbi centrali della motricità del distretto fono-articolatorio (disartria, cioè la difficoltà di produzione del linguaggio per insulti cerebrali interessanti le aree di programmazione dei movimenti necessari ad articolare il verbale);
• disturbi secondari ad "insufficienza mentale" e demenza;
• disturbi da lesione sensoriale (la sordità che interferisce sempre nella produzione del linguaggio con gradi diversi di compromissione in relazione all’epoca di insorgenza, al tipo e alla gravità della lesione; sullo sviluppo del linguaggio si ripercuotono anche disturbi della funzione visiva, tattile, olfattiva e gustativa in quanto tutti contribuiscono alla costruzione di concetti, di conoscenze e quindi di parole attraverso l’esperienza sensoriale);
• disturbi linguistici, da cause disfunzionali (dislalie funzionali di varia origine, disprassie articolatorie, dispercezioni uditive e visive, disturbi semantici, disturbi morfo-sintattici, pragmatici), sono quei disturbi che non possono essere fatti risalire a situazioni malformative o a patologie organiche, ma che trovano origine in disturbi che interessano l’integrazione di funzioni diverse. Ad esempio, le dislalie si presentano come una difficoltà ad articolare e produrre in modo corretto i suoni componenti le parole in soggetti, senza nessun tipo di altro problema fisico o psicologico;
• disturbi di sviluppo del linguaggio (si riferiscono ad un insieme di "perturbazioni" linguistiche che possono manifestarsi nei bambini in età prescolare e che possono persistere oltre l’inizio della scolarizzazione. Si caratterizzano per un ritardo temporale e/o per delle deviazioni rispetto allo sviluppo normale delle capacità linguistiche, vengono chiamati ritardi di linguaggio o disfasie; si tratta di un deficit persistente delle competenze verbali, significativo in relazione alla norma stabilita per l’età cronologica, non è legato ad un deficit uditivo, ad una malformazione degli organi fono-articolatori, ad un’insufficienza mentale, a lesioni cerebrali acquisite o congenite, ad un grave disturbo di sviluppo, ad un disturbo psico-relazionale, a carenze affettive ed educative);
• disturbi da inadeguatezze socio-culturali ed affettive;
• disturbi degli apprendimenti curriculari e non (learning diseases, dislessie, disortografie, disgrazie…).
I disturbi del linguaggio possono essere presenti dalla nascita o comparire in qualsiasi epoca della vita di un soggetto. Le forme disfunzionali conseguenti a ritardi e ad anomalie dello sviluppo sono particolarmente riscontrabili nei bambini della scuola materna e dei primi anni della scuola elementare, possono anche risolversi in modo spontaneo, ma i soggetti colpiti, se non opportunamente supportati, non sono poi in grado di sviluppare competenze linguistiche elaborate. Nella popolazione in età scolastica sono riscontrabili in modo più o meno elevato, a seconda delle realtà sociali, anche i disturbi di comunicazione da carenze socio-culturali.

"D’ailleurs, la langue que l’on emploie change selon l’interlocuteur. Il y a le français parlé en famille, celui qu’on emploie avec les voisins et les commerçants, celui qu’on prend pour se présenter à un employeur, etc. En réalité, avec chaque nouvel interlocuteur, vous mettez au point, petit à petit, une façon de parler qui n’est pas exactement la même que celle que vous prenez avec un autre interlocuteur. Celui qui parle bien une langue sait la parler de plusieurs façons en adaptant instantanément et automatiquement son style de parole à celui qui l’écoute, en s’occupant non pas de bien parler la langue mais d’être facilement et agréablement compris . "

François Le Huche, phoniatre

Le difficoltà di linguaggio (difficoltà di conversazione, di narrazione, di rielaborazione orali) connesse ai disturbi specifici di apprendimento sono molto diffuse e si attestano in Italia intorno al 4%-5% della popolazione scolastica.
I disturbi del linguaggio secondari o associati a patologie organiche di vario genere (sordità, sindrome di Down, paralisi cerebrali infantili, autismo, quadri malformativi) fanno parte di quelle disabilità che i traguardi raggiunti dalla medicina moderna hanno contribuito a ridurre, ma purtroppo non a debellare. Ogni intervento sui disturbi secondari deve partire dal presupposto che la comunicazione è uno dei bisogni fondamentali della persona a cui deve essere data la possibilità di esprimersi e di essere ascoltata attraverso qualsiasi tipo di codice verbale, gestuale, iconografico.
Anche in campo logopedico assumono sempre più importanza la prevenzione e l’individuazione precoce dei soggetti con disturbi di linguaggio o a rischio di svilupparli. Gli interventi educativi e/o rieducativi precoci in età evolutiva consentono di evitare che disturbi di linguaggio, se non opportunamente trattati, possano instaurarsi definitivamente, compromettendo lo sviluppo della persona nella sua globalità e limitando le sue scelte di vita (isolamento sociale, abbandoni scolastici, disadattamenti, attività lavorative non soddisfacenti).
La classificazione dei disturbi di linguaggio è solo in minima parte utile nell’intervento educativo o rieducativo.
Ogni persona è unica, ogni persona con disturbo del linguaggio è unica, non esistono interventi standard, si lavora caso per caso. Questo tipo di intervento "à la carte" richiede immaginazione, apertura mentale, intraprendenza, capacità di mettersi in discussione davanti ad ogni soggetto; ciò è quanto viene richiesto a coloro che (logopedisti, insegnanti) lavorano con il linguaggio per costruire il linguaggio.

La pragmatica, situazione contestuale della comunicazione verbale

Non si possono affrontare i disturbi di linguaggio senza tener conto della componente pragmatica della comunicazione verbale, la situazione in cui si svolge la comunicazione condiziona la comprensione e le produzioni linguistiche del parlante. L’aspetto pragmatico del linguaggio riguarda le caratteristiche della sua utilizzazione, le motivazioni psicologiche dei parlanti, le reazioni dell’interlocutore, le caratteristiche dei discorsi, l’oggetto dei discorsi, ecc. Dal punto di vista del parlante, si tratta della capacità di effettuare contestualmente delle scelte appropriate di contenuto, forma e funzione.
La pragmatica è retta da un certo numero di regolarità che permettono alla comunicazione tra individui di funzionare e di essere oggetto di "riparazioni" quando c’è un difetto nell’interazione. Questa capacità deve essere acquisita come la dimensione linguistica e contemporaneamente a questa. I bambini, infatti, devono imparare a comunicare le loro intenzioni, a gestire una conversazione, a trattare l’implicito, a costruirsi delle rappresentazioni delle situazioni di comunicazione al fine di utilizzare le loro competenze linguistiche in maniera appropriata. Tutti questi aspetti sono fondamentali nello sviluppo delle capacità linguistiche.
Le componenti pragmatiche della comunicazione verbale permettono di capire le difficoltà di linguaggio nella conversazione; alcuni soggetti, ad esempio, non riescono a gestire una conversazione, a prendere o cedere la parola, a produrre enunciati adatti all’interlocutore, a stabilire e mantenere l’argomento di conversazione o a negoziare il cambiamento. Altri soggetti non riescono a rispondere in modo coerente a domande di chiarificazione o di conferma che caratterizzano una difficoltà conversazionale momentanea, per cui danno risposte senza nessi con la domanda dell’interlocutore.
È il caso, ad esempio, di alcuni adolescenti con pregressi disturbi di sviluppo del linguaggio, magari superati spontaneamente, che utilizzano un linguaggio sintetico e frammentario.

Specificità del linguaggio orale : gli aspetti di cui tener conto

Gli interventi sui disturbi del linguaggio implicano il riconoscimento della sua specificità. Le rappresentazioni del linguaggio orale nelle culture occidentali sono fortemente influenzate dalle rappresentazioni scritte, mentre ormai è stata ampiamente dimostrata l’indipendenza dei due codici. Gli studi linguistici più recenti hanno rilevato dettagliate e significative caratterizzazioni del testo orale e del testo scritto.
La parola detta non può essere "corretta" o meglio la correzione della parola detta lascia traccia della parola "detta male" ("aveva detto poi si è corretto…"), la correzione della scrittura non lascia traccia, la parola scritta sbagliata si cancella.
Il testo parlato viene prodotto all’istante e la possibilità di controllo e di pianificazione è immediata e limitata dalle competenze linguistiche del parlante.
Nel testo scritto la funzione di controllo è un requisito fondamentale. Il discorso orale non è mai lineare, compaiono sempre esitazioni, ripetizioni, incisi, correzioni, enunciati non completi. Il testo scritto, invece, è più strutturato, sconta, però alcune omissioni: non si possono rendere per iscritto l’intonazione il ritmo, la pronuncia.
Il parlato è evanescente, la scrittura si caratterizza per la sua stabilità, si scrive solo ciò che si ritiene importante.
La scrittura richiede correttezza lessicale e morfo-sintattica, che all’orale non sono sempre necessarie per garantire la comprensibilità del messaggio.
Infine, ciò che si scrive è molto più pubblico di ciò che si dice, i testi circolano. Lo scrivente, ancora, deve tener conto di quanto il lettore sa e non sa, deve pre-figurarsi le domande e ipotizzare le risposte, deve strutturare il testo.
A livello educativo e rieducativo è necessario quindi prevedere progetti d’intervento che prevedano l’integrazione del codice scritto e del codice orale e che rispettino la specificità di ciascuno. Occorre di conseguenza rivalutare il linguaggio orale e favorire il suo sviluppo attraverso specifici percorsi. Per i soggetti con disturbo specifico di apprendimento, ad esempio, il linguaggio orale è l’unico codice per dimostrare le loro competenze cognitive.

COME AFFRONTARE IL DISTURBO DEL LINGUAGGIO.
DALLA VALUTAZIONE AGLI INTERVENTI

Nella nostra cultura è ancora molto diffusa la convinzione che linguaggio ed intelligenza siano sinonimi, un disturbo del linguaggio verbale è ancora troppo spesso collegato ad un disturbo di tipo intellettivo ("Se non parla non mi capisce", "Se non parla bene non è intelligente").
Soggetti con gravi patologie, impossibilitati ad utilizzare il codice verbale hanno dimostrato l’infondatezza di tali affermazioni, sviluppando competenze intellettive normali e supplendo il codice verbale con codici comunicativi alternativi.
Di fronte ad un disturbo, ad una difficoltà di linguaggio, in risposta al disagio che provoca l’impossibilità o la limitazione di utilizzare il codice verbale scattano meccanismi, per lo più di difesa che consistono:
• nel non coinvolgimento, nella delega allo "specialista", come se la comunicazione verbale fosse un processo isolabile che non fa parte della quotidianità delle relazioni;
• nella riduzione della comunicazione con la persona in difficoltà. Il "non lo metto a disagio" è in realtà un atteggiamento che nasconde la difficoltà dell’interlocutore a farsi carico dell’altrui comunicazione.
È possibile superare questi comportamenti attraverso la consapevolezza che il linguaggio verbale si costruisce nell’interazione verbale continua. Occorre allora attribuire un significato diverso ai termini valutazione, ascolto e riformulazione.

La valutazione

Nel processo di valutazione del linguaggio occorre non limitarsi all’individuazione della disfunzione, ma prestare attenzione alle potenzialità comunicative di ogni parlante. I parlanti di una stessa comunità linguistica pur condividendo le regole linguistiche le utilizzano in modo diverso per fattori inter-individuali o intra-individuali.
I fattori
inter-individuali sono: l’età, il sesso, il livello socio-culturale, l’appartenenza geografica, che è alla base di variazioni fonologiche, lessicali e sintattiche.
Tra i fattori intra-inividuali un ruolo molto importante riveste la situazione di comunicazione. Un parlante può modulare il suo discorso in funzione della situazione in cui si trova, in funzione delle aspettative dell’interlocutore, in funzione dei propri bisogni comunicativi (farsi capire, ottenere approvazione, convincere l’interlocutore).
Alcuni autori hanno descritto i fenomeni di ipercorrezione che compaiono quando un parlante, desideroso di adattarsi ad un interlocutore, adotta un linguaggio più complesso, superiore alle sue abitudini linguistiche. In situazioni di "insicurezza linguistica" si assiste a fenomeni di ipercorrezione grammaticale ed a scorrettezze lessicali (ad esempio nei bambini e negli adolescenti che si cimentano con linguaggi disciplinari specifici).
Assume quindi un’importanza fondamentale la valutazione del linguaggio spontaneo in situazioni diverse. Ascoltare più volte la registrazione di un’interazione verbale durante il gioco o durante una conversazione può darci indicazioni preziose sulla competenza linguistica di un soggetto e del livello in cui si collocano eventuali disfunzioni. L’utilizzo di test, prove, situazioni strutturate (descrizione di immagini, denominazione, ripetizione) sono strumenti complementari di valutazione e sono importanti perché ci permettono di conoscere nello specifico la forma del linguaggio. Il limite di questi ultimi strumenti sono la loro astrattezza e la lontananza dall’uso spontaneo della lingua.

L’ascolto

L’insegnante o il terapeuta sovente rischiano un ascolto parziale, sono più propensi a definire patologiche alcune produzioni anziché limitarsi a valutarle scorrette e appartenenti al normale modo di comunicare del soggetto in questione. Un ascolto attento e approfondito, al contrario, permette di cogliere le "debolezze" del parlante e consente un intervento più mirato e consapevole. L’insegnante e il terapeuta, infatti, non devono mai dimenticare che la crescita del parlante con disturbi del linguaggio è possibile grazie all’interlocutore che, riformulando in modo più articolato gli interventi del soggetto in difficoltà, invia messaggi di comprensibilità e rilancia lo scambio verbale.

La riformulazione

L’importanza del dialogo nello sviluppo del linguaggio è stata sottolineata da numerosi autori. Imparare a parlare e a capire significa apprendere, oltre al lessico e alle strutture grammaticali, i diversi tipi di concatenamento degli enunciati nel discorso dell’interlocutore e nel proprio, sapere alternativamente rispondere, raccontare, argomentare e comparare.
Nella relazione che si instaura tra i parlanti in un dialogo si distinguono diversi tipi di discorso:
• discorsi di dominanza: uno dei parlanti impone gli argomenti di discussione (ad esempio, i discorsi adulto bambino);
• discorsi di cooperazione: ogni soggetto introduce un tema di discussione che tutti possono modificare;
• discorsi conflittuali: i soggetti confrontano i loro punti di vista.
In tutti questi tipi di discorsi spesso i parlanti utilizzano la riformulazione per ribadire concetti, idee, per confrontare la correttezza interpretativa, ecc.
Esistono due tipi di riformulazione:
• la ripetizione completa, che consiste nella ripetizione esatta di un enunciato precedentemente prodotto;
• la riformulazione parafrastica, che implica delle modificazioni della formulazione iniziale.

L’utilizzo consapevole della riformulazione in funzione delle specifiche difficoltà è una tecnica particolarmente facilitante per il soggetto con disturbi di linguaggio.
È una strategia utilizzata in rieducazione in quanto:
• è accettata e adottata dai bambini con disturbi del linguaggio;
• è facilmente applicabile in attività di gioco, di conversazione, di narrazione;
• permette ai soggetti in difficoltà di appropriarsi di formulazioni che non utilizzavano;
• funziona in situazione immediata e differita.

La riformulazione parafrastica è una tecnica utile anche negli interventi con gli adolescenti e gli adulti con difficoltà di linguaggio. Nello scambio comunicativo permette all’interlocutore di riformulare il concetto e l’enunciato, inviando contemporaneamente informazioni sulla comprensibilità del messaggio e proponendo un modello di espressione corretto.

CONCLUSIONI

Gli scambi conversazionali e narrativi sono strumenti fondamentali per appropriarsi del linguaggio sia per i soggetti in età evolutiva sia per le persone che, per motivi diversi, sono in difficoltà nell’utilizzare il codice verbale. Per riappropriarsi del linguaggio orale è opportuno recuperare il piacere di parlare. Il tempo dedicato a parlare è percepito ancora troppo spesso come tempo sprecato, che non lascia tracce, per superare questa idea è necessario considerare il linguaggio come un atto, un’azione e quindi come uno strumento per fare, per costruire relazioni, legami, progetti, condivisioni e conoscenze.
Affrontare i disturbi di linguaggio significa anche andare alla ricerca di nuovi spazi e modalità di collaborazione tra i diversi partner (famiglia, insegnanti, logopedisti, soggetti in difficoltà) per coordinare interventi mirati a prevenire e a curare le difficoltà di comunicazione e di apprendimento.
In quest’ottica si pone
Lo Sportello logopedico all’interno della scuola, pensato come luogo di incontro per ascoltarsi, confrontarsi, conoscere le difficoltà di linguaggio e di apprendimento ed individuare insieme percorsi d’intervento.

Ester Ivana Rosotti
Logopedista, libera professionista.
Dal 1993 al 2002, membro del GLIR (Gruppo di lavoro istituzionale regionale per l'integrazione scolastica).
Collabora attualmente con alcune Istituzioni scolastiche (Sportello logopedico).

 

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