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Dar voce ai ragazzi in difficoltà

Anche alla scuola media, esistono difficoltà a gestire le attività orali, in particolare, quando si lavora con alunni in situazione di handicap. Il linguaggio teatrale, potenziando la motivazione, contestualizzando ogni discorso, è una modalità espressiva importante per dar voce e dignità anche ai ragazzi in difficoltà.

L’orale nella nostra società

Nella nostra società la lingua parlata ha acquisito maggiore dignità rispetto al passato. Supportata dagli altri linguaggi non verbali (visivo, gestuale, musicale) prevale alla radio, nell’informazione e, soprattutto alla TV, nella narrativa (telefilm, film).
Un tempo, la documentazione storica, scientifica, tecnologica si basava esclusivamente su testi scritti che ne consentivano la sedimentazione e ne garantivano la diffusione.
Oggi nuove tecnologie permettono di trasmettere nel tempo e nello spazio il sapere, mantenendo la situazione della comunicazione orale attraverso videocassette, enciclopedie informatizzate, registrazioni audiovisuali di conferenze o dibattiti. Anche i rapporti interpersonali a distanza si possono coltivare attraverso canali orali (telefono, videotelefono).
Attualmente, grazie ad una maggiore diffusione della cultura sono richieste a tutti maggiori capacità nel proporsi, nel dialogare, nell’esporre, nell’argomentare.
La distanza tra la lingua orale e la lingua scritta si è ridotta di molto: la prima, intesa come italiano regionale, è effettivamente praticata dalla maggioranza, la seconda ne assorbe sempre di più strutture, terminologie, modalità espressive, basti citare il linguaggio giornalistico e la lingua di nuovi scrittori come, ad esempio, Alessandro Baricco.
Se si prendono in considerazione le esigenze della quotidianità, è indispensabile saper parlare e comprendere il parlato, è utile saper leggere (anche se ormai molte indicazioni sono date dalla grafica), mentre la produzione scritta è affidata prevalentemente agli “specialisti” cioè ai professionisti.
Insomma, a farla breve, si può sopravvivere discretamente anche senza scrivere e la maggior parte delle persone si accontenta di qualche appunto. Solo il computer e gli SMS hanno rivalutato la scrittura, ma per lo più i testi si riducono a brevi frasi colloquiali.

L’orale nella scuola

La scuola, nello specifico la scuola media, si è adeguata solo in parte a queste esigenze. Gli insegnanti si esprimono parlando, ma esigono per lo più che i ragazzi comunichino scrivendo. Questo fatto, secondo me, è dovuto ancora al pregiudizio per cui si ritiene la lingua scritta di maggior prestigio culturale.
Inoltre gli esercizi di lingua scritta sono spesso usati per contenere manifestazioni rumorose o disordinate delle classi.
Infine esistono oggettive difficoltà a gestire attività orali quando si hanno classi “normali” di 25 alunni: anche quando gli interventi sono corretti ed ordinati, i tempi risultano troppo lunghi e comunque si è costretti a privilegiare la partecipazione solo di alcuni allievi particolarmente coraggiosi, lasciando al loro destino quelli che probabilmente avrebbero più bisogno di esercitarsi.
Comunque una coscienza dell’importanza del parlato si è fatta pian piano strada. È significativo che tra i criteri di valutazione proposti in questi ultimi anni dal Ministero della Pubblica Istruzione (oggi MIUR) per la scuola media ci siano La comprensione e la produzione della lingua orale. Questo fatto ha costretto gli insegnanti a proporre verifiche sistematiche che, nella scuola dove insegno io, sono valutate al pari delle altre. Non è una conquista da poco, se si pensa che, fino a pochi anni fa, si valutavano unicamente le prove scritte. Inoltre, grazie alla possibilità di compresenze, venutasi a creare a seguito dell’introduzione delle “Adaptations régionales aux Nouveaux programmes” del 1994 che ha istituito i moduli orari di 50 minuti, saltuariamente si lavora in piccoli gruppi e molti insegnanti ne approfittano per ascoltare i propri allievi.

Le esigenze dei portatori di handicap

Parlare in generale dei portatori di handicap è impossibile: ognuno di loro è una persona, con caratteristiche diverse, con condizioni e situazioni diverse. Hanno tutti, però, le stesse esigenze dei compagni, con in più il bisogno prioritario di migliorare l’autonomia personale e l’integrazione sociale. Così anche per loro la capacità di espressione orale è indispensabile: permette le relazioni interpersonali, permette di esprimere bisogni e riferire esperienze. Anche con questi ragazzi è necessario potenziare le capacità di esposizione, dialogo, richiesta a fronte di esigenze, risposta a domande.
Se si analizza poi il rapporto tra lingua ed apprendimento, si nota che l’orale precede sempre la lingua scritta. Infatti i ragazzi apprendono la lingua per immersione linguistica ed acquisiscono inconsapevolmente strutture logiche e grammaticali proprie di quel codice. Una riprova di questo lo si ha quando bimbi piccoli coniugano verbi irregolari come fossero regolari, ad esempio dicono “finono” invece di “finiscono” o quando ragazzi, che non hanno ancora studiato il condizionale o il congiuntivo e soprattutto le regole del loro uso, applicano correttamente nei loro discorsi questi modi, imitando gli adulti a loro vicini.
L’orale insomma è nella storia dell’uomo (e quindi dovrebbe esserlo nella scuola) il primo luogo in cui si nomina l’esperienza, in cui essa si formalizza cioè “prende una forma” attraverso lo strumento parola. Anche per questo è molto importante che i ragazzi in difficoltà lo pratichino: li aiuta a conoscere se stessi e a controllare la realtà in cui sono immersi.
Inoltre è il luogo dell’indagine, della possibilità, della ricerca. Lo scritto arriva dopo: sintetizza, crea riferimenti, fissa esperienze o invenzioni e puntualizza concetti.
L’orale è anche il luogo dello scambio tra insegnante ed allievi e degli allievi tra di loro, il momento in cui l’alunno in situazione di handicap (come tutti i suoi compagni d’altronde), aggiunge qualcosa al sapere dell’insegnante o del gruppo in cui è inserito.
Perché l’orale soprattutto e non lo scritto? Perché tutti possiedono precocemente la lingua parlata, è uno strumento conosciuto, che a scuola si affina, con cui si ha una confidenza quotidiana. La lingua scritta invece è una seconda lingua, si impara a scuola, ha regole e strutture proprie ed i ragazzi la padroneggiano con fatica. In particolare, i ragazzi in situazione di handicap raramente diventano autonomi nello scritto, ma quasi sempre si esprimono oralmente in maniera efficace.
Usare la lingua, parlarsi, presuppone l’ascolto e il rispetto reciproco, abilità a cui è necessario educarci ed educare.
La comprensione della lingua orale è particolarmente difficile per chi è in situazione di handicap perché esige padronanza dello strumento, abilità di decodificazione non indifferenti, soprattutto riferite alle capacità di individuare con rapidità il nucleo del discorso, di selezionare le informazioni necessarie, di stabilire inferenze. È perciò necessaria la mediazione dell’insegnante di sostegno per garantire la comprensione dei messaggi complessi agli alunni in difficoltà.
La comunicazione può essere ostacolata da limiti oggettivi dovuti ad handicap di natura fisica degli allievi (difficoltà di articolazione delle parole, sordità, mutismo) o da limiti di natura cognitiva, che ostacolano una articolazione della frase comprensibile o una comprensione completa; infatti il bambino con handicap trova spesso difficile seguire la velocità di pensiero di un bambino normodotato. Per i ragazzi sordi questo aspetto della comunicazione diventa marginale; infatti nel loro caso il canale privilegiato non è quello sonoro, ma quello visivo ed il dialogo avviene attraverso messaggi prevalentemente gestuali.
I ragazzi ciechi, al contrario, si avvalgono prevalentemente della lingua orale per ottenere conoscenze, informazioni e per relazionarsi. Anche gli strumenti informatici, progettati per aumentare la loro autonomia, danno istruzioni orali. Altri ostacoli alla comunicazione orale derivano a scuola dall’organizzazione del lavoro che, come abbiamo visto, di fatto dà poco spazio alla sua pratica e limita i momenti di attività in piccolo gruppo,
i soli che realmente permettono a tutti i bambini di esprimersi e di esser ascoltati. Molto importante è, in ogni caso, il dialogo che si può instaurare tra insegnante di sostegno e ragazzo, anche se spesso è limitato dalla mancanza di motivazione del ragazzo che non è sempre interessato a parlare con un adulto.

Alcune strategie

L’insegnante che si occupa di bambini in situazione di handicap deve adattare il suo intervento alle potenzialità dell’alunno e considerare gli obiettivi comprensione e produzione orale come prioritari e non come le ancelle dello scritto. Deve collaborare quindi con il tecnico di logopedia per ridurre gli effetti dell’handicap (esercizi di ascolto e logopedia).
L’insegnante deve semplificare dal punto di vista concettuale e linguistico i messaggi abbassandone il registro, riducendo la subordinazione dei periodi, contestualizzando il discorso, ripetendo nomi e frasi, evitando le esclusioni e le negazioni; deve verificare la comprensione richiedendo risposte e ponendo domande puntuali e chiare; deve creare situazioni di dialogo e scambio reciproco all’interno di un piccolo gruppo; deve stimolare domande di approfondimento o chiarificazione (questa è la fase più difficile in quanto i ragazzi con handicap tendono ad essere passivi); deve potenziare la motivazione.
Quest’ultima finalità si raggiunge cercando di rendere accessibili gli argomenti trattati in classe ai ragazzi in difficoltà: saranno coinvolti solo se si sentiranno partecipi di un lavoro che impegna i loro compagni. I risultati saranno in ogni caso migliori se i ragazzi in situazione di handicap si prepareranno prima con l’insegnante di sostegno sull’argomento che sarà sviluppato poi collettivamente.

Il teatro: una proposta didattica

Può risultare utile aggiungere alle consuete attività didattiche con impostazione orale (brain storming, discussione, esposizione, narrazione collettiva) una attività di produzione teatrale.
Infatti, come si sa, i testi scritti per il teatro sono destinati ad essere espressi oralmente, mediante la recitazione. Hanno perciò caratteristiche proprie in quanto la comunicazione orale non deve spiegare tutto: il gesto, la scenografia, le musiche completano il messaggio. Risultano più “asciutti” rispetto ad un testo narrativo, ogni situazione, anche psicologica è tradotta in azione e dialogo.
Il discorso diretto la fa da padrone. Per rendere efficace la comunicazione con il pubblico diventa essenziale usare tutte le possibilità sonore date dalla voce: timbro, volume, tono, ritmo. I tempi del messaggio diventano più brevi. Sul copione, alcune annotazioni marginali indicano approssimativamente elementi scenografici o movimenti, ma sono appunti. Molti importanti testi teatrali sono nati come canovacci e si sono precisati nell’atto della recitazione.
Lo spettacolo teatrale è un incontro e presuppone empatia tra attori e pubblico ed un ascolto reciproco.
Ci sono molti modi di fare teatro a scuola, la più semplice è quella di recitare un testo teatrale. Io trovo però che questa modalità sia difficilmente applicabile con ragazzi in situazione di handicap e anche con gli allievi più giovani.
Infatti, presuppone la capacità negli studenti di immedesimarsi in altro da sé, assumendo atteggiamenti fisici, registri linguistici, colore vocale di altre persone, i personaggi, e l’abilità di calarsi in contesti molto diversi dalla propria realtà. È un esercizio interessante per studenti maturi, del triennio delle superiori, ma molto difficile per allievi più giovani o con handicap, che non sono in grado di distinguere bene la propria soggettività da quella altrui. Inoltre presuppone capacità di memorizzazione e competenze linguistiche ed espressive decisamente elevate.
Più interessante, a mio avviso, ai nostri fini sono gli allestimenti teatrali che mettono in scena testi prodotti dai ragazzi stessi. Intendo non solo testi drammaturgici classici, ma di tutti i tipi : poesie, filastrocche, narrazioni, descrizioni, persino argomentativi.
Individuato un tema, possibilmente ampio e astratto, ad esempio il colore, l’acqua, il fuoco…, ma anche l’adolescenza, la paura, la memoria oppure la carta, la terra… diventa interessante elaborare produzioni sull’argomento, nel rispetto del normale programma scolastico della classe.
Se il programma non cambia, cambia il prodotto finale: questi scritti non vengono più solo ricopiati in bella grafia sul quaderno, ma diventano un copione: vengono selezionati, organizzati opportunamente e recitati coralmente da tutti i ragazzi della classe. Così ognuno recita qualcosa di suo, non ci sono personaggi né protagonisti principali, ma tante voci che si intrecciano e raccontano agli spettatori la propria visione del mondo.
Chiaramente alla parola è opportuno affiancare musiche, scenografie, luci e soprattutto gesti e coreografie. Ai ragazzi si chiede di adeguare la propria scrittura ad un messaggio orale (ciò non è difficile perché di solito scrivono come parlano), di saperne interpretare la valenza emotiva (dubbio, timore, gioia, paura…) con la voce ed i gesti in modo spontaneo e di saper rispettare i tempi.
Gli insegnanti sono i registi della situazione: curano il coordinamento e soprattutto i ritmi dell’azione collettiva. Perciò i brani recitati da ognuno, visto il gran numero di “attori”, devono essere brevi. Questo è un ulteriore elemento che facilita l’integrazione di ragazzi in difficoltà. Questa modalità di esporre i propri prodotti, alternativa alla mostra o al fascicolo ben rilegato, interessa molto tutti i ragazzi perché realizza una comunicazione più globale e diretta.
Quando l’obiettivo diventa raccontare una storia e creare dei personaggi la tecnica più interessante nella scuola diventa l’improvvisazione teatrale.
Ai ragazzi vengono proposti giochi teatrali che li stimolano ad usare la voce, e poi il corpo e gli oggetti in modo libero, ma espressivo. Poi vengono loro proposte situazioni immaginarie (ad esempio, un naufragio, un viaggio…) in cui sono invitati ad agire ed a rapportarsi tra di loro con azioni e dialoghi, vissuti concretamente attraverso il supporto di oggetti e gesti. Una narrazione di questo genere diventa accessibile anche ai ragazzi in difficoltà, che spesso fanno fatica ad immaginare.
I ragazzi, divisi in piccoli gruppi, inventano così in libertà personaggi e vicende che li coinvolgono. Hanno alcuni vincoli: le situazioni devono essere sempre rappresentabili e chiare per lo spettatore; nell’improvvisazione nessuno deve prevalere sull’altro imponendo le proprie idee, ma ci si deve adeguare alle invenzioni altrui. Queste regole rendono molto interessante il lavoro perché i ragazzi devono rinunciare a proporre storie preconfezionate ed adeguarsi a nuove variabili. Così cominciano a “dialogare”, a rivelare in modo metaforico le proprie idee, aspirazioni, paure, speranze. Diventano personaggi, ma questi non sono imposti dall’alto, sono delle proiezioni di sé con cui si sentono più liberi di esprimersi.
L’insegnante ascolta, suggerisce espedienti tecnici, possibilità espressive, non impone modelli, ma valorizza le proposte di ognuno anche casuali. Così tutti trovano una propria collocazione.
Le improvvisazioni che risultano più efficaci vengono “fissate”, le battute vengono o scritte o registrate con la telecamera. In questo modo si affinano nei ragazzi le capacità di selezione lessicale e sintattica anche in funzione del registro linguistico adatto alla situazione specifica. In questo caso il testo scritto viene dopo il testo orale e ne costituisce un supporto. Si tratta di un testo teatrale specifico, che usa, com’è naturale, essenzialmente il discorso diretto. Poi i ragazzi ripetono le scene inventate e controllano il tono e il volume della voce in relazione alle opportunità del contesto e dell’intenzione comunicativa. Le varie improvvisazioni vengono quindi coordinate dall’insegnante, integrate con scenografie e musiche e finalmente rappresentate.
Io penso che la tecnica dell’improvvisazione teatrale sia la più interessante per la scuola: dà una voce, una voce dignitosa a tutti i ragazzi, compreso quello in situazione di handicap.
In generale penso che il teatro esalti le caratteristiche nobili del parlato e che al suo interno sia possibile ritrovare una modellizzazione dell’oralità.

Mariuccia Allera Longo
Insegnante di materie letterarie nella scuola media di Verrès. É in possesso del Diploma di specializzazione polivalente ed ha svolto la mansione di insegnante di sostegno per 15 anni. Dal 1975 si occupa di teatro nella scuola realizzando spettacoli, elaborando progetti e conducendo laboratori.

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