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Oralità e laboratorio
Il laboratorio didattico
è un momento di forte interazione tra chi insegna e chi apprende. È un
contesto in cui il gruppo degli allievi attivano, anche mediante sollecitazioni
reciproche, facoltà cognitive indispensabili per costruire le conoscenze.
Il bambino pensa ed enuncia. Conversa con i compagni sulle operazioni
mentali e pratiche che sta svolgendo.
I quattro articoli selezionano allinterno dellesperienza laboratoriale
lo specifico oralità e apprendimento. Essi documentano la
grande varietà di situazioni concrete, che è anche il risultato di visioni
pedagogiche diverse: vi si leggono parole come costruzione di sapere,
intuizione scoperta che diversificano la professionalità
di chi scrive. Loredana Prot, insegnante di scuola elementare, parla del
laboratorio come scelta didattica allinterno del curricolo scolastico
nel quadro di unesperienza che si affina nella riflessione di gruppi
di ricerca. Fiorenza Cout e Cinzia Joris, formatrici esterne alla scuola,
descrivono i laboratori che realizzano nelle scuole della regione per
il Progetto Storia e patrimonio artistico e culturale con
lobiettivo di portare in modo flessibile, dentro il curricolo dellinsegnante
della classe, un momento operativo significativo per lalunno. Stéphanie
Barbero parla invece del laboratorio nel museo, dove lobiettivo
è la mediazione tra un contenuto artistico e il bambino, al quale si vuole
offrire unoccasione per sviluppare osservazione, espressione e creatività.
Silvana Presa
Coordinatrice dei laboratori
del Progetto Storia e patrimonio artistico e culturale
dellAssessorato Istruzione e cultura della Valle dAosta.
Il grafico temporale non datato sul passato del mondo
Alla scuola elementare, unesperienza laboratoriale
di storia ha permesso di indagare strategie e aspetti legati allapprendimento
e ha, inoltre, messo in luce il ruolo che loralità riveste nella
costruzione di conoscenza e in particolare nella strutturazione dei concetti.
Lesperienza che viene
presentata si riferisce a percorsi di apprendimento utilizzati nel laboratorio
di storia dellIstituto Comprensivo F. Marro di Villar
Perosa (Torino) con classi di scuola elementare.
Tali percorsi si avvalgono dei contributi di insegnanti, coordinati dal
prof. Ivo Mattozzi, che fanno parte dellAssociazione di Gruppi di
Ricerca sulla Storia Clio 92.
Allestire e condurre un laboratorio ha permesso di indagare strategie
e aspetti legati allapprendimento, li ha sottratti alla condizione
di sporadicità e scarsa coscienza a cui sono spesso relegati e ne ha fatto
un continuum della pratica didattica. In particolare è stato
affrontato il problema della costruzione dei concetti, aspetto fondante
nella scuola di base un futuro approccio alla disciplina.
Gli insegnanti hanno spesso dato per scontate parole-concetto che non
lo erano affatto: è sufficiente analizzare la pagina di un sussidiario
per rilevare la densità di concetti che essa contiene. Spesso i ragazzi
sono stati costretti a costruirsi in modo autonomo significati, con esercizi
di inferenza inconsci e, come tali, a volte hanno ingenerato equivoci
e incomprensioni difficili da recuperare. Che dire poi dei ragazzi che
manifestano difficoltà di apprendimento più marcate e di quelli che provengono
da ambienti culturalmente e linguisticamente deprivati?
Sono proprio loro quelli che, più di tutti, pagano in termini di frustrazione
e di progressivo distacco e disinteresse per la disciplina (Tanto non
capisco cosa vuol dire, a cosa mi serve studiarlo?) la mancanza di attenzione
e sensibilità nello strutturare linsegnamento.
Anche con la storia è necessario ancorare le preconoscenze degli alunni
ai nuovi concetti che si vogliono affrontare e gradatamente aggiungere
sfumature, aumentare lo spessore, fino ad ottenere una densità tale da
garantire una buona discriminazione. Ciò non avviene attraverso un processo
lineare, per semplice cumulazione, per intenderci. Il concetto deve essere
reso nella complessità delle sue interdipendenze di gerarchia e di coordinazione
con altri, attraverso un gioco di strutturazioni e destrutturazioni.
Per esemplificare si presenta un itinerario che è stato sperimentato con
le classi di terza elementare, come prima ricognizione sul passato del
mondo. Ecco in sintesi lo schema del percorso.
La conversazione iniziale
Nella scuola di base rivestono unimportanza fondamentale momenti
di confronto e di messa in comune di conoscenze da parte degli alunni.
Il racconto che segue vuole mettere in luce il ruolo che loralità
riveste nella costruzione di conoscenza e in particolare nella strutturazione
di concetti, ma non solo.
In classe terza elementare è forte laspettativa dei bambini nei
confronti della Storia, quella contenuta nei libri di testo
per intenderci. Limmagine del passato che essi hanno è prevalentemente
legata allimmaginario, che per altro ha un posto rilevante nellapprendimento
e nella costruzione della personalità degli individui.
Ecco allora che, nella prima parte dellanno, viene riservato agli
alunni uno spazio in cui manifestare le proprie preconoscenze. Si punta
su un lavoro più squisitamente linguistico e espressivo a forte connotazione
interdisciplinare.
La partenza avviene attraverso una prima conversazione: si cura lallestimento
della situazione educativa, si esplicita che nessuno valuterà gli interventi
come giusti o sbagliati, perché si tratta di manifestare quanto ognuno
conosce: questo proprio per incentivare tutti a partecipare.
In classe prima e seconda gli alunni sono stati guidati ad una retrospettiva
che abbraccia grosso modo il loro arco di vita, si chiede ora ai bambini
di fare il gioco dell E prima cosa cera?, allargando
enormemente lo sguardo fino allinizio del mondo, con laiuto
di tutti. La conversazione collettiva ha lo scopo di mettere in circolo
molte informazioni, di far emergere dalla memoria conoscenze non immediatamente
disponibili, di fornire uno stimolo a bambini che provengono da ambienti
culturalmente deprivati. Inizialmente non vi è troppa preoccupazione per
lordine cronologico, nodo che verrà affrontato in modo estremamente
graduale.
A turno gli alunni manifestano informazioni di vario tipo: I Romani,
I fantasmi, Il periodo dei nonni, Linvenzione
della plastica, La seconda Guerra Mondiale, Adamo
ed Eva, Il tempo dei castelli, eccetera. Alcuni spiegano
le conoscenze in loro possesso, altri si limitano alla semplice enunciazione.
Alcuni interventi creano dibattito, come linserimento di elementi
fantastici che provocano la reazione di compagni più informati.
Il ricco materiale che viene portato alla luce servirà, sia per avviare
il lavoro sul passato generazionale, sia per costruire il primo grafico
temporale non datato sul passato del mondo.
La striscia individuale
Conclusa questa prima fase, ad ognuno viene chiesto di scegliere e disegnare,
su fogli di piccola dimensione 10 cm/15 cm, fatti considerati particolarmente
importanti per la storia del passato mondo, aggiungendo sul retro una
didascalia (non sempre il disegno è immediatamente riconducibile al fatto
che vuole rappresentare).
Il disegno consente di visualizzare ancora altre informazioni. Porre un
limite al numero dei disegni è indispensabile per rendere possibile il
momento successivo di condivisione e per spingere i bambini a ragionare
sul concetto di importante. Conclusi i disegni si chiede di porli in ordine
cronologico utilizzando gli operatori temporali: successione e contemporaneità.
È possibile inserire foglietti bianchi laddove si pensa si siano verificati
eventi importanti di cui non si è a conoscenza. Vengono così realizzate
strisce individuali che ognuno racconta allinsegnante incentivando
così lutilizzo di termini consolidati e di nuovi: si può dire che
la costruzione di concetti e laffinamento del linguaggio procedono
di pari passo.
Il grafico collettivo
Le singole strisce sono poste su un cartellone che diverrà il fulcro del
lavoro successivo di condivisione di informazioni.
In questo caso lobiettivo dichiarato è quello di andare a costruire
un elenco di fatti storici importanti, da collocare su ununica striscia
di classe.
Un bambino per volta illustra la propria striscia, disegno per disegno
e tutti devono decidere se quel singolo fatto può essere inserito sulla
striscia condivisa. Vi è uno sforzo linguistico non indifferente per motivare
linserimento di un evento piuttosto che di un altro, per sostenerlo
in caso di contestazione. Contemporaneamente emerge la necessità di trovare
criteri di selezione: un fatto importante ha coinvolto tante persone,
ha generato dei cambiamenti significativi, deve essere realmente accaduto...
Questo porta ad eliminare molti foglietti e a far riflettere su preconoscenze
errate (per modificarle davvero sarà ancora necessario un lungo lavoro).
Il tempo impiegato per analizzare le prime strisce è più lungo poi, man
mano che i fatti si ripetono, si procede più rapidamente. I ragazzi vengono
guidati a rilevare come il protagonista dei loro disegni sia in massima
parte il genere umano, ed ecco che gradualmente si strutturano i concetti
di storia e di fatto storiografico.
Lultimo compito consiste nel riorganizzare i fatti storici scelti
dal punto di vista temporale, e anche in questo caso le discussioni sono
accese e lordine niente affatto scontato. I bambini devono utilizzare
in un contesto nuovo termini come prima, dopo,
mentre, contemporaneamente, dura e
così via, che ovviamente fanno riferimento ad altrettanti concetti temporali.
Si giunge ad un prodotto finale che contiene ancora errori, imprecisioni,
difficoltà a conciliare teorie scientifiche e religiose (Adamo ed Eva
convivono più o meno pacificamente con gli uomini primitivi
), ma
che rappresenta un notevole passo avanti nella tessitura di un impianto
di riferimento per il tempo della storia.
Le discussioni sollevano una serie di interrogativi e di curiosità che,
opportunamente raccolti e riproposti, permetteranno in seguito di tenere
alto il livello di interesse.
Non tutto avrà risposta e non potrebbe essere altrimenti, considerata
la vastità della materia, tuttavia, ciò può rappresentare un punto di
forza per guarire gli studenti (e gli insegnanti) dalla noia ingenerata
da una storia ripetitiva.
Oralità come allenamento alla democrazia
Lambiente del laboratorio permette di utilizzare spazi predisposti
e pensati affinché allattività sia garantito il massimo della resa,
ma anche in classe è possibile attuare qualche piccolo accorgimento che
aumenta linteresse e la motivazione. Quello che viene proposto è
un vero e proprio allenamento alla discussione, fatto di ricerca e rispetto
di regole e di incentivazione della capacità di ascolto reciproco. I bambini
si siedono su un tappeto, in un angolo raccolto ed accogliente, in circolo,
in modo che possano parlare guardandosi in viso. Per aiutare i bambini
più piccoli ad intervenire uno alla volta, si utilizza uno gnometto di
lana: per parlare è necessario stringerlo in mano e successivamente passarlo
al compagno che dimostra di voler intervenire. È un piccolo espediente
che consente di toccare con mano il rispetto di un turno;
inoltre il desiderio di poter avere per un momento il possesso del pupazzo
(di cui si racconta la storia), spinge anche bambini più timidi a partecipare.
Si sollecitano gli alunni a curare il tono di voce, a utilizzare formule
quali non sono daccordo con te,
io penso che
, al posto di altre più aggressive o svalutative.
Si fa soprattutto osservare come il prodotto finale, frutto di uno sforzo
comune, sia migliore rispetto agli elaborati individuali.
Oralità e ruolo dellinsegnante
Per linsegnante si tratta di rivestire ruoli di ascolto, di stimolo
affinché tutti partecipino, di mediazione quando la discussione diventa
troppo accesa, di organizzazione delle attività, di raccolta dei dati
e di costruzione di una memoria degli stessi. A lui spetta il compito
di fare gli aggiustamenti indispensabili, quando si rende conto che si
sta perdendo di vista lobiettivo.
Il materiale linguistico messo in campo permette di far emergere stereotipi,
conoscenze distorte o errate, discrepanze tra significato e significante.
Il docente siede fuori dal cerchio e controlla la forte tentazione di
anticipare risposte, di dare conferme, a volte tramite il solo linguaggio
del corpo. E lo sforzo è ben ripagato, perché il livello di complessità
della comunicazione si costruisce tra pari, e ha più possibilità di incidere
su chi possiede un bagaglio linguistico povero. Inoltre la critica o la
divergenza di opinioni espressa da un pari innesca un dibattito più vivace
e produttivo dal punto di vista dellanalisi delle concezioni dei
ragazzi sulla storia, è più facile ribattere ad un compagno che ad un
insegnante; il confronto tra alunni forse risulta anche meno lesivo dellautostima
dei singoli.
Con questo non si vuole affermare che i bambini siano più chiari dellinsegnante
nellesprimersi, ma se li si sta ad ascoltare, se loro imparano ad
ascoltarsi e se si riesce a farli interagire sul piano linguistico, sono
in grado di pervenire a definizioni tarate sulle loro capacità di apprendimento.
Ci si rende conto che ogni ulteriore intervento non può che risultare
ripetitivo o inutile, nel senso che o riprende quello che è già stato
detto con termini troppo astratti, oppure scivola via, perché i bambini
non sono in grado di recepirlo. La sensibilità dellinsegnante fa
sì che egli capisca quando i tempi sono maturi per introdurre un concetto
nuovo, un termine più appropriato, con qualche possibilità di successo.
È chiaro che il livello di acquisizione, di discriminazione delle parole-concetto
varia da bambino a bambino. Per questo si chiede loro di tornare più volte
a lavorare su uno stesso concetto con modalità e punti di vista diversi
e, quando è possibile, è bene far notare i progressi, perché questo è
fonte di grande soddisfazione.
Loredana Prot
L'insegnante elementare
responsabile del laboratorio(1).
Da cinque anni distaccata su un laboratorio di storia legato al progetto
"Un archivio di fonti di memoria tra scuola e territorio".
Membro dell'Associazione di gruppi di ricerca sulla storia "Clio
'92".
Bibliografia
MATTOZZI I. (1986), Linsegnamento della storia nella scuola
elementare, La Nuova Italia, Firenze.
MATTOZZI I. (1990), Un curricolo per la storia, Cappelli, Bologna.
GARDNER H. (1999), Saper comprendere, Feltrinelli, Milano.
BARA B. G. (1990), Scienza cognitiva, Bollati Boringhieri, Torino.
AUSUBEL D. P. (1968), Educazione e processi cognitivi, Milano, Franco
Angeli.
VYGOTSKIJ L. S. (1968), Pensiero e linguaggio, Giunti, Milano.
PERTICARI P., SCLAVI M. (a cura di) (1994), Il senso dell'imparare, Anabasi,
Milano.
ARCÀ M. (1993), La cultura scientifica a scuola, Franco Angeli, Milano.
NOVAK J.D., GOWIN D.B. (1998), Imparando ad imparare, SEI, Torino.
NOVARA D. (1997), Lascolto si impara, domande legittime per una
pedagogia dellascolto, Gruppo Abele, Torino.
Nota
(1) Ulteriori informazioni sul laboratorio di storia
di Villar Perosa sono disponibili sul sito della scuola: www.scuolamarro.it
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