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Quale spazio ha lorale nella mia disciplina?
Otto insegnanti hanno accettato di raccontarci, in modo
individuale o collettivo, le loro riflessioni sulla tematica proposta
dalla redazione della rivista: il ruolo dellorale nella costruzione
dei saperi.
Al Liceo Linguistico e delle
Scienze Sociali di Verrès, appartenente allIstituzione Scolastica
di Istruzione Scientifica e Magistrale di Pont-Saint-Martin, grazie alla
disponibilità del Dirigente scolastico, Prof.ssa Anna Maria Traversa,
che ci ha aperto le porte della sala insegnanti, abbiamo potuto proporre
le quattro domande (sotto elencate) a otto colleghi di discipline diverse.
Volutamente, abbiamo scelto di lasciare alle riflessioni consegnateci
il loro carattere spontaneo, quasi di testimonianze orali.
Quale spazio ha lorale nella tua disciplina?
Quali attività svolgi oralmente per la costruzione dei saperi?
Quale tipologia testuale dellorale usi?
La valutazione (gli indicatori, le variabili, la griglia).
ORALE O ORALITA'?
Qualche considerazione
preliminare
Intanto una questione terminologica: in italiano (ma il Petit Robert
mi conferma il sospetto che avevo che fosse così anche in francese) orale
è un aggettivo usato in forma sostantivata esclusivamente per intendere
esame orale; un uso esteso, sempre e ancora tutto scolastico, ci fa dire
lorale per parlare della valutazione orale di una materia.
Forse sarebbe dunque più corretto parlare di oralità nella pratica didattica,
su un piano non separato, ma nemmeno strettamente coincidente, con quello
della valutazione.
Quella della scuola italiana è, e soprattutto è stata, una tradizione
parolaia, che molto ha affidato alla performance oratoria dellinsegnante
e, soprattutto a livello universitario, ha spesso risolto la valutazione
dello studente proprio con lesame orale.
In anni recenti le cose sono un po cambiate e alle interrogazioni
si affiancano sempre più spesso prove strutturate o verifiche scritte,
anche per quelle materie tradizionalmente considerate solo orali (storia,
filosofia, scienze).
A questa scelta hanno contribuito tra laltro cambiamenti normativi,
come la presenza di una terza prova scritta allesame di stato, non
limitata alle discipline con lo scritto. Ed ecco spuntare,
puntualmente, qualche recriminazione verso il poco spazio riservato allinterrogazione
orale
Anche questi potrebbero essere motivi di riflessione.
Prendendo spunto dal titolo di un libro di Jack Goody, La logica della
scrittura e lorganizzazione della società, mi viene da chiedermi
se quella che governa la scuola sia una logica della scrittura o delloralità.
Forse né luna né laltra. In una società che ha da tempo superato
il predominio delloralità, ma che non è però nemmeno tout court
una società della scrittura (si pensi alle considerazioni di W. Ong sulloralità
di ritorno) e che forse sta diventando una società che sperimenta anche
una scrittura di ritorno (quanti 'sms' mandano i nostri allievi, scrivendo
'ke' e 'anke' come in 'sao ke kelle terre', protagonisti anche loro di
curiosi corsi e ricorsi storici) è normale che anche la scuola sia sospesa
tra parole dette e parole scritte.
Quale spazio ha lorale nella mia disciplina?
Insegno italiano e storia, due materie diverse e rispetto alle quali ritengo
che si debbano fare considerazioni differenziate.
Come insegnante di italiano, non posso esimermi dallassumere come
mio compito specifico quello di insegnare a parlare.
Evidentemente nessuna competenza linguistica è rigidamente separabile
dalle altre e, ad esempio un lavoro volto allarricchimento lessicale
non è poi tanto importante che sia orale o scritto, è tuttavia chiaro
che esprimersi oralmente è altra cosa dallo scrivere.
Cosa voglia dire saper parlare o almeno esprimersi in maniera sufficientemente
adeguata è difficile dire, anche in ragione della complessità della comunicazione
orale la cui efficacia è strettamente legata alle componenti non verbali.
Quel che osservo nei miei allievi (e che cerco di arginare) sono leccessiva
gergalità, la frammentarietà del discorso, che li rende quasi incapaci
di articolare una frase che non inizi con che, praticamente.
Quanto al cosa fare per insegnar loro ad esprimersi meglio, credo non
vi siano molte vie oltre al prestare attenzione a quel che dicono e a
come lo dicono, proponendo loro modelli alternativi e invitandoli, appunto,
a iniziare un discorso senza dire 'praticamente'.
Contano poi, anche in questo caso, lesercizio e la pratica per i
quali mi sembra ci sia sempre meno posto.
Come insegnante di storia, mi si impone il confronto con una disciplina
che ha una forte tradizione narrativa, proposta nelle aule scolastiche
perlopiù come racconto orale.
Tuttavia, poiché non privilegio questa dimensione nella costruzione del
discorso storico e sono priva di doti affabulatorie, non sento una particolare
mancanza di oralità nella didattica della storia, sento piuttosto la mancanza
della scrittura, a cui attribuisco un maggiore potere di disciplinamento
del pensiero. Cogliere la complessità delle relazioni tra fattori diversi
(non necessariamente chiuse dentro uno schema di rapporti causa/effetto)
è probabilmente la maggiore difficoltà che gli studenti riscontrano nello
studio di questa disciplina e, da questo punto di vista, credo che lesercizio
dello scrivere sia particolarmente utile. Del resto, cosè la storia
se non costruzione, scritta, di un discorso storiografico?
Quali attività svolgo oralmente per la costruzione dei saperi?
Quale tipologia testuale uso?
Certamente il far lezione (la performance oratoria di cui sopra) occupa
molto spazio nel mio lavoro (più di quanto io vorrei; non più di quanto
vorrebbero molti studenti, che apprezzano questo modello). Cerco il più
possibile di essere, per sprecare qualche parola grossa, maieutica e li
investo di domande, operazione che li chiama in causa spesso contro la
loro volontà.
Se il predominio delloralità può avere un senso non credo sia tanto
nella lezione (un buon manuale sa far quasi sempre meglio), ma nel creare
nella classe un clima da comunità interpretativa che si interroga attorno
ad un problema: linterpretazione dellInfinito di
Leopardi come il tema della cittadinanza a partire dal Settecento. Il
parlare, in questo caso, significa parlarsi e si configura come lo strumento
per un comune lavoro ermeneutico. Del resto, se la scrittura ha avuto
un ruolo nel processo storico della creazione dellio, loralità
è di per sé profondamente dialogica.
Val forse la pena di aggiungere che spesso il ricorso alloralità
non è 'puro': il gesso e la lavagna costituiscono, soprattutto quando
si tratti di mettere a fuoco un percorso logico, uno strumento indispensabile,
a dimostrazione forse di come la costruzione razionale del sapere non
possa fare del tutto a meno della scrittura. E poi cè il computer,
con tutti i relativi effetti speciali che non è detto servano proprio
solo a far giocare professori e studenti.
Infine, oralità fa, non a caso, rima con teatralità. Ogni insegnante è
in qualche modo attore. Non particolarmente dotata, non nego di tentare
qualche volta la via del coup de théâtre, magari proprio cambiando
registro linguistico: far irrompere nel lessico paludato dellinsegnamento
elementi di registro fortemente colloquiale può stupire e catturare lattenzione
degli studenti, che pure sembrerebbero insensibili alle questioni legate
alle differenze di registro linguistico.
La valutazione (gli indicatori, le variabili, la griglia)
Detesto interrogare e considero le valutazioni scritte molto più obiettive.
Detto questo riconosco alla valutazione attraverso il colloquio qualche
qualità specifica, intrinsecamente legata alla natura dialogica. È difficile
che uninterrogazione abbia un esito negativo per via di un fraintendimento
delle richieste, come avviene talvolta nelle prove scritte. Attenti come
sono a scrutare ogni fremito dei muscoli facciali di chi li interroga,
gli studenti si accorgono subito se hanno sbagliato strada. Se non se
ne accorgono si può discutere con loro ciò di cui stanno parlando e capire
anche le ragioni di una eventuale confusione. Insomma, linterrogazione
può essere un momento proficuo di dialogo, ma resta, ai miei occhi, un
debole strumento di valutazione, soprattutto quando si debba procedere
ad una valutazione sommativa. Non credo ad esempio, come talvolta si dice,
che lorale serva a dare una chance a quelli che sanno parlare ma
hanno difficoltà a scrivere. Nella maggior parte dei casi la valutazione
verte su specifici argomenti e, per quanto non creda in una totale separazione
tra forma e contenuto, ciò che valuto sono essenzialmente contenuti e
ritengo che sia raro (anche se accade) che una competenza solida non emerga
puramente per un problema di capacità espositiva specificamente orale.
E poiché anche quando il tentativo è quello di valutare espressamente
le capacità espositive, di qualcosa bisogna pur parlare e anche in questo
frangente, avere delle idee o delle conoscenze da esporre non è mai un
fatto tangenziale.
Rosalba Dondeynaz
Insegnante di italiano
e storia
PROF., MA LEI PARLA DIFFICILE!
Quale spazio ha lorale nella disciplina che insegno?
Nellinsegnamento delle lingue lorale svolge un ruolo privilegiato,
proprio perché lobiettivo principale nellapprendimento di
una lingua è la capacità di trasmettere un messaggio chiaro ed adatto
al contesto socio-culturale in cui avviene la comunicazione. Nella pratica
orale, quindi, la correttezza morfo-sintattica non è tanto importante
quanto la trasmissione-comprensione del messaggio stesso. A tale uopo
intervengono diversi elementi (linguaggio non verbale, intonazione, ecc.)
e diverse modalità/strategie (interlingua, lingua pasticciata, ecc.) che,
in un primo stadio di apprendimento, sono funzionali allobiettivo
sopra esposto.
Quali attività svolgo oralmente per la costruzione dei saperi?
Ricollegandomi al punto precedente, ritengo essenziale utilizzare la lingua
inglese come lingua veicolare privilegiata nel contesto classe, questo
perché ci sia uno sviluppo, sin dai primi anni di apprendimento, sia dellabilità
di comprensione (Listening) che di espressione orale (Speaking). Anche
le Unità di letteratura prevedono fasi di brainstorming, fixation
e feed back in cui, pur integrando le quattro abilità di base,
lorale ricopre un ruolo primario.
Quale tipologia testuale dellorale uso?
Il registro linguistico usato dai ragazzi tende sempre più a scollarsi
dal registro formale e colto quale dovrebbe essere quello
dellambito formativo scolastico. Frasi quali: Prof: ma lei
parla difficile! o: Questa è unopera mitica! diventano
sempre più comuni. Non so da cosa dipenda questa discrepanza sempre più
evidente. Forse come ha ipotizzato un mio amico docente universitario
di letteratura inglese: lesposizione allimmagine e al
visivo causata da una diffusione sempre più capillare dei mass media e
dellelemento informatico ha prodotto nei giovani una disaffezione
verso la lettura (dei libri in particolare) ed ha quindi portato ad un
impoverimento anche del registro linguistico che, tuttavia, ha subito
una globalizzazione diventando gergo riconosciuto
ed usato dalla maggior parte dei giovani del mondo occidentale.
Le interazioni verbali, durante le mie ore di lavoro in classe, dipendono
ovviamente dal tipo di attività. Così, nel momento della spiegazione o
della presentazione di nuovi concetti/nozioni ritengo più funzionale e
meno dispersiva una centralità dellinsegnante seppure con la partecipazione
attiva e costruttiva da parte degli studenti (vedi fasi di brainstorming
e feed back) che permettono una maggiore consapevolezza nellapprendimento
e un riscontro in itinere per linsegnante. A tale proposito la riformulazione
orale e i chiarimenti studente-studente possono essere più
funzionali ed efficienti rispetto allinterazione studente-insegnante
proprio perché regolati da norme linguistiche e comunicative che non ci
appartengono!
La valutazione (gli indicatori, le variabili, la griglia)
Premesso che la valutazione orale è complessa e richiederebbe un discorso
molto più articolato in dipendenza dal livello linguistico testato e dalle
richieste basate sul programma, gli indicatori di cui tengo conto nelle
mie valutazioni sono le seguenti:
fluidità del discorso;
conoscenze acquisite;
correttezza linguistica;
ricchezza ed adeguatezza del vocabolario;
capacità critica e di collegamento/confronto.
Daniela Asaro
Insegnante di lingua inglese
LESPRESSIONE VERBALE AL CENTRO DELL'AZIONE DIDATTICA
[Non rispondo con uno scritto ma con un orale,
nel senso che ho segnato sul foglio ciò che mi veniva in mente in successione,
come se stessi dialogando con qualcuno]
Prima di rispondere alle singole domande, mi chiedo se esista una ed una
sola definizione di orale: probabilmente no. Bisognerebbe
quindi, prima di tutto, dichiarare a quale orale ci riferiamo
nel rispondere al breve questionario. Mi rendo conto che il problema sarebbe
ampio e richiederebbe competenze specifiche. Volendo però dare unidea
(anche se riduttiva) di cosa intendo per orale, direi che si tratta di
quellinsieme di capacità espressive che si mettono in atto verbalmente,
in un fluire del tempo che, diversamente dallespressione scritta,
non prevede una possibilità di correzione posticipata, né grandi tempi
di preparazione e riflessione (anche se una relazione od un monologo possono
essere naturalmente preparati; non si tratta però della situazione più
frequente dellorale). In questo senso lorale sarebbe simile
ad unesecuzione musicale. Mi spiego meglio con un esempio:
nellespressione scritta, sino alla stesura definitiva, posso correggere,
ampliare, stravolgere una frase, così come posso spendere un certo tempo
di riflessione per formularla; nellespressione orale ciò che è stato
detto potrà solo essere ridetto in modo diverso (ma
lascoltatore avrà sentito entrambe le versioni) e, per la fluidità
del discorso, il tempo per la formulazione delle frasi è molto limitato,
così come avviene in unesecuzione musicale: se si sbaglia una nota,
non si può (o meglio sarebbe meglio non farlo) ripetere il passaggio,
né si può alterare il ritmo musicale per eseguire un passaggio tecnico
difficile.
Ritengo poi che vi sia una definizione diversa per orale riferito
ad una disciplina scolastica. In questo caso si tratta di una materia
che prevede o deve prevedere verifiche orali, dove queste ultime non sono
da intendersi esclusivamente come non scritte, bensì come
verifiche che testano abilità particolari, spesso legate allambito
delle conoscenze ed in parte diverse dalle abilità testate nello scritto.
È forse una contraddizione in termini asserire che nellinsegnamento
di linguaggi non verbali e multimediali (o musica) lorale
ha uno spazio prioritario. Si sa però che lespressione verbale è
al centro (forse troppo) dellazione didattica. Nel mio caso, lespressione
verbale è quasi esclusivamente orale: si discute, si pongono domande,
si ipotizzano risposte. In particolare, linsegnante illustra, spiega,
pone domande, propone diverse ipotesi di soluzione, risponde alle domande,
riprende e riformula proposte e spunti di riflessione degli studenti,
sintetizza e fa il punto.
Gli studenti, anche se talvolta non sufficientemente, interagiscono con
linsegnante (soprattutto) e fra di loro ponendo domande, discutendo
e confrontandosi, esponendo il proprio punto di vista, rispondendo alle
questioni poste. Le tipologie testuali sono molteplici (esposizione, dibattito,
dialogo), anche se mi rendo conto che cè il rischio di privilegiare
talvolta (anche per la difficoltà di coinvolgimento di alcune classi e
per esigenze di tempo) la tipologia espositiva a scapito del dialogo e
del dibattito.
Non mi sono mai posto il problema di insegnare lorale, in senso
generale, anche se sono molto attento, in sede di verifiche orali, alla
coerenza, alla chiarezza e alla correttezza dellesposizione, ritenendo
molto stretto il rapporto fra il pensiero, la padronanza di un concetto
e la capacità di esprimerlo. Non ho dubbi invece sul fatto che si impari
con lorale, non solo nel momento della spiegazione o
della verifica e valutazione, ma in generale in tutti i momenti, in tutte
le attività ed in ogni interazione che il vivere a scuola
prevede.
Efisio Blanc
Insegnante di linguaggi
non verbali e multimediali
DISCUTERE CON LE SOLE ARMI DELLA LOGICA
Nelle mie discipline, la filosofia e le scienze sociali, lorale
ha moltissimo spazio: è concepito come un luogo di confronto tra gli allievi
e tra gli allievi e linsegnante, unoccasione di presa di coscienza
critica a partire dallo studio del pensiero di un filosofo o di una scuola.
Viviamo le lezioni come un momento di ricerca comune, come unoperazione
maieutica che viene stimolata dallintensità stessa dei testi dei
filosofi accuratamente selezionati. Lobiettivo fondamentale è il
coinvolgere costantemente gli studenti, spesso di stupirli seguendo lo
sviluppo delle argomentazioni dei grandi pensatori di tutti i tempi, alla
ricerca delle loro domande di fondo e del loro stesso stupore di fronte
alla realtà. Inseguiamo insieme quelle domande e quelle risposte che si
rincorrono nei secoli senza accavallarsi ed escludersi a vicenda.
Allo stesso modo le scienze sociali sono una arricchente occasione, introdotta
da soli cinque anni nella scuola italiana, per formare uno sguardo critico
e attento sulla società contemporanea, a partire dalla riflessione interdisciplinare
della sociologia, della psicologia, delle scienze della formazione e dellantropologia
culturale.
Il dibattito orale deve però poi riuscire a sfociare nella rielaborazione
scritta, dove i pensieri scorrono più lenti e ci si può soffermare per
dare loro una struttura logica, una formulazione rigorosa che offre un
metodo al pensiero; un rigore e un metodo che difficilmente i giovani
trovano oggi occasioni per coltivare al di fuori della scuola, con il
risultato di schierarsi sempre più spesso a favore o contro qualcuno o
qualcosa sulla base del puro istinto e non di un pensiero elaborato con
fatica, cosciente e capace di dare ragione di sé.
Accompagnare gli studenti nello sviluppo della capacità di discutere con
le sole armi della logica unidea, sia nel dibattito orale collettivo
che nello scritto individuale, sono la sfida e lo sforzo maggiori richiesti
allinsegnante dalle mie discipline: quasi nulla può essere lasciato
allimprovvisazione; malgrado limpressione di spontaneità che
si può ricavare osservando una lezione, soprattutto nelle classi più motivate,
è necessario uno studio continuo alla ricerca delle vie migliori per saper
mediare e presentare ai giovani quei concetti che immediatamente percepiscono
come lontani dalla loro esperienza quotidiana, salvo poi imparare a scoprirne
tutta la portata di attualità che è in grado di aprire un nuovo occhio
sul mondo. Proprio la possibilità di studiare sempre per offrire lezioni
aggiornate e stimolanti credo sia il senso più alto del nostro poco riconosciuto
lavoro di insegnanti, lopportunità da non lasciarsi sfuggire per
viverlo con grande passione.
Daria Pulz
Insegnante di filosofia
e scienze sociali
NON ESISTONO MATERIE PIU' ORALI DI ALTRE
Sono stata invitata, dalla redazione della rivista, a rispondere a quattro
domande: ho pensato che sarebbe stato più interessante e più efficace
usare la modalità del dialogo e del confronto con i colleghi per condurre
la riflessione ed elaborare le risposte. Non nascondo che preferisco parlare
che scrivere!
Il gruppo era composto dalle insegnanti di matematica e fisica dellISISM
di Verrès, Fiorella Griffa, Enrica Laurenti e la sottoscritta; e di disegno
e storia dellarte, Grazia Baroni.
Gli spunti di riflessione, che mi sono stati proposti, sono stati esaminati
con cura dal gruppo ed hanno suscitato un dibattito vivace e coinvolgente
che ci ha impegnate per una parte considerevole del tempo previsto per
la riunione: le attività di dialogo e di confronto sono sempre state incoraggiate
nella nostra scuola e ogni occasione per discutere su temi concreti concernenti
lattività didattica viene accolta in maniera positiva.
Troppo spesso le riunioni sono dovute ad impegni di carattere prevalentemente
burocratico (elencare voti e assenze, contare quante sono le insufficienze
- e lamentarsi
-, programmare attività di recupero, organizzare visite
di istruzione, stage, ecc.), mentre non sono mai abbastanza le occasioni
dincontro per riflettere sul significato delle discipline, sulle
modalità di trasmissione dei saperi, sul raggiungimento degli obiettivi
trasversali, comuni al Consiglio di classe.
In sostanza, mi piacerebbe che si effettuassero meno riunioni tradizionali
e, invece, più incontri aperti agli insegnanti di diverse discipline,
disposti ad analizzare la propria esperienza, anche mettendo in discussione
il proprio modo di lavorare.
Tengo a ringraziare le colleghe che hanno riflettuto con me alle domande
relative allorale : da anni sono le persone cui faccio riferimento
per confrontarmi e per raccogliere suggerimenti.
Ecco, in sintesi le considerazioni emerse dalla discussione.
Ognuna di noi dedica ampio spazio allorale. Lattenzione allorale
è sempre presente specialmente come attenzione al linguaggio,
anche quando lattività strutturata non ha come obiettivo prioritario
il miglioramento della lingua. Nel condurre le lezioni cerchiamo di puntare
alla chiarezza della terminologia e di evidenziare similitudini e differenze
tra linguaggio scientifico e linguaggio comune: riteniamo che lesposizione
chiara dei concetti sia fondamentale per capire, assimilare, restituire
le conoscenze.
Invitiamo gli studenti a riflettere sul linguaggio specifico delle nostre
discipline, leggendo in classe testi opportunamente scelti a seconda dei
casi.
Allinizio della trattazione di un argomento, ad esempio, per apprendere
nuovi concetti selezioniamo e quindi smontiamo espressioni
che a prima vista paiono complicate (e che invitano ad essere decifrate).
Al termine della trattazione di un argomento, invece, ritorniamo ai testi
per dare opportuna sistematizzazione ai concetti appresi, e per fissarli
nel modo più preciso e completo possibile (a volte, leggendo il libro,
gli alunni si rendono conto che le espressioni utilizzate, pur parendo
complicate, esprimono proprio ciò che avevano intuito e che non sapevamo
bene come dire!).
Le interazioni verbali durante le lezioni possono essere di vario tipo,
o centrate sul binomio insegnante-alunno o tra pari. Tutte noi organizziamo,
ogni qualvolta sia possibile, lezioni dialogate, cercando
di rendere partecipi gli studenti alla costruzione dei saperi. Fin dallinizio
della trattazione di un argomento, i ragazzi sono invitati ad esprimersi
oralmente per esplicitare le loro preconoscenze, formulare ipotesi di
lavoro, porre domande sia allinsegnante sia ai compagni (certo non
mancano i casi di alunni che sfruttano queste occasioni per far perdere
tempo o per affermarsi allinterno del gruppo classe!)
Occasione importante in cui si utilizza lorale è il momento della
riflessione sugli errori. Provando a ricostruire oralmente il procedimento
seguito, gli alunni trovano i punti in cui il ragionamento non si è svolto
nel modo corretto, si rendono conto di aver dato per scontato qualche
passaggio o di essere caduti in contraddizione.
I verbi di seguito elencati identificano, a nostro avviso, correttamente
i possibili interventi orali: porre domande (retoriche, aperte, chiuse
),
riprendere (affermazioni, interventi, comportamenti), riformulare, richiamare,
fare il punto, sintetizzare, rilanciare.
Discutendo, abbiamo individuato tre punti su cui tutte concordiamo : 1)
non esistono materie più orali delle altre ; 2) lorale e lo scritto
sono in stretta relazione ; 3) luno è supporto dellaltro.
La nostra esperienza didattica ci ha fatto pervenire alle seguenti considerazioni
a proposito del rapporto tra linguaggio e pensiero: 1) il pensiero usa
il linguaggio e il linguaggio esprime il pensiero e quindi sono luno
imprescindibile dallaltro; 2) un concetto per essere assimilato
deve essere pensato utilizzando la terminologia specifica; 3) se un concetto
è stato pensato, assimilato, compreso allora è possibile allalunno
riformularlo e riutilizzarlo in contesti diversi.
Infine, nella valutazione dellorale teniamo conto di più aspetti:
la proprietà di linguaggio, la capacità di utilizzare il linguaggio simbolico,
la capacità di rielaborazione personale e di gestione autonoma dellintervento
orale.
Elisa Bosc
Insegnante di matematica
e fisica
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