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Studenti stranieri e scuola interculturale tra presente
e futuro
Tra gli
immigrati il numero di studenti è cresciuto rapidamente. Che cosa accadrà
in futuro? Tutto lascia pensare che limmigrazione continuerà e il
numero di stranieri crescerà. Dovremo attrezzarci a vivere in una società
con equilibri demografici, sociali ed economici molto diversi dal recente
passato.
Se guardiamo l'Italia di
cinquant'anni fa attraverso i dati demografici, vediamo un paese quasi
irriconoscibile: giovane, povero, poco istruito, con vaste e profonde
sacche di miseria, con forti flussi di emigrazione. Esistevano molti profughi,
ma era inconcepibile che gli stranieri - all'infuori di rarissime eccezioni,
come alcuni cinesi - venissero a cercare fortuna e lavoro qui.
Il paese di oggi è completamente diverso: intanto è cresciuto molto il
numero, e soprattutto la proporzione degli anziani.
La durata della vita è cresciuta a livelli di record mondiale, ma la natalità
è crollata anch'essa a tassi minimi. Dalla metà degli anni settanta il
saldo migratorio italiano è diventato positivo, prima per il rientro degli
emigrati, poi per il sempre più consistente afflusso di stranieri.
Fornire cifre sulla presenza degli stranieri non è facile, sia per alcune
difficoltà intrinseche alle fonti di dati, sia per il rapido e costante
cambiamento. Meglio forse indicare alcuni fenomeni e tendenze. Nel 2002
la Caritas stimava una presenza regolare in Italia di circa 1.600.000
stranieri, ma a questi vanno aggiunte ora le oltre 700.000 persone che
hanno chiesto di essere regolarizzate nel 2002, e che per definizione
sono già presenti (anche se molti possono vedere respinta la loro domanda).
Come ben si vede, potremmo avere oggi oltre 2.300.000 immigrati stranieri.
La crescita è stata rapida e notevole, anche se bisogna sempre ricordare
che la percentuale di stranieri in Italia resta molto inferiore a quella
di altri paesi sviluppati.
In generale in Italia il numero ufficiale di immigrati fa un balzo in
alto in occasione delle regolarizzazioni. Questo perché entrare legalmente
in Italia, seguendo le procedure ordinarie, è molto difficile. Si entra
allora con visti turistici o irregolarmente, si trova lavoro e poi, quando
si presenta una occasione di mettersi in regola, si acquisisce il permesso
di soggiorno. Permesso che è comunque desiderato, prezioso e che quindi
si cerca di non perdere, come hanno evidenziato studi sulla continuità
del soggiorno regolare.
Tra gli immigrati il numero di studenti, molto basso in passato, è cresciuto
rapidamente. Anche il numero di studenti cresce dopo le regolarizzazioni,
soprattutto perché esse aprono la via dei ricongiungimenti familiari.
Ma anche il numero di figli di coppie straniere che nasce in Italia sta
crescendo. Nel 2000 sono stati oltre 26.000. In complesso i minori stranieri
residenti in Italia erano circa (la cautela è dovuta alla precisione non
assoluta delle fonti anagrafiche) 277.000 nel 2000.
Nel 2001 dovrebbero essere 326.000, ma come si è visto, queste cifre sono
già ampiamente superate oggi. La nuova regolarizzazione in corso ha già
portato infatti a una crescita di iscritti nelle scuole.
Secondo gli ultimi dati del Ministero nell'anno scolastico 2001-2002 gli
iscritti stranieri nelle scuole di ogni ordine e grado sono oltre 180.000.
Sono triplicati in sei anni, ma restano ancora il 2,3% degli iscritti
totali, una percentuale significativa, ma modesta se comparata a quella
di altri paesi. Come ci si poteva attendere la quota maggioritaria di
studenti stranieri si trova ancora alle elementari, ma sta crescendo nelle
medie inferiori e anche alle superiori, da frazioni minime, è ora salita
a livelli apprezzabili. In particolare nelle elementari ci sono 76.000
alunni stranieri, 44.000 nelle medie inferiori e 24.000 nelle scuola medie
superiori.
La presenza di alunni stranieri è maggiore al Nord, ma si trovano forti
concentrazioni in alcune province della terza Italia, ove sistemi produttivi
ad alta intensità di lavoro richiamano i lavoratori stranieri.
Mentre in altri paesi europei è ancora forte la predominanza di una sola
provenienza, in Italia da tempo l'origine degli immigrati è distribuita
tra un gruppo di nazionalità e sono rappresentate, anche se in piccole
quote, quasi tutti gli stati della Terra. Anche nelle scuole i gruppi
più consistenti sono gli albanesi, i marocchini e gli ex jugoslavi. Seguono
con quote decrescenti molte altre nazionalità. Va notato lo spostamento
verso l'Europa orientale delle origini, rispetto alla iniziale prevalenza
dell'Africa.
Che cosa accadrà in futuro?
Ovviamente nessuno possiede la sfera di cristallo e ogni ipotesi va presa
come una indicazione di prospettiva in assenza di fattori imprevisti.
In linea di massima l'invecchiamento della popolazione è un fenomeno inarrestabile.
Anche se in futuro ci fosse una lieve ripresa del tasso di natalità, comunque
il rapporto tra pensionati e lavoratori - e tra anziani e giovani - è
destinato a squilibrarsi molto a favore dei primi.
Gli scenari demografici ipotizzati dall'Onu per l'Italia rendono anche
difficile pensare che l'immigrazione possa colmare i vuoti lasciati dal
calo di natalità. In tal caso dovremmo avere quote di nuovi ingressi veramente
molto elevate. Né d'altra parte il più alto tasso di fecondità delle donne
straniere è una soluzione, poiché esso tende generalmente ad adeguarsi
abbastanza rapidamente a quello del paese di arrivo.
Dovremo quindi attrezzarci a vivere in una società con equilibri demografici
- e quindi sociali ed economici - molto diversi da quelli del recente
passato. I giovani saranno relativamente scarsi, gli anziani numerosi
e gli stranieri - o i cittadini di origine straniera - peseranno in proporzione
di più. Tutto lascia pensare che l'immigrazione continuerà e il numero
di stranieri crescerà: il problema è vedere a quali condizioni essi potranno
entrare e risiedere in Italia.
Anche nelle scuole il Ministero prevede una crescita degli alunni stranieri,
anche se si pensa che essa sarà meno rapida che negli ultimi anni. Il
Ministero stima che nel 2018 ci potranno essere tra i 550.000 e i 710.000
studenti stranieri, una quota oscillante tra il 4,5% il 6% del totale
degli iscritti.
Dalle ricerche sinora compiute risulta che tutto sommato la scuola ha
saputo rispondere in modo positivo ed efficace alle esigenze poste dall'arrivo
di alunni stranieri, i quali hanno anche contribuito a contrastare la
diminuzione delle classi. Il conforto con i nuovi arrivati è stato in
genere una occasione per rinnovare metodi e programmi, per mettere in
pratica la vocazione all'inserimento e all'accoglienza che anima la stragrande
maggioranza degli insegnanti e degli studenti.
In futuro le sfide non verranno meno. Da un lato infatti è previsto che
continueranno ad esserci nuovi arrivi, con i relativi problemi di accoglienza
e di inserimento. Ma soprattutto è inevitabile che cresca la quota degli
studenti stranieri di passaporto, ma nati e cresciuti qui in Italia. Ragazze
e ragazzi che avranno lingua, abitudini, aspirazioni sempre più simili
a quelle dei loro coetanei italiani e la cui cultura "di origine"
sarà diversa dal modello prevalente nella patria dei loro genitori e rielaborata
in forme nuove e originali. Essi appariranno forse meno "diversi",
ma giustamente esigeranno di poter vivere la scuola su un piano di parità
da un lato e di riconoscimento del loro particolare percorso dall'altro.
E questo potrebbe scontrarsi con norme che invece continueranno a vederli
come immigrati potenzialmente destinati al rimpatrio e passibili di espulsione.
Esiste quindi il rischio concreto che la condizione di straniero e quella
di marginalità sociale ed economica si possano cumulare in giovani per
il resto molto sensibili alle condizioni di pari opportunità con i coetanei
italiani. Questa situazione potrebbe generare tensioni e problemi che
si scaricherebbero certamente sulla scuola, ma non solo su di essa, e
che vanno assolutamente prevenuti. Non possiamo pensare che tra qualche
decennio si possa continuare a convivere con migliaia di giovani nati
e cresciuti in Italia, ma considerati stranieri a tutti gli effetti e
in condizione di perpetua precarietà. Anche a prescindere dal rischio
di rivolte o di comportamenti devianti, molti potrebbero finire per considerare
poco conveniente un investimento di lungo periodo - come un percorso di
studi completo - sul futuro in Italia. Rischieremo così di sciupare anni
di studio, e di vita, di giovani capaci e intenzionati a dare il loro
contributo alla società italiana per poi forse dover ricominciare tutto
il cammino con nuovi arrivati.
Enrico Alasino
Docente di Metodologia
della ricerca sociale allUniversità di Torino.
Ricercatore allIRES e responsabile dellosservatorio regionale
sullimmigrazione in Piemonte.
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