|
Collaborando
collaborando
L’autore, rifacendosi
alla sua esperienza, presenta quali sono le condizioni necessarie affinché
A e B collaborino proficuamente.
Il tema proposto da L’École Valdôtaine
stimola una riflessione rispetto al mio lavoro di insegnante di Educazione
fisica, anzi, meglio, induce all’analisi della realtà della
scuola dove lavoro, la scuola media di Nus, nella quale le cosiddette
discipline di serie B, ovverosia le educazioni, hanno da tempo risolto
il loro complesso di inferiorità (proprio per questo motivo non
ho detto: “Le materie di serie A hanno da tempo cancellato il loro
atteggiamento di superiorità!”).
Nell’ambito di una didattica centrata in larga parte su progetti
interdisciplinari e che è attenta ad ampliare e arricchire l’offerta
formativa, il ruolo delle educazioni riveste infatti un’importanza
pari a quella delle altre materie, a prescindere dalla personalità
o dalle attitudini dell’insegnante titolare.
Nella programmazione di inizio anno, accade spesso che i moduli orari,
che ogni insegnante di serie B ha a disposizione, risultino insufficienti
a coprire la richiesta dei colleghi, in primo luogo del coordinatore di
classe, per attività di laboratori creativo-espressivi. Accade
così che per alcune classi la programmazione didattica non preveda
progetti interdisciplinari con
la presenza delle educazioni, e che questo ruolo sia supplito dai colleghi
di serie A o dall’intervento
di esperti esterni alla scuola. Un fatto è certo, nella mia scuola
la valenza educativo-formativa degli interventi degli insegnanti di educazione
artistica, musicale e fisica viene riconosciuta da tutti i colleghi.
Questa mentalità, ormai diffusa tra gli insegnanti della mia scuola,
deriva da scelte opera-
te in passato dal Collegio dei docenti, che fino all’anno scolastico
1999-2000 comprendeva l’attuale scuola media del Villair, e che
si possono così sintetizzare:
• presenza costante nelle classi del tempo prolungato di progetti
di area creativo - espressiva;
• abituale e significativa presenza di progetti interdisciplinari
anche nel tempo normale, con la stessa attenzione a variare per quanto
possibile l’offerta;
• ruolo quasi istituzionale del laboratorio teatrale (grazie anche
e soprattutto ad insegnanti come Magui Maquignaz), che si è venuto
via via rafforzando, tanto da farlo diventare un appuntamento obbligato
per ogni classe, almeno una volta nel triennio (indicazione contenuta
nel nostro POF);
• abitudine a lavorare in collaborazione, non solo durante le ore
curricolari, ma anche nelle riunioni collegiali, nella progettazione e
nella valutazione delle attività di laboratorio;
• partecipazione massiccia a corsi di aggiornamento di istituto,
che non avevano l’obiettivo di rafforzare competenze specifiche
disciplinari (aspetto che non veniva tralasciato, ma che era già
garantito dalle offerte dell’IRRSAE o da altri corsi regionali),
ma piuttosto quello di creare un linguaggio comune e un’attenzione
particolare rispetto a temi quali:
• il rapporto con l’alunno, gli stili di insegnamento,
• il contratto formativo.
Un
momento de: “Il Sognatore di Sogni - Spettacolo senza un senso”
realizzato durante l’a.s. 2003/2004 con la classe 2B della Scuola
media di Nus.
Condotto da Andrea Damarco e coordinato dagli insegnanti Ebe Benech e
Angelo Missana, “Il Sognatore di Sogni” è una trasposizione
teatrale del romanzo di Ian Mc Ewan dedicato ai ragazzi nel delicato passaggio
all’adolescenza.
Il pubblico, costretto alla cecità, era invitato ad ascoltare alcuni
momenti della vita di Peter
(il giovane protagonista), lasciandosi sprofondare nell’estensione
tridimensionale dei sensi.
Foto A. Missana
Questi aspetti hanno contribuito a rafforzare il valore
di tutti i linguaggi (verbali e non verbali), perché nessuno di
noi docenti crede più che la propria disciplina possa da sola garantire
un corretto sviluppo della personalità dell’alunno.
I corsi di aggiornamento su temi trasversali, che hanno visto la partecipazione
di un numero sempre significativo di docenti, hanno indubbiamente contribuito
a migliorare la comunicazione d’Istituto e anzi a creare un vero
e proprio linguaggio comune: fatto importante, perché era il linguaggio
di quel Collegio docenti e perché rendeva più credibile
e più trasparente l’offerta formativa.
Da sottolineare inoltre come che la compresenza tra insegnanti di discipline
diverse (per monte ore, per modalità e stile di insegnamento) ha
arricchito gli uni e gli altri; ad esempio la gestione di un modulo orario
da parte di un insegnante delle cosiddette materie di “serie B”
ha indotto a riflettere il collega di “serie A”, che ha più
tempo a disposizione per svolgere il suo programma, sulla necessità
di ottimizzare i tempi.
Viceversa gli insegnanti di “serie A” hanno spesso fornito
ai colleghi di materie tradizionalmente più amate (o almeno meglio
tollerate!) molteplici esempi di strategie metodologiche, utilizzate per
rendere interessanti argomenti alquanto ostici, dimostrando talora di
possedere una spiccata creatività.
Per garantire un’educazione e una formazione a 360 gradi, così
come sempre più esige la nostra società attuale, è
auspicabile che nella scuola insegnanti diversi, di discipline diverse,
convivano e collaborino, contribuendo con le loro competenze specifiche
ad amalgamare in un tutt’uno le componenti che hanno dato vita alla
nostra cultura.
Al termine di questa breve analisi, vorrei tentare di condensare in una
specie di decalogo ciò che anni di lavoro con colleghi illuminati
e preziosissimi mi hanno insegnato. Non è un tentativo di... salire
in cattedra (liberandomi così dalla frustrazione spesso attribuita
a noi maestri di zompi!), ma di offrire spunti per confrontarsi
sul tema.
Condizioni
necessarie affinché A e B collaborino |
A
• Attua una didattica per progetti, ricerca
un ampliamento dell’offerta alla classe;
• conosce personalmente i colleghi, partecipando a corsi di
aggiornamento di Istituto;
• sa mettersi in gioco, intervenendo nel contesto educativo
anche al di là delle proprie competenze disciplinari;
• vuole uscire da dietro la cattedra, dall’aula, dall’edificio
scolastico;
• riconosce l’importanza educativa e il peso formativo
di tutte le discipline;
• è curiosa rispetto al lavoro dei colleghi e alle
loro metodologie;
• accetta la possibile diffidenza iniziale dei colleghi delle
cosiddette discipline di serie B, non li aggredisce, ma collabora
per trovare un terreno comune;
• se un alunno “va bene solo in B”, ritiene di
aver trovato un possibile punto di partenza.
|
B
• Conosce personalmente i colleghi, partecipando
a corsi di aggiornamento di Istituto, anche su temi non specifici
rispetto alla sua materia;
• ha la capacità di inserirsi in situazioni didattico
– formative anche non legate alla disciplina insegnata;
• ricerca nel proprio insegnamento, possibilità di
aggancio per altre discipline, favorendole;
• riconosce la mole di lavoro che A è spesso obbligato
a fare e i compiti di responsabilità che sovente accetta
di ricoprire (coordinamento);
• crede nell’importanza della propria disciplina e non
accetta, con i fatti, un ruolo subalterno;
• se un alunno “va bene solo in B”, offre la propria
collaborazione ai colleghi. |
LA SCUOLA
• Favorisce momenti di confronto tra A e
B;
• organizza corsi di aggiornamento su temi trasversali a tutte
le discipline che abbiano come obiettivo primario o secondario la
coesione del gruppo insegnante;
• riconosce pari valenza educativa e formativa ad ogni disciplina;
• garantisce una formazione della personalità dell’alunno
che scaturisca dalla sinergia di tutte le discipline presenti nella
scuola. |
Per concludere vorrei sottolineare l’urgenza per
le nuove scuole verticalizzate di trovare equilibri e stimolare collaborazioni
tra gli insegnanti di scuole materne, elementari e medie, indipendentemente
da qualsiasi impianto riformistico il Ministero attui, per evitare che
si creino altre serie A, altre serie B e nuove serie
C!
Angelo Missana
Insegnante di Educazione fisica presso l’Istituzione scolastica
“Comunità Montana Monte Emilius 1”, scuola media di
Nus.
|
|
|