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Scuola-mondo
del lavoro,
nuove opportunità formative
Questo numero di inizio anno scolastico
è centrato sui possibili approcci tra scuola e mondo del lavoro,
con particolare attenzione alla vicenda di quei giovani che vivono questa
esperienza entro i diciotto anni, all'interno cioè dell'offerta
di istruzione e formazione (normata al co. c, art. 2 legge 53/003), che
prevede per tutti un cursus di almeno dodici anni o, comunque, fino al
conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età.
Perché? La risposta è complessa e cercherò di strutturarla
in modo schematico.
Innanzitutto per sapere che fine hanno fatto G. e M..
Ognuno di noi, impegnato sul fronte dell'educazione nelle classi di ogni
ordine e grado, ha avuto esperienza di uno o più “casi difficili”,
alunni poco coinvolti dalle proposte scolastiche, refrattari alla relazione
educativa, poco disponibili anche a momenti di recupero mirati, a volte
aggressivi perché incapaci di sintetizzare in processi di comprensione
i fatti e le persone che li circondano. Comportamenti questi che si incontrano
già in alcune classi di scuola dell'infanzia, che gli insegnanti
registrano, segnalano, si sforzano di contenere e per migliorare i quali
si spendono. Poi l'anno o il ciclo scolastico finiscono, le classi si
ricompongono, i casi cambiano e qualcuno lo perdiamo di vista.
Diceva don Milani in Lettera ad una professoressa:
“E Gianni non è più tornato… Si è saputo
che non va più in chiesa, né alla sezione di nessun partito.
Va in officina e spazza. Nelle ore libere segue le mode come un burattino
obbediente. Il sabato a ballare, la domenica allo stadio.”
Erano i lontani anni ’70, manca un cenno alla tv dominatrice e manipolatrice
di interessi, ma sotto la vis polemica degli autori si ritrovano preoccupazioni
di assoluta attualità. Quale impianto di contenimento, possibilmente
di recupero e potenziamento la scuola italiana prospetta per chi “non
ha voglia di studiare” e non si lascia convincere dalle proposte
curricolari?
È importante che anche gli insegnanti dei primi gradi di scolarità
conoscano le opportunità che una normativa preoccupata di contenere
la dispersione scolastica e dirigenti e docenti sensibili costruiscono
per i Gianni che ognuno di noi ha incontrato e perso di vista.
E questa considerazione ci conduce al secondo punto della risposta al
perché di questo numero, che sembra, apparentemente, trattare temi
inerenti esclusivamente alle scuole superiori, professionali in particolare.
In secondo luogo, dunque, perché l'intricata galassia delle scuole
superiori sia almeno un poco più manifesta ai docenti delle altre
scuole, che sovente faticano ad immaginare per i loro, sempre più
multiformi alunni, percorsi di apprendimento che vadano al di là
della struttura liceale classica “io insegno tu studi e impari”.
Per poter attuare forme di orientamento a misura del singolo e efficaci
rispetto all'offerta sia formativa sia lavorativa del paese può
essere utile offrire agli insegnanti squarci di “quel che succede
dopo”, di quali contenuti, quali modalità di apprendimento,
quali contatti scuola-lavoro il segmento liceale e professionale consentono.
Terza e forzatamente ultima considerazione. Se siamo tutti chiamati a
“fare dell'Europa nel 2010 la società più competitiva
del mondo”, come anche solo provarci in assenza di sinergie tra
i diversi gradi di scuola tese a rimotivare allo studio e a favorire la
scoperta delle vocazioni personali?
Il Consiglio dei Ministri ha approvato a giugno uno schema di decreto
relativo all'alternanza scuola lavoro ai sensi dell'art. 4 della l. 53/2003.
Nutro dei dubbi sulla scelta precoce a 14 anni e sulla reale possibilità
di passaggio tra le filiere, quella liceale e quella professionale, ma
riconosco, all'art. 2 “Finalità dell'alternanza”, intenti
seri e fondati, quando afferma appunto che finalità della modalità
di apprendimento in alternanza sono: “arricchire la formazione con
l'acquisizione di competenze spendibili anche sul mercato del lavoro;
favorire l'orientamento per valorizzare le vocazioni personali; correlare
l'offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del
territorio”.
Il traguardo del 2010, a parole, è più vicino. Speriamo
anche nei fatti. Buon anno scolastico a tutti.
Giovanna Sampietro
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