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Archeologia didattica

Può l’archeologia contribuire in maniera significativa allo studio dell’ambiente? Questa esperienza, realizzata nel vicino Canavese, dimostra come l’archeologia possa essere oltre ad un catalizzatore dell’attenzione al proprio territorio, alle sue risorse, alla sua storia, un’ottima occasione didattica di lavoro interdisciplinare.

Premessa

10 aprile 1999: il Gruppo Archeologico Canavesano, con l’autorizzazione della Soprintendenza per l’Archeologia del Piemonte, inizia una campagna triennale di raccolta di reperti, in giacitura secondaria, sulla Paraj Auta (Monte Appareglio) di Pavone Canavese.
Tre anni di intenso ed entusiasmante lavoro che vedrà impegnati una trentina di volontari di tutte le età.
Un gruppo di otto persone, in media, nei fine settimana applica quanto più possibile i principi dello scavo stratigrafico.
Il lavoro meticoloso e organizzato porterà alla realizzazione della Mostra “Al di là del Po ci sono i Salassi – Archeologia a Pavone Canavese e nell’Eporediese” tuttora esposta al Centro Studi D’Andrade a Pavone.
21 ottobre 1999: nelle prime classi della Scuola media di Pavone si inaugura un laboratorio di archeologia didattica: una novità per la scuola, che avrà il suo momento culmine nella simulazione dello scavo archeologico in aula, realizzata a partire dal 25 gennaio 2000 (vedi riquadro).

I numeri dei laboratori
In totale hanno fruito dei laboratori del Progetto 2002/03/04:
• 7 diverse scuole
• 20 diverse classi
• 358 bambini/ragazzi
• ore effettive di laboratorio 220 (con una media di 2,5 operatori per ora di lezione).

Dati per i possibili percorsi didattici per una classe di 20 bambini:
• ore laboratorio solo simulazione scavo e analisi reperti: 5
• ore laboratorio medio: 14
• ore laboratorio completo: almeno 40
• numero medio minimo di animatori per ciascuna ora
di laboratorio: 2, consigliato 3.

 

Le attività di archeologia didattica e sperimentale proseguiranno dapprima su iniziativa di alcuni volontari del GAC, poi nell’ambito di progetti presentati dalla Amministrazione comunale di Pavone, finanziati dalla Regione Piemonte e realizzati dal gruppo Aries (vedi riquadro). Contribuiranno in modo significativo le associazioni Terza Voce e Arvicola e alcuni cittadini di Pavone.

ARIES
ARIES (Archeologia Ricerca Informazione e Sperimentazione) è nata nel 2002 per supportare l’Amministrazione di Pavone Canavese nella progettazione e realizzazione dei Laboratori di Archeologia Didattica.
Più in generale Aries intende promuovere il coinvolgimento di tutti i cittadini nella tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico locale. Aries ritiene che i volontari organizzati e dotati di un metodo scientifico possano fornire alla ricerca ufficiale le braccia che spesso mancano e una presenza capillare sul territorio che unica può consentire una seria tutela del patrimonio.

 

L’obiettivo dei laboratori è far ripercorrere agli studenti delle scuole (dalle elementari alle superiori) il cammino tipico della ricerca archeologica dei professionisti: la ricognizione, lo scavo, l’analisi dei reperti, la sperimentazione delle tecniche di realizzazione di abitazioni e manufatti…
I consulenti verificano sul campo che l’archeologia può essere un formidabile catalizzatore dell’attenzione al proprio territorio, alle sue risorse, alla sua storia.
Per gli insegnanti l’archeologia didattica è un’ottima occasione di lavoro interdisciplinare, di sviluppo della manualità nei discenti, di perseguimento di molti obiettivi trasversali.

I progetti realizzati

In questi anni i laboratori di Archeologia didattica sono stati realizzati impegnando un numero variabile di giornate: dalle due, ciascuna di sette ore intense, alle venti lezioni settimanali di due ore pomeridiane.
Aries ha preliminarmente concordato con gli insegnanti il percorso più adatto per ciascuna classe: fatti salvi i moduli caratterizzanti i laboratori (introduzione all’archeologia, simulazione di scavo, ricostruzione stratigrafica, analisi dei reperti), le altre attività sono state pianificate tenendo conto delle disponibilità finanziarie e di tempo delle scuole.

Il percorso didattico completo

Si inizia con una o più ricognizioni sul territorio: si raccolgono informazioni e oggetti su tutto (erbe, alberi, animali, rocce, profumi, suoni, luoghi… magari con giochi che permettano di ascoltare, sentire, toccare, annusare… Nasce l’esigenza di identificare luoghi e manufatti: si dedicano quindi alcune ore alla cartografia e all’orienteering.
I materiali esaminati permettono di descrivere l’ambiente dal punto di vista naturalistico, mentre ci si accorge che mancano informazioni sulla presenza dell’uomo. Allora si interpellano i nonni, si leggono i libri… ma risalendo all’indietro prima o poi le informazioni sfumano. E allora? Occorre tornare sul territorio e osservare meglio le tracce lasciate dall’uomo. A poco a poco si definisce il metodo di lavoro dell’archeologo.
Si effettua così una vera e propria ricognizione archeologica di superficie, utilizzando metodi e strumenti dei professionisti: cartine topografiche, bussola, il foglio di ricognizione, il livello, la stadia, la rotella metrica, il GPS…
Osservando meglio, a seconda dei luoghi, si possono raccogliere cocci ceramici, frammenti di elementi da costruzione (mattoni, coppi, embrici…).
Queste osservazioni consentono di capire quali sono gli elementi che portano gli archeologi a decidere di scavare in un sito.
Perché si scava? Si riflette sui fenomeni naturali e antropici che portano inesorabilmente le tracce della presenza dell’uomo sotto terra, sempre più giù man mano che passa il tempo… si delinea l’importante concetto della stratigrafia geologica e archeologica.
Lo scavo: la figura tipica dell’archeologo per definizione è quello di una persona accovacciata sul terreno che… cosa fa? Per rispondere a questa domanda i ragazzi dovrebbero partecipare ad uno scavo vero e proprio, ma mille motivi non lo permettono!
Da qui l’idea di effettuare la simulazione dello scavo archeologico e la ricostruzione stratigrafica in aula(1).
Nell’introduzione alla giornata si parla dell’archeologo sul campo, aiutati dalla proiezione di fotografie prese dal vero che spiegano bene situazioni e condizioni del suo lavoro. Successivamente i ragazzi della classe vengono suddivisi in due gruppi che si alternano in due attività: mentre uno scava, l’altro fa il lavoro successivo: l’analisi dei reperti. Per semplicità si analizzano reperti ceramici, che sono d’altronde di gran lunga i reperti più importanti per l’archeologo.
Ad ogni ragazzo viene dato un frammento di un vaso (moderno, ma ad imitazione di uno antico): di esso vengono analizzati la forma, il materiale, le decorazioni… si riflette sul metodo di lavorazione dell’argilla e su come questa si trasforma in ceramica… A questo punto, a mo’ di gioco, i ragazzi devono costituire gli opportuni gruppi per “mettere insieme i cocci” e ricostruire le forme intere (in genere due…). Infine, tornati ciascuno al proprio posto, devono disegnare la forma intera e descriverne l’ipotetico impiego.
Ora i ragazzi hanno delle buone basi per visitare la mostra (e/o un museo). Dopo una descrizione introduttiva alla intera mostra però, per evitare che la visita si trasformi in una memorizzazione di informazioni difficili da recepire, si gioca alla “Caccia al reperto” che fa concentrare i ragazzi su un frammento preciso:
di questo devono raccogliere tutte le informazioni disponibili, osservando le vetrine.
Ma il modo migliore per capire la vita dell’uomo è provare a mettere i suoi panni: da qui le sperimentazioni. L’archeologia moderna fa sempre più spesso uso di informazioni provenienti dall’archeologia sperimentale per raccogliere conferme o smentite alle ipotesi effettuate in base alla osservazione di reperti e costruzioni.
La prima attività sperimentale è la modellazione della ceramica: ai ragazzi viene insegnato come utilizzare l’argilla per costruire oggetti dalle forme più disparate.
L’argilla essicata è piacevole, ma delicata: occorre cuocerla. Allora si organizza la cottura a cielo aperto (o in un fornetto ambulante…) .
I ragazzi aiutano a preparare il forno trasportando pietre, mattoni, legna… poi seguono le varie fasi della cottura aiutando quando necessario.
Durante la cottura, nei tempi morti, è possibile provare l’accensione del fuoco, la lavorazione della pietra e dell’osso…
In primavera, avendo una giornata intera a disposizione, si va nel bosco: il mattino viene dedicato alla costruzione di modellini di capanne: utilizzando solo materiali naturali i ragazzi realizzano un modellino di costruzione preistorica: intreccio di rametti, legature con spago naturale, fango, erba, foglie… non facile, ma il risultato finale è sempre gratificante!
Dopo il meritato riposo ed essersi rifocillati si riprende il cammino e si attraversa l’intera collina soffermandosi sul sito preistorico: la descrizione per i ragazzi non ha più nessun mistero, la simulazione effettuata in classe aiuta a comprendere il cantiere.
Siamo quasi arrivati alla fine. L’archeologo ha raccolto tutte le possibili informazioni e passa il testimone.
Si tolgono i panni dell’archeologo (sbrecciati dalle spine e consumati dalle rocce, sporchi di terra, puzzolenti di fumo…) per mettere quelli più decenti dello storico (al massimo un po’ impolverati…).
Un po’ aiutati da disegni e fotografie proiettate in classe, un po’ con la propria fantasia, i ragazzi ipotizzano scene della vita quotidiana nella preistoria:
la costruzione di capanne, la tessitura, la lavorazione della pietra… ma anche scene speciali: la celebrazione di riti (con le incisioni rupestri…), la sepoltura…
I ragazzi ora hanno elementi per raccontare con la fantasia scene aderenti ai dati delle osservazioni effettuate.
Se c’è tempo, con l’ausilio di foto, si racconta l’entusiasmante vicenda della scoperta di un “reperto” preziosissimo: l’uomo di Similaun, l’uomo dei ghiacci.

Il parere degli insegnanti

Accostare gli alunni all’archeologia era certo la finalità più evidente, ma non era l’unica né la più importante. Si trattava di far riscoprire ai ragazzi un ambiente che conoscevano da sempre e che non sembrava rivestire ai loro occhi altro aspetto che quello della familiarità e dell’abitudine; si trattava di far nascere in loro quella curiosità che in genere si riserba solo a quanto ci è lontano e sconosciuto; e soprattutto si trattava di far capire che quella storia che tanto li intimidiva, codificata in un libro di testo che stavano per incominciare a sfogliare, nasceva da tante radici diverse, da tante piccole storie locali: e una di queste, una delle più lontane, era lì, a portata di mano, e aspettava di essere riscoperta da loro.”

“Riteniamo che la simulazione proposta in aula ai ragazzi abbia raggiunto lo scopo in quanto, nonostante i limiti di spazio e di tempo, è stata condotta con rigore scientifico. Oltre agli obiettivi disciplinari, ha coinvolto i ragazzi e sotto forma di giochi di ruolo ha loro imposto il rispetto del ruolo assunto in un lavoro d’equipe, ha fatto comprendere l’importanza del lavoro di ciascuno per la realizzazione del lavoro di gruppo… di essere precisi nella raccolta dei dati e nella loro catalogazione e coerenti nella formulazione di ipotesi…”

È stato come uscire dall’ombra e sentire le voci del tempo
PASSATO
È molto lungo il cammino della nostra storia
E noi camminando sulla Paraj Auta
L’abbiamo calpestato.
Era come avanzare nella terra dei sogni.
Abbiamo sfiorato i muretti del sentiero,
abbiamo camminato lungo i filari delle viti,
ci siamo stupiti davanti alle coppelle.
E per un poco è stato come
Uscire dall’ombra
E sentire le voci del tempo.

LE VOCI DEL TEMPO
Salendo e camminando
nella terra antica,
vediamo le pietre delle torri,
e i muretti camminano con noi
per tutto il sentiero;
per un poco scompaiono,
ma eccoli di nuovo a farci compagnia.
Dietro gli alberi delle gaggie
Si nasconde un’ombra millenaria.

Alcuni STUDENTI

Gli sviluppi

Compatibilmente con l’approvazione dei progetti futuri e le disponibilità finanziarie, i laboratori verranno via via arricchiti di nuove attività (tessitura, simulazione della datazione con il C14, costruzione di una capanna in grandezza naturale…) ed estesi ai periodi storici successivi (Romani) prendendo spunto dalle evidenze locali.
ARIES intende collaborare con (o contribuire alla nascita di) gruppi di giovani appassionati di archeologia didattica specializzati ciascuno su uno specifico territorio, in modo da condividere investimenti e conoscenze maturate ed estendere l’offerta al mondo scolastico.

Luigi Chiaverina
È ingegnere elettronico prestato all’informatica e all’archeologia.
Presidente del Gruppo Archeologico Canavesano dal 1998 al 2002.
Cofondatore di ARIES.

Note
(1) Materiali e metodologia della simulazione di scavo sono oggetto della Registrazione SIAE (SEZIONE OLAF) n° 0003630 con Titolo “Cassetta gioco/studio sperimentale della stratigrafia archeologica e geologica”.

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