|
Nelle
lingue un tesoro
Alla formazione di ogni soggetto, quindi
anche all’apprendimento delle lingue, concorrono in modo complementare
tre modalità diverse di educazione: informale, formale, non formale.
La prima, intesa come un processo non organizzato e non sistemico che
si svolge durante tutta la vita, consentirebbe comunque ad ogni individuo
di acquisire abitudini, valori, conoscenze e abilità.
La seconda si concretizza all’interno di ogni sistema scolastico
gerarchicamente e cronologicamente strutturato. La terza, infine, comprenderebbe
tutte le attività educative fornite da agenzie esterne alla scuola
cui il soggetto volontariamente prende parte. Tale concezione poliedrica
di educazione, ripresa dal Rapporto mondiale sull’educazione dell’Unesco
del 2000 e sostenuta da Jacques Delors nel 1997, in Nell’educazione
un tesoro, rapporto della Commissione internazionale per l’educazione
del XXI secolo, dipende da e al tempo stesso rielabora alcune considerazioni
relative alle nostre società. La durata media della vita è
sempre più lunga; è impossibile oggi acquisire le conoscenze
utili durante la sola giovinezza; ogni formazione va continuamente aggiornata;
esistono multiformi possibilità di apprendimento fuori dalla scuola;
il tempo degli apprendimenti, della crescita individuale è l’intero
arco della vita.
Quale il ruolo della scuola allora affiancata da altri erogatori di saperi
e competenze, ma anche da sirene disturbatrici e da nuovi e più
raffinati Lucignoli? Mi piace riprendere alcune risposte che trovo nel
testo di Delors: “Offrire le mappe del mondo in evoluzione e la
bussola perché ciascuno trovi la sua rotta, appoggiandosi sui quattro
pilastri dell’educazione: imparare a conoscere, imparare a fare,
imparare a vivere insieme, imparare ad essere”.
Alla scuola, dunque, il compito di consentire ad ognuno di trovare e coltivare
dentro di sé le risorse per selezionare le informazioni necessarie,
trasformarle in competenze, praticare comportamenti rispettosi degli altri
e in grado di mediare conflitti, per diventare la persona che potenzialmente
ognuno di noi potrebbe essere e che nel confronto e nella presa di responsabilità
individuale e collettiva possa migliorare la sua realtà. Una scuola
che non si limita ad accogliere i giovani nella prima fase della loro
formazione, ma che li accompagna, offrendo occasioni di rientro, di approfondimento,
di specializzazione anche una volta diventati adulti di successo o in
difficoltà. Se l’ipotesi iniziale di un’educazione
triforme tiene, necessariamente l’istituzione che eroga l’istruzione
formale non può limitare nel tempo la sua funzione, verrebbe a
trovarsi svantaggiata rispetto alle altre, la cui offerta non conosce,
perlomeno nei paesi ricchi, interruzione, questo significa che la scuola
si dovrebbe costituire come agenzia che accompagna l’intera vita
dei suoi utenti, capace di offrire, a più riprese riqualificazioni,
sostegno e potenziamento, una bussola sempre aggiornata per orientarsi
nella complessità crescente.
A me sembra che questo impianto teorico abbia già trovato spazi
di realizzazione attivati dalla pervicacia e dalla volontà dei
singoli piuttosto che dalle istituzioni. L’elaborazione di questo
numero della rivista mi ha fatto nascere questa riflessione. Il quadro
di insieme che emerge dalle interviste, dai resoconti ed alle esperienze
che la redazione ha raccolto, aiutata dagli stimolanti consigli di Marisa
Cavalli e rassicurata dall’apporto di Daniel Coste, testimonia che,
in particolare, l’apprendimento delle lingue già si muove
su tre assi, formale, la scuola, non formale (corsi esterni pubblici o
privati) ed informale, le occasioni della vita. Certo le lingue non sono
discipline come le altre, sono chiavi di lettura del reale, organizzatori
di pensiero, distillati di tradizione, risultati di vicende storiche,
strumenti di scoperta dell’altro, rappresentano un intreccio forte
di elementi cognitivi ed esperienziali, ne consegue che più semplice
è, nel caso del loro apprendimento, interessare anche dimensioni
non specificatamente formali: si imparano e si parlano per necessità
(Papst ist tot!) per amore, per lavoro, per condizioni geografico-storiche,
per scelta politica. Molte altre discipline però possono vantare
alcune delle caratteristiche attribuite alle lingue, sono linguaggi, quindi
dispositivi di avvicinamento e rielaborazione della realtà, anche
la matematica, l’epressione iconica, la musica, il movimento. La
scuola deve acquisire ulteriore coscienza della portata vitale di ciò
che si prefigge di insegnare, avvicinarsi e rinforzare le occasioni di
apprendimento che i giovani e gli adulti incontrano nel loro cammino.
Gli apprendimenti che fanno la ricchezza di ciascuno di noi, che costituiscono
veramente i nostri tesori, non dovrebbero avvenire malgrado la scuola,
quasi in una dimensione parallela, ma essere aiutati, preparati, facilitati,
stimolati dall’agenzia pubblica di istruzione, anche per limitarne
i costi personali e, perché no, economici.
Giovanna Sampietro
|
|
|