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La
riforma è servita
Gli argomenti trattati in questo numero
sono particolarmente di attualità, fatto abbastanza insolito per
la nostra rivista che avendo tempi lunghi di elaborazione predilige temi
sempiterni e persistenti della didattica o della pedagogia. Parliamo di
alimentazione e di riforma, mettiamo insieme la Moratti e le mense scolastiche,
la legge regionale 18 e l’educazione alimentare. Temi lontani e
apparentemente inavvicinabili. In realtà una qualche assonanza,
ripensando alle linee guida ispiratrici della riforma nazionale e percorrendo
gli articoli dedicati ai problemi nutrizionali, è individuabile
tra questi due argomenti. Proverò a presentarla.
La riduzione dell’orario dedicato al curricolo obbligatorio avanzata
dalla riforma si circostanzia in una visione dell’educazione e dell’apprendimento
articolata in tre momenti: uno formale, il sistema scolastico appunto,
uno informale, che percorre tutta la vita dell’individuo e che gli
consente in ogni situazione di acquisire abitudini, valori, abilità
e infine uno non formale, ogni attività educativa o addestrativa
al di fuori della scuola. E ancora l’insistenza morattiana sulla
facoltatività di parte dell’offerta formativa e sulla personalizzazione
dei percorsi di apprendimento permettono di paragonare le situazioni formative
ad un buffet.
L’idea di una scuola strutturata come una kermesse alimentare, dove
pargoli affamati di sapere si aggirano e scelgono liberamente pietanze
anche difficilmente digeribili perché motivati dalla curiosità
e naturalmente predisposti ad apprendere, traversa da tempo la pedagogia
nazionale ed internazionale. Presuppone un’innata predisposizione
ad apprendere, la presenza di un’offerta formativa adeguata e funzionale
alla crescita del soggetto nonché dell’umanità tutta
e confida nella possibile intesa tra questi due elementi. L’impianto
morattiano espande questa concezione a tutte le situazioni conoscitive,
gli odierni fanciulli (termine rilanciato dai testi di Bertagna) hanno
a disposizione un buffet sconfinato (formale, informale e non formale)
e sono stuzzicati da cibi sulla cui qualità ci sarebbe molto discutere.
Per i ragazzi dei paesi ricchi (per l’offerta di cultura come per
le possibilità alimentari questa specificazione si impone) l’accesso
all’apprendimento e al cibo è facilissimo, tanto per l’uno
come per l’altro sono saltate quasi tutte le regole: internet, le
tv, i video giochi costituiscono un immenso supermercato di sapere cui
attingere in ogni momento e senza criteri guida, così come al momento
dei pasti si è aggiunto e in alcuni casi sostituito il cibo da
passeggio, il perenne beverone di carta importato dai telefilm americani
o il ricorso a integratori vitaminici in diete già ipercaloriche.
La famiglia e la scuola portatrici di offerte alimentari e culturali meno
appariscenti e di più complessa fruibilità sono sovente
sopraffatte dalle proposte della dimensione informale e perdono, è
il caso di dirlo, ogni appetibilità. Assistiamo così al
diffondersi dell’obesità fisica (in Piemonte gli obesi tra
i 20 i 60 anni sono circa 800 000 - La Repubblica 9-10-05) e
di un’obesità formativa (le ore passate dai ragazzi davanti
alla tv o al PC sono in aumento), i ragazzi mangiano e imparano di tutto
perdendo di vista il loro bene formativo, alimentare e culturale.
Questa una faccia della medaglia. La similitudine tra cibo e scuola o
meglio tra offerta di cibo e offerta di cultura regge anche se l’applichiamo
all’altra parte del mondo, ai paesi del centro Africa ad esempio,
qui le tavole del buffet sono vuote e il ricentrare l’educazione
sui valori profondi di solidarietà, rispetto nonché di contenimento
dei consumi può contribuire a riempirle.
Occorre riposizionare la barra del timone formativo, i danni culturali
non sono ancora un’attenzione dei media, ma le conseguenze negative
di un’alimentazione sregolata e overdosica cominciano ad essere
argomento di interesse. Sempre su La Repubblica (ottobre 2005)
leggo “Che sapore ha il sorriso dei bambini?" è
il titolo di una campagna di educazione alimentare dell’ospedale
Bambin Gesù di Roma. I bambini di 2 000 scuole primarie saranno
guidati alla scoperta della corretta alimentazione con un percorso ludico
di favole e ricette ‘giuste’. Sono infatti le cattive abitudini
a tavola uno dei maggiori fattori a rischio per i bambini e gli adulti."
Bene. Ottima idea. A quando una campagna per prevenire i danni di una
formazione superficiale e frammentaria a fronte di un futuro complesso
e indecifrabile?
Ha collaborato a questo numero Bruno Fracasso che con professionalità
ed impegno ha iniziato la sua attività presso la nostra redazione.
A lui e a noi tutti, a scuola o altrove, buon lavoro.
Giovanna Sampietro
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