Gli allievi dell’IPRA di Châtillon
riscoprono la cucina tradizionale e imparano a usare come ingredienti
le erbe dei campi. Creano così nuove ricette per migliorare l’offerta
turistica e diventare operatori sempre più qualificati.
L’Istituto Professionale Regionale Alberghiero (IPRA), con sede
in Châtillon, è giunto al compimento del primo quinquennio.
Al termine del corrente anno scolastico saranno “sfornati”
(è proprio il caso di dirlo!) i primi tecnici dei servizi ristorativi,
già in possesso della qualifica di operatori di cucina o di sala
conseguita al termine dei primi tre anni, con un diploma da spendere
subito o da perfezionare attraverso un percorso universitario.
Il percorso scolastico all'interno dell'IPRA offre allo studente la
possibilità di riorientarsi, durante il cammino, verso una formazione
professionale; infatti, accanto all'IPRA, che si occupa di istruzione,
è presente l'École Hôtelière che si occupa
di formazione lavoro (un percorso di tre anni strutturato su molte ore
di laboratorio). La vicinanza (non solo fisica) delle due strutture,
disegna due percorsi alternativi (ma in qualche modo paralleli), offre
allo studente la possibilità di riflettere in itinere sul proprio
percorso e, eventualmente, di modificare le proprie scelte in direzione
dell'istruzione oppure di una formazione lavoro.
I futuri neodiplomati costituiranno una risorsa per la Valle d'Aosta
che, a ragione, può essere considerata una delle regioni italiane
a più forte vocazione turistica e la Fondazione per la formazione
professionale turistica ha investito molto sull’istruzione di
operatori qualificati, in grado di esprimere professionalità
e desiderio di contribuire ad una offerta turistica sempre più
competitiva.
Gli studenti, nel loro percorso scolastico, sono entrati nel mondo
magico e affascinante della ristorazione, hanno sperimentato il valore
ed il rigore del lavoro di squadra all'interno della brigata di cucina
e nella collaborazione con il personale di sala, hanno acquisito l'arte
della trasformazione delle materie prime, hanno scoperto il potenziale
creativo che l'elaborazione di un piatto può avere assieme all'arte,
costituita da eleganza, cortesia e professionalità, della sua
presentazione, come si evince dalle foto pubblicate nella rivista, che
mostrano alcune delle opere artistiche realizzate da Giuseppe Sabatino,
chef più volte premiato in occasione di diversi concorsi culinari
nazionali e internazionali.
Si tratta di un percorso non facile, fatto di studio e di pratica, durante
il quale l'approccio al cibo viene sviluppato attraverso l'esplorazione
di colori, odori, sensazioni, ma anche, ed in primo luogo, di conoscenza
dei principi nutritivi, delle tecniche di trasformazione e di conservazione,
fino alla composizione di menu nutrizionalmente equilibrati e completi.
In un intreccio di sapere e di saper fare, gli studenti scoprono il
valore di una corretta alimentazione e conoscono anche le insidie che
il cibo può nascondere quando diventa lo specchio di disagi psicologici
o di vere e proprie patologie, spesso derivanti da scorrette abitudini
alimentari.
Nella formazione di una figura professionalmente completa non può
tuttavia mancare un forte riferimento al fatto che il cibo è
anche specchio della cultura locale, di specificità territoriali,
ambientali, climatiche, storiche, che possono essere valorizzate nella
riscoperta della cucina tradizionale, dei suoi ingredienti essenziali
e caratterizzanti. In questa ottica, nel corso del passato anno scolastico,
è stato attivato un corso di etnobotanica tenuto dall'esperta
Fiorenza Cout e un corso di trasformazione in cucina delle erbe aromatiche
tenuto dallo chef Stefano Zonca; i due corsi si sono svolti nel periodo
compreso tra fine marzo e fine maggio. Le classi seconde dell'istituto
(una quarantina di ragazzi), con la guida dell'esperto, hanno imparato
a riconoscere le erbe autoctone aromatiche e commestibili, a conoscerne
gli aspetti legati alla stagionalità, altitudine, esposizione,
ecc. Con curiosità i nostri aspiranti cuochi hanno quindi raccolto
le piante e, guidati dallo chef, hanno elaborato (e degustato) ardite
composizioni di piatti che hanno ridato vita alla tradizione culinaria
del territorio e, per molti studenti, ad un pezzo della storia della
propria famiglia.
L'esigenza di attivare un percorso formativo di questo tipo è
nata, infatti, anche dalla constatazione della perdita di informazioni
relative ad una cultura popolare che affonda le sue radici nella tradizione
culinaria locale. La risposta più comune che ci viene fornita
dagli studenti alla domanda “Conosci delle ricette che utilizzano
le erbe da campo?” è: “No, però miei nonni
andavano nei prati, cercavano le erbe, poi tornavano a casa a cucinarle”.
Si è creata dunque una rottura nel flusso di informazioni che
un tempo passavano “naturalmente” da una generazione a quella
successiva all'interno dello stesso nucleo familiare. Abbiamo ritenuto
perciò che fosse un obiettivo qualificante quello di aiutare
gli studenti a “pescare” nella memoria storica per recuperare
questa mole di conoscenze, riportarle a galla per impossessarsene attraverso
il loro saper fare. Nello scorso anno scolastico il progetto ha riscosso
un notevole interesse tra i ragazzi: le modalità operative (uscite
sul territorio, raccolta di erbe e trasformazione in cucina) hanno permesso
di “agganciarli” e di ottenere una risposta costruttiva
e propositiva. L'attività persegue inoltre l'obiettivo ad ampio
respiro, formativo e trasversale, di creare un'abitudine all'osservazione
del territorio e della sua biodiversità, intesa come risorsa
da salvaguardare, come connubio in cui il territorio diventa un veicolo
di valorizzazione della cucina e la cucina assume la connotazione di
strumento per valorizzare e riqualificare il territorio.
|
La Valpellinentze di
erbe selvatiche
Ingredienti per 4 persone
1/2 pane di segale
300 g fontina
100 g burro
50 g salvia dei prati
|
50 g barba di becco
50 g strigoli o silene
brodo di carne q.b.
|
Tagliare il pane a fette sottili e farlo tostare
con del burro. Privare la fontina della crosta e tagliarla a fette
sottili. Cuocere le erbe mondate e lavate nel brodo di carne secondo
i tempi di cottura di ognuna (prima la salvia, poi la barba di
becco, infine gli strigoli).
Montare in una pirofila a strati, mettendo prima le erbe col brodo,
poi il pane, la fontina, ripetere l'operazione un'altra volta,
finendo con uno strato abbondante di fontina. Infornare per 20
minuti a 180° C.
Prima di servire, calarvi sopra del burro fuso caldo.
Pesto di salvia dei prati
Ingredienti per 4 persone
100 g di salvia dei prati
50 g di pecorino stagionato grattugiato
30 g di noci sgusciate
|
1/2 spicchio d'aglio
50 cl di olio d'oliva
sale q.b. |
Mondare e lavare la salvia, privandola della
costa centrale. Procurarsi un pestello e pestare gli ingredienti
tutti insieme, aggiungendo l'olio a filo un po' alla volta fino
ad ottenere un composto omogeneo. Ideale per paste di farina integrale. |
L'entusiasmo e l'interesse nati dall'esperienza vissuta ci ha spinti
oltre. Nel corso del corrente anno scolastico il progetto verrà
riproposto alle classi quarte con una valenza multidisciplinare, alla
ricerca delle “radici” culturali: il docente di alimenti
e alimentazione lavorerà con i colleghi di storia e francese;
insieme condurranno i giovani all'esplorazione e riscoperta dell'alimentazione
valdostana dell'ultimo secolo.
Contemporaneamente gli studenti saranno coinvolti nella progettazione/costruzione
di un orto aromatico, da realizzare in un'area di pertinenza dell'Istituto,
che diverrà dimora di erbe autoctone in seguito coltivate ed
utilizzate nella cucina didattica. La capacità di realizzare
piatti impreziositi dall'uso delle erbe aromatiche tipiche del territorio
e prodotte in proprio, potrà dare, a nostro parere, valore aggiunto
alla professionalità degli studenti ma anche, forse, contribuire
a sviluppare quel senso di appartenenza ad un territorio troppo spesso
soffocato dall'omologazione a comportamenti e modalità di agire
che corrono il rischio di tradursi, nel campo specifico, in una cucina
che ha perso i legami con la sua storia e la sua cultura. In ultimo,
ma non meno importante, è da evidenziare un'ulteriore valenza
formativa intrinseca al progetto: rendere gli studenti più “proprietari”
della scuola, sviluppare in loro senso di appartenenza. Gli alunni progetteranno,
costruiranno e gestiranno l'orto che diverrà una loro creazione,
e saranno poi i fruitori privilegiati del raccolto. Desideriamo con
ciò avviare un'azione educativa di restituzione di senso e di
valore all'istituzione scolastica ed alle azioni che questa compie,
attivando modalità di apprendimento che sviluppino, assieme alle
conoscenze, un forte potenziale formativo. Può essere un modo
per insegnare il rispetto delle “cose di tutti” anche a
quei giovani che questa sensibilità faticano a maturare, loro
malgrado, per le condizioni insite nella società del benessere,
dove il reale valore dei beni e dell'agire appare sempre alquanto annacquato
perché scontato (arriva sempre la “pappa pronta”)
e qualsiasi azione costruttiva viene, in qualche modo, percepita dagli
studenti come “dovuta”; l'incisività del processo
educativo passa inoltre, a nostro parere, dal fatto che la trasmissione
delle informazioni, quando va dall'adulto verso il giovane è
più laboriosa, ma quando passa da ragazzo a ragazzo ed è
mediata dal saper fare, diventa più semplice, immediata, efficace.
Partendo dalla constatazione che il progetto si pone, nelle sue finalità,
la riqualificazione del territorio attraverso la riscoperta e la valorizzazione
della biodiversità dell'ambiente alpino (e quindi della specificità
e della ricchezza della sua offerta turistica), che questa valorizzazione
passa attraverso la riscoperta di antichi saperi e conoscenze culinarie
legate alla tradizione locale, quindi attraverso una qualificazione
di risorse umane grazie a conoscenze tecniche e specifiche in grado
di “caratterizzare” il saper fare, quest'anno il cammino
intrapreso ci ha indotto a riproporre l'iniziativa nell'ambito di un
progetto finanziabile con il FSE: in questo caso il lavoro avrà
una diretta ricaduta sulla popolazione residente, con l'obiettivo di
creare negli abitanti della regione un sapere permanente e qualificante,
da spendere anche in ambito lavorativo.
Il progetto, approvato dagli organi decisionali a Bruxelles, verrà
svolto nel periodo compreso tra marzo e maggio; la partecipazione al
progetto sarà aperta a tutti (unico requisito la maggiore età)
e si articolerà su due corsi paralleli: il primo tratterà
di etnobotanica e sarà tenuto dall'esperto Fiorenza Cout; verrà
strutturato su lezioni teoriche e uscite sul territorio per osservazione
e raccolta delle erbe autoctone; il secondo corso, naturale conseguenza
del primo, si occuperà di cucina con erbe autoctone e aromatiche,
sarà gestito dallo chef Stefano Zonca e le lezioni di cucina
verranno svolte nella cucina didattica della scuola. Il progetto ovviamente
potrà utilizzare i prodotti dell'orto aromatico costruito dagli
studenti.
Antonio Vitale