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Ruoli
da ridefinire
Quando insegnanti e genitori si incontrano,
come ha fatto giustamente osservare Guy Lavrilleux nel suo articolo Des
conditions pour une coopération, due istituzioni si parlano.
Inquadrare il tema dei rapporti scuola famiglia in un'ottica istituzionale
offre letture diverse e porta ad analizzare quali sono gli aspetti peculiari
e quelli condivisi dei due enti coinvolti. Ambedue hanno come scopo l'educazione
e
l'istruzione dei minori, mi sembra però che obiettivi di protezione,
salvaguardia e tutela, apparentemente compito della famiglia, stiano diventando
sempre più di pertinenza dell'istituzione scolastica.
Sempre più i compiti di educazione e istruzione si intrecciano
e sono svolti, senza messa in coerenza, da più agenzie: la scuola,
la famiglia, i mass media. Ho letto che alcune università americane
organizzano corsi di sopravvivenza quotidiana per i loro studenti ventenni:
come si compila un bollettino postale, come si trova una casa in affitto,
come si gestisce una famiglia. Giovani prossimi alla laurea non hanno
avuto occasione, nel loro percorso formativo, di imparare a sbrogliarsela
e ancora peggio non hanno incontrato adulti cui conformare il proprio
comportamento quotidiano. La scuola sembra costretta a farsi carico di
insegnamenti storicamente assolti dalla famiglia, che non sempre provvede
ad allevare i figli riproponendo con il comportamento e con la trasmissione
orale i saperi quotidiani accumulati, delegando solo la trattazione dei
saperi alti. Oggi alcune famiglie preferiscono provvedere alla formazione
culturale dei figli, con il pagamento di corsi ed istruttori privati,
e attribuiscono alla scuola pubblica un ruolo quasi esclusivamente socializzante.
Altre invece non riescono in nessun modo a filtrare i messaggi violenti
e prevaricatori che aggrediscono i minori dallo schermo dei computer o
della tv e ne sono vittima a loro volta, sfuggendo ogni proposta di formazione
alla convivenza e al rispetto delle regole offerta dalla scuola.
Dal punto di vista normativo mai come oggi, in realtà, i minori
sono difesi: legge 28 agosto 1997, n. 285 “Disposizioni per la promozione
di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza”;
legge 23 dicembre 1997, n. 451 “Istituzione della commissione parlamentare
per l'infanzia e dell'osservatorio nazionale per l'infanzia”; legge
3 agosto 1998, n. 269 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione,
della
pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme
di schiavitù”; “Convenzione internazionale sui diritti
dell'infanzia” approvata dall'assemblea generale delle Nazioni Unite
il 20 novembre 1989. Al tempo stesso mai come oggi i minori sono vittime
di abusi sessuali, di guerre sanguinarie, di carestie, ma anche di genitori
troppo presi dalle proprie insicurezze, fantasie, frustrazioni. È
di qualche giorno fa (giugno 2006) la notizia di un bimbo ferito da un
colpo d'arma da fuoco: il giovane padre lo portava sempre con sé
perché pensava che i sicari dell'organizzazione criminale cui doveva
dei soldi non avrebbero avuto il coraggio di sparargli correndo il rischio
di colpire il bambino. Non è stato così.
Alla scuola sembra dunque che sempre più si attribuisca un compito
di educazione, di formazione complessiva del minore, per far crescere,
nell'interesse di tutti, cittadini responsabili, uomini che sappiano discernere,
che pratichino la solidarietà e sappiano un domani allevare i loro
figli.
Quale terreno comune allora per queste due istituzioni scuola e famiglia,
quali accordi, quali intese augurarsi nel bene dei nostri ragazzi? Di
sicuro, non una relazione troppo individualizzata e utilitaristica, tesa
a trovare soddisfazioni momentanee, tipo supermarket della formazione,
ma un dialogo reciprocamente formativo, per chiarire quale tipo di adulto
si intende formare e per quale tipo di società.
Dopo una breve ed intensa malattia ci ha lasciato Alberta
Sarti, insegnava lettere alla scuola secondaria di primo grado e in tutti
i colleghi ha lasciato traccia della sua intelligenza ironica e discreta.
Lavorare con lei, ed io ho avuto questo piacere, significava affrontare
con leggerezza e, nella maggior parte dei casi, risolvere problemi seri
e complessi sia di tipo relazionale che di metodo o di programma.
In accordo con la Sovraintendenza agli studi e Mauro Fioravanti, suo marito,
è stato organizzato un concorso letterario in sua memoria “Scrivere
con Gioia” che premierà i tre migliori testi umoristici prodotti
da alunni della scuola secondaria di primo grado. Un gruppo di colleghe
e amiche di Alberta si occuperà del coordinamento dei lavori. Ci
sembrava questo un modo vivo, non retorico (non lo avrebbe accettato)
per ricordarla e testimoniarle ancora una volta il nostro affetto e la
nostra stima e, perché no, sorridere di nuovo con lei.
Giovanna Sampietro
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