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Testimoni priviliegiati

Una commissione composta da docenti e genitori ha predisposto e coordinato,
con il supporto dell'IRRE-VDA, l’elaborazione di un metodo appropriato per l’autovalutazione di istituto.

Autovalutazione di istituto: una esperienza triennale

L'Istituzione scolastica Abbé J.-M. Trèves ha intrapreso un’iniziativa di autovalutazione nell'anno scolastico 2002-2003. I lavori sono stati predisposti e coordinati da una commissione nominata dal Consiglio dell'istituzione e formata da insegnanti e genitori, membri del Consiglio.
L'Istituzione, in quanto istituto comprensivo verticalizzato, aveva solo due anni di vita.
L'esigenza prioritaria, in quel momento, era pertanto quella di conoscersi: conoscere l'istituzione e conoscersi all'interno dell'istituzione, mettendo in relazione fra loro i vari attori (docenti, allievi, genitori) e i vari ordini di scuola (materne, elementari, medie).
Rispetto all'autovalutazione eravamo inesperti e ci proponevamo di imparare facendo per cui non avevamo grosse ambizioni e non pensavamo, allora, ad un progetto pluriennale.
Eravamo però molto motivati e, nonostante richiedesse un grosso lavoro, abbiamo voluto avere un quadro generale, il più possibile completo, della situazione dell'istituzione; abbiamo pertanto raccolto dei dati tramite un questionario che abbiamo rivolto a tutti gli insegnanti, tutti gli allievi e tutti i genitori per promuovere il massimo di coinvolgimento e partecipazione.
I questionari, che abbiamo proposto di compilare in forma anonima, chiedevano di esprimere una valutazione circa i seguenti aspetti: modalità organizzative, questioni didattiche e dinamiche relazionali.
I risultati di questa prima azione sono stati incoraggianti, per quanto riguarda il numero di risposte ricevute, e rassicuranti per noi:
i genitori e gli allievi avevano espresso delle valutazioni tutto sommato positive, talvolta più positive di quelle degli insegnanti stessi. Altre ricadute valide di quella prima azione sono state: il buon lavoro di team della commissione, che ha contribuito ad amalgamare il corpo docente dei vari ordini di scuola e il coinvolgimento capillare degli insegnanti a cui è stato dato l'incarico di raccogliere e valutare i dati delle loro rispettive realtà.
Siamo stati supportati nella ricerca dall'IRRE della Valle d'Aosta e da un esperto in statistica, il professor Renato Miceli; quest'ultimo, intervenuto al momento della tabulazione dei dati, ci ha fatto capire i rischi di una ricerca quantitativa che pretenda di incrociare troppi elementi non sufficientemente chiari e analitici.
È analizzando questi dati che abbiamo intravisto le prospettive di sviluppo. In effetti, rispetto ai tre assi oggetto di indagine (organizzazione, didattica, relazioni) è stato l'ultimo che ci è sembrato non sempre così lineare e chiaro nei risultati, seppur nell'insieme risultasse positivo; da qui l'interesse a voler approfondire questo aspetto.
Siamo passati quindi, nell'anno 2003-2004, da una ricerca quantitativa che coinvolgeva tutti ad una indagine qualitativa, rivolta a dei gruppi ristretti di “testimoni privilegiati”, sentiti tramite delle interviste di gruppo (Focus group). Sentendo questi testimoni privilegiati, scelti in modo rappresentativo rispetto ai vari attori e alle varie situazioni, ci ripromettevamo di conoscere in modo più certo e dettagliato quali fossero le dinamiche relazionali all'interno dell'istituzione: cosa pensassero gli allievi degli insegnanti e viceversa, cosa si aspettassero gli insegnanti dai genitori e viceversa, come vivessero gli allievi i loro rapporti con i coetanei.


Per questa operazione, che richiedeva particolare attenzione nelle modalità di conduzione e la presenza di un soggetto terzo non direttamente interessato cui gli intervistati potessero esprimere in tutta tranquillità il loro pensiero, ci siamo avvalsi della collaborazione dell'IRRE della Valle d'Aosta.
Il prodotto dei Focus group, rielaborato dall'IRRE in modo da rendere non riconoscibili persone e situazioni, presenta un quadro molto interessante delle dinamiche relazionali che si sviluppano in qualsiasi istituzione. Il documento, analizzato in dettaglio dal collegio dei docenti e presentato in assemblea ai genitori, ha fornito temi di riflessione sulle proprie modalità relazionali, in particolare agli insegnanti e ai genitori. Alcuni punti sono stati oggetto di discussione approfondita da parte di genitori e insegnanti e li hanno condotti a riflettere sul fatto che gli aspetti educativi passano attraverso le relazioni e che queste ultime non sono sempre così semplici da interpretare e facili da risolvere.
Ricordo, a questo proposito, le discussioni su cosa sia la giustizia (Quando un insegnante è giusto con gli allievi?), sulla severità, il rigore, la credibilità da parte degli insegnanti, su come intervenire nelle conflittualità fra gli allievi e su altri problemi di grosso spessore educativo.
Infine, nell'anno scolastico, 2004-2005, per cercare di mettere a frutto tutto quanto analizzato e discusso, abbiamo realizzato un progetto di “Prove tecniche di dialogo”. Attraverso un input formativo condotto da un'agenzia esterna (“Professionalità e Organizzazione” di Milano) in collaborazione con l'IRRE, abbiamo chiesto agli insegnanti di progettare all'inizio dell'anno, in parte da soli, in parte con i genitori, un percorso per migliorare nel corso dell'anno le loro modalità di relazione con gli allievi e i genitori e di tenere aperto un canale di discussione sul tema. Alla fine dell'anno i gruppi erano invitati a riflettere sul percorso fatto e sui risultati raggiunti.
Alla fine di tutta l'operazione, direi che il lavoro è stato interessante, prima ancora che per il prodotto, per il processo.
In realtà, per quanto riguarda il prodotto, non so quali effetti delle azioni svolte siano oggi riconoscibili all'interno di una istituzione che nel frattempo ha cambiato più di un terzo del corpo docente; d'altra parte non so fino a che punto un percorso, sia pure triennale, sia in grado di modificare gli stili educativi degli insegnanti formatisi attraverso anni di lavoro o le aspettative dei genitori legate alla loro visione del mondo. Resta però, credo, negli uni e negli altri una maggiore sensibilità rispetto ai problemi educativi e una minore propensione a trovare delle scorciatoie semplicistiche.
Per quanto riguarda il processo, valuterei positivamente i seguenti aspetti:
• gli insegnanti sono stati sempre protagonisti delle azioni svolte, hanno quindi imparato che l'istituzione sono loro, che le cose si fanno se loro le fanno, che i risultati del loro modo di procedere ricade su di loro;
• il lavoro fra gli insegnanti ha contribuito a creare un linguaggio comune e a superare almeno in parte la frattura fra i diversi ordini di scuola;
• il fatto di lavorare ad un progetto complesso, con degli esperti esterni particolarmente preparati su certe tematiche, ha fornito, almeno ai membri della Commissione (che ricordo era formata da insegnanti e da genitori), degli strumenti di lettura e delle competenze che sicuramente hanno contribuito alla loro crescita personale e professionale;
• per l'istituzione è stato un modo per riconoscersi, per darsi delle basi su cui andare a ridefinire il proprio modello organizzativo e la propria identità.
A livello personale, il lavoro mi ha permesso di agire il ruolo che, a mio parere, un dirigente deve svolgere e che io intendevo assumere rispetto alla conduzione didattica ed educativa dell'istituzione: un ruolo di mediazione fra le parti e di garante dei diritti dei vari attori interessati per permettere a tutti la partecipazione, la libera espressione e il rispetto delle proprie posizioni.

Rosetta Bertolin

IL PARERE DI UN GENITORE

In qualità di genitore eletto in seno al Consiglio dell'istituzione, ho fatto parte della commissione (composta da insegnanti e genitori) incaricata di coordinare il percorso di autovalutazione dell'Istituzione scolastica Abbé Joseph-Marie Trèves.
L'aspetto interessante di questa esperienza è stato quello di conoscere e discutere le varie fasi del percorso di valutazione: la predisposizione e l'analisi dei questionari di valutazione; la scelta della tecnica del focus group per ascoltare i vissuti relazionali di alunni, genitori e insegnanti; la riflessione sugli aspetti positivi, gli aspetti critici e le ipotesi di miglioramento emersi dai focus group; l'avvio del progetto “Prove tecniche di dialogo”.
Da una parte, nei panni di membro della commissione, ho seguito le varie fasi del percorso di autovalutazione con interesse ed entusiasmo, dall'altra, come genitore, ho risposto al questionario, mi sono confrontata con altri genitori sulle difficoltà relazionali, ho partecipato con genitori ed insegnanti alle prove tecniche di dialogo d'inizio anno.
Ritengo sia stato utile esaminare e valutare - per migliorare - gli aspetti fondamentali della nostra istituzione scolastica: l'organizzazione, i processi di apprendimento/insegnamento, le relazioni interpersonali.
In particolare, il progetto “Prove tecniche di dialogo” ha avuto il merito di ricordare a genitori ed insegnanti quanto sia difficile educare bambini e ragazzi senza comunicare e collaborare (lavorare insieme). Questo progetto ha fatto nascere in genitori ed insegnanti aspettative di miglioramento della qualità delle relazioni. Sebbene in alcuni plessi i genitori siano ora più a loro agio nei rapporti con i docenti, in altre realtà dell'istituzione la comunicazione resta un punto critico anche perché non è semplice superare le resistenze causate dal timore della confusione dei ruoli.
Affinché s'instauri un dialogo proficuo tra genitori ed insegnanti credo sia necessario lavorare ancora.

Sylvie Viérin

Autovalutazione di istituto e consulenza

A partire dall'anno scolastico 2001-2002, dopo aver realizzato per tre anni, prima nell'ambito del Nucleo regionale di supporto all'autonomia, poi autonomamente su affidamento della Sovraintendenza agli Studi, il progetto nazionale “MONIPOF - Monitoraggio di sostegno all'autovalutazione delle scuole” a livello regionale, l'IRRE-VDA ha offerto alle scuole la possibilità di richiedere un supporto di tipo consulenziale allo scopo di facilitare i processi di autovalutazione d'istituto e di sviluppare competenze sul territorio nell'ambito della ricerca valutativa.
L'istituzione scolastica Abbé J.-M. Trèves di Saint-Vincent è una delle scuole che, nell'anno scolastico 2002-03, ha richiesto un intervento consulenziale per affiancare la Commissione di autovalutazione - costituita da insegnanti, genitori e dalla dirigente scolastica - in un percorso di riflessione sulle pratiche professionali esistenti a partire da uno o più aspetti del POF.
L'iniziativa si è concretizzata nella realizzazione di una ricerca valutativa, condotta, nel primo anno, con una metodologia di indagine quantitativa che ha coinvolto tutti i docenti, i genitori e gli alunni dell'istituto comprensivo e proseguita nell'anno successivo con un approfondimento di tipo qualitativo indirizzato a gruppi di testimoni privilegiati delle tre componenti di cui sopra.
A noi, in quanto consulenti IRRE, preme in questo contesto sottolineare tre aspetti legati al supporto offerto alla scuola, considerato che l'insieme dell'esperienza è presentata dalla dirigente scolastica.

Il significato della consulenza

La consulenza, che per sua natura si caratterizza per un approccio non intrusivo e rispettoso delle esigenze specifiche e personalizzate del “cliente”, ben si concilia, a nostro parere, con il sistema dell'autonomia scolastica. Nello specifico, si è trattato di una consulenza di processo, intesa come attività di natura continuativa, finalizzata all'accompagnamento della scuola durante la progettazione, la realizzazione e la valutazione di un intervento, attività che ha inoltre lo scopo di aiutare i soggetti coinvolti a percepire e capire gli eventi che si verificano nel loro ambiente e ad agire su di essi, alimentando consapevolezze e facilitando i processi decisionali nell'ottica del miglioramento.
Accompagnamento significa anche affidare alla scuola l'individuazione degli oggetti di indagine trasformandoli in una “domanda di intervento” da negoziare con i consulenti per verificarne il significato, la congruenza, la fattibilità e le metodologie più idonee in relazione al contesto e alle risorse. Non solo: è la scuola che detiene la responsabilità delle scelte e della gestione operativa dell'intervento. Inoltre, la consulenza permette di usufruire di un punto di vista esterno, utile a decentrarsi e a favorire una pluralità di sguardi.

L'importanza dell'autovalutazione di istituto

Con l'avvento dell'autonomia, le scuole hanno acquisito più libertà di azione, più diritti e responsabilità a cui corrispondono però anche più doveri a livello di rendicontazione del proprio operato nei confronti dell'utenza e del contesto sociale. Quindi, tale libertà richiede maggiore controllo e capacità di autovalutazione, per evidenziare “buone pratiche” ed eventuali “disfunzioni”, per far leva sulle prime e introdurre correttivi per le seconde. Non è casuale che la normativa, nazionale e regionale, preveda esplicitamente azioni di valutazione interna ed esterna.
Nel caso dell'autovalutazione di istituto, si tratta di un'azione interna con valenze conoscitive, formative e strategiche, in quanto permette di analizzare e approfondire la conoscenza dell'“agito” individuale e collettivo, di innescare percorsi di riflessione e di regolazione quali strumenti di sviluppo professionale e di apprendimento organizzativo e di coinvolgere i diversi attori della scuola rendendoli protagonisti della valutazione, elemento indispensabile per facilitare azioni di miglioramento finalizzate alla costruzione di processi di “senso”.

La valenza delle metodologie di ricerca

Perché un'autovalutazione sia “riconosciuta” e i suoi esiti siano assunti e quindi utilizzati per il miglioramento, è indispensabile che sia affidabile, credibile, in altre parole che sia condotta con una metodologia fondata su criteri rigorosi e scientifici.
Fare riferimento alle metodologie della ricerca è perciò un modo
per passare dai giudizi arbitrari e dalle opinioni “nasometriche” a valutazioni basate sulla raccolta e sull'interpretazione strutturate di dati e informazioni.
Questo punto è essenziale e serve proprio per distinguere fra i pareri, per quanto formulati da persone esperte e animate da buone intenzioni, e quell'attività professionale specifica che chiamiamo valutazione. Sono la volontà di raccogliere ogni informazione utile, plausibile, affidabile, in merito al processo o servizio sottoposta ad analisi, e la successiva operazione di analisi e interpretazione che rendono la valutazione diversa da un qualunque giudizio. In quanto attività di ricerca, infatti, la valutazione accetta di sottostare a una serie di regole tipiche di ogni comunità scientifica. La ricerca valutativa è un tipo di ricerca legata all'operatività, che entra direttamente nel processo. Lo scopo essenziale è di poter cambiare, poter modificare.
Nell'ambito della consulenza descritta sono stati utilizzati sia strumenti quantitativi, passibili di trattamento statistico (questionari, scale di atteggiamento), sia strumenti qualitativi di tipo interattivo-dialogico (focus group).
I focus group, consistenti in una intervista semistrutturata rivolta ad un gruppo di pari la cui attenzione è focalizzata su un argomento specifico che viene scandagliato in profondità attraverso domande stimolo, si sono rivelati particolarmente significativi per approfondire le informazioni raccolte con gli strumenti quantitativi e hanno permesso di far emergere opinioni, rappresentazioni, vissuti, aspettative, suggerimenti sulla tematica fatta oggetto di indagine.
Diffondere la cultura della valutazione valutando, oltre a costituire l'obiettivo esplicito del progetto di consulenza/autovalutazione, ci sembra possa essere in sintesi il significato dell'esperienza vissuta nell'istituzione scolastica Abbé J.-M. Trèves, poiché salvaguarda sia il bisogno di operare concretamente nell'ottica del miglioramento sia la possibilità di costruire una cultura valutativa, che non può prescindere né dal rigore metodologico né dall'esigenza di partecipazione e condivisione.

Germano Dionisi
Rosi Tadiello

IDEE DI CONTINUITA' E TRASFORMAZIONE

LA RELAZIONE SCUOLA FAMIGLIA
Bisogna considerare che non è sempre facile instaurare un dialogo pedagogico tra scuola e famiglia sia per la difficoltà di condividere un
lessico comune e di focalizzare problematiche generali, partendo da esperienze e punti di vista diversi sia per una certa diffidenza di fondo indotta dai ruoli: il genitore si sente spesso in posizione di inferiorità per il potere che l'insegnante esercita nei confronti del figlio, l'insegnante gioca sovente in difesa, temendo di essere criticato per il lavoro che svolge; il confronto si mantiene in bilico tra collaborazione, collusione e collisione.
I focus group con rappresentanti delle famiglie - tenuti negli anni 2001-2005 dall'IRRE-VDA nell'ambito di progetti e consulenze sull'autovalutazione d'istituto - hanno rilevato il piacere dei genitori di essere coinvolti e ascoltati, di potersi esprimere liberamente e sentirsi parte in causa rispetto alla scuola frequentata dai loro figli. Gli incontri hanno costituito un'occasione di conoscenza, scambio e arricchimento reciproco, valutato positivamente dalle famiglie che, a volte, hanno espresso la richiesta di organizzare ancora delle riunioni di tale tipo.

UN COINVOLGIMENTO CONSAPEVOLE
Sul versante del successo formativo e dell'efficacia dell'esperienza scolastica, la partecipazione dei genitori può diventare più significativa laddove si sono avviate iniziative di autovalutazione di istituto tese a verificare il grado di attuazione dei principi enunciati nel POF. È questo l'ambito in cui sembra possibile sviluppare in modo più concreto il dialogo sui valori, sugli stili educativi, sul clima della classe, sulle prospettive del percorso formativo.

Tratto da: Idee di scuola tra continuità e trasformazione - Contributi sui processi di innovazione del sistema scolastico regionale a partire dalla riforma nazionale, Gruppi di ricerca IRRE/Docenti e Dirigenti degli Istituti Comprensivi, Aosta - Febbraio 2006.

 

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