|
Édito
Tenere la posizione
– Che cosa possono avere in comune la nota ministeriale del 5 febbraio
2007 avente come oggetto Linee di indirizzo generali ed azioni a livello
nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo e il romanzo
di Antonio Scurati Il sopravvissuto? I due testi, in modo diverso,
riconoscono la complessità, l’insostituibilità della
professione docente e la necessità per gli adulti che hanno a che
fare con minori all’interno di istituzioni educative di sostegno,
appoggio, gratificazioni per mantenere l’equilibrio e “tenere
la posizione”.
I ragazzi “al termine di una lunga litania di incontri con individui
disassati, padri che non legiferavano, educatori che non educavano, insegnanti
che si limitavano ad insegnare, si erano imbattuti in uno che, almeno
una volta, aveva fatto ciò che da lui ci si aspettava che facesse.
Uno che, ostinatamente, stolidamente, nel mezzo di una rotta, si era attestato
sull’ultimo baluardo della piena identità con se stesso.
E aveva tenuto la posizione. Tutto qui. Nient’altro. Soltanto di
questo quei ragazzi avevano un disperato bisogno”. è
la voce del prof. Andrea Marescalchi, protagonista del romanzo di Scurati,
unico sopravvissuto alla strage della commissione d’esame di cui
faceva parte, mentre ricerca il senso del suo insegnare e della risposta
alla domanda supplice di un suo allievo “M’illumini professore!”.
Scrive il Ministro Giuseppe Fioroni: “Si deve sostenere e valorizzare
il ruolo degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e di tutto il personale
tecnico e ausiliario, che quotidianamente e senza “fare notizia”
svolgono un’azione meritoria ed impegnativa per la realizzazione
della funzione educativa”. Tenere la posizione e azione meritoria
sono termini che rimandano a situazioni di trincea ed è la stessa
immagine che deriva da alcuni articoli scandalistico-informativi che barattano
episodi infelici di vita di scuola come quotidianità. In realtà,
giorno dopo giorno, a scuola si fa molto di più: si accolgono,
come ci ricorda Scurati, i ragazzi così come sono “è
qui, nel suo banco in fondo all’aula a guardare la giungla oltre
i vetri lerci delle finestre. È qui ed è al sicuro. Lo abbiamo
a bordo almeno per questa mattina, per quest’altro anno. Facciamolo
sentire a casa. Facciamo come se niente fosse” e il Ministro
ci ricorda che si compie un’opera continua non solo di istruzione,
ma soprattutto di educazione “comprendendo e superando la sola
acquisizione di conoscenze e competenze e puntando alla introiezione lenta
e profonda della conoscenza che acquista significato se diventa contemporaneamente
opportunità per l’assunzione di comportamenti consapevoli
e responsabili dando luogo a quel processo progressivo e faticoso di assimilazione
critica del reale”. I due testi ripropongono la necessità
dell’accoglienza e del rispetto in un luogo in cui adulti, forse
contradditori, ma riconoscibili nel loro ruolo di maestri, prendono in
carico e sanno parlare a studenti sovente in rifiuto e scostanti.
La scuola, dunque, come luogo protetto non solo per l’applicazione
delle norme sulla sicurezza o sulla privacy, ma soprattutto per l’attenzione
a regole di convivenza, non sempre tenute in conto in altri ambienti,
dove si contrastano attivamente le sopraffazioni e le prepotenze ai danni
dei più deboli.
Frasi già dette, ma da tradurre in comportamenti da applicare con
una forte azione di sistema: riconoscere e far riconoscere i comportamenti
prepotenti; creare un clima sicuro in cui si possa raccontare e in cui
ogni adulto aiuti i ragazzi a dire ciò che accade con chiarezza;
intervenire nei singoli episodi e cercare di risolvere i conflitti che
soggiacciono; supportare le vittime delle prepotenze che sovente sono
alunni o alunne isolate, con pochi amici, e aiutare anche i prepotenti
che utilizzano modalità inadeguate per affrontare i conflitti sociali
o loro personali.
Teniamo dunque la posizione sanzionando i fatti e salvando
sempre e comunque le persone, ma raggiungiamo anche nuovi orizzonti
ridando muri e arredi a “quell’enorme tempio laico, custodito
dalla vestale della conoscenza, di cui non rimane ormai niente di più
che una tettoia, una sottile lamiera ondulata”, perché la
culla dell’umanità futura non si riduca “ad una pensilina,
destinata a riparare dalla pioggia d’inverno e dal sole d’estate,
in attesa che passi la navetta aziendale diretta al posto di lavoro”,
come ci descrive, con tristi metafore, Scurati. Coinvolgiamo gli studenti,
come suggerisce Fioroni, “in modo attivo, in rapporto all'età,
nelle scelte delle iniziative scolastiche ritenute più funzionali
al conseguimento di obiettivi coerenti con la promozione della solidarietà,
della cooperazione, del rispetto e dell'aiuto reciproco in ambito sia
scolastico che extrascolastico, favorendo la condivisione delle regole
e delle sanzioni”.
Suggestioni parallele e intrecciabili per continuare sempre e comunque
a lavorare dando e chiedendo rispetto, così come Andrea Marescalchi
che, nonostante tutto, sarà presente in classe all’inizio
del nuovo anno scolastico, perché i suoi alunni lo aspettano, anche
se non conosce tutte le risposte.
Giovanna Sampietro
|
|
|