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Media Generation

Intervista

a Rita Di Berardo, Manuela Farinet, Edith Favre, Arlène Menghi, Lidia Milliery

Voi insegnate in una classe prima della scuola primaria. Esiste anche per questi alunni il problema della motivazione all’apprendimento?
Per la maggior parte degli alunni, l’ingresso nella scuola primaria è ancora accompagnato dalla voglia di imparare. Per altri certamente sì, il problema esiste. Se, nella maggior parte dei casi, i bambini sono attenti e appassionati, esistono anche casi di refrattarietà all’attenzione e all’impegno. Mantenere alto il loro livello di attenzione è complesso perché i bambini sono “bombardati” da stimoli indistinti che raramente permettono loro di approfondire o di interiorizzare quanto vedono.

Come combattere questa tendenza alla superficialità?
Catturando la loro attenzione. È l’unico metodo possibile. Nella nostra attività abbiano tentato di utilizzare strutture simili a quelle dei fumetti. Ad esempio, abbiamo scelto un personaggio che ha percorso con noi tutta l’attività di apprendimento della letto-scrittura, oppure una lunga storia che si interrompeva la sera e riprendeva la mattina seguente. La curiosità di sapere come la storia continuasse ha fornito stimoli e ha prolungato i tempi di attenzione.

I tempi di attenzione degli alunni sono oggettivamente più brevi di quelli degli alunni di una volta, ma anche qualitativamente meno performanti. E' possibile superare questa difficoltà?
Una delle frasi che più comunemente si sente utilizzare nelle nostre scuole è: “Non reggono più”. Il problema è che la scuola richiede tempi di impegno prolungato e intenso, sicuramente superiori a quelli richiesti per seguire un programma televisivo o la lettura di un fumetto. Quello che ci ha permesso, almeno in parte, di superare questa difficoltà è stato l’utilizzo di strumenti interattivi quali quelli contenuti in Cdrom di carattere didattico. Abbiamo usato i media, gli strumenti elettronici per una generazione esperta di media. Siamo ricorsi alla stimolazione della loro fantasia per tenerli legati all’attività che stavamo facendo. Inoltre, lavoriamo e con continui cambi di attività e di struttura di apprendimento. Il problema resta perché ci dobbiamo confrontare con l’iperstimolazione, alla quale sono sottoposti tutti i ragazzi di questo periodo, che è continua, ma spesso superficiale. Questo tipo di stimoli produce in loro un duplice effetto: la convinzione che per sapere sia sufficiente vedere e una visione scarsamente critica delle cose per cui tutto viene assunto come uguale, in prima battuta, e come vero perché visto.

Riuscite, in questo modo, a favorire un apprendimento duraturo?
Questo è il vero nodo. Scambiando la conoscenza con la visione viene a mancare sovente l’abitudine alla critica, ma anche alla generalizzazione. La scuola ha questo compito e noi cerchiamo di portare avanti attività che facciano percepire quali sono i principi che sostengono ciò che stiamo facendo, ma ci scontriamo con un mondo fatto di stimoli veloci e non persistenti. Si stimola molto di più la memoria a breve termine che quella a lungo termine con esiti poco felici per l’apprendimento stabile.

Cosa manca alla scuola per competere realmente con i media?
Nei ragazzi di oggi c’è la necessità di una grande fisicità: su questo punto possiamo essere competitivi. L’attenzione che poniamo a questo aspetto si scontra con alcune difficoltà strutturali: il numero degli alunni per classe e gli spazi fisici. Lavorare per laboratori è di grande aiuto e comporta notevoli vantaggi rispetto alla permanenza dell’apprendimento, ma sarebbero necessari piccoli gruppi, classi con un numero di alunni minore o più personale per poter dividere la classe in piccoli gruppi. E poi servirebbero spazi dove installare e svolgere le attività laboratoriali in modo stabile, ma le scuole sono costruite per ospitare aule.

I ragazzi vi seguono quando l’attività è diversa dalla lezione frontale?
Ogni tanto abbiamo l’impressione che i ragazzi cambino canale con la stessa velocità con cui lo fanno con la tv. C’è un problema effettivo di iperattività. Ma, in realtà, manca la capacità di concentrazione. Spesso ci rendiamo conto che, per quanto l’attività possa risultare interessante, loro vivono in un altro mondo. Il nostro lavoro diventa allora quello di elaborare continuamente nuovi stimoli senza mai perdere di vista il modo di agganciare l’attenzione dei nostri alunni.

 

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