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Quello che i ragazzi non dicono


I ragazzi di oggi sono superficiali? Non quanto amano farci ritenere. Anzi, se solo si crede in loro, sono capaci di pensieri profondi.

Quando uno studente scopre il significato dello scrivere si sorprende e si stupisce dell’autenticità e della complessità dei suoi pensieri, infine si esalta, rischiando addirittura di ritenersi un genio. È normale che sia così.
Sono un docente di Lettere. Per fortuna, per scelta, per caso o, forse, per l’esperienza maturata nell’insegnamento sono riuscito a far parlare di loro stessi degli studenti, nei temi svolti in classe, dapprima timidamente poi, una volta conquistata la loro fiducia, in maniera più decisa e sincera. I miei alunni sono riusciti a percepire quanto sia gratificante l’esperienza della scrittura. Un risultato ottenuto grazie ad una condizione fondamentale: la stima. Per parlare di sé occorre percepire che qualcuno ritiene importante ciò che si vive e che si vuole raccontare ed è una sensazione che i ragazzi di oggi raramente provano. Molti adulti non li ascoltano o non li sanno ascoltare, non aderiscono al loro vissuto, trattano il loro mondo come fosse finto, interlocutorio, fatto di sciocchezze, banale.


Ma non è così! Leggendo con profondità le loro risposte, emergono le capacità di ragionare, di scegliere, di sacrificarsi, di posizionarsi dentro la complessità della realtà.
Per ottenere questo è stato necessario un lungo lavoro. Molte volte, nelle giornate stabilite per i componimenti scritti, ho esordito dicendo: “Oggi è il vostro giorno, c’è il tema, parlate voi ed io taccio: per favore ditemi qualcosa di interessante”. E, anche in questo modo, qualcosa non ha funzionato: scrivevano per me, impersonalmente, retoricamente, senza tirare fuori nulla di veramente significativo del loro mondo, probabilmente convinti che ci siano cose che, a priori, si possono o non si possono dire, che si devono o non si devono fare, che agli insegnanti piace o non piace leggere, perché l’importante è il voto che si deve prendere.
Quando ho detto “Vi garantisco almeno la sufficienza, ma parlatemi sinceramente di voi, togliete la maschera che si mette a scuola ed esprimetevi liberamente!” è andata un po’ meglio.
I temi presentati nel libro Quello che ai genitori non diciamo. Viaggio nel mondo dei ragazzi attraverso la lettura dei loro componimenti (1) , sono stati elaborati nel corso dell’anno scolastico 2005 - 2006 in due classi, una seconda ed una terza liceo, dell’Istituto Statale di Istruzione Secondaria Superiore Betty Ambiveri, Istituto Magistrale: Liceo Socio-PsicoPedagogico, Presezzo (Bg). Ne troverete alcuni esempi nei box messi a corredo di questo articolo.
Il testo è un tentativo di interpretare la realtà giovanile attuale a partire dai temi degli studenti. Nasce dalla volontà di far conoscere e dare una visione non superficiale degli adolescenti, in controtendenza con le tante letture che ne mettono in risalto esclusivamente gli aspetti ironici, se non demenziali. Al contrario, i ragazzi di oggi si interrogano nel profondo e interrogano con intelligenza la nostra società e tutti noi.

Un virus che macchia il cuore
La noia è quella, tra queste tre emozioni (rabbia, paura, noia), che mi spaventa di più. Credo che annoiarsi a sedici anni sia una cosa orribile: vedi la tua vita, le tue emozioni spegnersi piano piano.
La noia fortunatamente non occupa molto tempo nella mia vita, ma credo che, quando questa assedia il tuo cuore, tutto cambia, è come un virus che macchia il tuo cuore! Ed ora, come vincere questo nemico? [...] Per quanto riguarda la noia, guardiamoci intorno, il mondo e la vita ci sorridono, perché sprecarli nell’ozio? Dobbiamo imparare a sperare sempre in un domani migliore. [...] Solo il nostro cuore può trasformare la noia in speranza, la rabbia in sorrisi e la paura in coraggio. (p. 88)


Nel libro, la carta e la penna sono diventate i confidenti ai quali si può dire quello che ai genitori non si dice perché con loro difficilmente i ragazzi parlano di loro stessi e della loro intimità. Per questo sovente non ci accorgiamo di quanto siano autentici e maturi. I loro problemi reali sono la solitudine, la delusione, la mancanza di prospettive, la noia. Nei componimenti contenuti nel libro vanno colte alcune parole, alcuni aspetti ricorrenti che rendono intelleggibile la condizione giovanile attuale. Chi parla di una gioventù superficiale, omologata, viziata e maleducata (“noi, coloro che, secondo i più grandi, non vogliono e non sono capaci di far niente”), ha una visione molto parziale, non si accorge della profondità dei fenomeni che sta osservando e giudicando.

Aspettare
Per quanto riguarda la paura [...] si può vedere la situazione in modo positivo, pensando di mettercela tutta e di più e non fissandosi troppo su una futura, ipotetica delusione. Ma contro la noia quante armi efficaci conosco? Sinceramente finora non ho nessun rimedio efficace per contrastarla, fuorché aspettare. Ma aspettare cosa? Un perdono, un sms, una telefonata, un segno qualsiasi… (p. 91)

La lettura dei testi di questi ragazzi deve essere inserita in una fitta trama di fattori storici e di cambiamenti culturali e sociali, all’interno dei quali si dovrà collocare la considerazione d’insieme della società che è stata costruita e consegnata loro: dobbiamo avere il coraggio di ammettere che quello che hanno ereditato è un mondo difficile, dentro il quale vivono con molti disagi, affrontandone dignitosamente le contraddizioni e accettandone l’esistenza. Forse siamo stati noi a tradire questi ragazzi investendo tante nostre energie nell’assicurare loro il benessere materiale, anche eccessivo, e trascurando, per contro, la trasmissione di un patrimonio ideale e valoriale, di punti di riferimento e di certezze morali che sono per un giovane il motore, l’ipotesi di costruzione, la fonte stessa dell’energia del suo impegno, la sua identità più vera.

Come una ragazza normale
Anche la noia era una delle mie amiche, poiché passavo i pomeriggi da sola, non volevo vedere nessuno e con il lungo andare ho litigato con tutti quelli che ritenevo la mia compagnia.
Passavo i giorni nella più buia solitudine, quindi avevo molto, anzi moltissimo tempo per pensare, riflettere sulla mia vita. Ogni volta speravo di non poter ripetere quelle noiose giornate, che qualcuno venisse a bussare a quella porta, una carezza, un abbraccio, una parola di conforto… ma i giorni passavano e tutto taceva.
Ora ho imparato a convivere con la mia solitudine!! È vero anche che ora so cosa vuol dire avere delle amiche, una spalla su cui piangere, quelle persone che mi confortano sempre. Insomma, ho abbattuto la noia, almeno quella! Molte volte mi chiedo perché accade questo, perché sulla tutta la faccia della terra deve accadere a me, avrei voluto essere spensierata, senza problemi, come una ragazza normale e invece no!! Mi chiedo in cosa ho sbagliato, perché alla fine, quando sei punita, è perché hai commesso qualcosa di male… [...] Per il finale del mio tema sarebbe bella una frase straziante: invece, voglio concludere con una frase di Vasco, che è bella come conclusione, ma anche come spunto e come inizio di qualcosa: “È tutto un equilibrio sopra la follia”. (p. 89-90)


Ogni ragazzo è una promessa, un pezzo di futuro da costruire con una componente drammatica, rappresentata dall’incertezza, che, al tempo stesso, ne costituisce il fascino. Per questo l’adulto ha la responsabilità di favorire nei ragazzi la percezione dell’importanza dell’età che vivono e della sua bellezza affinché l’entusiasmo non venga frustrato dall’apatia e dall’indifferenza.

Matteo Lusso

(1) LUSSO M. (2007), Quello che ai genitori non diciamo. Viaggio nel mondo dei ragazzi attraverso la lettura dei loro componimenti, Liberedizioni, Brescia

 

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