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Ho desiderato davvero fuggire

Riordino gli armadi in ufficio e trovo una borsa piena di raccolta normativa ormai dimenticata, non tutta superata. Sono vent'anni che raccolgo, riordino e sottolineo quanto attiene al governo della scuola.
Mi torna in mente quanto avevo appreso in formazione iniziale e cioè che la norma è vincolo, ma soprattutto risorsa, quindi è bene conoscerla perché dà la possibilità del fare; penso che sia una lettura un po' dimenticata a favore di altre letture poiché le interpretazioni culturali si trasformano e si adeguano ai momenti sociali. Io continuo a pensare che la norma sia risorsa.
Nel 1988 sono diventata Direttrice didattica. Una bambina di prima elementare ha detto nel vedermi: “Questa Direttrice ha la faccia buona”. Ora un alunno di prima secondaria di primo grado ha detto pensoso che la sua Dirigente parla poco.
Il Direttore didattico, in quel momento e soprattutto in Valle d'Aosta (per le azioni intraprese dell'Amministrazione regionale per l'introduzione dei Nuovi Programmi e dei relativi Adattamenti), aveva compiti di accompagnamento delle situazioni scolastiche di programmazione e gestione dell'attività didattica in aula e di sostegno all'insegnante; il Direttore conosceva metodologie, approfondiva con esperti problematiche didattiche correlate al bilinguismo, partecipava a gruppi di lavoro con esperti. L'insegnante elementare, raramente laureato, confidava nel Direttore per affrontare le difficoltà che incontrava con alunni e genitori. Durante le riunioni con gli insegnanti, con le famiglie, il Direttore faceva emergere le difficoltà, trovava soluzioni organizzative, indicava percorsi didattici individualizzati. Le riunioni di Interclasse tecnico, per le rare non ammissioni, costituivano spesso il luogo dove, pur con tutte le motivazioni degli insegnanti, al Direttore era assegnata la capacità di analisi del contesto e l'indicazione della strada per la decisione finale che si presupponeva super partes tra gli interessi dell'alunno, della sua famiglia e quelli della scuola.

La competenza amministrativa portava il Direttore didattico alla piena conoscenza delle norme, meno ampie e più restrittive delle attuali, ma che davano indicazioni puntuali. Dell'applicazione delle stesse era responsabile in toto, senza dimenticare che le deliberazioni del Consiglio andavano inviate in Sovraintendenza per un puntuale controllo e talvolta, con i funzionari preposti a ciò, si arrivava a vere proprie contrattazioni per far capire e approvare dal Sovraintendente agli studi alcuni deliberazioni. All'interno dell'ufficio di segreteria ogni decisionalità nell'applicazione delle norme e nelle procedure amministrative faceva capo al Direttore.
Dal 1974 restano immutate le disposizione circa gli organi collegiali della scuola. La presenza di collegi docenti numerosi (80-90 insegnanti per circolo didattico distribuiti su tanti plessi) portava ad esercizi di equilibrismo straordinari per fare comunque approvare disposizioni comuni, pur mantenendo la specificità delle singole situazioni. L'insegnante che anni dopo mi ha ricordato come nei miei collegi docenti succedesse sempre qualcosa di imprevedibile ed interessante per cui lei si divertiva, mi ha ricordato la fatica di questo “imprevedibile”, frutto di lasciar emergere proposte ed individualità, che richiedeva uno sforzo notevole per ricondurre a fattibili e concrete le proposte emerse.
È stata, in seguito, istituita la verticalità e i tre ordini di scuola sono stati raggruppati: l'imprevedibile è diventato un lusso non concepibile. Voglio ricordare i crampi allo stomaco provati all'uscita dei primi consigli di classe della scuola media nello scoprire un mondo complesso, poco coeso, talora distratto, completamente indifferente alla voce del Dirigente. Far coesistere i tre ordini in modo dignitoso è diventato un primo obiettivo (esistono ancora), pari all'individuazione delle aree di lavoro comuni, in tutte le occasioni possibili.
La segreteria delle scuole, aumentata di personale, ha obbligato a lunghi tempi di attenzione alle procedure, ai carichi di lavoro, alle esigenze dei singoli, affinché il lavoro diventasse coerente e unitario, pur nella distribuzione, e uno stile collaborativo e di responsabilità diventasse la norma. Ne ho attualmente dei positivi riscontri e la delega è ormai scontata.
Allora come adesso, i numerosi edifici scolastici nuovi, ristrutturati, da ristrutturare, impegnano ad una vigilanza puntuale, le norme sulla sicurezza non lasciano ampi margini, ma il buon senso permette nella mia realtà una collaborazione concreta con l'ente locale.
Ci sono ancora dentro, nei momenti di stanchezza ho desiderato davvero fuggire; ho visto perdere dei buoni pezzi della scuola, a fatica riconosco qualche buon pezzo nuovo; mi sono tanto mancati degli Adattamenti regionali alle Indicazioni nazionali: ritengo che sia una mancanza grave. Avevo curato con puntualità ed insistenza l'insegnamento bilingue nella scuola elementare chiedendo agli insegnanti programmazioni e attività adeguate; le onde della valutazione didattica e di sistema mi hanno spesso frastornata ed ora le ignoro: la pubblica amministrazione non è ancora stata in grado di decidere come valutarmi.

Ora apprezzo l'intervento coerente dei membri attuali del Consiglio di Istituto che hanno capito la funzione di indirizzo dell'Organo e sostengono quindi la scuola e il mio ruolo.
Ora che sono passati sette anni dalla trasformazione del ruolo, mi rendo conto di aver piegato questa dirigenza alle logiche del Direttore e nei consigli di classe, quando decido di presenziarvi, la mia parola è, se non sempre didattica, almeno educativa e spesso è tenuta in considerazione.
Nella quotidianità, mi interrogo e mi inquieto quando vedo comportamenti assurdi ed incivili dei nostri ragazzini di terza media, che abbiamo a scuola fin dai loro tre anni, soprattutto quando non sono direttamente sotto i nostri occhi. Le scarpate che trovo impresse sulla porta della palestra mi indignano ancora, gli alunni di sei anni che danno segnali acuti di insofferenza alla scuola e alle sue regole mi inteneriscono per il peso che adulti incapaci fanno loro portare. Le famiglie, che rispecchiano la società, sono spesso esigenti e confuse e la scuola, pur con le eccellenze di molti insegnanti, per sua struttura e funzione, non può rispondere a tutti i problemi.
Così sono passata dalla Direttrice dalla faccia buona alla Dirigente che parla poco, proprio perché le parole che dico lascino tracce, siano essenziali e sappiano accompagnare gli alunni nella loro crescita e gli adulti nella loro responsabilità.
Per quanto mi concerne penso di aver adempito al mio compito; questa permanenza ad oltranza per il continuo allontanarsi del pensionamento mi ha tolto l'entusiasmo, sento la fatica della gestione quotidiana pur se necessaria per garantire la correttezza dell'agire; mi ritaglio più tempo per andare a vedere le classi e gli alunni per i quali, tutti, nutro ancora una profonda attenzione.

Marilena Agazzini

 

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