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La mia finestra preferita
Alcune esperienze di didattica della geografia che vedono i bambini, protagonisti attivi, acquisire nuove competenze lavorando in un laboratorio privilegiato: la loro città.
Il percorso casa-scuola: “A spasso nel mio quartiere
con i cinque sensi”
Gli alunni di classe prima, nell’ambito del progetto “Percorsi sicuri da casa a scuola”, hanno seguito questo percorso per il loro primo approccio alla geografia, a partire dalla realtà che li circonda:
• discussioni libere in classe e brainstorming su che cosa posso osservare e quali sono le sensazioni collegate al percorso casa-scuola;
• domande mirate per stimolarli alla rielaborazione dell’esperienza fatta.
Esempi: “Molte sono le cose che posso osservare andando a scuola…
La cosa che mi piace di più è…
Il luogo più colorato che vedo è…
Il luogo più grigio che vedo è… Il luogo più pulito che vedo è… Il luogo più verde che vedo è… Il luogo più profumato che vedo è… Il luogo dove si sente un cattivo odore è…
Ci possono essere altri luoghi che
mi colpiscono e mi rallegrano o mi rattristano o mi fanno sentire in pericolo… Quali? Perché?";
• uscite in quartiere, a classe intera o con un gruppo di bambini, organizzando itinerari che ripercorrano le traiettorie seguite dagli alunni al mattino per recarsi a scuola (le uscite vengono organizzate con i bambini stessi, formando gruppi in base alle posizioni delle case degli alunni);
• vari tipi di rappresentazione grafica del percorso casa-scuola (individuale o del gruppo dei bambini che abitano lungo la stessa traiettoria): sulla mappa della circoscrizione localizzazione, tramite disegno, delle varie abitazioni; evidenziazioni delle traiettorie dei percorsi casa-scuola individuali o di gruppo;
rappresentazione dei percorsi in modo empirico, attraverso disegni e semplici scritte fatte su un foglio; rappresentazione sul quaderno a quadretti con frecce che tengano conto delle direzioni (destra, sinistra, in basso, in alto) utilizzando simboli e legenda;
• brainstorming con tutta la classe e realizzazione individuale e collettiva di mappe percettive aventi al centro l’immagine di un organo di senso e intorno i disegni dei vari elementi colti dai bambini: “A spasso con il naso (con l’orecchio, con la bocca, con l’occhio, con la mano) nel mio quartiere”;
• rappresentazione senso-percettiva del percorso casa-scuola: su un foglio i bambini tracciano con
delle linee il proprio percorso e aggiungono disegni e scritte per evidenziare i luoghi osservati in base alle caratteristiche colte attraverso l’uso dei cinque sensi (il lavoro deve essere guidato dal docente in quanto i bambini sono portati a privilegiare il senso della vista rispetto agli altri quattro, anche rispetto all’udito);
• elaborazione collettiva e, in seguito, anche individuale, di una storia avente come protagonista un personaggio inventato (bambino o animale) che va a spasso con i cinque sensi nel quartiere e rileva le caratteristiche dei vari luoghi incontrati durante il percorso;
• riflessione e rielaborazione scritta, con riferimento alla propria esperienza diretta, del percorso casa-scuola di ognuno attraverso i
cinque sensi (senza trascurare alcun organo di senso): “A spasso nel mio quartiere con i cinque sensi”.
Caccia ai suoni: il paesaggio
sonoro del quartiere
L’esperienza che segue, proposta in classe seconda, si pone come sviluppo e approfondimento del percorso precedente di analisi del territorio, percorso che aveva come obiettivo quello di capire la visione che il
bambino ha dell’ambiente che lo circonda, di capire come lo percepisce, come lo conosce e lo vive. È importante sottolineare che, in parallelo a quest’esperienza, l’insegnante sperimenta attività trasversali di lettura del territorio, mirate ad un’analisi che tenga conto di: come si sente il bambino in città, qual è la percezione dal punto di vista fisico ed emotivo,
quale la conoscenza e le relazioni con l’ambiente e i propri simili, la fruizione ludica dei luoghi e l’aggregazione, l’utilizzo degli spazi da parte del
bambino, il grado di autonomia
personale, il senso di appartenenza alla città.
• Prima fase – Programmazione insieme agli alunni delle uscite sul territorio prescelto, concordando con gli stessi obiettivi da perseguire e strumenti da utilizzare e organizzando un’efficace distribuzione dei compiti. All’osservazione si abbina una raccolta di campioni sonori (registrazioni sul campo effettuate dai bambini stessi con un minidisc e l’ausilio di un microfono stereo), da fotografie e brevi filmati con audio. Gli ambiti d’indagine sono: il mercato, la strada e il giardino pubblico. Fondamentali per la raccolta di materiali significativi i momenti di scambio verbale con gli abitanti e gli operatori del mercato.
• Seconda fase – A scuola si passa all’analisi di quanto raccolto: il materiale audio viene riascoltato e classificato a seconda delle fonti di provenienza, così come quello fotografico e video. Con i materiali ordinati secondo la “memoria emotiva” degli alunni (merce, viaggio, persone, voci, urla, colori, toccare, odori, suoni) si giunge alla stesura di mappe del territorio reale, dove la ricostruzione del percorso-storia fa appello a tutti i sensi (ho visto, ho ascoltato, ho toccato, ho odorato…), scatenando catene evocative complesse (espressioni verbali, movimenti, sensazioni tattili, suoni, odori, immagini).
• Terza fase - Il lavoro successivo, a tappe, porta ad elaborazioni in forma di rappresentazione ludica, con canti, cori parlati, effetti sonori, strumenti e musiche. Grazie all’improvvisazione musicale si giunge alla strutturazione definitiva, individuando con i bambini una serie di idee-azioni dove luoghi e suoni della città, ricostruiti in modo creativo, si trasformano in iter narrativo.
La relazione con l’ambiente urbano, visto qui prevalentemente come fonte di suoni, rumori ed espressioni verbali, è l’elemento originale di questa esperienza, in una società dominata dalla comunicazione per immagini.
Io abito qui: la mia finestra
guarda il mondo
Si tratta di un’esperienza laboratoriale di approccio urbano proposta alla classe prima e alla classe seconda e allargata anche ad altri bambini in occasione di un gemellaggio con un piccolo comune della Campania, in cui mi sono recata per condurre lo stesso laboratorio, in vista di una riflessione a posteriori in termini di confronto, condivisa con i bambini di Torino, a partire dalla rielaborazione dei dati raccolti nelle due diverse realtà: una grande città del nord in un quartiere centrale di Torino, la Crocetta, e un piccolo comune sulla collina di Salerno, Giffoni Sei Casali. La finestra è oggetto fisico e luogo simbolico di scambio e apertura tra il dentro di sé e il fuori da sé, tra la casa e il mondo. Ogni bambino sceglie la propria finestra, quella da cui vuole guardare fuori e poi gli chiediamo: “Perché proprio quella finestra?” Ognuno, inoltre, può scegliere un momento della giornata in cui guardare.
Il processo di scelta della finestra è importante perché è il momento in cui il bambino sceglie da che prospettiva vuole osservare il fuori, il quartiere, il mondo. La finestra preferita corrisponde al suo punto di vista ed è importante che il bambino comunichi il perché della scelta.
Alcuni scelgono per ragioni relative al dentro (una poltrona comoda davanti, la finestra della cameretta...), altri per via di ciò che si vede da quella finestra, per ciò che si trova fuori.
Una volta scelto il punto di osservazione, si lavora sul tema dello sguardo sul mondo. Che cosa vedo dalla mia finestra? Cosa vedo che mi piace? Cosa vedo che non mi piace? Cosa vorrei vedere?
Il lavoro di scelta della finestra, di osservazione, di scrittura (o di oralizzazione) e di disegno, grazie anche al gioco teatrale (che non esclude, ma rende più spontanei verbalizzazioni, fotografie e piccoli video fatti dall’insegnante e dai bambini stessi per fermare le cose dette e permetterne
la successiva rielaborazione), permette ad ogni bambino di osservare l’ambiente a partire dal proprio vissuto personale ed è risultato efficace per far emergere diverse visioni del mondo.
Alcune finestre, alcuni sguardi prendono poi vita nella fase di rielaborazione; si costruiscono finestre con materiali vari, scritte prese dai testi prodotti e dalle immagini disegnate. La finestra è apribile e i bambini possono affacciarsi e guardare fuori.
La finestra diventa così mezzo espressivo attraverso cui si presenta (scenario) e si rappresenta (palcoscenico)
la realtà.
Un bambino, alla domanda “Che cos’è per te la città?”, risponde “Il mio pezzo di mondo” e, alla richiesta “Che cosa significa abitare?”, dice “Per me abitare significa vivere”. È evidente che in questo modo il bambino diventa protagonista attivo del processo di apprendimento della geografia, in quanto, attraverso questo laboratorio, va oltre la conoscenza e diventa competente perché sa indagare la realtà, quella vera in cui è immerso, e non quella presentata nei libri di testo e nelle letture pseudogeografiche che a volte propiniamo loro, nella dimensione dei luoghi abitati, vissuti e giocati. Il bambino diventa competente, inoltre, perché partecipa a inventare le condizioni del proprio abitare, come parte attiva e integrante della comunità cittadina e così percezioni, bisogni, funzioni ed elementi che caratterizzano gli ambienti da lui frequentati (la scuola, la casa, la strada e il quartiere) diventano vero sapere, trasferibile negli anni futuri anche in contesti geografici più complessi e meno strettamente legati al suo vissuto personale. Ecco allora che la scheda sugli arredi della casa piuttosto che della scuola, il fare la mappa dell’aula, il rappresentare la propria casa acquistano un senso pregnante per il bambino e, dalla terza in poi, allargare lo sguardo sul mondo,
parlando di paesaggi e di ambienti, tutti, anche quelli di cui non ha
esperienza diretta, di regioni italiane, stati europei e continenti, non diventa altro che il naturale sviluppo di competenze presenti già in classe
prima e seconda.
GiochiAzioni per un approccio
urbano competente
In collaborazione con gli architetti dello studio di progettazione Nonostante (Marco Zummo e Giancarlo Zucca) abbiamo elaborato degli strumenti espressivi con l’obiettivo di avvicinare i bambini alla conoscenza del patrimonio urbano che li circonda, avviando insieme
a loro processi di interpretazione, potenziamento e divulgazione di energie propulsive rilevate nei contesti esplorati. Ci si avvale di strumenti espressivi per appropriarsi dello
spazio urbano e per approfondire
i processi di mutazione genetica
della città. Questo è anche lo spirito della mostra allestita presso le
OGR (Officine Grandi Riparazioni) Torino011. Biografia di una città,
nell’ambito delle iniziative per Italia150.
Le attività da noi progettate e sperimentate con i bambini di classe prima, seconda e terza, mirano a far diventare gli alunni dei divulgatori di conoscenze e di scoperte acquisite, facendo della scuola un centro di
sensibilizzazione, nei confronti degli adulti (famiglie e abitanti), sul significato odierno dell’abitare la città.
I laboratori vedono impegnati gli alunni in attività di analisi, intervento e divulgazione. Il kit espressivo messo a punto è ad alto grado di interazione con i luoghi urbani, suscita attività in cui potersi riconoscere e manifestare un’identità, è uno strumento per ridefinire le condizioni di un’esperienza spaziale, introducendo mutazioni percettive e rappresentative (es. la fabbrica dismessa si trasforma in monumento, come nel caso a Torino dell’area delle OGR).
Alcuni GiochiAzioni proposti
Fili parlanti: nastri adesivi tesi tra edifici o cose a cui affiggere messaggi. Barriere di richieste o di informazioni che circondano luoghi e contesti particolari, nei cui confronti si intende richiamare l’attenzione.
Kit di segnalazione e di valutazione: cartoncini che riportano gesti della mano per indicare qualcosa (Guarda), invitare a toccare (Tocca), suggerire una sosta per osservare qualcosa che non va (Basta), dare un’approvazione (Bene)… I bambini osservano l’ambiente e posizionano i cartoncini commentando e invitano gli altri
a fare altrettanto; è importante raccogliere tutti i commenti emersi durante l’uscita per la successiva rielaborazione in classe.
Cerchiature: copertoni ciclistici inutilizzati, di due diversi colori, circondano presenze che caratterizzano la strada o l’ambiente nel positivo e nel negativo, secondo il colore. Se usati in verticale servono per inquadrare dettagli urbani e umani significativi.
Si tratta di occasioni educative e didattiche per sentire pienamente la realtà e quindi essere poi in grado di rappresentarla; non può esserci, infatti, una competente rappresentazione della realtà (mappe, cartografia, ecc.) se prima non esiste un competente approccio, nel senso dell’apprendimento legato alla geografia, alla realtà medesima.
Orienteering
topografico-culturale
in quartiere
L’attività di orienteering condotta con la classe terza è qui indicata come topografica-culturale perché abbina l’acquisizione delle competenze relative all’orientamento all’acquisizione di competenze in relazione ad uno specifico luogo urbano, aggiungendo alla mappa, da utilizzare per il ritrovamento dei punzoni o delle lanterne (collocati nei punti indicati), un questionario con domande di osservazione o di cultura riferite al contesto urbano scelto.
Si inizia con il fare orienteering, quindi orientamento a gruppi e come se fosse un gioco a squadre, a partire dall’ambiente più vicino alla realtà scolastica del bambino, cioè dall’aula; si passa poi ad altri ambienti, come il corridoio, la palestra, il cortile della scuola e, infine, si estende l’attività ad un parco cittadino situato nella circoscrizione di appartenenza o ad un quartiere della città. L’attività permette di sperimentare, in pratica, concetti di geografia altrimenti difficili da apprendere, aumentando l’autonomia dei bambini in materia
di orientamento. I bambini imparano facendo e vivono delle esperienze significative da un punto di vista conoscitivo e d’apprendimento.
La metodologia utilizzata durante le attività è interattiva, valorizza l’apporto sia individuale sia del gruppo e l’apprendimento parte dal vissuto dei bambini e dalle loro esperienze.
Gli alunni sono sempre i protagonisti delle attività proposte, perché dopo un primo e breve momento di spiegazione (lezione frontale) si passa subito all’attività pratica.
È interessante vedere bambini con difficoltà su altri fronti, riuscire in questa attività con esiti positivi.
Tutte le esperienze didattiche proposte dimostrano che la città è laboratorio privilegiato di sperimentazione e apprendimento geografico e che l’interdisciplinarietà è fondamentale nell’apprendimento della geografia, disciplina fortemente proiettata nella realtà, una realtà che presenta esempi di incontri, flussi e processi continui di cui sia l’educazione che l’insegnamento/apprendimento non possono non tenere conto.
Ermelinda Garofano
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