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Leggere per raccontarsi
La narrativa è una scuola
di comprensione umana:
ci aiuta a comprendere
e a comprenderci
allo stesso tempo.
Fino a non molti anni fa, la narrativa nella scuola assolveva una doppia funzione: verificare l’abilità di lettura (e la capacità di comprensione del testo) e fornire una palestra sintattico-grammaticale su cui fare pratica attraverso una serie di esercizi (le cosiddette schede didattiche). Sto scrivendo all’imperfetto, per un atto di speranza (e fiducia) dell’abbandono di una pratica a mio parere controproducente per lo sviluppo e il consolidamento della lettura e della conoscenza letteraria nei giovanissimi. Perché, parallelamente alle collane di narrativa scolastica che penetrano dentro gli istituti attraverso canali diretti, un po’ come i prodotti che si vendevano porta-a-porta (ma qui l’imperfetto è realistico), da una ventina di anni a questa parte è proliferata in libreria un’editoria specializzata che offre ai ragazzi un ventaglio molto ampio di proposte narrative, tutte svincolate dal dovere scolastico, e casomai indirizzate verso il piacere di leggere, laddove questo piacere è soprattutto divertimento, fantasia, sogno, emozione, evasione, immaginazione.
Nuove scelte
Molti docenti hanno preso atto del cambiamento avvenuto e si sono rivolti a scelte meno ortodosse rispetto ai cataloghi costruiti dall’editoria scolastica, dove si offrono prodotti che si ritiene vadano bene per la scuola, e dunque più tradizionali, sia da un punto di vista linguistico che contenutistico, rispetto a quanto si trova sul mercato, presupponendo che, nella scuola, il gusto letterario sia assai diverso da quello corrente e che l’orientamento sia piuttosto verso i contenuti e la tematica anziché verso la forma e la novità del discorso narrativo.
Del resto, per moltissimo tempo, gli autori conosciuti nel mondo della scuola erano altri rispetto a quelli presenti in libreria, giudicati da un mercato più eterogeneo, più difficile da raggiungere, autori che erano dediti alla ricerca letteraria e a una sperimentazione di temi e generi che mai sarebbero potuti entrare nella scuola.
Oggi, però, i tempi sono cambiati e sufficientemente maturi perché nella scuola secondaria, sia inferiore che superiore, si possa sviluppare un progetto lettura che si proponga come obiettivi:
1) Anzitutto la realizzazione di una comunità di lettori attraverso la varietà delle proposte (non un solo libro uguale per tutta la classe), la corrispondenza con i gusti giovanili, la socializzazione dell’atto del leggere (e non la separatezza associata a quest’attività), la messa in pratica di semplici strategie per far girare i libri e accrescere l’interesse (come votare il libro migliore, stilare classifiche, fare un giornalino di recensioni on-line, ecc.)1.
2) La scoperta della letteratura contemporanea come contenitore di esperienza attuale e di memoria recente, ma soprattutto, in corrispondenza con ciò che dice il sociologo Edgar Morin, come “scuola della scoperta di sé in cui l’adolescente può riconoscere la sua vita soggettiva attraverso quella dei personaggi… la rivelazione delle proprie aspirazioni, problemi e verità… Alcuni libri costituiscono esperienze di verità, dando forma e svelandoci una verità ignorata, nascosta, profonda, informe, che portiamo in noi e che ci procura la doppia estasi della scoperta della nostra verità nella scoperta di una verità esterna a noi, che si accoppia alla nostra verità, la incorpora e diventa la nostra verità”2.
3) Il valore della narrativa contemporanea come spazio della libertà espressiva e della diversità, come già ricordava Italo Calvino in una delle sue Lezioni Americane (nella Rapidità): “in un’epoca in cui altri media velocissimi e di estesissimo raggio trionfano e rischiano di appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea, la funzione della letteratura è la comunicazione di ciò che è diverso in quanto è diverso, non ottundendone bensì esaltandone la differenza, secondo la vocazione propria del linguaggio scritto”.3
4) La capacità di orientarsi e scegliere, formare il proprio gusto, formare proprie opinioni, contro un modello consumista che tende a manipolare le scelte, indirizzare verso i prodotti, attribuire il valore al contenitore anziché al contenuto e all’atto di spendere anziché a quello di fruire, di essere soddisfatti di un bene. Di tutti i prodotti, il libro è il più impegnativo e vissuto come tra i più costosi perché non si possiede con il semplice acquisto, ma si deve leggere, dunque bisogna compiere uno sforzo in più, un investimento di tempo e di energie, e addirittura di emozioni.
Nuovi valori
Come vedete, sto parlando, più che di una formazione letteraria, dell’attribuzione di valori a un atto, la lettura, attraverso cui si può auspicare di perpetuare una formazione permanente. Oggi, come ci avverte il sociologo Zygmunt Bauman, ne sentiamo ancor più il bisogno per avere un’alternativa all’ignoranza che “produce la paralisi della volontà” e che è usata come strumento di dominio per “soffocare la voce della democrazia” dal momento che esercitare il potere attraverso ignoranza e incertezza “è più affidabile e facile che non il governo fondato sul dibattimento esauriente dei fatti e sullo sforzo prolungato per trovare una verità in materia e i modi meno rischiosi di procedere”.4
Non è un caso che i brani che ho scelto di due famosi maestri del pensiero contemporaneo europeo (francese Morin, polacco naturalizzato inglese Bauman) si riferiscano a un valore così controverso e di difficile definizione come la verità: la letteratura sembrerebbe anzi il luogo meno veritiero del mondo, casomai il più menzognero, perché le storie narrate sono inventate, frutto d’immaginazione che altera la realtà da cui pure esse prendono spunto, e costruite in modo tale da riferirsi a un mondo di finzione, dove si mettono in scena drammi
e commedie, dove si evidenzia la problematicità della
condizione umana e la complessità dei rapporti tra le persone e dove, più che una risposta a richieste di chiarezza e di verità, si pone una questione e ci s’interroga su chi siamo e di cosa siamo capaci. Ma in questo scenario di finzione costruito dal linguaggio verbale (e dunque altamente virtuale) si compie spesso l’atto di svelamento che sta alla base della verità secondo la radice greca di questa parola: a-letheia, non nascosta, svelata, non dimenticata, per la radice che assomma, in greco, nascondere e scordare e che, in narrativa, si carica di un potente significato strettamente legato al racconto come conservazione della memoria.
Una storia, come tutte le storie, ci rivela qualcosa della nostra umanità, attraverso quella che Kundera, nel suo prezioso L’arte del romanzo, definisce come opera di esplorazione della vita umana e, in particolare, dell’“enigma dell’io”5. Attraverso la sua composizione razionale, la narrazione offre espressività a ciò che è inespresso, apre un canale di conoscenza e d’indagine interiore, compie un’opera di costruzione di senso a partire da ciò che spesso nella vita risulta insensato, complicato da capire, difficile da interpretare. Assai più di un tempo, oggi un lettore - e soprattutto un giovanissimo lettore - chiede al romanzo emozione, un pathos in cui commisurarsi, per contattare parti profonde di sé. Perciò ritengo che un romanziere debba saper dosare i diversi registri, drammatico e umoristico, lirico e fantastico, si adoperi per “giustapporre spazi emozionali diversi”6 in cui un lettore possa riconoscere una gamma sentimentale sfaccettata e credibile, che sveli la complessità dell’anima.
In questo senso, la narrativa è una sorta di scuola per la comprensione umana: anzitutto comprensione di sé, e del fatto che non siamo semplici, prevedibili ed emotivi, ma pieni di risorse, inventivi, complicati, e necessitiamo di riflessione e introspezione per conoscere le nostre possibilità, progettare le nostre azioni e realizzare i nostri desideri; quindi (ma le due funzioni sono strettamente legate) comprensione dell’altro, della sua esistenza, dei suoi bisogni e dei suoi orizzonti, del suo sguardo, carico di curiosità o diffidenza verso il nostro sguardo, delle sue idee e della sua volontà. Un accumulo di nozioni e d’informazioni, una conoscenza manualistica, non ci permette di attivare l’empatia7 attraverso cui si possono comprendere le persone come soggetti e non oggetti di studio o di interesse, ma il fascino di una narrazione può fornirci chiavi interpretative utili a sperimentare l’alterità e ad allenare l’etica della comprensione.
Il metodo di lavoro
Vorrei concludere con qualche nota sul mio metodo di lavoro. Che si basa essenzialmente sull’osservazione e la documentazione. Mi sembra che l’una non possa fare a meno dell’altra: guardare gli altri, e il mondo, non sarebbe sufficiente per riuscire a raccontare una storia se non supportassi questi dati empirici con un lungo e riflessivo lavoro di ricerca a cui dedico molto tempo e studio, non soltanto per quanto riguarda il racconto a sfondo storico, come il mio ultimo romanzo Il confine d’Ambra (Fanucci, 2009), ambientato in Finlandia alla fine della seconda guerra mondiale e agli inizi della guerra fredda. Qui è chiaro perché c’è la necessità, per un’italiana nata molto dopo la guerra, di calarsi in un periodo storico e in uno scenario assai lontano e diverso dal proprio, ma lo stesso lavoro scrupoloso di documentazione è svolto anche per storie ambientate nei nostri anni. Come più volte ho ribadito negli incontri e nelle interviste, e come emerge dai miei libri molto diversi tra loro, io non utilizzo materiale autobiografico, ma cerco di sperimentare l’alterità e di conoscere, io per prima, mondi sconosciuti, tanto che l’opera di svelamento esistenziale è compiuta prima di tutto da me e poi dal lettore.
I miei sono spesso romanzi di formazione, in cui i protagonisti all’inizio sono chiusi nel proprio piccolo mondo, sono candidi e immaturi, e svolgono un percorso evolutivo di conoscenza e di maturazione, attraverso lo sviluppo dell’intreccio narrativo. Per questa evoluzione dei personaggi e per il tipo di storie che racconto, in cui sono molto evidenti temi relazionali come la solidarietà e la comprensione, e valori come la libertà e il coraggio, ho bisogno d’indagare, approfondire, confrontare, verificare con interviste personali, riflettere su analisi sociali e psicologiche, nonché studiare specifiche discipline scientifiche o tecniche. Soltanto dopo aver accumulato sufficiente materiale posso affidare alla scrittura, quest’arte riflessiva e selettiva, il compito di raccontare un’avventura umana.
Paola Zannoner
Scrittrice libri per ragazzi
Nota
Paola Zannoner, scrittrice toscana, vive a Firenze. Ha scritto molti romanzi e racconti dedicati agli adolescenti, per i quali ha ottenuto un grande successo di critica e pubblico, manuali di didattica della lettura e un romanzo per adulti appena pubblicato: Il confine d’Ambra, Fanucci, 2009. I suoi libri sono tradotti in molti paesi stranieri. Tra i più noti e premiati: Voglio fare la scrittrice, De Agostini, 2007; La settima strega, Fanucci, 2007; A piedi nudi a cuore aperto, Fanucci, 2006; La linea del traguardo, Mondadori, 2003; Il vento di Santiago, Mondadori, 2000.
Note
1 Molte attività sono indicate nel mio manuale Come si costruisce un percorso di lettura, edito da Mondadori nel 2000 e in via di riedizione aggiornata.
2 Edgar Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina, Milano, 2000.
3 Italo Calvino, Lezioni americane, Oscar Mondadori, 1993, p. 52.
4 Zygmun Bauman, Vita Liquida, Laterza, Bari, 2006, p. 146.
5 Milan Kundera, L’arte del romanzo, Adelphi, Milano, 1988.
6 Milan Kundera, id.
7 “L’empatia attesta la possibilità della circolazione o comunicazione dell’esperienza, non perché due soggetti diventino uno, si confondano o trovino un’analogia o un’identità misteriosa, ma perché è possibile avere accesso alla realtà vissuta da un altro essere umano.” Laura Boella, Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia, Raffaello Cortina, Milano, 2006, p. 25.
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