Viaggio per acquaUn percorso di formazione per portare alla luce i propri limiti corporei e comunicativi e utilizzarli come risorse. Confondendo il termine danza con quello di balletto, c’è chi crede che la danza sia concepita per e riservata a chi ha un’estrema abilità fisica. Considerandola, invece, come uno dei modi di fare poesia, scrittura creativa, vivente e immediata, diventa evidente quanto sia praticabile e godibile da chiunque. La partenza, al delta del Po, l’aurora. Alla partenza, ogni viaggiatore sceglie un nome facile da ricordare con cui presentarsi ai compagni, questo renderà tutti Nessuno. “Disposti in un cerchio impariamo a memoria i nick- names di viaggio tirandoci prima un bastone, poi una pallina, poi un tessuto rosso, scoprendo come oggetti, così diversi per peso e forma, richiedano un’attenzione particolare sia nel tiro che nella presa”. La magia, a Tabarka, Nord Africa “In sala metto tutti seduti intorno a me a eseguire la partitura gestuale della Memoria poetica, abbinando al gesto una metafora. Prendo fra le mani il sole sopra di me, le mie braccia sono dapprima i suoi raggi luminosi, poi le pareti di un faro, braccia di una mamma che culla, che bacia, che ninna… I miei compagni lavorano in silenzio, rapiti dalla concretezza della visione. Ognuno a modo suo sta trasformando quel gesto in viaggio della mente”. Pensiamo e pratichiamo con il corpo dapprima un animale che sentiamo molto affine, quello che vorremmo essere, poi un animale opposto al nostro sentire. Con identica apertura mentale ed attenzione, dedichiamo tempo a definire le due esplorazione fisiche. Scopriremo con sorpresa quanto l’immedesimazione con l’animale che pensavamo avverso sia altrettanto piacevole e coinvolgente. L’oblio, ad Alicante, Spagna “Nel viaggio della Zattera la necessità di dimenticarsi di sé e di assumere un’altra identità culmina nella tappa dell’oblio, ad Alicante. Giornata ebbra, umorale, dove potremo avventurarci là dove non osiamo, nel Nessuno; perdendo il giudizio e la faccia. Giocheremo a esagerare tentando di rompere le catene del conforme, concedendoci all’urlo ed al ballo sfrenato. Stravolti dal movimento, volutamente ubriaco, ci avventureremo nell’ altro mare dove sopravvive il naufrago che crede alle fate morgane”. Gli esercizi proposti nella tappa dell’oblio sospingono i viaggiatori della Zattera a contattare le zone che normalmente educazione e società inibiscono. Ai naviganti oggi è concesso di abbandonare le buone maniere e la via di mezzo, così come l’importanza attribuita allo sguardo degli altri, per esprimersi attraverso una gestualità liberatoria, incoerente e una vocalità stralunata. Il grande e il piccolo, a Stromboli… allo zenit “Nei primi drammatici mesi che seguirono l’incidente stradale, mi convinsi che alle 18 parti spezzate della mia struttura ossea avrebbero fornito informazioni le parti rimaste intatte e che, come in una croce, nel punto in cui si uniscono i bracci, le forze alleate alle debolezze avrebbero costituito un nuovo, diverso equilibrio. Da allora ho lavorato per riconoscere quelle croci, quei punti privilegiati di osservazione e di informazione che erroneamente chiamavo limiti”. Il Ciclope nella Zattera è rappresentato da un’isola vulcanica: un occhio infuocato tra gli azzurri del mare e del cielo. Prendendo confidenza con i nostri limiti possiamo trasformarli in punti di forza. La tempesta (o della madre), a Tim–Sah, Suez… al tramonto “Bendati di rosso, alcuni compagni vengono portati nello spazio. Noi, dopo averne scelto uno, ne richiameremo l’attenzione con un pigolio, un versetto squillante che ci faccia riconoscere e seguire, come un cucciolo la madre. Trovato il compagno-guida, i bendati gli affideranno un solo dito della mano attraverso il quale esploreranno l’esterno; poi, accovacciati a terra, l’angelo-guida ninnerà il compagno con il suo canto muto”. A Tim-Sah incontriamo la nostra infanzia, i giochi e le carezze che l’hanno popolata. La tappa della tempesta è dedicata alla nascita e al ricordo dei gesti materni. L’amore, a Creta… di notte “Perché non provate a farlo con tutto il vostro corpo? urlavo oggi ad alcuni operatori che con il bacino tenuto debitamente all’indietro salutavano i loro assistiti, abbracciandoli. Provate imbarazzo, senso di inadeguatezza? Bene, siamo perfettamente in linea con ciò che Omero dice nell’incipit scelto per la giornata dell’amore: … sono incantato e ho una paura tremenda ad abbracciarti. Addestriamoci oggi ad essere semplice forma vuota, materia ospitale, carne sensibile ad altra carne… cavità... abbraccio”. Oggi, ai viaggiatori, vengono proposti contatti ravvicinati, gesti che partono dall’esperienza personale. L’immobilità (o del corpo legato) a Zacinto “A Zacinto, oggi Zante, sulla costa greca, c’è una spiaggia dove da secoli giace arenato un vascello. È una tappa importante del viaggio quella che oggi dedicheremo all’immobilità. Ridotti nello spazio e nel movimento anche noi presteremo il corpo e la voce a forme antropomorfe, cariatidi, sirene e bassorilievi sperimentando, per assurdo, come proprio dentro ad un limite si riesca a comprendere la vera natura del movimento”. È un’esplorazione delle possibilità comunicative e dell’extra-ordinarietà del limite imposto. Seduti sulla sedia, ma obbligati a non appoggiare i piedi a terra, come sirene sperimentiamo l’abilità nell’instabilità. Questa esplorazione individuale porta alla scelta di quattro figure da collegare tra loro e praticare a forma di canone coreografico. Successivamente, viene aggiunta una partitura narrativa. Ogni navigante, senza interrompere il suo canone gestuale, dà voce alla sua storia di sirena che urla al mare. Il grande racconto a Smirne, Turchia “In sala iniziamo un lavoro di memorie, ripassando la partitura sulla sedia, le coreografie in cerchio, la ritmica dei piedi e anche i gesti rubati ai ricordi materni. È attraverso la memorizzazione di partiture gestuali che un danzatore prima allena il proprio corpo poi personalizza il segno infine… firma l’infinito”. Giornata della coralità, del tutti Nessuno. Il ritorno al delta del Po… all’aurora “Immaginato in un solo giorno, il mio viaggio circolare (come il pensiero di chi decide di tornare) riporta i viaggiatori a casa risalendo la via d’acqua che li aveva accompagnati al Mediterraneo. Concluso il viaggio ritorniamo al punto di partenza, ma arricchiti di nuove esperienze e strategie “…e poi ripartimmo conoscendo più cose”, dice Omero. Piera Principe Nota
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