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Il punto sull’introduzione della terza lingua comunitaria, l’inglese

L'introduzione dell'inglese nella scuola elementare della Valle d'Aosta, al termine del secondo anno di esperienza.

A seguito di quanto è stato detto da chi mi ha preceduto, credo che ben si comprendano le ragioni per le quali è stato deciso di introdurre gradualmente su base sperimentale, utilizzando lo strumento dell’Autonomia scolastica, l’insegnamento di una terza lingua comunitaria - l’inglese, quale lingua franca internazionale - nella scuola elementare regionale bilingue.
A questa decisione si è giunti incoraggiati sia dagli orientamenti europei, come detto precedentemente; sia dai risultati delle ricerche scientifiche nel campo dell’apprendimento precoce delle lingue; sia dall’introduzione delle lingue comunitarie nelle scuole elementari del resto d’Italia; sia dal recente forte sviluppo del turismo internazionale nella nostra Regione; sia infine per rispondere alle richieste pressanti delle famiglie.
Giunti al termine del secondo anno di esperienza, possiamo fare un bilancio dei risultati e qualche previsione per il prossimo futuro.
Vediamo alcuni dati forniti dal Gruppo di Monitoraggio del Servizio Ispettivo Tecnico - comparativi fra l’anno scolastico 1999/ 2000 e 2000/2001.

A. La sperimentazione


Come si vede dal grafico, si è verificato un aumento del numero degli alunni coinvolti da 1517 nel 1999/2000 a 1914 nel 2000/2001. Si è passati dal 33% al 42% con un aumento del 10% circa.

Le classi coinvolte in entrambi gli anni sono: prevalentemente la classe quinta, poi la quarta, e la terza, in misura minore, la prima e infine la seconda.

B. Il piano di formazione docenti

Parallelamente è stato avviato un Piano Regionale di Formazione dei docenti di lingua inglese nella scuola elementare di 250 ore annuali - che, dati i risultati raggiunti, è stato appena rinnovato.

Vediamo l’aumento degli insegnanti coinvolti nella formazione regionale, da 59 nel 1999/2000 a 73 nel 2000/2001. Da notare che il numero di "abbandoni" da parte degli insegnanti in formazione è stato fortunatamente molto esiguo.

Fig. 5 La formazione degli insegnanti
(250 ore)

   1999/2000 2000/2001
Formazione Regionale 59 73
Formazione Istituto 66 0

Nel 1999/2000, 66 insegnanti erano in formazione a cura dei singoli istituti.
Parte di essi sono confluiti nella formazione regionale, meno onerosa per le scuole e strettamente vincolata al raggiungimento della certificazione di competenza linguistica dell’Università di Cambridge denominata PET (Preliminary English Test), pari al Livello B1 della scala del Consiglio d’Europa.
E’ stato infatti ritenuto opportuno finalizzare la formazione linguistica dei docenti, finanziata dall’Assessorato all’Istruzione e Cultura, all’effettivo conseguimento di una Certificazione dell’Università di Cambridge, riconosciuta in tutto il mondo, che offre garanzie del raggiungimento della competenza linguistica minima necessaria per effettuare l’insegnamento della lingua inglese come terza lingua a livello primario. Si pensi che invece, nel resto d’Italia, per effettuare l’insegnamento della lingua inglese - come seconda lingua, lo ricordiamo – si stima sufficiente che i docenti acquisiscano una preparazione linguistica equiparabile a quella richiesta per il livello del PET, o certificazione similare, senza richiedere l’effettivo conseguimento del titolo.

Fig. 5 bis. Piano regionale di formazione

250 ore – 4 Moduli

Modulo di formazione linguistica 110 ore per i livelli 1 e 2 55 ore per i livelli 3 e 4 A cura dell’English Centre di Aosta
Modulo di formazione metodologico/didattico 40 ore A cura del Servizio Ispettivo Tecnico Regionale
Modulo di formazione in immersione nel Regno Unito 70 ore A cura della scuola convenzionata NILE (U.K)
Modulo di auto-formazione 30 ore A cura dei docenti in formazione

Il Piano Regionale di Formazione degli insegnanti consta di quattro Moduli, così articolati:

  • Modulo di formazione linguistica, svolto presso una scuola di lingua inglese di Aosta, prescelta in quanto unica scuola autorizzata a rilasciare le Certificazioni dell’Università di Cambridge. Il corso dura 110 ore (ai Livelli 1 e 2, con due lezioni settimanali) e 55 ore (ai Livelli 3 e 4, con una lezione settimanale);
  • Modulo di formazione metodologico/didattica, che consiste in 40 ore di formazione, ovvero 5 giorni e mezzo di incontri intensivi di 7 ore circa ciascuno, con esperti per lo più di madre lingua, su temi d’interesse didattico, accompagnati da lavori di gruppo e produzione di materiali didattici;
  • Modulo di formazione in immersione in Gran Bretagna o in Irlanda, che consiste in due settimane intensive presso la scuola convenzionata NILE (East Anglia University), comprendenti anche un programma culturale, finanziate con borse regionali o con borse europee del Programma Socrates;
  • Modulo di autoformazione, che consiste in un massimo di 30 ore, autocertificate e documentate dagli insegnanti stessi, dedicate alla formazione individuale. Infatti si considera che i docenti, anche in qualità di professionisti docenti di lingua francese, possano effettuare al meglio una formazione mirata, secondo i loro bisogni personali.

C. Le modalità dell’insegnamento

Ora vediamo le modalità con le quali viene effettuato l’insegnamento.

La maggioranza degli insegnanti che intervengono sull’insegnamento sono docenti interni.
Allo stato attuale impartiscono l’insegnamento della lingua inglese nelle scuole elementari
docenti interni (52%), così ripartiti:
- docenti abilitati o laureati in lingue (inglese prima lingua);
- docenti qualificati con certificazione Cambridge - PET, First Certificate, Proficiency - o altre certificazioni pressappoco equivalenti;
docenti esterni, così ripartiti:
- docenti specialisti di scuola media (27%);
- docenti qualificati di madre lingua (18%);
- docenti di altri ordini di scuola (3%);
I docenti specialisti e quelli di madre lingua costituiscono una risorsa preziosa che, a mio parere, dovrà essere presente nelle scuole anche in futuro quando l’insegnamento potrà essere effettuato completamente dai docenti elementari specializzati.
Merita infine un approfondimento l’aspetto relativo a:

Quest’anno, circa 33 docenti, su 73 in formazione, hanno già attuato forme di insegnamento dell’inglese con le loro classi. E’ bene tenere presente che tali docenti appartengono per lo più agli ultimi due livelli della formazione linguistica; o si appoggiano a docenti di madre lingua o agli specialisti che lavorano nelle loro scuole; o comunque attuano limitate esperienze d’insegnamento, (quasi esclusivamente esplorazioni della terza lingua: estensioni lessicali dalla lingua francese alla lingua inglese, lavori su somiglianze e differenze, giochi, canzoncine e poesie, utilizzando gli ottimi materiali esistenti).
L’approccio utilizzato evidentemente è essenzialmente ludico, privilegiando le attività audio-orali, ma anche utilizzando in piccola misura anche la lingua inglese per la costruzione dei saperi. Queste forme di insegnamento si configurano più che altro come forme di rinforzo dell’apprendimento dei docenti stessi e di co-apprendimento con i loro allievi.
Il processo di co-apprendimento è ritenuto proficuo sul piano pedagogico sia nell’ottica dell’esplorazione della terza lingua insieme con gli alunni, sia perché l’insegnante si mette a sua volta nei panni dell’apprendente - ricordate "non è mai troppo presto né troppo tardi per imparare una lingua", proprio in linea con gli orientamenti dell’Anno europeo della lingue! - e ne sperimenta in prima persona le difficoltà e i problemi. In altre parole, tali docenti sanno mediare meglio il passaggio da una lingua all’altra, lavorando nell’ottica dell’integrazione linguistica.
Naturalmente - viene continuamente ribadito - è indispensabile utilizzare i materiali soprattutto per quanto riguarda la pronuncia della lingua inglese che, come è noto, può presentare problemi negli apprendenti adulti, mentre la giovane età degli allievi, (beati loro!), permette di recepire e riprodurre i suoni esattamente come li sentono.

Qui vediamo che il 50% degli alunni ha fruito da 20 a 29 ore d’insegnamento nell’anno scolastico 2000/2001, mentre il 37% ha fruito di più di 30 ore (anche due ore alla settimana!), e il 13% ha fruito di meno di 20 ore.
E’ evidente che si tratta di una sperimentazione abbastanza prudente e graduale. La varietà dei modelli temporali è legata alla specificità delle scuole (ovvero alla disponibilità e preparazione degli insegnanti, ai vincoli organizzativi, alla risposta degli alunni, alla pressione delle famiglie ecc.).Tale varietà temporale, come pure la varietà attuale della composizione del personale docente, è contingente, (siamo in piena sperimentazione - non dimentichiamo che si tratta di una terza lingua in contesto bilingue!). Se da una parte l’innovazione può apparire troppo poco strutturata, dall’altra ci permette di sperimentare diversi modelli d’insegnamento. Si potrà tenere conto più avanti, pragmaticamente, quando sarà possibile dare un assetto più sistematico all’insegnamento, di quali modelli avranno dato i migliori risultati. Un dato certo è che l’insegnamento dell’inglese avviene per la stragrande maggioranza dei casi all’interno del curricolo scolastico (integrato per lo più con le Educazioni, ma sono state segnalate integrazioni anche con le altre lingue e la matematica).

 

La modalità d’inserimento strettamente all’interno dell’orario scolastico, come evidenziata dal grafico, appare senz’altro più adeguata, giacché non si vuole aggravare il carico di impegno temporale dei bambini e si cerca di sfruttare appieno le caratteristiche di un educazione bi/plurilingue in cui l’apprendimento della L3 s’innesta, per così dire, sulle abilità già sviluppate negli allievi bilingui precoci, quanto a: ricettività, flessibilità; tolleranza dell’errore/ambiguità; capacità di transfert; capacità di fare inferenze e deduzioni logiche; capacità di formulare ipotesi; capacità di utilizzare strategie di compensazione; e infine capacità di mettersi in relazione aperta con il nuovo e il diverso da sé, senza le barriere psicologiche e le rigidità tipiche dell’apprendente monolingue.
Anche la capacità precocemente acquisita dagli alunni valdostani bilingui di passare da un codice all’altro, tramite l’alternanza dell’italiano e del francese a livello micro e macro discorsivo, può indubbiamente facilitare il passaggio a una terza lingua.

D. Prospettive future

Vediamo infine le prospettive future della sperimentazione:

Fig. 10. Previsione sul fabbisogno di insegnanti specializzati

Per ottenere il numero di insegnanti specializzati, si è analizzata la situazione dei plessi, e dei moduli, delle classi, del numero di bambini e della distanza tra le scuola nelle diverse Istituzioni.

In linea di massima ogni insegnante specializzato insegna in due moduli. Così facendo, con gli opportuni aggiustamenti del caso, risultano essere necessari:

84

insegnanti.

Ovviamente un aspetto chiave di questa innovazione è costituito dalla preparazione linguistica e metodologico/didattica dei docenti interni, (detti specializzati, per distinguerli dagli specialisti laureati in inglese prima lingua o qualificati ai livelli superiori).
Si è stimato, con una proiezione, per la verità necessariamente carica di variabili, che nei prossimi anni occorreranno circa 84 docenti interni specializzati. Per ottenere questa cifra si è analizzata la situazione dei plessi, dei moduli, delle classi, del numero di bambini e della distanza tra le scuole nelle diverse Istituzioni scolastiche.

Vediamo come si presenta la situazione allo stato attuale:

Fig. 11. Dati statistici sul Modulo di formazione

"in immersione" all’estero (70 ore)

Frequenza scuola NILE, Norwich (U.K.)

Estate 1999

14 docenti

Estate 2000

12 docenti

Estate 2001

8 docenti

Totale

34 docenti

Valutazione finale

Molto buona

Già 34 docenti hanno fruito della preziosa esperienza di studio (2 settimane intensive) presso la scuola convenzionata NILE a Norwich o a Dublino, specializzata all’insegnamento della lingua e della didattica dell’inglese nella scuola primaria. Tale esperienza permette ai docenti di sviluppare ulteriormente le proprie competenze linguistico/didattiche, venendo nel contempo in contatto con la cultura del paese di cui s’insegna la lingua e con altri partecipanti di diverse nazionalità.

Fig. 12. Docenti già qualificati con il P.E.T.

(Preliminay English Test – Cambridge University)

Novembre 1999

3 (with merit)

Giugno 2000

1

Giugno 2001

11

In questa fase, al termine del secondo anno di esperienza, possiamo già contare su 15 docenti qualificati con la certificazione PET. Appare realistico pensare di poter portare a qualificarsi nel giro di pochi anni tutti i docenti che restano degli 84 previsti. Ci conforta il pieno successo di tutti coloro che sono stati presentati all’esame finora. Alcuni altri sosterranno l’esame nel prossimo mese di novembre. Ricordo però che la certificazione PET è da considerarsi un punto di arrivo, ma anche un punto di partenza, per migliorare ulteriormente la propria preparazione professionale. Ci auguriamo infatti che i docenti si rendano conto che le lingue sono un patrimonio assai deperibile – vanno tenute continuamente esercitate e aggiornate – quindi faranno il possibile per proseguire e rafforzare il loro iter formativo ai livelli superiori.
Naturalmente, quanto meno, possono continuare a seguire il programma del Modulo metodologico/didattico di 40 ore, aperto a tutti i docenti coinvolti a vario titolo nell’insegnamento della lingua inglese nella scuola elementare.

Conclusioni

Possiamo affermare che, nel complesso, l’inserimento della lingua inglese nel sistema educativo valdostano ha contribuito al passaggio da una sistema bilingue a un sistema bi/plurilingue precoce.
L’inserimento della lingua inglese nella scuola elementare, come già era avvenuto per l’inserimento della stessa lingua nella scuola media, non solo non ha minacciato la posizione del francese, ma anzi l’ha, per così dire, rafforzata.
Innanzi tutto l’introduzione della lingua inglese ha contribuito ad alleviare la tensione che tendeva ad addensarsi sull’uso del francese nei curricoli scolastici su un piano di parità con la lingua italiana, non sempre condiviso da tutte le componenti del melting pot regionale.
Inoltre l’introduzione ha modificato la "rappresentazione mentale" delle tre lingue, avvicinando maggiormente la posizione della L2 a quella della L1. Infatti, benché il francese, prima dell’inserimento della lingua inglese, venisse usato come lingua veicolare per l’insegnamento alla pari dell’italiano, era pur sempre l’unica lingua "altra" rispetto all’italiano – per molti una sorta di lingua straniera rinforzata.
Dopo l’inserimento dell’inglese, lingua davvero straniera, meno affine, avviata più tardi e con minor tempo d’insegnamento, allievi e docenti si sono resi più pienamente conto delle competenze possedute in lingua francese, tanto che sovente – è stato rilevato – gli alunni utilizzano spontaneamente il francese come una sorta di passaggio intermedio per giungere alla terza lingua, sostituendo parole francesi alle parole inglesi mancanti e/o occasionalmente "inglesizzando" parole francesi, evitando così di deconcentrarsi e di interrompere il flusso della comunicazione nella terza lingua.
In base ai dati derivanti da azioni di monitoraggio e dall’osservazione empirica effettuata sul campo con docenti e allievi e con il contributo di esperti, credo che si possa affermare che si sta effettivamente realizzando l’auspicato mutuo rinforzo tra le lingue.
L’apprendimento dell’inglese si vale indubbiamente delle competenze in lingua francese e italiana (o tedesca, nella Valle di Gressoney) e, a sua volta, la lingua inglese può "giovare" alle altre due.
Per non parlare poi dell’approccio didattico generalmente utilizzato per l’insegnamento della lingua inglese – comunicativo, agile e moderno – che può essere per certi aspetti e in qualche misura proficuamente trasferito anche ad altri insegnamenti, linguistici e non linguistici, ottenendo un risultato di coerenza, economia ed efficacia.
E’ però del tutto evidente che l’educazione bi/plurilingue non può costituire un vantaggio educativo "secco" in sé. Moltissime sono le variabili in campo, sulle quali ancora molto lavoro può e deve essere fatto nel prossimo futuro, facendo anche tesoro delle preziose indicazioni offerte dai già citati documenti del Consiglio d’Europa, riprese anche dal progetto nazionale LINGUE 2000.
L’educazione bi/plurilingue nella realtà regionale attuale appare comunque una risorsa preziosa, una sfida, un’opportunità, che percorre in verticale tutto il sistema scolastico valdostano, dalla Scuola dell’infanzia fino all’Università (per gli indirizzi esistenti), allineando la scuola valdostana con gli orientamenti europei moderni.
Si può affermare quindi che il modello valdostano indubbiamente si attesta fra i più avanzati nel panorama europeo attuale, e costituisce un vero e proprio "laboratorio di sperimentazione linguistica", guardato con molto interesse dagli esperti del settore.

Annabella Cabianca
Responsabile dell’introduzione della lingua inglese nelle scuole medie ed elementari della Valle d’Aosta e della lingua tedesca nella Valle di Gressoney. Formatrice P.S.L.S.(Progetto Speciale Lingue Straniere) del Ministero della Pubblica Istruzione. Referente DEURE (Dimensione Europea dell’Educazione) per la Valle d’Aosta. Docente di didattica della lingua inglese presso l’Università della Valle d’Aosta.

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